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Le regole di Artù
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E-book76 pagine57 minuti

Le regole di Artù

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Thriller - racconto lungo (47 pagine) - C’è un luogo antico e misterioso in Cornovaglia. Lungo il litorale tra Port Isaac e Boscastle, dove le colline terminano a strapiombo sul mare e il vento del profondo atlantico soffia incessante, la leggenda si rinnova, anno dopo anno.


Il rude Will Sullivan è tornato a casa, a Trevena, un villaggio della Cornovaglia.

A Trevena è di casa anche il mito di re Artù, che la leggenda narra essere venuto al mondo proprio nel castello che domina il paese. La tradizionale parata di mezza estate in suo onore è alle porte e i paesani, insieme ai tanti turisti che affollano le strade, sono in fermento. Tutti tranne Will che, fresco pensionato, trascorre le giornate prigioniero del passato, della noia e dell’incertezza per i giorni che verranno. L’insolito incontro con un ragazzino, un tredicenne già messo a dura prova dalla vita, cambierà la sua prospettiva del futuro. Perché il destino ama travolgere in modo inaspettato, anche quando credi di non avere più nulla da chiedere. È allora che la magia potrebbe ripetersi. Un’altra volta, persino per Will.

Sotto lo sguardo vigile di re Artù e delle sue regole, naturalmente.


Bergamasco, classe 1977, Luca Memoli ha vissuto in molti posti, tra cui l’Inghilterra. Da sempre un accanito lettore, è appassionato di scrittura. Il suo profondo legame con le parole lo ha portato fin dagli anni del Liceo a scrivere poesie, racconti e romanzi, fatiche conservate per lungo tempo in un cassetto. Il suo genere più amato è il thriller psicologico ma ama tutte le sfaccettature del giallo, il suo colore preferito. Per Delos Digital ha pubblicato il romanzo Il tocco dell’anima. Con il racconto Whisky on the rocks si è aggiudicato l’edizione 2021 del Termini Book Festival.

LinguaItaliano
Data di uscita23 nov 2021
ISBN9788825418309
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    Anteprima del libro

    Le regole di Artù - Luca Memoli

    1

    Durante la stagione estiva, quando l’ardesia devoniana colorava di verde turchese il litorale tra Port Isaac e Boscastle, i turisti si accalcavano gomito contro gomito sulla scalinata che conduceva al castello e scattavano le loro foto ricordo.

    Will Sullivan li osservava dalla collina del Glebe Cliff mentre si muovevano come formiche impazzite: qualcuno lanciava molliche di pane giù per la ripida scogliera in attesa dei gabbiani famelici, altri si arrampicavano sui crinali impervi alla ricerca di punti di osservazione migliori, altri ancora si riposavano sotto le ombre lunghe delle rocce sbozzate e, quelli più inclini all’ozio, si appollaiavano nel punto ristoro per riempirsi lo stomaco di birra e pasty salati.

    Da quando era andato in pensione, la vista dei turisti era il miglior spettacolo che la mattinata potesse offrire.

    L’uomo alzò lo sguardo e ammiccò al cielo che si stava addensando di nuvole. Arrivavano dal profondo atlantico e il vento odorava di pioggia e salsedine. Allungò il polso per guardare l’orologio. Sfiorò il quadrante con le dita ruvide, sistemò il berretto sulla fronte, diede un’ultima occhiata fugace attorno e si incamminò giù per Castle road, verso Trevena. Quando raggiunse le prime case, il cielo era percorso da luci abbaglianti e i tuoni rimbombavano minacciosi.

    Il villaggio era un ammasso di abitazioni avvinghiate l’una sull’altra in un abbraccio soffocante. Decine di negozi dalle insegne sgargianti e vetrine ricolme di accattivante mercanzia rallegravano la via principale. Come il The Cats Whiskers.

    – Buongiorno, Will – disse Robin Wilson, intento a riavvolgere il tendone da sole.

    – Buongiorno un cazzo.

    Sullivan eseguì una riverenza e le articolazioni delle ginocchia gracchiarono. Entrò nel negozio e prese posto sopra lo sgabello di legno vicino alla vetrina. Guardò fuori nell’esatto momento in cui un manipolo di turisti di mezza età passò correndo come una mandria di cavalli imbizzarriti. – Dove vanno tanto di fretta?

    – E che ne so. Forse, semplicemente, temono di bagnarsi – rispose Wilson facendo spallucce. Passò davanti all’amico e si inginocchiò vicino al bancone. Afferrò una grossa scatola di cartone, l’aprì, e cominciò a scartare tazze da tè di raffinata porcellana. Sullivan seguì i suoi movimenti ticchettando le dita sulle gambe. Spalancò la bocca e mosse la mascella a destra e sinistra per stapparsi un orecchio. Non contento, ci infilò il dito indice e grattò con movimenti sussultori.

    – Tanto non pioverà. Guarda Robin. Guarda che facce. Sembrano alieni.

    – Tu dici?

    – Stamattina ho visto una grassona francese rotolare giù per la collina. Era così intenta a fare le sue dannate fotografie che non si è resa conto della discesa che aveva alle spalle. Rotolava che era un piacere, sembrava una balla di fieno del vecchio Welby, quelle che spingevamo a calci giù per la scogliera. Te le ricordi?

    – Come no. Più che altro ricordo il suo fucile.

    – Urlava mon Dieu, mon Dieu! Hanno provato a fermarla quattro supereroi ma, considerata la mole dell’ippopotamo, sono morti tutti schiacciati.

    – Stai scherzando, vero?

    – Purtroppo si. Ogni giorno aumentano. Li odio.

    – Gli ippopotami?

    – I turisti!

    – Era una battuta, Will. Sono giorni che ripeti le stesse cose. Se ti danno così fastidio, perché non torni a Bodmin? Ci resti per tutta l’estate e vieni qui da settembre in poi. Lo sai che in questo periodo è così. Insomma, sei in pensione da soli tre mesi e non fai altro che lamentarti. Non che non lo facessi anche prima, si intende.

    – È normale che debba avere qualcosa per rompermi i coglioni, altrimenti che razza di pensionato sarei?

    – Comunque, te lo dico: non ti sopporto più. Sai bene che i turisti che tanto disprezzi ci danno da vivere, abbastanza da permetterci di oziare tutto l’inverno.

    Vi, danno da vivere. Io ho la mia pensione.

    – Grazie tante, amico.

    – Andiamo Robin, il punto è un altro. Questi sono fuori di testa. Ci sarà un motivo se il buon Dio ha piazzato la Cornovaglia nel buco del culo di sua maestà Inghilterra. Non ci sono aeroporti degni di tale nome, i trasporti sono praticamente inesistenti, per non parlare delle strade che hanno più buchi dello scolapasta di tua moglie. Ho letto il Cornwall Post stamattina e c’è un articolo che mi ha fatto rabbrividire. Quest’estate prevedono quasi centomila visitatori e tremila solo per la parata di mezza estate di domani sera. E per cosa? Pagare otto sterline a testa per vedere un rudere che cade a pezzi? Per vedere quattro scemi travestiti da cavalieri? Credono davvero che re Artù sia nato su a Tintagel? Che idioti.

    – Io ci credo.

    – Infatti sei un idiota.

    Robin Wilson sollevò lo sguardo e scosse la testa. La moglie Rose scese nel negozio dalle scale a chiocciola che conducevano all’appartamento sovrastante. Reggeva un vassoio tra le mani. In pochi

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