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La Rosa Bianca E La Forza Delle Parole
La Rosa Bianca E La Forza Delle Parole
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E-book162 pagine1 ora

La Rosa Bianca E La Forza Delle Parole

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La Rosa Bianca o Weisse Rose è il nome di un gruppo di studenti, esistito dal giugno 1942 al febbraio 1943, che persero la vita a causa della loro opposizione non violenta al regime nazista. A farne parte erano studenti tedeschi cristiani tra cui Hans Scholl e sua sorella Sophie Scholl, Alexander Schmorell, Cristoph Probst, Will Graf e Kurt Huber, un loro professore. I ragazzi, poco più che ventenni, a Monaco di Baviera, persuadevano i tedeschi ad adottare una forma di resistenza diversa dal regime nazista tramite opuscoli. Ma proprio mentre erano in procinto di divulgare il loro settimo opuscolo, la Rosa Bianca fu vittima della Gestapo. Il 22 febbraio 1943 vennero processati e condannati. Un libro che si interroga sulla storia presente e passata incentrato sulla figura di Romano Guardini e sulla critica all'epoca moderna considerata il tramonto dell'umanità. È proprio da quelle vicende che forse è possibile capire ciò che intendeva dire quando si riferiva al singolo che può spezzare le catene del totalitarismo con la forza della coscienza sottomessa a Dio.
LinguaItaliano
EditoreTektime
Data di uscita14 apr 2019
ISBN9788893983822

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    La Rosa Bianca E La Forza Delle Parole - Antonello La Piana

    CAPITOLO I

    L’ASCESA DEL NAZISMO

    Storia della Repubblica

    Con il termine Repubblica di Weimar si intende il regime politico istituitosi in Germania alla fine della Prima Guerra Mondiale: il nome si deve alla città in cui, dopo la sconfitta, fu nominata un’assemblea nazionale allo scopo di stilare una nuova Costituzione. Fu il primo esempio di democrazia tedesca, e anche il primo tentativo repubblicano.

    Alla fine del 1918 risultava evidente la sconfitta della Germania. La tregua che venne firmata presumeva anche l’istituzione di un governo parlamentare per poter trattare con le forze dell’Intesa. Ma la decisione tardiva del principe Max von Baden di proclamare il governo e la fame, la disperazione e la delusione derivanti dalla sconfitta accesero la miccia tra il popolo tedesco che diede inizio ad una rivoluzione in maniera spontanea per cacciare via i responsabili di quella grande disfatta e dichiarare la fine della monarchia. A livello politico c’erano diverse correnti di pensiero: c’è chi voleva istituire la democrazia parlamentare, chi un sistema politico alla stregua di quello russo, ma fondamentalmente tutti volevano le dimissioni del Kaiser e la proclamazione della Repubblica.

    Il 29 ottobre dei marinai a Kiel e Wilhelmshaven non obbedirono all’ordine di attacco contro la flotta britannica, e questa rivolta dilagò in tutto il paese; vennero pianificati consigli di lavoratori e soldati per dirigere la città in quei giorni di caos, mentre si reclamava a gran voce l’abdicazione dell’imperatore. Kurt Eisner, uno dei promotori nel 1917 dell’Uspd ( Partito Socialdemocratico Indipendente di Germania ), il 7 novembre proclamò il libero Stato bavarese [⁴] .

    Due giorni dopo la rivoluzione, guidata dall’Uspd, arrivò alla capitale: migliaia di persone raggiunsero il cuore della città chiedendo una nuova forma di governo. Nonostante venisse ordinato alle uniche truppe rimaste a Berlino di mantenere l’ordine, queste si schierarono con i rivoluzionari, per cui il Cancelliere Max von Baden convinse l’imperatore Guglielmo II, che nel frattempo si era rifugiato in Belgio, ad abdicare, e con un atto parlamentare lasciò il cancellierato a favore del socialdemocratico Friedrich Ebert.

    Lo scopo del nuovo cancelliere era quello di mettere fine alla rivoluzione, decisione dovuta anche a causa delle pressioni delle potenze occidentali. Strinse legami con i gruppi conservatori che facevano parte della burocrazia statale e dell’esercito e consentì la formazione di gruppi armati, i corpi franchi, composti da ex militari, per soffocare in maniera violenta ogni opposizione. Questi, difatti, uccisero Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, fondatori della Lega di Spartaco [⁵] (divenuta poi Partito comunista), e sedarono le rivolte che erano sorte in diverse parti del paese.

