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Reincarnazione (eLit): eLit
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E-book334 pagine3 ore

Reincarnazione (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Una bomba a Roma, un flash di luce bluastra e il mondo del fotografo Josh Ryder esplode. Da quell'istante, niente sarà più lo stesso.



Pensieri frequenti carichi di emozione, di intensità e di ricordi. Ma ricordi di chi? Sono antichi e violenti. Lontani, eppure così vividi.

Josh, perseguitato da questi flashback di vite precedenti, vaga in cerca di risposte sul mistero della reincarnazione, per imbattersi infine negli scavi della professoressa Gabriella Chase: il rinvenimento di una tomba antica, circondata da un potente mistero che minaccia di mescolare passato e presente. I morti chiamano i vivi e una tragica vicenda della Roma del IV secolo rischia di ripetersi ai giorni nostri.
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2017
ISBN9788858979174
Reincarnazione (eLit): eLit
Autore

M.J. Rose

New York Times bestselling author M.J. Rose grew up in New York City exploring the labyrinthine galleries of the Metropolitan Museum and the dark tunnels and lush gardens of Central Park. She is the author of more than a dozen novels, the founder of the first marketing company for authors, AuthorBuzz.com and cofounder of 1001DarkNights.com She lives in Connecticut. Visit her online at MJRose.com. 

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    Anteprima del libro

    Reincarnazione (eLit) - M.J. Rose

    successivo.

    1

    Torneranno, torneranno ancora,

    Finché la terra rossa ruoterà.

    Lui non ha mai gettato via una foglia o un albero.

    Credi che getterà via le anime?

    Rudyard Kipling

    Roma. Sedici mesi prima

    Josh Ryder scrutava nell'obiettivo della macchina fotografica, focalizzandosi sull'agente di sicurezza che discuteva con quella giovane madre dai capelli rosso fuoco.

    La donna stava facendo un bel po' di storie per la perquisizione del passeggino.

    Erano tutti in attesa di una delegazione di funzionari di peacekeeping che, quella mattina, avrebbero dovuto incontrare il Papa; ma, come altri reporter e turisti, Josh stava cominciando a preoccuparsi di quel ritardo sulla tabella di marcia.

    La ricerca dei terroristi proseguiva di ora in ora, e in tutto il mondo il potenziale pericolo che minacciava la vita di tutti aleggiava come l'odore di un incendio.

    D'un tratto la donna spinse il passeggino contro le gambe della guardia, e in quel momento Josh scattò la fotografia che tutti i giornali agognavano, l'immagine che non vedevano l'ora di pubblicare.

    Una frazione di secondo più tardi udì l'esplosione.

    Una vampata di luce bluastra.

    E l'istante successivo il mondo andò in pezzi.

    All'ombra protettiva dell'altare, Giulio e il fratello bisbigliavano, rivedendo i loro piani.

    Entrambi tenevano una mano sul pugnale, pronti in caso i soldati dell'imperatore sbucassero dal buio.

    A Roma, nel 391 d.C., i templi non erano più i santuari dei sacerdoti pagani.

    La conversione al Cristianesimo non era più una scelta, bensì un mandato ufficiale.

    La resistenza era un reato punibile con la morte. Il sangue versato in nome della Chiesa non era un peccato, era il prezzo della vittoria.

    I due fratelli formulavano strategie: Dracone sarebbe rimasto nel tempio ancora un'ora e si sarebbe incontrato con Giulio alla tomba nei pressi della porta della città.

    Giulio si allacciò la cappa, toccò la spalla del fratello salutandolo e augurandogli buona fortuna, quindi sgusciò fuori dalla basilica, rasentando le mura per evitare occhi indiscreti.

    Udì uno scalpiccio di cavalli e un rimbombare di ruote. Appiattendosi contro la parete di pietra, Giulio trattenne il respiro e non si mosse. Il calesse passò senza fermarsi.

    Giulio aveva finalmente raggiunto i margini del portico, quando udì alle spalle un grido furente spezzare il silenzio: «Mostrami subito dov'è il tesoro!».

