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L'eclissi all'improvviso
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L'eclissi all'improvviso
E-book245 pagine3 ore

L'eclissi all'improvviso

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Info su questo ebook

La tecnica è stupefacente, superata soltanto dalla sua assoluta

crudeltà. Ogni colpo è devastante, tanto nei suoi effetti mortali,

quanto nelle sue conseguenze psicologiche. È il terrore. Un serial

killer spietato sparge sangue nel Luna Park

di Los Angeles. Le prime

due vittime sono una coppia di ragazzi, assolutamente innocenti ed

ignari, con la sola colpa di trovarsi nel posto sbagliato al momento

sbagliato. Quando l'assassino preme il grilletto, il colpo viaggia per

una distanza lunghissima prima di porre fine alle loro esistenze,

preciso e letale.

Dal punto più alto della grande ruota panoramica,

il sangue inizia a gocciolare seminando il panico. E mentre la polizia

dà inizio ad una serie di indagini che si riveleranno complicatissime,

il pazzo omicida colpirà ancora e ancora. Perché lo fa? Cosa lo motiva? E

perché cova un simile risentimento? Il suo agire è una sfida aperta, ma

qual'è la chiave per identificarlo? È una corsa contro il tempo perché

ogni istante che passa potrebbe essere un'occasione per il Giustiziere

degli Innamorati.
LinguaItaliano
Data di uscita11 giu 2021
ISBN9791220342575
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    Anteprima del libro