    Gli effetti di questi avvenimenti furono prolungati: mentre i poteri tradizionali, burocrazia, esercito, grandi gruppi economici, si fortificarono, i partiti operai ne uscirono divisi, a dispetto dello strepitoso successo elettorale della socialdemocrazia nelle prime elezioni del dopoguerra.

    Nell’Assemblea nazionale tedesca (febbraio 1919) il Partito socialdemocratico possedeva la maggioranza relativa, Ebert diventò Presidente della Repubblica, e Scheidemann il nuovo cancelliere, anche se per ottenere questi risultati avevano dovuto creare coalizioni di governo con altri partiti, quello cattolico del Centro e quello democratico.

    Nell’agosto 1919 venne redatta la nuova Costituzione della Repubblica e quindi, per la prima volta nella sua storia, la Germania era giunta a un sistema democratico-parlamentare, con la promulgazione di alcuni articoli così all’avanguardia, come quello del suffragio universale, da essere considerata ancora oggi un modello di riferimento politico di alto valore storico; la struttura federale del vecchio Impero, nonostante delle considerevoli trasformazioni e una visione più democratica, venne fondamentalmente mantenuta.

    A livello sociale ed economico continuava però a persistere un’area di grande tensione. I vincoli imposti dal Trattato di Versailles, firmato da Hermann Müller il 22 giugno 1919, erano veramente duri per uno Stato già vessato dalla guerra. La Germania viene costretta a pagare i danni della guerra con un risarcimento di quasi 300 miliardi di marchi-oro e un settimo del territorio abitato da circa il 10% della popolazione [⁶] ; in più, oltre a restituire i territori conquistati durate il conflitto, dovettero cedere alla Francia l’Alsazia - Lorena e alla Polonia la Prussia occidentale, mentre Danzica fu proclamata città libera. Ma il punto del trattato che venne percepito come un Diktat fu il riconoscimento della piena e totale responsabilità della guerra; di conseguenza la Germania dovette rinunciare alle sue colonie e ai suoi cittadini. Questi provvedimenti ebbero pesanti ripercussioni a livello economico poiché gran parte delle materie prime utilizzate nella produzione industriale si trovava nei territori ceduti.

    Nonostante agli inizi degli anni Venti il commercio con l’estero ebbe un grande slancio grazie ai bassi costi di produzione che rendevano possibile l’esportazione a prezzi molto contenuti e fu quasi raggiunta la piena occupazione, l’economia rimase sostanzialmente agraria e già nel 1923 si assistette ad un calo della produzione e ad una nuova crisi economica; inoltre la Francia aveva l’obiettivo di far saldare alla Germania i propri debiti contratti con gli USA, e annullare così la potenza industriale tedesca, temibile concorrente nel mercato europeo; questi progetti, però, contrastavano con il proposito di creare una barriera intorno all’URSS, di cui la Germania diventava necessariamente il principale punto di forza. Di questa tensione tra i francesi, che volevano rovinare la Germania, e gli americani e gli inglesi che invece ne volevano la rapida ripresa, se ne servirono i ministri di Weimar, che si rifiutavano di pagare le riparazioni o chiedevano continue proroghe. A causa di ciò la Francia e il Belgio ne approfittarono per occupare militarmente la regione della Ruhr (1923) un bacino fondamentale per la produzione energetica e le materie prime.

    La reazione dei tedeschi fu di un ripiegamento verso ideali come il nazionalismo e da questa situazione ne trassero vantaggio i gruppi di destra con un consenso sempre maggiore; aumentava sempre più tra la popolazione la simpatia per i gruppi eversivi nei confronti delle istituzioni repubblicane, dei gruppi capitalistici e plutocratici, ritenuti i veri responsabili della crisi, si faceva sempre più aspra la lotta contro il socialismo internazionale, di matrice socialdemocratica o comunista, e cresceva il rifiuto del sistema parlamentare e della democrazia rappresentativa.

