Quando il ballo si fa lento: Harmony Destiny
Di Linda Conrad
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Info su questo ebook
Lainie Gardner tiene una rubrica di consigli su diverse riviste. È molto conosciuta e apprezzata, ma ora qualcuno sta tentando di ucciderla. Così, un amico di famiglia ingaggia Sloan Abbott per proteggerla. Lui è affascinante e tormentato, sulle tracce del padre che non ha mai conosciuto. Lei è bella e famosa. Inutile dire che la convivenza forzata e il pericolo incombente agiscono da catalizzatori per l'esplosione di desiderio che li travolge all'improvviso. Lainie e Sloan sono molto diversi, una storia tra loro sembra del tutto assurda. Ma finché la musica suona, perché smettere di ballare?
Linda Conrad
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Quando il ballo si fa lento - Linda Conrad
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Slow Dancing with a Texan
Silhouette Desire
© 2004 Linda Lucas Sankpill
Traduzione di Lucilla Negro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-085-1
1
Diavolo di una rossa!
Imprecando fra i denti, il sergente Sloan Abbott consultò l’orologio e si mosse a passo spedito lungo la stradina stretta del centro, verso il luogo in cui era scomparsa tutt’a un tratto quella donna temeraria, esponendosi al pericolo.
L’appuntamento con Lainie Gardner era stato fissato nel suo ufficio, al dodicesimo piano del grattacielo che ospitava la sede dello Houston News, non prima di un’altra mezz’ora.
Lui aveva avuto delle serie riserve prima di accettare quell’incarico. Fare la guardia del corpo non rientrava nelle sue abituali mansioni. Però, sapeva per certo che una persona che aveva subito delle minacce doveva seguire le istruzioni.
Cosa che quella donna non aveva fatto.
Sloan aveva trascorso l’intera giornata a ispezionare la zona e ogni angolo dell’edificio. Conosceva bene la dislocazione di ciascun ascensore, ripostiglio e condotto per l’aria condizionata. Era fiero del lavoro svolto. Si era anche preso la briga di studiare nei particolari il fascicolo sulla Gardner che gli era stato consegnato dal capitano, restando letteralmente affascinato dai dettagli interessanti che il documento gli aveva rivelato sulla vita di quella donna.
Sloan aveva posticipato il viaggio che era stato il motivo originario del periodo di congedo che si era preso dai Texas Ranger, il corpo di polizia dello stato del Texas presso il quale prestava servizio.
Be’, ne era valsa la pena.
Proteggere la bella giornalista, che curava una rubrica di consigli ai lettori sullo Houston News, era di sicuro più allettante per lui che scavare nelle dolorose verità che adombravano il suo passato.
Non aveva avuto difficoltà a riconoscerla. Certo, si era studiato bene le sue foto. Tuttavia, conosceva già da prima il suo viso, che compariva da anni sul quotidiano di Houston, sulla pagina riservata alla rubrica che lei curava. Con la sua splendida chioma rosso fuoco, era comunque difficile non notarla.
Sebbene infastidito dalla sua mossa d’incauta spavalderia, un sorriso gli affiorò sulle labbra quando si confrontò così da vicino con quello spettacolo di donna che era Lainie Gardner.
Le foto non le avevano reso giustizia. Aveva un corpo tonico, con tutte le curve al posto giusto. Persino infagottata com’era nei pantaloni larghi da palestra e la felpa, si intravedevano delle gambe lunghissime e affusolate.
Maledizione. Aveva sempre avuto un debole per un paio di belle gambe.
Il suo stato d’animo mutò drasticamente quando vide Lainie fermarsi al centro dell’atrio, in bella vista, e scoppiare a ridere per qualcosa che le aveva detto la donna che era al suo fianco. Le era stato ordinato di aspettare nel suo ufficio finché non fosse arrivato lui per darle istruzioni e scortarla fino a casa. E invece... Aveva ricevuto delle minacce di morte, per la miseria. Era in pericolo. Che diavolo credeva di fare?
Si udì uno sparo e nello stesso istante il vetro di fronte a lui si frantumò in una miriade di schegge che schizzarono in ogni direzione. Qualcuno gridò.
