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Le antiche chiese della Tuscia Romana: Quindici secoli di storia e di fede nell e Diocesi dell ’Alto Lazio
Le antiche chiese della Tuscia Romana: Quindici secoli di storia e di fede nell e Diocesi dell ’Alto Lazio
Le antiche chiese della Tuscia Romana: Quindici secoli di storia e di fede nell e Diocesi dell ’Alto Lazio
E-book629 pagine6 ore

Le antiche chiese della Tuscia Romana: Quindici secoli di storia e di fede nell e Diocesi dell ’Alto Lazio

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Info su questo ebook

La chiesa è, sin dalle origini, il luogo del culto e l’assemblea dei fedeli, che nel corso dei secoli, organizzati in una società intorno al vescovo si riunivano nei diversi edifici o luoghi identificati come Chiesa, cioè come Diocesi. Si tratta ora di lavorare per ricostruire l’identità, la storia di queste Chiese. La Chiesa che vive in una Diocesi non può nascere da una definizione, deve nascere anche da una storia, la sua storia. Sino ad oggi la maggior parte delle Chiese locali è rimasta senza storia. Abbiamo la ricostruzione delle origini di una diocesi, dei suoi vescovi, dei suoi santi, delle sue chiese e delle opere d’arte. Manca una storia del popolo di Dio, cioè dei fedeli battezzati e della loro esperienza di vita e di fede in quella diocesi. È in questo quadro storico-teologico che si muove questo volume che parla delle antiche chiese dell’Alto Lazio e della storia religiosa di questa porzione del popolo di Dio che vive nelle Chiese di questo territorio. L’occasione della visita di Benedetto XVI è stata la scintilla che ha mosso il progetto e a Sua Santità e a tutti i cristiani che vivono nel viterbese e nelle Diocesi italiane questo volume è idealmente dedicato. -Luciano Osbat
LinguaItaliano
Data di uscita5 mag 2022
ISBN9788878539808
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    Anteprima del libro

    Le antiche chiese della Tuscia Romana - Gilda Nicolai

    Prefazione

    La identità della Chiesa è in se stessa " sacramentale ", secondo la sintetica espressione del Concilio Vaticano II. Ciò significa che essa è realtà visibile e invisibile; risulta di un elemento umano e un elemento divino raccolti in unità.

    Per questo la parola " ecclesia" sta ad indicare l’insieme di quanti, convocati dalla Parola e dall’Eucaristia, sono raccolti dal ministero apostolico in comunione di fede, di speranza e di carità. Ma la stessa parola serve a designare lo spazio nel quale quella comunità di persone si raccoglie.

    Del primo aspetto tratta la ecclesiologia, la cui iniziale esposizione organica risale al 1302 ad opera di un viterbese, il beato Giacomo († 1309), agostiniano e arcivescovo di Napoli. E di questo aspetto la costituzione conciliare " Lumen Gentium" ha offerto la più recente luminosa sintesi.

    Della seconda si occupano scienze diverse (storia, arte, diritto…). Ne tratta il Codice di Diritto Canonico (cfr. parte III) e la CEI (Istruzione del 18.02.2004), per gli aspetti più amministrativi.

    C’è, inoltre, con la sua straordinaria rilevanza, il dato storicoculturale rappresentato dalla dimensione estetica che costituisce il prestigioso patrimonio artistico, unico al mondo e così suggestivo nel nostro territorio.

    Rivisitando questa pluralità di elementi e rilevando il cammino della Chiesa nel tempo, attraverso l’esperienza dei martiri, degli eremiti, dei vescovi, scriveva J. H. Newman: " Vi riconoscevo l’andatura della mia madre spirituale" (Apologia, FI 1970, p. 39).

    Non rientra nelle finalità di una premessa esplorare questi volti così affascinanti e suggestivi. L’egregio prof. Luciano Osbat, che introduce la pubblicazione, offre in merito opportune precisazioni.

    Dentro questo orizzonte, vorrei, pertanto, sottolineare appena qualche aspetto.

    ***

    Innanzitutto, proprio dinanzi alla complessa evoluzione storicogeografica di tante Chiese dell’alta Tuscia, sento il bisogno di richiamare il significato della Chiesa Cattedrale, come riferimento autorevole per tutte le comunità ecclesiali, la sorgente della vita cristiana nel territorio, come spazio privilegiato e simbolo dell’essere Chiesa dentro la storia.

    La Cattedrale è il cuore della Chiesa diocesana: là dove batte con intensità il palpito vivo di una comunità di fede, di speranza, di carità, quale è e deve essere la Chiesa particolare.

    A seconda delle epoche in cui è sorta, ogni Cattedrale è il simbolo e lo specchio della comunità che vi si raduna.

    Essa è il grembo della Madre sempre feconda per la forza della Parola e la virtù dei Sacramenti, sempre pronta ad accogliere tra le sue braccia la famiglia di Dio sparsa per il territorio diocesano, per comporla nella unità organica di assemblea santa.

