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È la coppia che fa il totale
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E-book376 pagine5 ore

È la coppia che fa il totale

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“Ficarra e Picone sono due esempi unici nel nostro cinema, due comici, ma anche due autori, che hanno saputo dedicare uno sguardo profondo e originale alla politica, al costume e alla società italiani, distillato dapprima attraverso l’esperienza maturata in teatro come attori di cabaret, poi anche attraverso la televisione – decisivo è stato Zelig – prima di consacrarsi definitivamente e con travolgente successo all’amato cinema” - Roberto Andò

“Scegliamo di lavorare con chi è più adatto a noi, anche caratterialmente, perché per noi fare un film è un’esperienza umana, e ogni film diventa poi figlio di tutti quelli che hanno partecipato alla sua realizzazione” - Ficarra & Picone

«Fare cinema era un sogno. All’inizio della nostra carriera, però, era una cosa talmente irraggiungibile che non osavamo neppure pensarci. Facevamo il nostro cabaret in giro per l’Italia ed eravamo già contenti così. Però, a ripensarci, è proprio in quel frangente che è nato il nucleo di “Nati stanchi”». Salvo Ficarra e Valentino Picone, noti al pubblico come Ficarra & Picone, raccontano così il loro primo approccio al cinema. Da quel momento sono trascorsi molti anni e loro due hanno realizzato ben sette film di grandissimo successo sia di botteghino sia di critica: da “Nati stanchi” a “Il primo Natale”, passando per “Il 7 e l’8”, “La matassa”, “Anche se è amore non si vede”, “Andiamo a quel paese” e “L’ora legale”. Una carriera incredibile e una filmografia davvero interessante e ricca di contenuti perché capace di unire comicità e critica di costume veicolando al grande pubblico messaggi attuali e importanti.
La giornalista cinematografica Ornella Sgroi ha seguito per anni Ficarra e Picone sui set dei loro film e li ha intervistati molto spesso. Proprio con loro, in questo libro, ha voluto raccontare un percorso professionale e personale come mai nessuno ha fatto prima d’ora, pellicola dopo pellicola. Un tuffo “nel lungo percorso artistico di Ficarra e Picone, conferma e sviluppo ulteriore della capacità di Salvo e Valentino di entrare a gamba tesa nelle grandi questioni del nostro Paese con la loro comicità” come scrive l’autrice.
Una chicca impreziosita da aneddoti e curiosità svelati per la prima volta dagli stessi Ficarra & Picone per tutti i loro numerosissimi fan e per chi ha voglia di scoprire il grande lavoro che c’è dietro questa straordinaria coppia comica.
LinguaItaliano
Data di uscita1 ott 2020
ISBN9788830515000
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    Anteprima del libro

    È la coppia che fa il totale - Ornella Sgroi

    Rosario

    PREFAZIONE

    La comicità è una delle sintesi supreme della cultura di un popolo. Di grandi comici ne nascono pochi, ma quei pochi, spesso, riescono a contrassegnare un’epoca.

    Partiti dall’indolenza geometrica, e filosofica, dei nati stanchi, uno stato quasi oblomoviano, Ficarra e Picone – Salvo e Valentino per gli amici – rappresentano in coppia il genio comico che ha saputo raccontare meglio il carattere degli italiani nel nostro tempo. Un tempo non facile da intercettare, caratterizzato com’è da una oscura inclinazione al risentimento. Passato al filtro della sapienziale ironia siciliana, il veleno del risentimento si è trasformato nei loro film in una drammaturgia paradossale e intelligente, uno specchio in cui gli italiani hanno potuto contemplare se stessi e ridere dei propri vizi e delle proprie meschinità.

    Il grande comico ospita quasi sempre un moralista, e Salvo e Valentino, nella continuità della loro postura di attori e autori, hanno sempre mostrato una vena moralista. Ovviamente, il loro moralismo non si è mai manifestato con prediche e sermoni, anzi, è sempre stato dissimulato in un tono di proverbiale leggerezza. Insomma, i loro film non sono mai stati usati per istruire processi, tutt’altro. Sin dai primi passi Salvo e Valentino hanno consegnato il loro moralismo, o la loro indignazione morale, a una cifra interrogativa, aperta al dubbio, e intonata a una poetica d’irresistibile umanità.