    Era il disastro che Giulio e il fratello avevano paventato e messo in conto, ma Dracone era stato esplicito... anche se il tempio fosse stato preso d'assalto dai nemici, Giulio avrebbe dovuto procedere.

    Senza mai voltarsi.

    Il tesoro che Giulio avrebbe dovuto salvare era più importante di una, cinque e persino cinquanta vite.

    Ma poi risuonò un grido lacerante e, ignorando il piano ordito con il fratello, Giulio si acquattò di corsa nell'ombra, rientrando nel tempio e raggiungendo l'altare.

    Il fratello non era dove lui l'aveva lasciato.

    «Dracone?»

    Nessuna risposta.

    «Dracone?»

    Dov'era finito?

    Dopo essersi inoltrato nella penombra del tempio, Giulio si imbatté infine nel fratello, inciampando nel suo corpo steso a terra.

    Lo trascinò accanto alle torce.

    Dracone era già pallido come un cadavere e aveva la tunica strappata all'altezza del ventre da uno squarcio verticale che si estendeva sino all'inguine.

    Giulio soffocò un conato di vomito.

    Aveva già visto le carcasse sventrate di uomini e animali e non lo avevano mai turbato.

    Le vittime sacrificali, i soldati uccisi o i criminali puniti erano una cosa... ma quello era Dracone, quel sangue era il suo sangue.

    «Non saresti dovuto... tornare» disse Dracone, sforzandosi nel pronunciare ogni sillaba. «Li ho spediti a cercare i tesori... nei loculi, pensando che... e invece loro mi hanno pugnalato comunque. Ma abbiamo tempo di... uscire... ora, ora!»

    Dracone si sforzò di alzarsi a sedere, perdendo le interiora mentre si spostava.

    Giulio lo fece sdraiare.

    «Dove sono le vergini?»

    Quella voce proruppe nel tempio senza preavviso e riecheggiò per tutta la navata interna... seguita da una risata rauca e volgare.

    Quanti soldati erano presenti nel tempio?

    «Troviamo il bottino che siamo venuti a cercare!» esclamò un'altra voce, esortando i compagni.

    «Non ancora, aspetta. Prima voglio una delle vergini. Dove sono quelle vergini meretrici?»

    «Dobbiamo andarcene...» sussurrò Dracone mentre si sforzava ancora di alzarsi.

    Era rimasto indietro per assicurarsi che tutti si mettessero in salvo.

    Ma perché lui, perché Dracone?

    «Lasciami qui. Devi andare da lei» disse a Giulio. «Salvala assieme ai tesori... nessuno può riuscirci... nessuno a parte te...»

    Ormai non si trattava più soltanto degli oggetti sacri. Si trattava delle persone che avevano un bisogno disperato di lui: la donna che amava e il fratello.

    I fati chiedevano a Giulio di sacrificarne uno per il bene dell'altro.

    Non importava chi avrebbe scelto... come avrebbe fatto a sopravvivere a quella decisione? Come avrebbe potuto vivere con la consapevolezza di aver lasciato morire uno dei due?

    Ma, in quel momento, i fati decisero per lui.

    Con orrore, Giulio si accorse che il cuore del fratello aveva cessato di battere.

    Cercò di rianimarlo, ma non c'era più nulla da fare.

    Dracone era morto.

    Piangendo, Giulio si rese conto di non avere altro tempo da perdere. Doveva raggiungere la porta della città.

    Doveva andare da lei.

    Cercando di non attirare l'attenzione, abbandonò il corpo senza vita di Dracone, indietreggiò e, trovata la parete, la seguì rasentandola.

    Di fronte a lui si apriva un varco nel colonnato; se avesse potuto raggiungerlo senza farsi vedere, forse avrebbe potuto farcela.

    I soldati, intanto, continuavano a setacciare il tempio.

    Erano un reggimento. Gridavano, intimavano, spargevano sangue.

    Che saccheggiassero pure quel luogo, pensava Giulio, erano comunque arrivati troppo tardi.

    Non c'erano più pagani da convertire, né tesori da trovare, né donne da stuprare...

    Erano già state uccise o mandate a nascondersi.