    Nella Cattedrale (ed ecco l’origine del nome) c’é la cattedra dalla quale l’unico Maestro, Cristo, ha parlato e parla per la voce dei suoi Vescovi araldi della fede (LG 25). Ed è a questa cattedra che si ricollegano tutti gli amboni (pulpiti) della Diocesi, nella comunione della fede da credere e da vivere. E c’é anche l’ altare, dove il Vescovo, con il presbiterio, celebra i divini misteri e rende manifesta e operante l’unità della Chiesa particolare, in collegamento vitale con tutti gli altari sparsi per la Diocesi dove si perpetua il sacrificio che salva.

    Ma la Cattedrale porta anche il segno della storicità della Chiesa, presente in un luogo determinato e che, pellegrina nel tempo, vive i dinamismi della storia camminando verso la pienezza del Regno, oltre la storia. I segni del tempo che caratterizzano i lineamenti della Cattedrale testimoniano il mistero della incarnazione e sono profezie della celeste Gerusalemme, nello splendore dell’Eternità.

    Evidentemente né i luoghi né i tempi possono sequestrare Colui che è spirito: ma luoghi e tempi sono segni di ciò che è oltre; sono simboli di ciò che è altro; sono finestre aperte sull’orizzonte dell’invisibile dell’ineffabile.

    In questo senso la Cattedrale, grandiosa o modesta, è questo cuore dove è dato sentire il palpito di Colui che parla e chiama, si dona e rinnova e, sempre e soprattutto, ama.

    E ciò attraverso i segni che, come le linee carezzevoli e rasserenanti di un volto, ci parlano di una Madre sempre vicina e sempre bella: la Chiesa.

    ***

    Mi è caro, poi, al riguardo richiamare la recente visita a Viterbo e Bagnoregio (6 settembre 2009) del Santo Padre Benedetto XVI. È stata una visita pastorale e – nelle sue alte e intense parole – il Papa ha parlato proprio alla Chiesa come comunità di fede, di speranza, di amore, ma ha voluto altresì ricordare le antiche configurazioni storico-geografiche del territorio, come pure la schiera sempre attuale delle sante e dei santi.

    Sono questi i lineamenti – divini e umani, celesti e terrestri – del volto di una Chiesa. Per questo Benedetto XVI, con emblematico gesto pastorale, ha benedetto, all’inizio della sua visita, le porte della Chiesa cattedrale di Viterbo, dove – scolpita nel bronzo – c’é, come splendido arazzo del M° R. Joppolo, descritta la immagine dell’attuale configurazione della unificata Diocesi: ex multis gentibus unum corpus sumus.

    ***

    Sento, pertanto, il bisogno, come sintesi di sentimenti e pensieri a lungo coltivati, di esprimere gratitudine ammirata alle gentili autrici del volume, ai collaboratori e, ovviamente, al prof. Osbat, infaticabile promotore di ricerca e – per me dato assai gratificante – Direttore scientifico del Centro Diocesano di Documentazione (CE.DI.DO). A questo grazie si uniscono gli Ecc.mi vescovi delle Diocesi dell’Alto Lazio interessate dalla pubblicazione: Civita Castellana (Mons. Romano Rossi), Civitavecchia-Tarquinia (Mons. Carlo Chenis), più Orvieto-Todi (Mons. Giovanni Scanavino).

    La pubblicazione, ampia e documentata, sulle vicende variegate di queste antiche chiese ci ripresenta i lineamenti, lontani e sempre vicini, di queste molte madri che hanno dato vita e hanno accolto generazioni di credenti.

    Grazie, dunque: perché il volto di ogni madre è sempre caro e sempre bello.

    X Lorenzo Chiarinelli, Vescovo di Viterbo

    Introduzione

    Dalle antiche chiese alle attuali chiese

    Nella lingua italiana l’uso della lettera maiuscola consente di distinguere due significati diversi della parola chiesa. La chiesa è, sin dalle origini, il luogo del culto e l’assemblea dei fedeli. Nel corso dei secoli i fedeli, che organizzati in una società intorno al vescovo si riunivano nei diversi edifici o luoghi di culto del territorio che era affidato alle cure di quel vescovo, si sono identificati come Chiesa, cioè come diocesi. Già nei più antichi concili ecumenici il significato di chiesa come assemblea dei fedeli di un luogo e di diocesi amministrata da un vescovo sono entrambe presenti. Dopo il Concilio di Trento la diocesi si viene organizzando intorno al vescovo e al suo clero per il governo del popolo che abita quel territorio e che il vescovo periodicamente incontra nelle visite pastorali e che guida attraverso la decretazione sinodale. Nel secolo che segue Trento è il termine Chiesa come sinonimo di diocesi che si afferma decisamente nelle prescrizioni sinodali (gli Acta e le Constitutiones fanno quasi sempre riferimento alla Chiesa nel senso di diocesi) mentre questo uso sembra rarefarsi nel XVIII e XIX quando si parla quasi sempre (almeno nelle titolazioni delle raccolte dei canoni) di diocesi e non di Chiesa come sinonimo della prima. é il Concilio Vaticano II che riprende e diffonde l’uso del termine Chiesa sia nel significato di Chiesa universale sia in quello di Chiesa locale affidata ai vescovi in comunione con il successore di Pietro (la Chiesa è definita comunità di fede, speranza, carità costituita nel mondo e organizzata come una società governata dal successore di Pietro e dai vescovi che sono in comunione con lui ( Lumen gentium , I, 8)).