    L'eclissi all'improvviso - Mario Pellegrino

    info@youcanprint.it

    Capitolo 1

    Los Angeles

    27/03/05 - ore 10:48 AM

    Era una giornata luminosa a Linqton city. Il sole era una grande palla di fuoco che emanava un'immensa luce su tutto il quartiere, e in particolare sul popolare e vasto luna park, battezzato da tre anni con il nome di Happy Fun. Come frecce da archi tesi, sfrecciavano da ogni sua perfetta rotondità, lunghi raggi fluorescenti e delicati. . una-park della-park dell'tat letiere, con le nuvole simili a panna montata. Le nuvole, simili a enormi zucchero filato, avevano deciso di allontanarsi, per dare spazio e magnificenza esclusivamente alla grande stella, che da miliardi di anni illumina e fa vivere il nostro pianeta. immensa e bella potente luce della stella che da sempre, o forse chissà da quando, illumina e fa vivere il nostro pianeta. Questa maestosa sfera di inestimabile potenza solare, divinamente luminosa e potente, era ammirata come un magnifico ritratto per chi veniva dalla banchina di fronte al luna park di Linqton, con la spettacolare vista dell’Oceano. Sembrava far parte della splendida architettura naturale che madre natura aveva creato, come se fosse stata posizionata lì per farne anche un’attrazione artistica. Una sorta di simbiosi naturale, come se l’una dipendesse dall’altra. Tre quarti dell’immenso corpo stellare erano visibili dietro la mastodontica e affascinante ruota, il resto della grande luce appariva e spariva dietro le assi e le impalcature dell’attrazione simbolo di ogni luna park. La ruota panoramica dell’Happy Fun oltre ad avere una posizione strategica e sovrana, era anche tra le più grandi d’America, sia nella circonferenza che nella sua altezza di ben 160 metri. Un budget di spesa impressionante per il ricchissimo proprietario del mega parco giochi; solo per mantenerla tra ristrutturazioni, controlli tecnici e servizi di pulizia venivano spesi diversi milioni di dollari. Naturalmente i guadagni erano notevoli specie nel periodo climatico migliore di cui Los Angeles poteva vantarsi. Nel periodo primaverile ed estivo una quantità enorme di visitatori si accalcava davanti ai botteghini, attirati dalle nuove tecnologie e dai nuovi divertimenti sempre più curiosi e particolarmente famosi. Era stato intuitivo per il ricco finanziere, Leonard Hamilton, acquistare quel luna park e sborsare una valanga di milioni per ristrutturarlo. La sua fama di grande imprenditore si era accresciuta, con il vantaggio di essere diventato agli occhi del paese il salvatore di tantissimi posti di lavoro e di averne creati altrettanti. Si era preoccupato persino di migliorare la situazione viabile attorno. La sera portava una lunga fila di macchine, ma la nuova maglia infrastrutturale era sufficiente affinché non si verificasse alcun caos stradale, favorendo l’accesso alla struttura anche da parcheggi sotterranei. La maggioranza di loro erano giovani con l’entusiasmo alle stelle: autoradio sintonizzate ad alto volume e la frenesia di raggiungere il luogo del divertimento al più presto. Inoltre una importane arteria che univa la statale per arrivare al famoso quartiere del cinema di Hollywood, la W. Sunset Blvd, sulla tredicesima di Linqton, era stata ampliata per rendere il flusso stradale scorrevole o perlomeno accettabile. Il luna park appariva affascinante con la sua struttura piena di stand, di luci folgoranti, di colori variopinti, coordinate da una tecnologia che alternava le sfavillanti scritte che scorrevano all’esterno, che attiravano, incuriosivano, i migliaia di turisti che si apprestavano a fare il loro ingresso. Anzi a chi si trovava nelle vicinanze quelle luci erano un richiamo irresistibile. A quest’ora della mattina, poi, era tutto diverso: si camminava beati sia a piedi che in auto, specie in una giornata così piacente. La strada che tagliava il semaforo era invece la Manson Street. Ovviamente il luna park era poco frequentato, e solo per il fatto che oggi, lunedì, il prezzo del biglietto era ridotto, erano arrivati centinaia di visitatori, soprattutto turisti degli alberghi vicini e giovani studenti che avevano fatto assenza ingiustificata a scuola. degli altri giorni. era scontato. La musica techno di ultima generazione e la voce frizzante e urlante dello speaker cercavano di invogliare i presenti a provare l’ebbrezza mozzafiato dello speedware. Il suono era così forte da udirsi per metà del parco, con una potenza da 110 decibel delle casse acustiche opportunamente posizionate sulle travi d’impianto più alte. LoQncerto di Bruce Springsteen. Lo Springsteen. speedware era l’attrazione più colossale: altissima struttura da occupare i cinquanta metri in altezza e oltre centocinquanta metri quadrati di terreno dell’Happy Fun. La più imponente dopo la ruota, ma con aspettative diverse: questa solo a vederla metteva agitazione. Solo persone dal sangue freddo e pieni di adrenalina potevano salirci. E un cartello abbastanza grande da essere visto parlava chiaro: ingresso vietato ai minori di 14 anni e vivamente sconsigliato a persone anziane, donne incinte e persone con problemi di salute.

    Sì, parlo con voi! Proprio con voi che vi credete dei grandi temerari del bungee jumping o vi vantate di aver provato le più ardue prove di volo mozzafiato, qui, sarete sospesi in aria a folle velocità!!, annunciava elettrizzato lo speaker dello speedware per incitare i più temerari; Se pensate di averle provate tutte e siete convinti che non esistano prove più toste di quelle che avete già fatto… allora vi sbagliate di grosso! Vuol dire che non siete ancora saliti sullo Speedware, o forse avete solo paura…, aggiunse con tono di scherno lo speaker. Ne aveva di che sgolarsi, tanto nessuno sembrava filarselo, e probabilmente i pochi presenti non avevano nemmeno udito un acca, malgrado il volenteroso incitamento. L’adrenalinica e ballabile musica techno diede d’improvviso spazio al suggestivo e melodico brano degli Evanescence Bring me to life. La gente sembrava divertirsi, anche se non c’era una grande presenza di massa e la maggior parte delle strutture erano fuori servizio. Quella mattina erano presenti per lo più bambini sotto i cinque anni accompagnati dai nonni in pensione, qualche coppia di fidanzatini, e turisti giovani in vena di divertirsi.