    Se solo fosse riuscito a lasciare il tempio senza farsi vedere. Se solo fosse riuscito a trovare una nicchia in cui acquattarsi, forse avrebbe eluso gli sguardi dei soldati e sarebbe uscito dal...

    «Josh?»

    No. Non ascoltare.

    Continua a procedere.

    Tutto dipende da te, devi raggiungerla in tempo.

    «Josh?»

    La voce sembrava provenire dall'oltretomba, vaga e indefinita come quella di un'ombra dell'Averno.

    «Josh?»

    Lei lo stava aspettando... doveva salvarla... proteggere i loro segreti... e tesori...

    «Josh?»

    Riluttante, aprì gli occhi.

    «Josh? Oh, grazie a Dio, pensavamo di...»

    Aveva ancora il sapore del sangue del fratello sulle labbra, i polmoni gli bruciavano ancora per la corsa.

    «Josh? Mi senti?»

    La donna che lo chiamava non era quella che lui doveva salvare.

    Chi era?

    E perché l'aveva legato a quegli strani macchinari che pulsavano... che pulsavano al ritmo di... un battito cardiaco.

    Il suo battito cardiaco.

    Possibile che...

    Un istante prima stava cercando di sfuggire ai soldati, udiva ancora nelle orecchie l'ultimo appello del suo adorato Dracone...

    Ma tutto ciò non era reale.

    Certo che no.

    Lui non era Giulio.

    Era Josh Ryder.

    Viveva nel ventunesimo secolo.

    La scena che gli affollava la mente e che scorgeva ancora di fronte agli occhi era avvenuta più di milleseicento anni prima.

    Allora perché quella strana sensazione che lo pervadeva?

    Perché sentiva di aver perduto tutto ciò che era importante per lui?

    2

    Roma, oggi

    Martedì, Ore 06.45

    Josh si era svegliato prima dell'alba e aveva raggiunto subito il luogo dello scavo.

    Di rado dormiva bene dopo l'incidente dell'anno precedente, ma l'insonnia che l'aveva afflitto la notte appena trascorsa era con ogni probabilità dovuta al cambiamento di fuso orario, e al jet-lag dopo il suo viaggio da New York a Roma.

    Almeno lui lo sperava.

    Si era vestito, aveva lasciato l'albergo per affrontare la città ancora addormentata e aveva preso a vagare in preda a una sorta di trance in un dedalo di vie deserte e silenziose che non conosceva.

    Sospinto dal caso, aveva raggiunto quella tomba che avrebbe dovuto visitare assieme al suo amico Malachai Samuels in tarda mattinata.

    O forse non era stato il caso a condurvelo.

    Quando il guardiano dello scavo l'aveva introdotto nella cripta, Josh si era stupito di trovarvi il professor Aldo Rudolfo a quell'ora del mattino.

    «Vedo che anche lei non riesce a dormire, signor Ryder» disse il professore. «Ma la capisco, anch'io questa notte non ho chiuso occhio per l'emozione della scoperta.»

    Il professore, un settantacinquenne vitale con occhi neri come tizzoni, gli strinse la mano e dopo i convenevoli di rito, con il suo inglese dal forte accento italiano, cominciò a illustrargli l'importanza della scoperta di quella tomba.

    «Risale alla fine del quarto secolo. Da alcuni manufatti trovati all'interno, Gabriella - la professoressa Chase - e io riteniamo che sia stata costruita nel 391 d.C., lo stesso anno in cui a Roma cessò il culto delle Vestali. La decorazione che vede è atipica per una camera di sepoltura, pertanto riteniamo che la tomba fosse stata edificata per altro scopo e quindi usata per la Vestale, quando si scoprì il suo oltraggio.»

    Josh si portò la macchina fotografica agli occhi, ma prima di scattare chiese il permesso al professore. Quando lavorava per la Associate Press, neanche una bomba gli aveva mai impedito di scattare una fotografia.

    Poi, sei mesi dopo l'attentato in cui ci aveva quasi lasciato la pelle, si era preso un periodo di aspettativa dal lavoro, e si era rivolto alla Phoenix Foundation per scoprire di più su quegli strani ricordi di vite precedenti che lo tormentavano sin dall'incidente cui era scampato per miracolo.