    In effetti, come mostra bene il libro di Ornella Sgroi, Ficarra e Picone sono due esempi unici nel nostro cinema, due comici, ma anche due autori, che hanno saputo dedicare uno sguardo profondo e originale alla politica, al costume e alla società italiani, distillato dapprima attraverso l’esperienza maturata in teatro come attori di cabaret, poi anche attraverso la televisione – decisivo è stato Zelig – prima di consacrarsi definitivamente e con travolgente successo all’amato cinema.

    Tra i vari passaggi del libro che si possono citare, è molto bello il racconto del loro incontro nell’estate del 1993 in un villaggio turistico di Giardini Naxos, con Salvo nelle vesti di animatore e Valentino in quelle di cliente. A quanto pare è stato Ficarra, dopo una serata trascorsa ognuno nel proprio ruolo, a farsi vivo l’indomani con una telefonata in cui proponeva a Picone la futura ditta. Quando, anni dopo, arrivata la popolarità, i due amici passano al grande schermo, condividono subito il desiderio di circondarsi di grandi professionisti della sceneggiatura (Francesco Bruni) e della fotografia (Roberto Forza). Hanno cioè un’idea chiara del cinema cui ambire. E sin dai quei primi passi la loro più grande forza è la capacità di rovesciare gli stereotipi e rileggere le trame del Sud in modo paradossale, scrutandole attraverso la lente di una filosofia surreale.

    I due guardano ai classici della commedia all’italiana, a Totò, ma anche al cinema di Pietro Germi, un fuoriclasse che ha saputo raccontare la Sicilia come pochi. Inoltre, ammirano incondizionatamente C’era una volta in America e Nuovo Cinema Paradiso, ma anche Rocky Balboa. Sono due cinefili agguerriti, vedono i film degli altri per costruire e fortificare il proprio immaginario.

    Esaminando i loro film, da Nati stanchi a Il 7 e l’8, passando per La matassa e Anche se è amore non si vede, e poi ancora Andiamo a quel paese, L’ora legale e Il primo Natale, si riconosce un’attitudine al romanzesco, l’unico dispositivo attraverso il quale è possibile riagguantare il tempo, come se anche per loro il cinema fosse il solo modo per ricostruire una versione attendibile del passato, disseppellendone segreti e misteri. In questa ossessione, Ficarra e Picone si rivelano insieme borgesiani e siciliani.

    «A me è sempre piaciuta l’idea di andare avanti e indietro nel tempo, ed è vero che tutte le nostre storie, anche quelle che alla fine non abbiamo mai girato, affondano molto nel passato per esplorare le ripercussioni che il passato produce nel presente, magari portando alla luce cose nascoste che si scoprono all’improvviso. È un aspetto proprio bello, che ci piace molto» confida Valentino a Ornella Sgroi. E gli fa eco Salvo: «Le più belle commedie all’italiana, quelle degli anni Cinquanta, avevano il loro punto di forza nel fatto che non erano mai film in cui il regista si metteva in primo piano, ma erano costruiti soprattutto sulla sceneggiatura e sui personaggi, quindi sugli interpreti». Sembrerebbe una dichiarazione di poetica e forse lo è, tra le righe del libro è infatti esibito con umiltà anche un metodo di lavoro, nelle cui pieghe si coglie una propensione alla maniacalità più scrupolosa. Ovvio che in queste pagine ricorrano i nomi dei collaboratori di sempre e di quelli nuovi, dai musicisti Paolo Buonvino e Carlo Crivelli, al montatore Claudio Di Mauro, all’organizzatore e produttore esecutivo Attilio De Razza, a Nicola Guaglianone per la sceneggiatura, a Cesare Accetta e Ferran Paredes Rubio per la fotografia, e ancora Edoardo De Angelis, regista in proprio ma complice artistico della coppia, Gianni Costantino, da sempre loro aiuto regista e casting director, per dire solo di alcuni dei componenti di questa vera e propria factory creativa.