    In queste realtà il popolo di Dio, sotto la guida dei pastori che sono i vescovi, mette in pratica il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati ed è inviato questo popolo da Dio a tutte le creature quale luce del mondo e sale della terra (Ivi, II, 9). E la diocesi è quella porzione del popolo di Dio affidata alle cure pastorali del vescovo, coadiuvato dal suo presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore, e da questi radunata nello Spirito Santo per mezzo del Vangelo e della eucarestia, costituisce una Chiesa particolare nella quale è presente e opera la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica ( Cristus Dominus, 11).

    Queste sono alcune delle definizioni che precisano la nuova percezione di Chiesa, soprattutto di Chiesa locale. Uno dei problemi che ora si presenta a queste Chiese locali nel loro cammino che intende passare dalla definizione all’esperienza è la ricostruzione della loro identità.

    La Chiesa che vive in una Diocesi non può nascere da una definizione mentre può dare maggiore significato alla sua esperienza di fede dalla conoscenza delle sue radici, della sua storia.

    Sino ad oggi la maggior parte delle Chiese locali è rimasta senza storia. Abbiamo la ricostruzione delle origini di una diocesi, le storie dei vescovi di una diocesi, le storie dei santi di una diocesi, la storia delle chiese e delle opere d’arte di una diocesi. Manca una storia del popolo di Dio, cioè dei fedeli battezzati e della loro esperienza di vita e di fede in quella diocesi.

    Negli ultimi trent’anni qualcosa ha cominciato a muoversi in questa direzione per un convergere di nuove culture storiografiche nella direzione di una storia sociale e di più mature sensibilità pastorali alla ricerca della storia del passato delle Chiese locali.

    La storia ha bisogno di carte sulle quali lavorare con fondamento. Di qui l’attenzione agli archivi delle Chiese locali (ancora troppo debole).

    Prima agli archivi diocesani ( Guida degli archivi diocesani d’Italia, a cura di Vincenzo Monachino, Emanuele Boaga, Salvatore Palese e Luciano Osbat, 3 volumi, Roma 1990-1998), poi agli archivi delle chiese cattedrali ( Guida degli archivi capitolari d’Italia, a cura di Salvatore Palese, Emanuele Boaga, Francesco De Luca e Lorella Ingrosso, 3 volumi, Roma 2000-2006). E negli stessi anni, per la prima volta, si è dato un disegno della conformazione territoriale delle diocesi italiane (con informazioni statistiche sul clero e sulla popolazione, sulle circoscrizioni amministrative e sui Luoghi di interesse religioso ed artistico, con il titolo e l’indirizzo di tutte le parrocchie) nell’ Atlante delle Diocesi d’Italia (Roma, Conferenza episcopale italiana, 2000). Infine, negli anni più recenti, sono stati pubblicati i tre volumi intitolati Le diocesi d’Italia (a cura di Luigi Mezzadri, Maurizio Tagliaferri ed Elio Guerriero, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2007-2008) che, nella prima parte, presentano una breve sintesi della storia di ciascuna delle sedici regioni ecclesiastiche italiane mentre nella seconda parte c’è una scheda storica accompagnata da una cartina e dai dati relativi alle singole diocesi che, alla data dell’Unità d’Italia, sono state comprese nei confini dello stato.

    Ciascuna scheda parte dalla prima evangelizzazione del territorio diocesano, segue poi il radicamento nel territorio del cristianesimo, la storia dei vescovi, la storia religiosa, la storia politica, i personaggi di spicco, le iniziative di carità e di evangelizzazione di ciascuna Chiesa locale.

    Se queste sono le iniziative del contesto generale italiano, al suo interno si stanno muovendo numerosi e validi progetti che puntano alla ricostruzione della storia della singola diocesi, cioè alla storia di quel popolo di Dio che in maniera faticosa e diseguale ha interpretato il compito ricevuto da Cristo di essere testimone in un luogo dell’amore e di contribuire alla sua salvezza e di quella dell’umanità intera.