    Sedici mesi prima, durante un incarico a Roma, aveva assistito allo scoppio di una bomba. Un istante prima stava fotografando una donna con un passeggino che litigava con una guardia, e l'istante successivo era esploso un ordigno.

    La kamikaze, due passanti e Andrea Carlucci - la guardia di sicurezza - avevano perso la vita. Diciassette persone erano rimaste ferite.

    Non era stato scoperto alcun movente, né erano state avanzate rivendicazioni da parte di qualche gruppo terroristico.

    Quando lui si era risvegliato in ospedale, quarantotto ore più tardi, i frammenti sparsi di quelli che a tutti gli effetti sembravano ricordi avevano cominciato a riemergere dal suo inconscio.

    Ma erano ricordi di persone che non aveva mai conosciuto, di posti in cui non era mai stato, di secoli in cui non aveva vissuto.

    Nessuno dei medici riusciva a spiegare che cosa gli stava succedendo. Quei continui flashback di vite che non gli appartenevano avevano continuato a perseguitarlo, nonostante tutte le cure, le terapie, i numerosi colloqui con gli psicologi.

    Aveva finito per vivere nel terrore della propria mente, che continuava a proiettargli frammenti di immagini caleidoscopiche: quelle di un ragazzo tormentato vissuto nella New York di fine Ottocento, e di un altro giovane vissuto nell'antica Roma, coinvolto in una lotta all'ultimo sangue per salvare una donna che aveva sacrificato tutto per piegarsi a una passione proibita.

    Quei ricordi erano vividi come se fossero suoi, e non potevano essere semplicemente frutto di una depressione post-traumatica, come qualche medico gli aveva diagnosticato.

    Infine, sconsolato e sempre più desideroso di dare una risposta a quegli strani fenomeni di cui era vittima, si era rivolto ai dottori Beryl Talmage e Malachai Samuels della Phoenix Foundation, che da venticinque anni avevano documentato più di tremila regressioni a vite precedenti da parte di bambini al di sotto dei dodici anni.

    Dopo qualche colloquio con la dottoressa Talmage e il dottor Samuels, Josh si era fatto assumere come videografo e fotografo dei loro piccoli pazienti, un'attività che gli consentiva l'accesso alla più grande biblioteca tematica del mondo sull'argomento della reincarnazione.

    «Per me può scattare tutte le fotografie che desidera» gli rispose il professor Rudolfo, riscuotendolo dalle sue riflessioni, «ma la prego di mostrare gli scatti a me e a Gabriella prima che a chiunque altro. Il ritrovamento di questa tomba è un evento di estrema rilevanza archeologica e non solo, per cui è meglio non lasciare trapelare nulla finché non sapremo di preciso che cos'abbiamo scoperto. Non vogliamo creare delle false aspettative.»

    Josh annuì e scattò la prima fotografia. «Che cosa intendeva, poco fa, con oltraggio

    «Intendo la rottura dei voti da parte della vestale qui sepolta.»

    «Quali voti? Le vestali erano forse delle suore?»

    «Suore pagane, in un certo senso. Per entrare nell'ordine dovevano pronunciare voto di castità e, in caso l'avessero infranto, venivano sepolte vive.»

    «Ma perché questo?» domandò Josh, avvertendo una fitta di inspiegabile rammarico per quella donna che non conosceva.

    O forse sì?

    Non essere assurdo, si disse. Quella donna è morta da secoli.

    «Le vestali erano le custodi del fuoco sacro alla Dea Vesta, che rappresentava la vita di Roma stessa!» esclamò il professor Rudolfo. «E come tali, dovevano essere pure e incontaminate. Un oltraggio alla propria verginità era ritenuto un oltraggio a Roma, e quindi veniva punito con la morte. Ma siccome le vestali erano inviolabili e intoccabili da mano umana, venivano lasciate morire sepolte vive.»

    Josh scattò un'altra fotografia alla tomba.

    Di recente, aveva abbandonato la videocamera digitale ed era tornato alla sua cara e vecchia Leica. Gli piaceva sviluppare gli scatti nella camera oscura, vedere le immagini comparire a poco a poco, quasi emergessero da un altro mondo.