    Ovviamente il merito principale di un libro come questo è quello di farci conoscere meglio i due protagonisti, e in questo senso È la coppia che fa il totale mi sembra del tutto riuscito. Essendo da molti anni amico di Valentino e Salvo pensavo che mi sarei imbattuto in aneddoti che conoscevo già, ma non è stato così. D’altronde, Ornella Sgroi non è soltanto una studiosa attenta e intelligente, ma anche una persona curiosa e sensibile, che nell’intraprendere il mestiere del critico non ha voluto rinunciare al piacere di rimanere spettatrice, la qualità suprema per amare e far amare il cinema.

    Roberto Andò

    INTRODUZIONE

    L’idea

    C’è o non c’è, forse c’è ma si nasconde, si fa cercare. Forse è qui, sotto i nostri occhi, e non ce ne accorgiamo. O, come sostiene qualcuno, le idee galleggiano in aria, e c’è chi arriva prima di un altro, e coglie la sua.

    Age, Scriviamo un film. Manuale di sceneggiatura

    Ho incontrato Ficarra e Picone per la prima volta a Catania nel marzo del 2007, durante la conferenza stampa di presentazione del loro secondo film, Il 7 e l’8. Mi colpì subito la loro dialettica brillante, piena di garbo e cordialità, ma soprattutto la complicità istantanea e intuitiva che li rende l’uno la prosecuzione o l’anticipazione dell’altro. E viceversa.

    Conservo ancora la foto che scattai a Valentino e Salvo alla fine dell’intervista fatta in quell’occasione. E conservo ancora la nostra conversazione registrata su una micro audiocassetta, purtroppo danneggiata dal tempo. Per fortuna, le risate di quel breve incontro sono ancora nitide nella mia memoria e mi sono tornate in mente come fosse ieri rileggendo l’articolo che scrissi.

    L’autenticità che avevo notato allora l’ho poi ritrovata negli anni, nei loro film, nei loro spettacoli teatrali, nei loro sketch televisivi, ma soprattutto nelle interviste fatte a tu per tu e in quelle condivise con il pubblico di due teatri siciliani, il teatro Stabile di Catania e il teatro Garibaldi di Enna, per i quali ho curato due rassegne dedicate ai mestieri del cinema.

    È su uno di quei palcoscenici che mi è venuta l’idea di scrivere questo libro, attraversando in modo trasversale e con una nuova visione d’insieme la storia di questi due artisti, in particolare quella cinematografica. Un percorso di dedizione e crescita, durante il quale il duo Ficarra & Picone è diventato un marchio di qualità per lo sguardo attento e pungente sull’oggi che Salvo e Valentino – forti dell’esperienza teatrale, tra cabaret e impegno civile – hanno maturato di pari passo con un linguaggio cinematografico narrativo definito a tal punto da diventare cifra artistica e segno distintivo. Una boccata di ossigeno nell’attualità della commedia italiana, guardando alla migliore tradizione comica, ma anche con lo sguardo rivolto al nuovo. In modo personalissimo, sempre più capaci di portare alla riflessione sulle storture della contemporaneità, con (auto)ironia. E con un sorriso critico e corrosivo, ma sempre affettuoso, che non fa sconti a nessuno.

    A nutrire il germoglio di queste pagine sono state, poi, le volte in cui con Salvo e Valentino ci siamo trovati a parlare di cinema. Di quello che ci fa sognare, di quello che abbiamo amato o detestato, di quello che vorremmo ancora vedere e di quello che non vorremmo vedere più. E quando l’idea di questo libro è sbocciata, Salvo e Valentino mi hanno dato la possibilità di seguirli sul set dei loro ultimi due film, L’ora legale a Termini Imerese e Il primo Natale a Ouarzazate in Marocco.