Sloan non perse tempo a capire da quale parte fosse stato esploso il colpo.
Scansando i vetri rotti, si fece strada tra gli astanti in preda a crisi isteriche, correndo verso il punto in cui le due donne giacevano distese per terra. Erano entrambe bocconi sul pavimento di marmo... e c’era del sangue. Tanto sangue.
Tempo due secondi e si accertò che le donne erano tutte e due vive e che la Gardner non aveva perso conoscenza.
Non oppose resistenza allorché lui la prese in braccio e decise di spostarla rapidamente dalla traiettoria del fuoco. Se fosse stata ferita gravemente, lo avrebbe verificato di lì a poco. Per il momento, però, non poteva correre il rischio che le sparassero di nuovo.
Un’altra raffica di colpi creò il panico tra i presenti che scapparono tutti fuori, riversandosi per strada.
«Chiami la polizia!» gridò Sloan all’uomo più vicino.
Tuttavia, lui era sicuro che, una volta portata via Lainie da lì, gli spari sarebbero cessati. Sapeva bene che era lei il bersaglio.
Per fortuna, aveva controllato l’edificio in precedenza. Si nascose quindi dentro una nicchia, poi si precipitò verso l’uscita laterale che dava accesso al parcheggio per i dipendenti.
Si fermò davanti alla porta e adagiò dolcemente la donna per terra. Inginocchiandosi al suo fianco, le sentì il polso e controllò che non avesse ferite sanguinanti. La vide battere le palpebre e aprire gli occhi, poi fissarlo con espressione atterrita, ma non sofferente.
Sollevato, Sloan aprì la pesante porta di metallo e perlustrò la zona. Pareva tutto tranquillo, ma sapeva bene che, sotto il sole brillante del primo pomeriggio, le probabilità di raggiungere il suo fuoristrada senza essere visti erano alquanto limitate. La sollevò di nuovo da terra e se l’appoggiò in spalla senza grazia, preparandosi a correre.
Lei gemette. «Mia... mia sorella. L’aiuti.»
«Stia zitta! Non si muova» sibilò Sloan a denti stretti. «Stanno per arrivare i soccorsi. Lei, invece, è ancora in pericolo.»
Un secondo dopo, sgattaiolò fuori e si lanciò in una corsa forsennata verso il luogo in cui aveva parcheggiato la jeep, zigzagando tra le auto in sosta. Poi si fermò di colpo, cercando riparo dietro un furgone.
«Aspetti un istante!» gridò la donna mentre gli si aggrappava alla camicia con entrambe le mani. «Si fermi. Non posso...»
Lui ignorò le sue parole. Non voleva sprecare fiato. Gli serviva per correre. Tuttavia, fu contento di sentire che la voce della donna era vigorosa. Forse, non era rimasta ferita per niente. A ogni modo, doveva trovare un posto sicuro dove fermarsi e controllare bene.
Per il momento, non aveva che qualche manciata di secondi per decidere se avanzare furtivamente verso la jeep o se correre più veloce che poteva. Optando per la seconda alternativa, sbloccò le portiere col dispositivo a distanza e udì il bip familiare, ma rumoroso, proveniente dalla vettura posteggiata cinque, sei metri più avanti.
Non aveva mai fatto caso, prima di quel momento, a quanto fosse forte il suono del congegno elettronico che disinseriva l’allarme. Purtroppo, era troppo tardi ormai.
Sloan fece giusto in tempo a scaraventare la donna sul sedile anteriore, girare di corsa dall’altra parte della jeep, richiudere la portiera e inserire la chiave nell’accensione, che udì il fischiare dei proiettili che colpivano l’asfalto dietro di loro.
«Stia giù!» le urlò.
«Dobbiamo tornare indietro!» Lainie Gardner sollevò il capo mentre lui avviava il motore e partiva. «Mia sorella... tutti gli altri... hanno bisogno di soccorso. Li devo aiutare.»
«Se ne occuperà la polizia. Tenga la testa bassa.» Sloan le pigiò una mano sulla spalla mentre le gomme del fuoristrada stridevano lungo l’asfalto.