    é in questo quadro storico-teologico che si muove l’iniziativa di cui l’Editore Sette Città ha inteso farsi carico, di un volume che parla delle antiche chiese dell’Alto Lazio e della storia religiosa di questa porzione del popolo di Dio che vive nelle Chiese di questo territorio. L’occasione della visita di Benedetto XVI è stata la scintilla che ha mosso questo progetto ma in tale direzione stiamo lavorando da molto tempo. Da un quindicennio almeno i più importanti archivi diocesani dell’Alto Lazio che ora fanno capo alle Diocesi di Viterbo, di Civita Castellana e di Civitavecchia-Tarquinia, sono impegnati a riordinare documentazione, a renderla disponibile per gli studiosi perché queste ricerche sulla storia delle diocesi possano prendere il largo. Sono decine le tesi di laurea che, grazie alla collaborazione della Facoltà di Conservazione dei beni culturali dell’Università della Tuscia, hanno riguardato l’ordinamento di fondi archivistici delle istituzioni ecclesiastiche: dalle diocesi alle parrocchie, dalle confraternite ai conventi e monasteri, dai santuari agli ospedali.

    Ora siamo nella condizione che si possono cominciare a scrivere le storie del popolo di Dio che è vissuto nelle antiche, numerose diocesi che hanno segnato questo territorio che fin dal Medioevo era individuato come Patrimonio di San Pietro e che ora coincide quasi del tutto con la Provincia di Viterbo.

    Il titolo del volume fa riferimento alle antiche chiese del Patrimonio di San Pietro che, molto spesso, erano anche le cattedrali delle antiche Chiese dell’Alto Lazio. Talvolta si tratta di chiese che hanno secoli di storia alle spalle così come secoli di storia hanno le diocesi del Patrimonio di San Pietro. Si parte da quelle chiese-luoghi di culto per tendere a parlare dell’intera Chiesa-Diocesi.

    La storia di alcuni degli edifici di culto che si presentano in questo volume è già molto conosciuta: esperti di fama nazionale e internazionale se ne sono occupati illustrando la storia architettonica e la storia artistica di quelle chiese. Meno nota è la loro vicenda istituzionale, del tutto sconosciuta la storia religiosa (la vita di fede, la storia della pietà) che in quei luoghi si manifestava. é su questi due ultimi aspetti che si incentra la novità del volume, sull’attenzione non solo posta alla storia dell’edificio e ai suoi tesori d’arte (per questo anzi rinvieremo alla bibliografia corrente) ma alla storia religiosa e alla storia di fede che si è sviluppata intorno a quel luogo di culto. Un primo esempio in questa direzione è stato il volume su I santuari e la devozione mariana nell’Alto Lazio, curato da chi scrive (Manziana, Vecchiarelli Editore, 2006) che accanto alle vicende della storia dell’edificio-santuario, si è concentrato sulla storia della devozione nel corso dei secoli e sulle sue manifestazioni così come si possono raccontare dalla documentazione e dalle testimonianze che ci sono giunte.

    Nell’opera si parlerà di tutte le antiche diocesi dell’Alto Lazio, anche di quelle da tempo scomparse (come la Diocesi di Castro) e di tutte quelle chiese che sono assurte al rango di chiesa cattedrale anche se oggi hanno diversa qualificazione. Si presentano inoltre alcune chiese che si possono definire storiche perché profondamente legate alle vicende della città nella quale si trovano. E infine altre chiese che hanno visto nei secoli il confluire di migliaia di pellegrini per invocare le grazie dalla Madonna e dei santi per le loro necessità e per ringraziare il Signore, la Madonna, i santi per i benefici materiali e spirituali concessi.

    Ogni chiesa è presentata da una scheda che si occupa della storia dell’edificio, della sua importanza architettonica e storico-artistica, della devozione collegata a quel luogo di culto. In Appendice è riportata una bibliografia essenziale per ulteriori approfondimenti.

    Le chiese sono presentate secondo la loro appartenenza alle antiche diocesi che ora sono confluite nella Diocesi di Viterbo, in quella di Civita Castellana e di Civitavecchia-Tarquinia. La Provincia del Patrimonio, tra XIV e XX secolo, ha visto una diversa articolazione delle diocesi rispetto alla situazione attuale che vado a riassumere, utilizzando anche la carta che accompagna questa sintesi.

    immagine 1

    All’inizio del XIV secolo le diocesi del Lazio a nord di Roma sono 9 e precisamente (partendo dal Mare Tirreno e muovendo verso l’interno) la Diocesi di Porto e S. Rufina (lungo la costa), la Diocesi di ViterboToscanella (oggi Tuscania), la Diocesi di Castro (tra il lago di Bolsena e il mare), la Diocesi di Bagnoregio (ad est del lago di Bolsena e in direzione del Tevere), la Diocesi di Orvieto (a nord est del lago di Bolsena, lungo la valle del fiume Paglia), la Diocesi di Orte (tra il Tevere e i monti Cimini), la Diocesi di Civita Castellana (tra i monti Cimini e il Soratte), la Diocesi di Sutri (lungo la Via Cassia), la Diocesi di Nepi (tra la Via Cassia e la Via Tiberina).

    Nel corso del XIV secolo (nel 1369) viene creata la Diocesi di Montefiascone, con territori sottratti alla Diocesi di Bagnoregio, di Orvieto e di Castro.