    Niente più dubbi, se mai ce ne fossero stati: i tempi sono maturi per raccontare la storia cinematografica di questi due maestri di comicità. Una comicità riflessiva rara, senza retorica. Caustica ma gentile, tanto da rendere Ficarra e Picone due comici autenticamente popolari, proprio perché in quei personaggi chiunque può riconoscersi con empatia.

    Sono passati tredici anni da quella prima intervista. La carriera di Salvo e Valentino è decollata. La televisione li ha consacrati anche per il grande pubblico tra i migliori comici sulla piazza. Alcune incursioni nel teatro sociale hanno sorpreso spettatori e addetti ai lavori, mettendo in evidenza la loro potenza comunicativa anche su temi importanti come la mafia. E i loro film al cinema hanno dimostrato un percorso di maturazione artistica che li ha spinti ad andare sempre più a fondo nelle cose, anche oltre la comicità.

    Dal primo Nati stanchi, che nel 2002 ha segnato il debutto dei due artisti nel mondo cinematografico, fino a Il primo Natale, arrivato in sala nel dicembre del 2019, Ficarra e Picone hanno saputo raccontare – con tempi comici perfetti e una sempre più malincomica sensibilità – pregi e difetti dell’Italia e degli italiani. Prendendo spunto dalla sicilianità, per poi trasformare abilmente l’autoironia territoriale in una satira sagace sull’intero Paese.

    Nel mezzo c’è stato anche il grande successo di critica e di pubblico de Le Rane di Aristofane, commedia classica messa in scena nel luglio del 2017 al Teatro greco di Siracusa dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico (INDA) sotto la direzione illuminata di Roberto Andò, con Ficarra e Picone protagonisti e la regia di Giorgio Barberio Corsetti. Ogni sera sold out, con il merito di avere aperto la drammaturgia antica anche a un pubblico inusuale e più popolare, e di averla portata per la prima volta su Rai 1 in prima serata e con ascolti record.

    È così che Ficarra e Picone arrivano nel 2020 a festeggiare venticinque anni di carriera insieme, sulla scia di un momento artistico particolarmente vivace e creativo. Nozze d’argento in grande stile, per una coppia di fatto che custodisce il segreto di tanta longevità nella sintonia personale, oltre che artistica.

    Nel caso di Ficarra & Picone È la coppia che fa il totale, parafrasando la celebre battuta di Totò È la somma che fa il totale consacrata in Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi. Da qui la scelta del titolo di questo libro, in cui Salvo e Valentino condividono con generosità tutta la loro simpatia e intelligenza, tra riflessioni, aneddoti e curiosità che svelano il percorso creativo attraverso cui hanno maturato uno sguardo cinematografico autoriale degno di attenzione. Nel segno della leggerezza che, come distingueva Italo Calvino, non è mai superficialità.

    È difficile, o forse impossibile, definire che cos’è una buona idea cinematografica. Si può invece affermare che quando si è certi di averla trovata si può provare un’emozione e una gioia assai simili a quella che il cercatore di tesori prova quando il suo piccone morde il coperchio del forziere sepolto…¹

    Anche il giornalista, in fondo e a suo modo, è un po’ un cercatore di tesori. Questo libro è uno di quelli che ho trovato io.

    Ornella Sgroi

    1

    Questione di logica

    Nati stanchi

    «Fare cinema era un sogno. All’inizio della nostra carriera, però, era una cosa talmente irraggiungibile che non osavamo neppure pensarci. Facevamo il nostro cabaret in giro per l’Italia ed eravamo già contenti così. Però, a ripensarci, è proprio in quel frangente che è nato il nucleo di Nati stanchi

    Salvo e Valentino rievocano i loro inizi cinematografici, a partire dal film che nel 2002 segna l’esordio sul grande schermo di Ficarra & Picone, non solo come attori protagonisti ma anche come sceneggiatori. Il film è Nati stanchi, con la regia di Dominick Tambasco. Un piccolo capolavoro di comicità e critica di costume, che affonda le radici nei due personaggi che Ficarra e Picone hanno lanciato sul palco di Zelig: due tipi perennemente seduti e stanchi, che dissertano su tutto e tutti. Quelli del Ahi ahi ahi, Stanco?, No, oggi no, per intenderci.