    Come le immagini di quel passato che non era il suo e che, nello stesso tempo, sembrava appartenergli.

    Doveva conoscere la verità, sapere da dove scaturivano quei ricordi, rimettere in sesto la sua vita.

    La cosa più inquietante era il suo sguardo... quando si rifletteva allo specchio gli pareva quasi che ci fosse qualcun altro dietro i suoi occhi, qualcuno in attesa di uscire.

    Era posseduto da pensieri che non era in grado di frenare né di arrestare, come un fiume in piena.

    «Sta bene?» gli domandò il professore. «Ha l'aria inquieta.»

    «Sono sbalordito» ribatté Josh. «In questa tomba sembra di toccare con mano il passato. È incredibile.»

    Ma non poteva rivelare al professore la cosa più incredibile di tutte.

    No, Aldo Rudolfo l'avrebbe preso per pazzo, e chi poteva biasimarlo, del resto?

    Josh non era mai stato in quella tomba a cinque metri sotto terra, poco ma sicuro.

    E allora come faceva a sapere che nella parte della cripta che il professore non gli aveva ancora mostrato c'erano vasi, lampade e un letto funerario dipinto in oro?

    Cercò di sbirciare nell'oscurità.

    «Ah, vedo che è impaziente» rise il professore, «come tutti gli americani.»

    «C'è qualcosa là dietro?» domandò Josh, ignorando la battuta dello studioso. «Magari un letto funerario?»

    Il professore avanzò con la lampada, rischiarando la parte posteriore della tomba.

    C'era qualcosa che non andava, pensò Josh. Si aspettava di trovare il corpo di una donna.

    Una donna con una veste bianca.

    Era ansioso di vederla e, nello stesso tempo, terrorizzato.

    «Dov'è?» domandò Josh, imbarazzato per il tono disperato con cui aveva formulato quella domanda.

    «Laggiù» rispose il professore. «Con questo buio, è difficile vedere.»

    Con ampio gesto del braccio, il professore Rudolfo spostò la lanterna illuminando l'alcova all'angolo opposto della parete occidentale.

    Lei era accucciata sul pavimento.

    Lentamente, quasi seguisse un corteo funebre, Josh si avvicinò a ciò che restava di lei, stretto nella morsa di un dolore così intenso da mozzargli il respiro.

    Com'era possibile che il ricordo di una vita precedente - una cosa a cui non credeva, che non comprendeva - lo rendesse più triste di quanto fosse mai stato in vita sua?

    Lì, nelle campagne romane alle sette di mattina, all'interno di una tomba appena scoperta che risaliva al quarto secolo d.C., c'era la prova della fine di quella storia.

    Se solo lui avesse potuto conoscerla dall'inizio...

    3

    «La chiamo Bella perché per noi è stata una bella scoperta» disse il professor Rudolfo, illuminando con la lanterna quella mummia antichissima.

    Si schiarì la gola e riprese: «Ogni giorno, da quando Gabriella e io l'abbiamo trovata, passo la mattina da solo con lei. Una corrispondenza d'amorosi sensi con le sue ossa, si potrebbe dire».

    Traendo un respiro profondo, Josh contemplò il cadavere mummificato.

    Era quella la donna che conosceva dai suoi strani ricordi frammentari?

    Un fantasma del passato in cui non credeva ma che non riusciva a scacciare dalla mente e dall'anima?

    La testa gli doleva. Doveva smetterla di dibattersi fra i secoli, di annaspare in quella congerie di immagini che gli affollavano la mente e che lo perseguitavano in ogni momento di veglia.

    Doveva concentrarsi sul presente... o sul passato.

    Chiuse gli occhi.

    Resta ancorato al presente.

    Ricorda chi sei.

    Josh Ryder. Josh Ryder. Josh Ryder.

    «Riteniamo che Bella fosse una vestale» continuò il professore, riscuotendolo dai suoi pensieri. «Come le ho già detto, le vestali avevano il compito di custodire il fuoco sacro alla dea Vesta, la dea del focolare domestico e quindi, per estensione, di Roma.»