    I piccoli erano sempre vivaci ed euforici quando si trovavano in questo meraviglioso parco giochi. Burloni e divertentissimi pagliacci, e i simpatici e affettuosi personaggi della Disney erano praticamente accerchiati dai nonni coi nipotini, con quest’ultimi entusiasti e desiderosi di abbracciarli. Da Paperino, Paperina, Topolino o Pippo… o chicchessia, veniva regalato un palloncino della Disney e una foto da portare a casa. I pagliacci erano meno richiesti, forse per questo non sorridevano come solo loro sanno fare, ma in fondo non si potevano lamentare. Spesso si vedevano girare mano nella mano qualche coppia di fidanzatini. Le loro mattinate erano più corte dopo aver preso il sospirato diploma di fine anno, ma spesso si trattava di studenti universitari. . universitarie quando capitava. ggi e le sere erano diventate molto più afosi e silenziose di prima, con ore e ore i spensierati la mattina dalla scuola, ma molto più impegnati a seguire le difficili lezioni universitarie quando capitava. Mano nella mano, sguardi dolci, parlando piano e sussurrandosi frasi d’amore all’orecchio, giravano, vagavano beati, come se lo spettacolare ambiente e l’attrattiva del divertimento attorno per loro nemmeno esistesse; dopotutto si sa, il vero interesse era distrarsi dagli esami, parlare e soprattutto stare insieme. L’Happy Fun con un ambiente a tratti fiabesco, a tratti romantico e in molti aspetti tecnologico, era percorso da viali zig e zag di mattonelle variopinte, costellati da una vegetazione spettacolare, di ogni natura e colore. Fiori e piante di spettacolare colorazione e bellezza, e attorno laghetti di acqua così pura e limpida come uno specchio delle fiabe, su cui, perfino la natura vivente, fatta di cigni, anatre, emù e simili, sguazzava e si immergeva come se vivesse nel loro habitat naturale. La presenza suggestiva della ruota panoramica e del tunnel degli innamorati davano un vero senso di romanticismo. Le coppie che avevano provato il giro romantico del lago, lo suggerivano a loro volta ad altre coppie. La musica sdolcinata di Celine Dion o Frank Sinatra in sottofondo li accompagnava da casse stereofoniche nascoste all’interno della love boat, e se non si era stati contagiati da un raptus di pomicius cronicus, ammirare fuori dalle finestre a forma di cuore era fantastico. Nel frattempo, a un centinaio di metri dal lago dell’amore, nella zona vicina all’uscita, dove risiedevano il mistico labirinto degli specchi e la pista pazza delle autoscontro, del luna park, comemore’amore oati un’attraente e bella signora stranamente vestita con un turbante azzurro e abiti che lasciavano pensare, ai visitatori del parco, che si trattasse di una delle solite zingare entrate a sbafo per chiedere l’elemosina., camminava a passo spedito lungo l’elegante vicolo di mattonelle rosa, originale per la sua estensione a chiocciola. La pelle scura del suo viso contrastava con i suoi intensi occhi verdi rame. La donna attraversò lo spettacolare e fiabesco prato fiorito che conduceva all’ingresso degli ottovolanti, poi girò l’angolo, controllò attorno guardinga mentre oltrepassava la sinistra e grottesca casa degli orrori. In silenzio e quasi paurosa per qualcosa di inspiegabile, la cartomante Mangrael percorreva veloce il viale, nella penombra causata dall’intensa vegetazione attorno, dietro a folte piante tropicali e altissimi arbusti di palme. Si diresse spedita verso la così chiamata horror house e non rallentò più il passo. Allungò lo sguardo verso la stazione della vigilanza, il piccolo edificio marrone basso e lungo, dotato soltanto di alcune piccole finestre anti infrangimento e di un unica porta di entrata acciaio blu cobalto con sopra raffigurato lo stemma del corpo dello Stato Californiano. Tutto a posto. Tutto tranquillo. Mentre si avvicinava sempre più allo stand della Horror House si chiedeva per quanto tempo ancora fossero riusciti ad andare avanti e cavarsela senza esser scoperti… il suo timore ormai era diventato una vera e propria ossessione.