    Sebbene per Ficarra e Picone sia stato il teatro-cabaret la palestra fondamentale, la televisione ha senz’altro fatto da volano per la comicità originalissima di questi due giovani autori venuti dalla Sicilia. Non c’è voluto troppo tempo, infatti, perché il loro talento venisse notato da un paio di produttori cinematografici animati da una sana curiosità.

    «La prima è stata Rita Rusić, incuriosita al punto da chiedere a Roberta Torre (regista milanese alla quale aveva prodotto il film Angela e che in quegli anni aveva scelto Palermo come città adottiva, N.d.A.) di creare un primo contatto con noi per capire se avevamo una storia per un film. Da lì, un paio di telefonate e qualche prima idea buttata giù, ma alla fine il progetto con Rita si è arenato» raccontano Salvo e Valentino.

    È qui che si fanno avanti il regista Dominick Tambasco, con una storia scritta da lui, e i due produttori Marco Poccioni e Marco Valsania di Rodeo Drive, disposti a produrre il film di Tambasco a condizione che a interpretarlo siano Ficarra e Picone.

    «Abbiamo letto la storia che ci proponeva Dominick, ma non ci siamo riconosciuti in quel soggetto» spiega Salvo. «Però cominciò ad avviarsi un discorso con la produzione e, quando ci chiesero se noi avevamo una nostra storia da proporre, tirammo fuori quel nucleo che avevamo scritto un mese prima per la Rusić.»

    Questa volta il soggetto fa subito breccia. Salvo e Valentino colgono l’opportunità che viene loro offerta e decidono di formare una squadra di professionisti con i quali confrontarsi, visto che loro due sono alla prima esperienza cinematografica. Ma chi scegliere?

    «Abbiamo guardato al cinema che in quel momento ci piaceva davvero e la nostra scelta è caduta sullo sceneggiatore Francesco Bruni e sul direttore della fotografia Roberto Forza» raccontano. «Quindi abbiamo aggiunto alla squadra degli sceneggiatori Giambattista Avellino, autore che avevamo incontrato nella trasmissione televisiva di Serena Dandini, L’ottavo nano, di cui era coautore. Con Giambattista è stato amore a prima vista.»

    Nel salto sul grande schermo la modalità del lavoro di squadra è stata fondamentale per Ficarra e Picone e da allora li ha sempre caratterizzati.

    «Abbiamo cominciato a capire meglio il cinema e quello che volevamo fare, e a confrontarci con questo nuovo linguaggio» spiega Valentino. «Scegliamo di lavorare con chi è più adatto a noi, anche caratterialmente, perché per noi fare un film è un’esperienza umana, e ogni film diventa poi figlio di tutti quelli che hanno partecipato alla sua realizzazione. Così, per esempio, scoprire che Bruni, Forza e Avellino, oltre che essere seri professionisti, erano anche persone divertenti e per bene è stato per noi un valore aggiunto. Nati stanchi è proprio la nostra pancia, un film semplice e nello stesso tempo molto sincero. Lo rivediamo sempre con grande affetto.»

    Il sogno diventa realtà

    Quando si parla di Ficarra e Picone, si tende spesso a identificarli come due comici nati in televisione, rimandando alla loro partecipazione al programma Zelig e alla conduzione di Striscia la Notizia.

    In realtà, la forza e la consapevolezza della loro comicità affondano altrove, nella formazione teatrale maturata da autodidatti nei pub e nei cabaret siciliani, ben prima di approdare in televisione e conquistare la ribalta nazionale del piccolo schermo.

    Per questo, i due ragazzi stanchi per ragioni di comicità, ma infaticabili nella realtà, sono l’esempio più riuscito di come mezzi e linguaggi diversi, quali la televisione e il cinema, con in testa però il teatro, possano realmente incontrarsi assorbendo l’uno il meglio dell’altro.