    L’introduzione di capitale straniero, soprattutto americano, permise al nuovo cancelliere Stresemann di ristabilire il valore della moneta che si era ridotto quasi a zero durante la crisi del ’23, e la veloce ripresa economica permise numerose trasformazioni a livello industriale grazie alla propagazione di tecniche più moderne e alla razionalizzazione del processo lavorativo.

    A livello internazionale, i buoni rapporti tra Stresemann e il ministro francese Briand, portarono alla stipulazione del trattato di Locarno (1925) che assicurava lo smantellamento della frontiera renana, il rispetto dei confini e permetteva l’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni (1926).

    Effetti della grande depressione

    Il crollo di Wall Street del 1929 colpì l’Europa con effetti disastrosi; diversamente dagli Stati Uniti, però, i regimi di tipo liberal-democratico affrontarono la crisi con metodi passati, mettendo in evidenza la loro inadeguatezza nel fronteggiare la nuova situazione che era sorta dai cambiamenti che a livello sociale ed economico avevano dato un nuovo volto al vecchio continente negli ultimi decenni. In Germania il periodo favorevole che si era venuto a creare negli ultimi anni si interruppe bruscamente con la crisi economica mondiale del 1929 e la scomparsa del capitale americano. La produzione industriale crollò del 40% ritornando ai livelli del 1904 e addirittura molte banche dichiararono bancarotta; la disoccupazione assunse forme catastrofiche: 5 milioni di disoccupati nel 1931, 6 milioni nel 1932 [⁷] . Impiegati, professionisti, agricoltori, operai, tutti furono gravemente colpiti dalla crisi e appoggiarono con sempre maggiore entusiasmo le forze politiche della destra nazionalista. D’altra parte la coalizione formata dal Centro Cattolico e dal Partito socialdemocratico, divisa internamente da profondi contrasti, non si dimostrò all’altezza nel contrastare il veloce consolidamento delle opposizioni di destra e di sinistra. A sinistra riprese vigore il Partito comunista, mentre a destra, accanto al Partito tedesco-nazionale, simbolo delle gerarchie militari e burocratiche e dei grandi gruppi industriali, e al Partito tedesco-popolare, sostenuto dalla borghesia nazionalista e dai commercianti, s’impose improvvisamente il Partito nazional-socialista di Adolf Hitler, che aveva fatto la sua prima sortita nel putsch di Monaco del 1923 [⁸] .

    Nelle elezioni parlamentari del settembre 1930, essi vinsero 107 dei 577 seggi in palio, facendo uno spettacolare balzo in avanti, rispetto ai 12 di cui godevano solo due anni prima. Si erano recati a votare 35 milioni di tedeschi e quasi 6,5 avevano espresso il loro suffragio per il partito di Hitler, che divenne improvvisamente il secondo del Reichstag, dopo i social-democratici [⁹] .

    Di fronte all’ascesa di Hitler, i partiti di Weimar riuscirono solamente a proporre, alle elezioni presidenziali del 1932, la rielezione del maresciallo Hindenburg, ma i nazisti conquistarono oltre 13 milioni di voti e si affermarono come il primo partito del paese. Hindenburg sotto le pressioni della grande industria, della finanza e della proprietà terriera licenziò Brüning e lo sostituì con Franz von Papen, uno dei personaggi più di spicco dell’ala cattolica che istituì il cosiddetto Governo dei baroni (giugno 1932), con l’idea di legittimare il partito nazista alla stregua di qualsiasi altro partito presente in parlamento. Dopo due altre elezioni del Parlamento, svoltesi nel giro di pochi mesi, von Papen affidò il governo a Hitler il 30 gennaio 1933.

    Il Terzo Reich

    Al nuovo cancelliere bastò meno di un anno per organizzare le strutture portanti del nuovo Stato totalitario tedesco, al quale fu dato il nome di Terzo Reich . Sciolto il Parlamento, egli riuscì a eliminare l’opposizione comunista accusandola di aver appiccato l’incendio del palazzo del Reichstag (febbraio 1933); inoltre, approfittando del timore delle forze moderate, fece approvare un provvedimento straordinario che sospendeva tutti i principali diritti sanciti dalla Costituzione di Weimar.

    Con le nuove elezioni la coalizione di destra, capeggiata dal partito nazista, ottenne la maggioranza assoluta e a marzo dello stesso anno, grazie ad una legge

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