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I miei Santi: La carità è l'anima della fede
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E-book161 pagine2 ore

I miei Santi: La carità è l'anima della fede

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Info su questo ebook

I Santi sono stati sempre nella mia vita. Nella tradizione abito il mistero della santità in un percorso orante che mi accompagna in un indefinibile senso esistenziale in cui il destino non rappresenta una contrapposizione ma l'incontro. I Santi sono nel mio dialogo ma non sono una ricerca per tentare di comprendere la fede. Non ho mai cercato la fede.
La fede è una luce che giunge e, a volte, cattura e avvolge. La prima parte di questo testo è improntata sui Santi che sono tracciati nei miei anni. La seconda parte non è una divagazione. Anzi. È lo stesso specchio del mio essere. Un libro al quale pensavo da molto. Mancano parecchie pedine. Ma il mosaico si costruisce tassello dopo tassello.
È uno scritto intimo. Come quelli che hanno un cuore. Ci sono riuscito? Non lo so. 
Pierfranco Bruni 
 
LinguaItaliano
EditorePasserino
Data di uscita1 ago 2023
ISBN9791222432069
I miei Santi: La carità è l'anima della fede

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    Anteprima del libro

    I miei Santi - Pierfranco Bruni

    Introduzione

    «I santi in questo luogo caliginoso brillano come le stelle del firmamento. E come le calzature difendono i piedi, così gli esempi dei santi difendono la nostra anima, rendendoci capaci di calpestare le suggestioni del diavolo e le seduzioni del mondo» (Sant’Antonio di Padova).

    I Santi sono stati sempre nella mia vita. Nella tradizione abito il mistero della santità in un percorso orante che mi accompagna in un indefinibile senso esistenziale in cui il destino non rappresenta una contrapposizione ma l'incontro.

    I Santi sono nel mio dialogo ma non sono una ricerca per tentare di comprendere la fede. Non ho mai cercato la fede. La fede è una luce che giunge e a volte cattura e avvolge.

    I pensieri sono giù che arrivano quando osservi l'immaginario invisibile che tocca i legami del luogo e ciò che chiamiamo anima. Ci sono intagli antropologici. L'umanesimo e la spiritualità trovano negli aspetti antropologici dei fattori fondamentali. Ogni santo entra in un antropos in cui il legame tra uomo e Dio è fortemente intriso di una fenomenologia religiosa. Viaggio tra i Santi che in queste pagine ho sfiorato con il solo sguardo ma sono entrati dentro di me con un immenso splendore. Tra l'itinerario manca Sant'Antonio. Sant’Antonio di Padova, nato a Lisbona il 15 agosto del 1195 e morto a Padova il 13 giugno del 1231. Ho un libro sul quale sto lavorando sul Santo che, insieme a Francesco da Paola, ha avuto una peculiare importanza nella mia infanzia e giovinezza.

    Ho conosciuto il culto di Antonio nel paese di mia madre. Terranova da Sibari. Il 13 giugno era un impegno di devozione, una festa, la preghiera. Resta tale. Il guerriero di Cristo che ha lottato fino alla fine con i Catari. Un mondo che mi affascina. Un mondo tra Cristo, il Santo di Assisi e l'inquietudine delle eresie. Mi interessa molto ciò. Antonio seguace di San Francesco d'Assisi è nella storia e nel destino dello specchio di una religiosità profonda. Religiosità popolare e carisma. Due aspetti che sono incisi nei miei scritti. Volutamente ho lasciato in una valvola del mio cuore il Santo di Lisbona. Sugli altri Santi che qui compaiono ho scritto interi libri negli anni passati.

    Tutta la prima parte di questo testo è improntata sui Santi che sono tracciati nei miei anni.

    La seconda parte non è una divagazione. Anzi. È lo stesso specchio del mio essere. Ho sempre interfacciato la cristianità (a volte la sola cattolicità) con l'eredità dell'eresia. Non potevo che confessarmi. Ho usato la confessione, ancora una volta, come un genere letterario (Maria Zambrano) e ho aperto i corridoi, le finestre, le porte del mio spirituale castello. Appunto, Santa Teresa D'Avila.

    Certo, sono testimonianze dentro una meditazione di saperi, dove non è mai mancata la contemplazione. Il resto è lasciato al benevole lettore che vorrà accostarsi tra le pareti del mio dire.

    È un libro al quale pensavo da molto. Mancano certamente molte pedine. Ma il mosaico si costruisce tassello dopo tassello. È uno scritto intimo. Come quelli che hanno un cuore. Ci sono riuscito? Non lo so...