    «Sapevamo già in partenza che con Nati stanchi volevamo fare cinema. E il linguaggio cinematografico è diverso da quello televisivo: cambiano la metrica del racconto e la recitazione, la stessa comicità è diversa» raccontano Salvo e Valentino. «Eravamo pure indecisi se mettere al film il titolo Nati stanchi, nel dubbio che gli spettatori potessero pensare che si trattasse di una storia i cui protagonisti fossero gli stessi personaggi stanchi che avevamo proposto a Gnu su Rai 3 e in qualche puntata di Facciamo cabaret su Italia 1 (precursore di Zelig). Poi, una sera, a cena a casa di Aldo Baglio (del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, N.d.A.), abbiamo condiviso con lui l’idea di questo titolo e Aldo ha esclamato subito: "Miii, non ci posso credere!!! Nati stanchi, troppo bello!!!". Ogni nostro dubbio fu fugato in un attimo. Aldo di fatto è il padrino di questo titolo. Tra le altre cose, in televisione non avevamo ancora sfondato. È stato Zelig Circus che ci ha dato la popolarità e ci ha aperto la strada definitivamente. Se Nati stanchi fosse uscito un anno dopo, probabilmente avrebbe avuto più successo, o probabilmente non l’avremmo neanche scritto, non lo possiamo sapere. Comunque, l’abbiamo fatto da perfetti sconosciuti.»

    Ficarra e Picone, quindi, arrivano al cinema senza poter contare su una grande popolarità. E questa cosa ha destato qualche preoccupazione a livello distributivo, tanto che Nati stanchi – prodotto dalla Rodeo Drive e da Rai Cinema – è uscito in appena ventotto copie il 1° marzo 2002. Ciò nonostante, il film ha ottenuto un risultato soddisfacente al botteghino, e soprattutto ha messo subito in luce l’intenzione di Ficarra e Picone di affrontare seriamente questa nuova sfida artistica, consapevoli dei rischi da evitare.

    «Il passaggio dalla televisione al cinema, in effetti, può essere insidioso, perché si tende a riproporre al cinema quello che ti ha reso popolare in televisione. A onor del vero, però, non sempre questo modo di fare è sbagliato. Sono tanti gli esempi di comici che, agli esordi, hanno preso quello che facevano in televisione o in teatro e lo hanno portato egregiamente al cinema, Verdone è un bell’esempio. Anche la scena dell’onorevole Trombetta, tormentato da Totò all’interno di un vagone letto, veniva dal teatro. Quello sketch è un esempio di pezzo teatrale portato al cinema in modo perfetto.»

    L’intramontabile gag dell’onorevole Trombetta nel film Totò a colori di Steno (1952) viene, peraltro, subito in mente guardando una scena di Nati stanchi, in cui Salvo veste i panni insolenti che furono di Totò, e Valentino quelli che furono dell’incredulo Mario Castellani.

    TRENO. INTERNO NOTTE. La cuccetta è al buio. La macchina da presa inquadra un pacco rosso riposto in una delle cappelliere in alto. Salvo lo fissa senza riuscire a prendere sonno, mentre Valentino dorme beato.

    All’improvviso Salvo accende la luce e sveglia di soprassalto l’amico.

    SALVO

    (contrariato)

    Compa’, io a te non ti capisco. Tua madre ti dà un pacco da parte di Don Ciccio e tu te lo pigli così senza dire niente?

    VALENTINO

    (stralunato)

    Vabbè, ma che problema c’è?

    SALVO

    Ci potrebbe essere di tutto là dentro! Droga, armi, bombe a mano!

    VALENTINO

    Sì, mitragliatrici...

    SALVO

    Vabbè, compa’, tanto il pacco te lo sei preso tu? La responsabilità è tua! Non ne voglio sapere niente, non ti conosco, domani ci presentiamo. Buonanotte!

    Salvo si gira dall’altra parte dando le spalle all’amico e spegne la luce. Dopo qualche secondo, Valentino si mette seduto al centro del letto e la riaccende.