    Nel XV secolo, nel 1435, due modifiche importanti: è ricostituita la diocesi di Tarquinia (che allora si chiamava Corneto) che viene unita a quella di Montefiascone (nonostante non vi sia contiguità territoriale) sino al 1854; vengono riunite le Diocesi di Sutri e Nepi. Nel 1437 la Diocesi di Orte e quella di Civita Castellana vengono riunite anch’esse.

    Nel corso del XVII secolo la diocesi di Castro viene soppressa al momento della distruzione della città e dell’incorporazione del Ducato dei Farnese nello Stato pontificio (1649) e al suo posto viene creata la Diocesi di Acquapendente che si estende a nord e ad ovest del lago di Bolsena (comprendendo anche Capalbio e Manciano che sono nei confini del Granducato di Toscana).

    Nel XIX secolo sarà ricostituita la diocesi di Civitavecchia e sarà unita a Porto e S. Rufina e poi a Corneto e sarà creata nuovamente la Diocesi di Gallese che sarà perpetuamente unita a quella di Civita Castellana.

    Accanto alle diocesi sopra citate è necessario ricordare l’esistenza di territori sui quali si estendeva il governo ecclesiastico degli abati che avevano giurisdizione baronale; si tratta dei territori sui quali esercitavano il loro potere gli abati di San Paolo fuori le Mura e delle Tre Fontane tra il Monte Soratte e la Via Flaminia, di S. Martino al Cimino alle porte di Viterbo. Queste abazie continueranno a mantenere la loro giurisdizione fino alla metà del XX secolo.

    Nel 1986, nel quadro di una riorganizzazione complessiva delle diocesi italiane che ha portato il loro totale da 325 a 226 (comprese le abazie che hanno giurisdizione territoriale), quelle del Lazio settentrionale che estendono la loro giurisdizione sulla Provincia di Viterbo si sono ridotte a quattro: Civitavecchia-Tarquinia, Viterbo, Orvieto-Todi (rientra in questa diocesi il territorio del Comune di Bolsena che è nella Provincia di Viterbo), Civita Castellana.

    Le schede delle antiche chiese seguiranno le attuali diocesi da nord a sud: quindi Viterbo (con schede riferite alle antiche diocesi di Acquapendente-Bagnoregio-Montefiascone-Tuscania-Viterbo-San Martino al Cimino); Orvieto-Todi (con la scheda riferita all’antica diocesi di Orvieto); Civita Castellana (con le schede delle antiche diocesi di Orte, Gallese, Civita Castellana, Nepi e Sutri); Civitavecchia-Tarquinia (con le schede delle antiche diocesi di Civitavecchia e di Corneto-Tarquinia).

    Ecco l’ordine di successione delle schede delle chiese nel volume:

    Diocesi di Viterbo (1986)

    Antica Diocesi di Castro poi Acquapendente

    1. Castro, chiesa già cattedrale di San Savino

    2. Acquapendente, chiesa con-cattedrale del Santo Sepolcro

    Antica Diocesi di Bagnoregio

    1. Bagnoregio, chiesa con-cattedrale di San Nicola

    2. Civita di Bagnoregio, chiesa già cattedrale di San Donato

    Antica Diocesi di Montefiascone

    1. Montefiascone, chiesa con-cattedrale di Santa Margherita

    2. Montefiascone, chiesa di San Flaviano

    3. Grotte di Castro, basilica-santuario di S. Maria del Suffragio

    4. Marta, chiesa della Madonna del Monte

    Antica diocesi di Tuscania

    1. Tuscania, chiesa con-cattedrale di S. Giacomo Maggiore

    2. Tuscania, chiesa di Giovanni già S. Maria Nuova

    3. Tuscania, chiesa di S. Maria Maggiore

    4. Tuscania, chiesa di S. Pietro

    Antica diocesi di Viterbo

    1. Viterbo, chiesa cattedrale di S. Lorenzo

    2. Viterbo, chiesa di S. Angelo in Spatha

    3. Viterbo, chiesa di S. Faustino

    4. Viterbo, chiesa di S. Sisto

    5. Viterbo, chiesa di S. Maria Nuova

    6. Viterbo, basilica-santuario di S. Maria della Quercia

    7. Viterbo, chiesa di S. Rosa

    8. Viterbo, chiesa di S. Francesco

    9. Viterbo, chiesa della SS. Trinità

    10. Viterbo, chiesa di S. Maria in Gradi

    11. S. Martino al Cimino, chiesa di S. Martino

    12. Vetralla, chiesa di San Francesco (già S. Maria)

    Diocesi di Orvieto-Todi (1986)

    Antica diocesi di Orvieto

    1. Bolsena, chiesa di Santa Cristina

    Diocesi di Civita Castellana (1986)