    Capitolo 2

    27/03/2005 - ore 11:29 AM

    Parlamento di Los Angeles

    Leonard Hamilton, un uomo alto e distinto, definito il personaggio con la chioma più attraente e unica di Hollywood, da farne così allo stesso tempo un personaggio d’immagine e di spunto per i social, a causa del suo particolare e naturale color arancio dei capelli. Stampa e TV lo avevano battezzato orange man. Otante il colore frizzante della orange sprite. Con la ventiquattro ore salda e sicura nella mano destra oltrepassò a passo spedito ed espressione stizzita il mastodontico portone di un palazzone stile gotico. L’ampiezza perimetrale era tale da occupare gran parte della George Vreeland Hill, nel quartiere di Beverly Hills. Sbuffò azzardando a un gesto scomposto dell’avambraccio. Platealmente avrebbe fatto capire senza dubbi il significato: Andate a quel paese! Appena mise fuori i suoi grandi piedi da un ambiente ormai diventato angusto per lui, respirò l’aria primaverile nel grande cortile municipale. Alla sua destra erano parcheggiate esclusive auto di lusso di ministri e politici, alla sinistra le insegne colorate dei bar e ristoranti lussuosi di Beverly Hills. Intorno, come a protezione di un castello, le imponenti e sovrane mura antiche del Parlamento di Los Angeles. Socchiuse gli occhi per la stanchezza accumulata da diversi giorni di accese discussioni politiche. Non si accorse quindi dell’arrivo di tre uomini vestiti di nero con raffinate Rayban scure, che con passo felino lo circondarono. , lo circondarono. urbo ai piedi. egnati. fatta crescere. I loro occhi nascosti nel buio delle Rayban, lo puntarono. Tutti e tre avevano spalle larghe e robuste come campioni della NFL. Uno di loro, con la faccia più arcigna e pizzo scuro, affondò la sua grossa mano nella tasca della giacca e ne estrapolò fuori una ricetrasmittente.

    «Chiamo 761… il signor Hamilton è uscito in questo momento. Prepara l’auto», scandì guardando a fianco e di lato. Questi era il comandante delle guardie del corpo che avvisava l'autista del commendatore Leonard Hamilton, uscito dalla sede del municipio in grande anticipo. Dare sicurezza e scortare con cura un personaggio di alto livello internazionale come il signor Leonard Hamilton garantendogli di raggiungere senza pericoli la sua stupenda villa lussuosa, era un procedimento estremamente curato e organizzato in ogni minimo dettaglio, anche negli atteggiamenti che sembravano più stupidi. L’invidiatissimo multimilionario, grande finanziere del commercio mondiale americano, Leonard Hamilton, di guardie del corpo ne aveva il doppio, rispetto ad altri personaggi della politica e degli affari. La lancetta dei minuti del suo Tissot in oro si mosse di qualche secondo, quando improvvisamente l’elegante limousine nera si accostò vicino alle guardie che lo circondavano come un re. In perfetta sintonia con la loro posizione, venne aperta la portiera posteriore dalla quale Hamilton entrò accomodandosi sul lato destro dell’automobile. Solo quando le portiere vennero chiuse e le vetrate antiproiettile scure si sollevarono ermeticamente, le guardie del corpo si allontanarono velocemente per salire nelle loro auto. Le Body-Guard usavano due BMW nere, una passò avanti, l’altra attese l’avvio della limousine di Hamilton per stargli dietro. Intanto la polizia alzò la sbarra e lasciò passare la limousine di uno degli uomini più potenti d’America. Hamilton fece un sospiro di sollievo quando la limousine lasciò quel luogo saturo di politici, antipatici e arroganti. Si era candidato nel Senato dello Stato della California, era stato eletto e subito se ne era pentito, al punto che dopo alcuni mesi aveva dato le dimissioni. A suo parere regnava solo confusione, burocrazia e non cooperazione, mancava l’efficienza che era presente solo nelle sue società informatiche. Abbandonò quindi quei pensieri per massaggiare e lisciare le sue folte sopracciglia rosse che rivelavano le sue origini irlandesi. Era come un importante rituale per rilassarsi e pensare.