    VALENTINO

    Ma poi vedi tu... cioè Don Ciccio deve dare il pacco a me con le armi dentro, io devo andare a Milano...

    SALVO

    Niente, compa’, hai ragione, dormi, buonanotte!

    VALENTINO

    No, per fartene convinto a te...

    Valentino si gira dall’altro lato dando le spalle all’amico e spegne la luce. Un paio di secondi e Salvo si solleva al centro del letto per riaccenderla.

    SALVO

    Volendo il motivo c’è, compa’: sei incensurato.

    VALENTINO

    Stai costruendo un castello per niente, Salvo...

    SALVO

    E io sono così: costruttore! Buonanotte!

    Salvo si gira dall’altra parte dando le spalle a Valentino e spegne la luce. Pochi secondi e Valentino si solleva nel letto per riaccenderla.

    VALENTINO

    E poi scusami, secondo te, tutte le persone incensurate che trasportano armi?

    SALVO

    Proprio per questo! Proprio perché tutti gli incensurati non trasportano armi, loro ogni tanto si affidano a qualche incensurato per fargli fare qualcosa di losco...

    VALENTINO

    E quindi, secondo te, tutte le persone losche sono incensurate?

    SALVO

    Senti, compa’, dormi, buonanotte, rilassati, ne riparliamo domani.

    VALENTINO

    No! Manco ne voglio parlare domani, per me il caso è chiuso!

    SALVO

    Esatto. Tanto il pacco l’hai preso tu.

    IN CORO

    Buonanotte!

    Salvo e Valentino spengono la luce nello stesso istante e si voltano dall’altra parte dandosi le spalle a vicenda.

    In quel pacco, guardato con tanta diffidenza dai due compari Salvo e Valentino – in viaggio verso l’ennesimo concorso usato come scusa per farsi una vacanza – c’è davvero una bomba a orologeria. Nel senso che, costretti dai genitori a consegnare a Milano il misterioso regalo – in realtà un’innocua cassata siciliana – al commendator Di Fatta per conto del losco Don Ciccio, i due ragazzi si trovano tra le mani l’innesco dell’equivoco che, poco dopo, metterà alle loro calcagna la polizia, convinta che i due malcapitati siano corrieri della mafia in trasferta a Milano.

    Dal teatro al cinema: viaggio di sola andata, ma con ritorno

    Come nel caso di Totò e Mario Castellani in Totò a colori, anche a Salvo e Valentino è capitato di importare da un loro spettacolo teatrale in Nati stanchi una battuta diventata cult per i loro fan. Accade nella scena in cui i due scansafatiche hanno appreso con grande stupore di avere vinto il concorso fatto a Milano e non riescono a farsene una ragione, ben consapevoli di avere dato le risposte volutamente a caso per farsi bocciare.

    SOTTO UN ALBERO – ESTERNO NOTTE. Salvo e Valentino sono seduti sotto un albero in aperta campagna e stanno fumando una canna.

    VALENTINO

    Quindi secondo te c’entrano i servizi segreti?

    SALVO

    Certo, compa’, vedi che due come noi che non lavorano e sono felici sono una mina vagante per questa società.

    VALENTINO

    Effettivamente siamo due scomodi...

    SALVO

    Scomodi? Siamo due rivoluzionari, caro mio! Come a (S)Che Guevara!

    VALENTINO

    Chi?

    SALVO

    (S)Che Guevara!

    VALENTINO

    E chi è?

    SALVO

    (contrariato)

    Non lo so... uno che fa magliette! Per questo ti dico: se passava la nostra linea sarebbe stato il crollo dell’economia mondiale. Hanno usato ogni mezzo per fermarci!

    VALENTINO

    Sì, però chi lo doveva dire, ah... mia suocera agente segreto...

    SALVO

    Era lampante! Te lo ripeto di nuovo, tua suocera sa fare: il gulasch, la Sachertorte e la polenta. Tre ricette straniere. Come fa a conoscerle che è quarant’anni che non si muove da casa?