    Antica diocesi di Civita Castellana

    1. Civita Castellana, chiesa cattedrale di S. Maria

    2. Vallerano, chiesa della Madonna del Ruscello

    3. Fabrica di Roma, chiesa di S. Maria di Falleri

    Antica diocesi di Orte

    4. Orte, chiesa con-cattedrale di S. Maria Assunta

    Antica diocesi di Gallese

    5. Gallese, chiesa con-cattedrale di S. Maria Assunta

    Antica Diocesi di Nepi

    1. Nepi, chiesa con-cattedrale di S. Maria Assunta

    2. Castel S. Elia, basilica-santuario di Santa Maria ad Rupes

    3. Castel S. Elia, basilica di S. Elia

    Antica diocesi di Sutri

    4. Sutri, chiesa con-cattedrale di S. Maria Assunta

    5. Capranica, chiesa di Santa Maria del Piano

    Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia (1986)

    Antica diocesi di Civitavecchia

    1. Civitavecchia, chiesa cattedrale di S. Francesco

    Antica diocesi di Tarquinia

    2. Tarquinia, chiesa con-cattedrale di S. Margherita

    3. Tarquinia, chiesa di S. Maria di Castello

    Le curatrici del volume sono state Elisa Angelone, Gilda Nicolai, Daniela Parasassi, tre laureate nella Facoltà di Conservazione dei beni culturali dell’Ateneo della Tuscia, che hanno redatto molte delle schede presenti e altre volte si sono avvalse della collaborazione di molti dei loro colleghi, laureati nella stessa Facoltà, che hanno offerto gratuitamente la loro collaborazione e il risultato dei loro studi. Alle tre curatrici e a tutti i collaboratori (Luisa Bastiani, Giancarlo Breccola, Francesca Brunetti, Monica Ceccariglia, Francesco Ciprini, Gianfranco Ciprini, Danila Dottarelli, Giovanni Insolera, Federica Moncelsi, Arianna Petri, Arianna Rocchi, Santa Scatena, Giuseppe Tiberi) va il merito di aver costruito questo volume nel poco tempo a disposizione.

    Nelle pagine che seguono gli studiosi più esperti troveranno qualche errore e più di una omissione: se ci segnalano gli uni e le altre, in una possibile nuova edizione si vedrà di fare di meglio. In qualche caso le schede hanno utilizzato ricerche fatte per il primo volume su I santuari e la devozione mariana (già citato) e per quello di prossima uscita: in ogni luogo è stato riportato il nome dell’autore del saggio dal quale la scheda è stata tratta e l’eventuale opera del revisore-integratore della scheda.

    I destinatari di questa ricerca sono in primo luogo gli appassionati di cultura che vogliono scoprire l’Alto Lazio attraverso la storia delle sue chiese, delle sue devozioni e pratiche di pietà. Ma non solo loro. L’obiettivo più ambizioso è quello di mettere tra le mani degli ecclesiastici e dei fedeli che vivono nelle diocesi dell’Alto Lazio uno strumento che potrà far nascere nuovi interessi, nuove curiosità, nuove domande intorno a queste chiese e a queste diocesi.

    La ricerca giunge alle porte del 2000: con il Giubileo sono stati posti in cantiere numerosi interventi di ristrutturazione di molte chiese.

    Un impresa innovativa e una impresa coraggiosa. E di questo coraggio il merito è condiviso con l’editore che ha accettato di impegnarsi su questo tema. A lui quindi vanno i miei più sentiti ringraziamenti.

    Luciano Osbat

    Sigle e abbreviazioni

    sigLe e abbReviazioni

    ACA Archivio capitolare di Acquapendente

    ACAT Archivio capitolare di Tuscania

    AGGR Archivi aggregati all’archivio della cattedrale di Tuscania

    AMSSS Archivio Basilica Maria Santissima del Suffragio

    ASDC Archivio storico della Diocesi di Castro

    ASMQ Archivio storico di Santa Maria della Quercia

    ASV Archivio di stato di Viterbo

    ASVAT Archivio segreto vaticano

    AVET Archivio vescovile di Tuscania

    CEDIDO Centro diocesano di documentazione di Viterbo

    a. anno

    c. carta cit. citato

    c.n.n. carta non numerata

    cc. carte

    cfr. confronta p. pagina pp. pagine r. recto

    s.l. senza luogo

    s.n. senza numero

    s.d. senza data

    u.a. unità archivistica

    v. verso vol. volume

    ANTICA DIOCESI DI CASTRO POI ACQUAPENDENTE

    1. CASTRO CHIESA GIÀ CATTEDRALE DI SAN SAVINO

    STORIA

    Sono scarse le notizie circa l’ edificazione della cattedrale dedicata a S. Savino [1] , ma si può affermare che la sua origine risalga al XIII secolo. Il rinvenimento della lapide marmorea, in origine collocata sulla facciata della cattedrale, presso la chiesa di S. Ermete di Ischia di Castro ha permesso di affermare con certezza che essa fu consacrata il 29 aprile 1286 dal vescovo Bernardo e dai vescovi di Bagnoregio e Sutri [2] .

    Le motivazioni che portarono alla sua erezione possono essere ricondotte alla necessità di disporre di una più grande chiesa atta ad ospitare la sede episcopale che fino a quel momento si trovava presso la chiesa di S. Pancrazio [3] , edificio di piccole dimensioni.