    I genitori di Hamilton erano entrambi irlandesi di Galway. Figlio unico, cominciò a leggere a soli cinque anni e divenne presto il primo della classe e un assoluto genio negli anni del college. La famiglia, per lavoro, era emigrata in California quando Leonard aveva soltanto otto anni. Dopo anni di duro lavoro, con una grande capacità negli affari e genialità nel mondo dell’informatica, era riuscito a creare un vero impero finanziario. Adesso era riconosciuto ovunque si recasse, anche perché era uno dei pochi personaggi americani ad avere quel colore dei capelli, un rosso che dava sull’arancione. Naturalmente aveva dovuto spendere una parte della sua vita per affermarsi, con tantissimi sacrifici che non gli concessero di formare una famiglia. Da qualche tempo una dolce figura di donna era al suo fianco e gli dormiva accanto tutte le notti. Tutto era nato per caso, in casa di amici aveva incontrato quella splendida donna bionda, in procinto di divorziare da un famoso regista. Avevano chiacchierato con grande simpatia per tutta la serata, finché non erano finiti a letto con una passione che l’aveva sconvolto e reso felice. In quegli attimi, nell’auto, pensò alla sua amata Sheryl che oramai faceva parte della sua vita. Mentre la limousine attraversava la Manson Street, i suoi teneri ricordi vennero interrotti fastidiosamente dalla suoneria polifonica di Beethoven del suo cellulare. Lo sfilò dalla tasca della sua giacca in camoscio Giorgio Armani, e con la manualità di chi è sempre costretto a rispondere al telefono, adocchiò il numero di chiamata sul display: Unknown Number. Pensò perplesso: Numero sconosciuto?! Rispondo o non rispondo?. Stava per schiacciare il tasto di rifiuto della chiamata ma all’ultimo istante preferì rispondere: solo pochi intimi conoscevano il numero di questo cellulare. «Sii!? Leonard Hamilton», ma nessuno rispose... silenzio assoluto. Poi sembrò udire uno sfrigolio in lontananza e successivamente un respiro affannato, fino a quando la comunicazione fu interrotta. Rimase perplesso da quel comportamento e concluse che avrebbero richiamato. Svoltarono sulla Institute R. Keepard Street e da qui si poteva già notare in lontananza tra due palazzi di città, la maestosa ruota panoramica del luna park di Los Angeles. Ripresero i pensieri. Ma stavolta prese sopravvento il suo gran senso e orgoglioso istinto degli affari. Quel luna park era la sua ultima creatura a cui Hamilton si era affezionato perché luogo di divertimento e svago per tutte le famiglie. Inoltre aveva evitato molti licenziamenti e creato nuovi posti di lavoro. All’inaugurazione aveva percepito, con sua enorme soddisfazione, la gratitudine delle maestranze, e per lui era stata una sensazione bellissima, mai provata. E il sindaco lo aveva ringraziato, con parole molto toccanti, per il suo intervento e per avere creato un fiore all’occhiello per la città di Los Angeles. Erano arrivati intanto sulla Walle Burocraty, dove risiedeva il grande imprenditore: nella sua splendida villa di millecento metri quadri, senza contare giardino, garage e orto botanico.

    La limousine si fermò davanti al grande cancello automatico. Sulla destra c’era la buca della posta in acciaio color oro. Non era una comune buca postale, ovviamente chiunque poteva imbucargli un messaggio o una lettera, ma con un sistema tecnologico avanzato, solo lui poteva aprirla: con le impronti digitali del suo dito indice destro. C’erano due piccoli sensori di vetro tra la buca e il cancello: il primo apriva proprio la buca postale, il secondo più a destra, il cancello più corazzato di tutta Beverly Hills. Appoggiò quindi il dito sul primo sensore e azionò l’apertura della cassetta postale. L’autista scese dalla limousine per verificare la presenza di posta, ma la buca era completamente vuota. "Strano pensò il miliardario. Forse è stata già

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