    VALENTINO

    Quindi, secondo te, tutti gli agenti segreti conoscono le ricette straniere?

    SALVO

    Certo! Perché viaggiano!

    VALENTINO

    Scusa, ma se hai detto che mia suocera non esce mai da casa...

    SALVO

    (contrariato)

    Non lo so, ohhh! Poco fa l’ho fatto preciso il discorso... Non è che mi puoi chiedere di ripeterlo!

    La battuta di Ficarra in cui liquida Che Guevara come uno che fa magliette è nata in teatro durante una replica dello spettacolo Vuoti a perdere (1999).

    «Eravamo in tournée, la mattina lavoravamo sul film e la sera andavamo a fare lo spettacolo» raccontano Valentino e Salvo intrecciando le fila della memoria. «Al momento di scrivere la scena sotto l’albero, dovevamo impostare il dialogo ma non trovavamo niente di divertente. Poi una sera, a Cagliari, è venuta fuori questa battuta su Che Guevara improvvisata lì sul palco! Poter provare a caldo con il pubblico una folgorazione comica come questa è una fortuna, non c’è modo migliore di testare subito l’efficacia della battuta se non confrontarsi direttamente con la sala. Il teatro di Cagliari era proprio piccolo e ci siamo tutti ammazzati dalle risate quando questa cosa di Che Guevara è venuta fuori. Quindi l’abbiamo messa nel copione del film, ma se non avessimo avuto la sceneggiatura tra le mani, probabilmente non ci sarebbe mai venuta in mente quella sera in teatro.»

    In questa battuta, come in molti altri momenti di Nati stanchi, si può rintracciare quella particolarissima logica di Ficarra e Picone, fatta di giri di parole e associazioni di idee che potrebbero non portare da nessuna parte e che invece in mano loro arrivano sempre a un punto. Più o meno. Seguendo ragionamenti che, alla fine, non fanno una piega. Almeno all’interno del loro mondo comico. Un mondo in cui, a volere semplificare, a Salvo tocca il ruolo di chi prevarica e a Valentino quello di chi soccombe.

    «Nelle nostre storie, in realtà, ognuno è vittima e carnefice dell’altro» chiarisce Ficarra. «Quasi sempre i nostri guai partono da un’idea scellerata mia, che però poi Picone manda a rotoli.»

    «Sì, è vero, siamo vittime e carnefici l’uno dell’altro e non si capisce chi è più stupido dei due!» ride Valentino.

    Nel loro rapporto di scena, in effetti, la dinamica è molto più sofisticata e complessa, perché se è vero per esempio che in Nati stanchi, a Milano, Ficarra costringe Picone a non fare il biglietto della metropolitana, quindi a non pagare, è vero anche che nel momento in cui Valentino è talmente maldestro da farsi beccare dal controllore, è lui a costringere Salvo a tornare indietro per prendere le sue difese. Incastrandolo a sua volta. I due, infatti, finiscono nuovamente davanti a quel commissario di polizia che già una volta li aveva rilasciati, dopo avere accertato che i due siciliani non erano affatto corrieri della mafia. Nel capoluogo lombardo dove Salvo e Valentino sono andati – ufficialmente – a fare l’ennesimo concorso pubblico, il loro vero obiettivo è semplicemente lanciarsi nella movida milanese, agghindati con tanga tigrati sotto abiti improbabili e con l’etichetta ancora al polso in bella mostra.

    «Girare quella scena in discoteca è stato molto divertente» ricorda Valentino, «soprattutto nel momento in cui il buttafuori, strappandomi l’etichetta dalla manica della giacca, scatena il mio T’ammazzooo!. E dire che la gag dell’etichetta al polso non era prevista in sceneggiatura. L’idea è nata la notte prima di girarla e abbiamo imparato che nel cinema, quando modifichi o aggiungi qualcosa alla scena, fosse anche una piccola etichetta da attaccare a una giacca, devi avvisare tutti i reparti, dalla costumista al direttore della fotografia, passando per il produttore supremo. Noi per sicurezza abbiamo chiamato pure

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