    Di stile romanico, nel corso dei secoli la cattedrale subì diverse forme di degrado, a causa del luogo poco solido ed alto in cui era situata, tanto che verso la fine del XVI secolo ben poco si poteva salvare ad eccezione della facciata [4] . Fu così che durante il vescovato di mons. Lorenzo Celsi venne ricostruita ed assunse delle forme barocche che si portò fino alla demolizione [5] avvenuta a seguito della capitolazione della città di Castro, il 2 settembre 1649, durante la guerra che vide protagonisti i duchi di Castro e papa Innocenzo X Pamphili.

    Con la distruzione dell’ intera città la sede episcopale, nel settembre del 1649, fu trasferita ad Acquapendente [6] con la bolla In supremo militantis Ecclesiae [7] di papa Innocenzo X.


    [1] Martire e Vescovo di Spoleto.

    [2] C. Nanni, Castro e il suo Santo Vescovo. San Bernardo vescovo di Castro, Roma, LAS, 2004, p. 76.

    [3] Il Nanni ci informa che per un periodo immediatamente precedente la costruzione della chiesa di S. Savino la sede episcopale fu traslata presso la chiesa di S. Maria, nella zona a sud della città (C. Nanni, Castro e il suo Santo Vescovo…, cit., pp. 74-75). Di tale notizia si ha memoria nella Visita pastorale di mons. Ambrogio Caccia (vedi ASDC, serie Visite pastorali, u.a. 5).

    [4] Probabilmente la facciata di S. Savino era molto simile a quella di Santa Maria Maggiore di Tuscania.

    [5] Le campane della cattedrale furono divise tra la chiesa di S. Eustachio e quella di S. Agnese a Roma (vedi E. Stendardi, Memorie storiche della distrutta città di Castro, Grotte di Castro, Tipografia Ceccarelli, 1993, p. 155).

    [6] Fu donna Olimpia Maidalchini che propose a Innocenzo X, suo cognato, come nuova sede episcopale la cattedrale del Santo Sepolcro di Acquapendente; tale proposta fu agevolata dal fatto che gli stessi Vescovi di Castro, per beneplacito di papa Clemente VII o più probabilmente di papa Paolo III Farnese, divennero nella prima metà del XVI secolo commendatari dell’ abbazia del Santo Sepolcro di Acquapendente fregiandosi del titolo di Abati (C. Nanni, Castro e il suo Santo Vescovo, cit., p. 68).

    [7] A. Agostini, Le chiese di Acquapendente, Acquapendente, La Commerciale, 1987, pp. 271-276.

    ARCHITETTURA E ARTE

    La descrizione che qui viene riportata corrisponde ad una istantanea fatta durante la Visita pastorale del 15 maggio 1603 da mons. Ambrogio Caccia [1] . Tra tutte le visite pastorali, conservate nell’ Archivio storico della Diocesi di Castro [2] , essa risulta essere la più dettagliata; non è escluso che da qui alla sua demolizione la cattedrale subì con ogni probabilità altre modifiche.

    Sulla base delle notizie a nostra disposizione la chiesa presentava tre portali, di cui uno tamponato; sulla facciata una lapide di trivertino ricordava la consacrazione dell’ edificio. A cornu evangelii si elevava il campanile, turris campanaria, per un’ altezza di circa 22 metri, 50 cubitorum [3] ; attraverso un scala di legno si accedeva alle tre campane.

    Di stile romanico, all’ interno era divisa in tre navate, quella maggiore era separata dalle minori per mezzo di volte poggianti su colonne; probabilmente le colone erano cinque da una parte e cinque dall’ altra. La lunghezza misurava circa 21 metri, 49 cubitorum, la larghezza circa 11 metri, 25 cubitorum, mentre l’ altitudo misurava 16 cubitorum, circa 7 metri.

    Un coro in legno di noce ed un organo satis parvum si trovavano nell’ altare maggiore; nella visita viene menzionato anche un crater lapideus contenente acqua benedetta.

    Il ss.mo Sacramento, sempre nell’ altare maggiore, era conservato in un antico tabernacolo ligneo, dorato e decorato che non versava in buone condizioni.

    Il Fonte battesimale era collocato nella cappella dello Spirito Santo, nel lato destro della chiesa. L’ altare di s. Bernardo vescovo era situato a cornu epistolae, nella parete dell’ altare era scolpita una pietra in travertino che riportava la seguente dicitura: Hic requiescit Corpus Beati Bernardi Episcopi.

    La cappella della Concezione era ornata con pitture in oro e stucchi; alla cappella era annessa la Confraternita della ss.ma Concezione. Nella chiesa era presente anche l’ altare di s. Caterina e di s. Tommaso, quello di s. Andrea e di s. Antonio Abate. L’altare della ss.ma Trinità, volgarmente detto dello Spirito Santo, ospitava un tabernacolo ligneo dorato e dipinto. L’altare di s. Angelo era situato a cornu evangelii; presso questo altare si potevano ammirare i dipinti raffiguranti il Salvatore, s. Silvestro ed altri santi [4] . La cappella del ss.mo Crocifisso si presentava non ancora completata nelle sue parti.