    Mentre il professore continuava la sua esposizione, Josh si rendeva conto di precorrere con la mente ciò che lo studioso avrebbe detto, non per conoscenza bensì per un vago ricordo.

    «Le vestali erano scelte in tenera età - solo sei o sette anni - in seno alle famiglie più aristocratiche di Roma. Molte ragazzine venivano presentate al Pontefice Massimo, il capo dell'ordine, da madri e padri ansiosi che la figlia fosse scelta. Dopodiché, l'eletta veniva accompagnata nell'edificio in cui avrebbe vissuto per i trent'anni successivi: l'imponente villa di marmo bianco retrostante al Tempio di Vesta.»

    Josh lo ascoltava rapito.

    «Subito dopo, in un rituale privato a cui assistevano solo altre cinque vestali, la novizia veniva lavata, si vedeva appuntare i capelli nello stile delle spose e consegnare una tunica bianca. A quel punto la sua educazione aveva inizio.»

    Volgendosi a guardare il cadavere mummificato, il professore sospirò.

    «Le uniche colpe che potevano sovvertire la condizione di inviolabilità assoluta di cui godevano le vestali erano lo spegnimento del fuoco sacro ed eventuali relazioni sessuali, che venivano considerate un sacrilegio imperdonabile, poiché una vestale doveva mantenersi vergine e pura per tutto il tempo del suo servizio nell'ordine.»

    «E che cosa avveniva in caso di trasgressione di questa regola?» si informò Josh, paventando inspiegabilmente la risposta.

    «La vestale non poteva essere perdonata, ma neppure uccisa da mani umane, in quanto sacra alla dea.»

    «E dunque come veniva punita? Se non poteva essere toccata da...»

    «Se perdeva la verginità o lasciava spegnere il fuoco sacro» lo interruppe il professore, «la vestale veniva fustigata, quindi vestita con abiti funebri e trasportata in una lettiga chiusa, come un cadavere, al Campus sceleratus, situato presso la Porta Collina, ma comunque all'interno delle mura cittadine. Una volta giunta lì veniva lasciata in sepoltura con una lampada e una piccola provvista di pane, acqua, latte e olio. Dopodiché il sepolcro veniva chiuso e la sua memoria cancellata.»

    «E l'uomo con cui la vestale aveva intrattenuto rapporti sessuali? Restava impunito?»

    «Niente affatto. Il complice del sacrilegio subiva la pena inflitta agli schiavi, e veniva fustigato a morte.»

    Josh trasalì. Ma il professore non aveva ancora terminato la sua spiegazione.

    «In realtà» riprese Aldo Rudolfo, «almeno fino alla fine del periodo repubblicano, la messa a morte di una Vestale risultava simile a un sacrificio umano mascherato da supplizio, volto a placare gli dei che sembravano corrucciati e colpevoli di catastrofi pubbliche, o perpetrato in occasione di segni funesti nei periodi di particolare disordine e di irrequietezza sociale.»

    «Quando terminò il culto delle vestali?» domandò Josh. «Con l'avvento del Cristianesimo?»

    «Non proprio» ribatté il professore. «L'affermazione del Cristianesimo nell'Impero Romano non causò, almeno per i primi secoli, la fine dell'ordine. Anzi: le vestali, ministre di un culto millenario caro alle donne e alla città, continuarono a essere amate e onorate dal popolo romano fino al IV secolo d.C. Poi, con l'editto di Tessalonica del 380, il credo niceno divenne religione di stato e, a partire dal 391, l'imperatore Teodosio I, con una serie di decreti, proibì il mantenimento di qualunque culto pagano. A quel punto il sacro fuoco nel tempio di Vesta venne spento, decretando così la fine dell'ordine delle vestali. E ancora oggi, a distanza di secoli, il cattolicesimo trema dinanzi alla riapertura della tomba di una vestale.»

    «Che intende dire? Perché il cattolicesimo dovrebbe preoccuparsi per la riesumazione di una vestale? Non capisco.»

    Il professor Rudolfo si avvicinò alla mummia. «Deve sapere che la nostra Bella è appena tornata alla luce, e già ha creato scalpore sull'altra sponda del Tevere.»

    «Quale scalpore?» domandò Josh, perplesso.

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