    La Grazia è una benevolenza che appartiene alla santità. Un orizzonte e un cerchio. Seguace della spiritualità, ho trovato nella spiritualità il silenzio della evocazione. In questo silenzio i miei Santi mi parlano e con loro intrattengo una confidenza mistica.

    «La carità è l’anima della fede, essa la rende viva. Senza amore, la fede muore» (Sant'Antonio di Padova).

    Pierfranco Bruni

    I MIEI SANTI

    Lungo il percorso dei Santi di Calabria

    Quando Giovanni Paolo II giunse in Calabria nel 1985 pronunciò un lungimirante discorso sui Santi della Calabria ed ebbe a dire:

    «Voglio sperare, che voi non mancherete di rileggere la storia religiosa della vostra Regione, che ha accolto il messaggio cristiano fin dal primo secolo, alla luce splendente dei Santi calabresi che hanno forgiato generazioni di cristiani secondo lo spirito del Vangelo e della Croce di Gesù Cristo. Come non rievocare alcune figure emblematiche che ebbi occasione di venerare nel corso della mia visita: S. Nilo e S. Bartolomeo, illustri rappresentanti del Monachesimo Cenobitico; S. Bruno, che diede impulso in Calabria al Monachesimo Certosino, fondando quella splendida Certosa, che ancora porto davanti al mio sguardo; S. Francesco di Paola, il Santo dell’umiltà e della carità, sempre vicino al cuore della gente! Gli alti esempi di questi Santi luminosi e sempre attuali devono costituire uno stimolo costante per quella animazione cristiana e sociale della Calabria, oggi non meno dei tempi passati, bisognosa di uomini e donne che sappiano testimoniare con coraggio l’impegno per una rinascita spirituale. Ma, i Santi calabresi, soprattutto San Francesco di Paola, non hanno disatteso l’impegno sociale, anzi non hanno lasciato occasione per porsi a servizio e a sollievo dei poveri, dei deboli, dei malati. Oggi il problema sociale, che tocca la Calabria, va sotto il nome più vasto di questione meridionale. Si tratta dei problemi riguardanti le differenti condizioni di vita delle popolazioni meridionali e quelle più specificamente calabresi, gli aspetti relativi alla vita morale e religiosa, ed alla coerenza nei comportamenti privati e pubblici, le preoccupazioni sociali relative alla disoccupazione, specialmente quella giovanile e intellettuale, ed il problema di fondo di un più vasto ed omogeneo sviluppo economico, che riguarda non solo la Calabria ma tutte le Regioni del Mezzogiorno d’Italia».

    Era il primo giugno del 1985. Un grande Papa che lesse nella cristianità popolare l’identità di un popolo.

    Nella cristianità dei Santi calabresi l’incontro con il monachesimo ha segnato sempre un percorso contemplativo, in cui il valore della pietà ha assunto una visione quasi penitenziale all’interno di una geografia che ha visto confrontarsi l’Occidente con l’Oriente.

    San Francesco di Paola, in pieno passaggio epocale tra l’Umanesimo e il Rinascimento, non è stato soltanto il santo della Charitas. La sua presenza, come ascoltatore della cultura dei minimi tra i minimi, ha sostenuto il carisma del mistero in una storia in cui la cristianità ha dovuto, spesse volte, interpretare il mondo musulmano e lottare per la tolleranza e la persuasione.

    In Francesco il concetto di persuasione si lega a quella di carità e in Calabria, che è la stretta geografica e umana tra Occidente ed Oriente, la persuasione è anche l’incontro costante con la tolleranza tra le genti.

    A questa famiglia di umili, di caritatevoli, di perseveranti, oltre la persuasione della religiosità dei valori, appartiene San Nicola di Longobardi. Ma la Calabria è anche la Città del Sole, ovvero è l’eresia che comprende il destino della teologia.

    Lo stesso San Francesco nella obbedienza, mai venuta meno, (ubbidire è capire, non ubbidire non comprendendo si rischia di toccare la via della perdizione), ha dato senso non alla ragione dell’eresia, ma alla eresia come utopia.

    D’altronde la cristianità è consapevole dell’utopia, ma soltanto l’utopia farà camminare il cristiano lungo la Croce per condurlo lungo l’attrazione verso la Redenzione. Il concetto di minimo, non solo tra i minimi ma anche tra gli umili, è una declamazione dell’esistere dell’anima come antropologia della religione che resta nella sfera della teologia e che si identifica sempre nel cammino di una carità diffusa attraverso l’umiltà compresa.

    Perché nella cristianità calabrese la santità è vissuta come personificazione interlocutoria tra le culture che hanno reso il popolo calabrese accettante? Perché è proprio nella cristianità il dono dell’accoglienza, ma l’accoglienza è realmente una metafisica dell’anima.