Lainie urtò con la testa contro il cruscotto mentre scivolava giù dal sedile e, come una bambola di pezza, si afflosciava sul tappetino sporco. Dalla sua bocca uscì una serie di imprecazioni colorite.
Che cosa diavolo stava succedendo alla sua vita?
Traendo un respiro profondo, aprì gli occhi e indirizzò un’occhiataccia a quella specie di bovaro pazzoide che l’aveva trascinata in quella situazione rocambolesca. Notò subito gli stivali di cuoio tirati a lucido e l’immacolato cappellone da cowboy.
Decise che si trattava di uno svitato, poi per un attimo si chiese invece se quello non fosse un rapimento. Prima però che avesse il tempo di registrare quel pensiero, l’uomo sterzò, mandando la vettura in una sorta di testacoda.
Dopo due secondi, lui fece una smorfia e raddrizzò il volante. In quell’istante, Lainie riuscì a sbirciargli sotto il giubbotto di jeans e scorse un cravattino blu e un distintivo argentato appuntato sul taschino della camicia bianca inamidata.
Fu allora che ricordò. Sua madre le aveva detto che aspettava l’uomo scelto dal capitano Johnson, quel pomeriggio. Come si chiamava? Ah, sì, il sergente Sloan Abbott dei Texas Ranger.
«Abbiamo un furgone nero al seguito» le comunicò lui, guardando nello specchietto retrovisore.
«Qualcuno ci segue?» gracchiò lei. «Perché?»
Sloan la incenerì con uno sguardo. «Se per caso le è sfuggito questo piccolo dettaglio, c’è qualcuno che le sta sparando da una decina di minuti.»
Lainie ripensò al suono lacerante che aveva udito quando le era parso che tutto il mondo le esplodesse intorno. Si trovava nell’atrio, ridendo di una qualche battuta pronunciata da sua sorella, quando aveva sentito lo schianto. Sia lei sia Suzy si erano accasciate sul pavimento nello stesso istante.
Allora doveva essere stato un colpo di arma da fuoco ad aver infranto il vetro della finestra accanto a loro.
Suzy. Santo cielo, che cosa le era successo?
«La prego» gridò, superando con la voce il rombo del motore e lo stridere degli pneumatici. «Gli altri... dobbiamo accertarci che stiano tutti bene! Torni indietro.»
«La polizia sarà ormai sul posto» brontolò Sloan senza neppure girarsi. «E forse anche l’ambulanza. Ho sentito le sirene. Sapranno occuparsi di loro sicuramente meglio di noi.» Girò di nuovo il volante di scatto e il veicolo slittò in una curva.
Accidenti! Le domande avrebbero dovuto aspettare, pensò Lainie, mentre la corsa diventava sempre più azzardata e lei doveva faticare per tenersi in equilibrio.
Mosse un braccio per aggrapparsi al sedile mentre il fuoristrada svoltava a sinistra. Poi, ansimò allorché si accorse di avere la manica macchiata di sangue.
Il sergente ruotò il capo di scatto quando la udì. «È ferita?» le chiese. Evidentemente, si era accorto del sangue.
«Io... io non lo so. Non... non credo.» Non ne era sicura. Cercando di concentrarsi sul proprio corpo e sull’equilibrio, scoprì di avere gambe e braccia completamente rattrappite a causa di quella posizione rannicchiata sotto il cruscotto. Per il resto, aveva addosso come una sensazione di torpore.
«I vetri del furgone sono scuri, ma mi pare di intravedere tre figure sedute davanti» disse lui, senza aspettare il resto della risposta. «Ho intenzione di seminarli. Fra pochi minuti imboccheremo l’autostrada. Riesce a stare lì sotto un altro po’, Lainie?»
Non aveva altra scelta, quindi lei annuì.
L’aveva chiamata Lainie, osservò. Sentire pronunciare il proprio nome le diede conforto. Si rese conto che chiunque poteva sapere chi fosse dalla sua rubrica quotidiana. Eppure, si capiva lontano un miglio che il tizio alla guida di quella jeep era un uomo di legge. La sua personale guardia del corpo.
«Lei è Sloan Abbott, vero?»
Lui rispose di sì con un cenno del capo, ma non sprecò fiato per parlare. Gli pneumatici protestarono