    Anche per quanto riguarda le opere d’ arte ivi conservate la visita non fa riferimenti significativi, importante in tal senso può essere invece la lettura degli inventari di tutte le robbe, appartenenti alla cattedrale di S. Savino, che da Castro furono portate presso la cattedrale del Santo Sepolcro di Acquapendente [5] .

    L’inventario elenca sia oggetti di arredo che ornamentali, tra questi una serie di quadri raffiguranti: la Madonna del Carmine, s. Francesco Saverio, s. Ignazio di Loyola, s. Alberto, la ss.ma Trinità, s. Andrea Apostolo, s. Martino e s. Pietro vescovi, un altro quadro da altare di s. Carlo, un quadro grande da altare con il Crocifisso, la Madonna e di lato s. Giovanni, un quadro grande da altare con la Madonna e Bambino in braccio; vi erano inoltre i dipinti raffiguranti l’ Annunziata, s. Carlo, e s. Savino di mano del Lanfranchi.

    L’ inventario comprende nell’ elenco anche una immagine dell’ Assunta a rilievo di legno, con il suo angelo e con corona di ottone indorata con undici pietre di cristallo.


    [1] ASDC, serie Visite pastorali, u.a. 5.

    [2] L’Archivio è conservato presso il Palazzo vescovile di Acquapendente.

    [3] Il cubito, antica unità di misura, corrispondeva a circa 44,4 cm.

    [4] La Visita pastorale di mons. Ireneo Brasavola ci informa che presso lo stesso altare si trovava il dipinto raffigurante s. Carlo (ASDC, serie Visite pastorali, u.a. 9).

    [5] ACA, serie Sagrestia, u.a. 13.

    DEVOZIONE

    La principale forma di devozione era quella legata a s. Savino, patrono della città.

    Del Santo era conservata, presso la cattedrale, una mascella che, insieme al corpo di s. Bernardo, era collocata sotto l’ altare maggiore [1] .

    Non si conoscono le modalità attraverso cui si svolgeva la celebrazione religiosa, infatti le fonti ci informano esclusivamente circa l’ aspetto civile della festa che, se anticamente si celebrava a dicembre, a partire dal 3 maggio 1600, con decreto del duca Ranuccio, fu trasferita al primo maggio.

    In occasione della festa si faceva la fiera e si correva il palio di 25 scudi [2] .


    [1] B. Zucchi, Informazione e cronica della Città di Castro e di tutto lo Stato, terra per terra, e castello per castello, della qualità dei luoghi, cosumi, persone e ricchezze, fatta da me Benedetto Zucchi, cittadino di Castro, al presente podestà di Capodimonte, in F. Annibali, Notizie storiche della casa Farnese, Montefiascone, Tipografia del Seminario, 1817-1818, parte seconda, p. 3.

    [2] C. Nanni, Castro e il suo Santo Vescovo, cit., p. 76.

    BIBLIOGRAFIA E FONTI ARCHIVISTICHE

    Agostini Antonio, Le chiese di Acquapendente, Acquapendente, La Commerciale, 1987.

    Annibali Flaminio, Notizie storiche della casa Farnese, Montefiascone, Tipografia del Seminario, 1817-1818.

    Cavoli Alfio, La Cartagine della Maremma. Castro dalle origini alla distruzione, Roma, Scipioni, 1990.

    Nanni Carlo, Castro e il suo Santo Vescovo. San Bernardo vescovo di Castro, Roma, LAS, 2004.

    Stendardi Eraclio, Memorie storiche della distrutta città di Castro, Grotte di Castro, Tipografia Ceccarelli, 1993.

    Ughelli Ferdinando, Italia Sacra, tomo I, Venetiis, Apud Sebastianum Coleti, 1717.

    Zucchi Benedetto, Informazione e cronica della Città di Castro e di tutto lo Stato, terra per terra, e castello per castello, della qualità dei luoghi, cosumi, persone e ricchezze, fatta da me Benedetto Zucchi, cittadino di Castro, al presente podestà di Capodimonte, in Annibali Flaminio, Notizie storiche della casa Farnese, Montefiascone, Tipografia del Seminario, 1817-1818.

    Archivio storico della diocesi di Castro, serie Visite pastorali

    Archivio capitolare di Acquapendente, serie Sagrestia

    Monica Ceccariglia, Danila Dottarelli

    immagine 1

    Figg. 1-2 Particolare da Veduta de la città di Castro di A. Salmicci e ruderi della cattedrale di S. Savino

    immagine 2

    2. ACQUAPENDENTE CHIESA CON CATTEDRALE DEL SANTO SEPOLCRO

    STORIA

    Non ci sono notizie certe circa la costruzione della basilica,

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