    Gioacchino da Fiore, sia come teologo sia come camminatore nel mistero, non smette di incrociare l’eredità di un Oriente mistico con un Occidente carismatico. Nella sua religiosità l’antropologia dell’anima è sostanza oltre la ragione ed è quindi sostanza d’anima pur accettando -ecco, dunque, l’accoglienza - una griglia simbolica che proviene da un mondo sacro di un Oriente meta-esoterico.

    Lo stesso Campanella è un migrante per eresia nei confronti dell’Occidente perché il Sole è una metafora della Luce graziante che diventa una metafisica della Grazia accogliente. Il culto mariano, in Calabria, resta fondamentale ed è il culto che ha la sua voce parlante nella Madonna del Rosario di Pompei.

    San Nicola di Longobardi è un mariano, come lo sono i minimi che vivono il modello della evangelizzazione tra la virtù e la cerca della perfezione nella ottemperanza dell’umiltà. La Calabria, al tempo di San Francesco di Paola, è Regno di Napoli. Ma anche nel tempo di Bernardino Telesio la ragione della sostanza è sostanza non in divenire, ma sostanza metafisica. Non c’è Ragione nel mistero del mistico. C’è la fragilità della Ragione che si custodisce come elevazione nella contemplazione e nella provvidenza che è fatta dalla speranza.

    Non avrebbe senso, nella cristianità di Francesco e di San Nicola, l’orizzonte del concetto gioachimita di spirito profetico dotato. La santità dei Santi calabresi si incontra con la teologia di Gioacchino da Fiore, di Bernardino Telesio, di Tommaso Campanella, di San Nilo e del misterioso cammino del silenzio di Serra San Bruno, ovvero di una fede carismatica bruniana che spigola anche con il nolano Giordano Bruno.

    La Calabria ha la sua eredità orientale. Il mondo ortodosso è ben presente al punto tale che la Chiesa cattolica dialoga costantemente con le Eparchie. Francesco non scaccia i musulmani. Li ferma. San Nicola, orante ai piedi della Madonna di Loreto, si rende interprete di una cristianità. Del resto, i conventi dei Minimi sono l’anima della terra nella continuità tra l’Oriente e l’Occidente.

    La Calabria non può astenersi dal linguaggio di San Francesco. Accanto alla Carità e all’Umiltà si pone la Fortezza. San Nicola ha compreso subito questa mirabile spiritualità e ha decodificato il concetto di anima stessa in Spirito nell’essenza della sua comunità.

    Ecco il senso che, in fondo, si offre alle orazioni. Ecco come le orazioni diventano pellegrinaggio di preghiera nella parola orante.

    Diventa molto complesso e affascinante il processo del dialogare tra teologia e mistero, perché la Calabria propone come voce religiosa in Cristo la teologia.

    Gioacchino da Fiore è dentro questo cammino. Campanella, per sfuggire alla teologia, diventa errante, pur nella ubbidienza della fede.

    Francesco legge, e lo fa con le Regole, il giardino di Gioacchino, ma interviene con le azioni e con la presenza e comprende che il mistero, affinché possa essere fede, ha bisogno del mistico.

    Essere Taumaturgo, e/o essere considerato tale, significa aver assorbito una teologia dell’Essere, ma ciò lo rende un interlocutore tra la Chiesa e il vivere la Trinità nel mistero del cammino che lo conduce tra il mare e le terre.

    San Nicola interpreta questa visione e la traduce nella Grazia beatificante in un raggio di luce tra l’estasi e il sublime. Ma la santità può raccogliersi nell’estasi e nel sublime?

    Quando la penitenza chiama e la persuasione è provvidenza, la voce è un camminare nella spiritualità. Ma camminare nella spiritualità è rendersi degno dell’umiltà ed è così che ebbe a dire: «Signore mio, Gesù mio, non ero degno che la Maestà vostra venisse a me vilissima creatura, e però giacché vi siete degnato di dispensarmi questa grazia fatemi degno del vostro santo amore».

    L’umiltà è potente, l’umiltà guida, l’umiltà disegna le vie, l’umiltà certifica la carità, l’umiltà è un camminare di senso. Ma l’umiltà resta al centro del dono della contemplazione. La contemplazione di vissuto è il donarsi nel sempre. Perché in questo donarsi si ramifica la ricerca della perfezione.

    Il cristiano, per vivere la santità, deve lasciarsi assorbire completamente dall’accettazione e allontanarsi da ogni gesto che non sia la accoglienza mistica del perdono. Così il monachesimo è la pazienza espressa nello sguardo che ha il silenzio

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