Storia della Morosin Security: e delle persone che ne fanno parte
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elettriche.
Io brandisco un cacciavite come se fosse uno scettro o un’arma magica che mi permette di essere potente, che mi rende invincibile.
Ma, soprattutto, che mi rende orgoglioso. Orgoglioso di essere sulle ginocchia di mio padre.
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Anteprima del libro
Storia della Morosin Security - Matteo Morosin
Matteo Morosin
Storia della Morosin Security
Matteo Morosin
©2022 Matteo Morosin
Tutti i diritti sono riservati
Ogni riproduzione anche parziale e con qualsiasi mezzo, deve essere preventivamente autorizzata dall’Autore.
Matteo Morosin
Storia della Morosin Security
e delle persone che ne fanno parte
Ai miei genitori,
che mi hanno dato l’opportunità di arrivare fin qui.
Introduzione
Ho aperto e chiuso quasi tutti i cassetti e gli stipetti che ci sono in questo ufficio ma niente, non la trovo quella benedetta fattura. Che poi che cosa ci farebbe in uno dei cassetti o in uno dei mobiletti del mio ufficio una fattura? Se c’è una cosa che non amo gestire, oltre che maneggiare, è proprio l’amministrazione e la contabilità anche se questa azienda è mia. Figuriamoci se una fattura potrebbe finire in uno dei miei cassetti o in uno dei mobiletti del mio ufficio. Se non la trova mamma, però, sicuramente è perché non è stata messa nel posto dove doveva stare. Ergo potrebbe essere ovunque nei locali di questa ditta.
Impossibile che la Maria possa perdersi qualcosa. E non è una frase sarcastica la mia, è proprio la verità. Mia madre non si è mai persa niente. Se c’è una persona precisa, ordinata, addirittura pignola, quella è proprio mia madre. Uno dei motivi per cui ha lavorato con noi per tanti anni e anche adesso che è in pensione.
Quando non è all’estero per uno dei suoi viaggi, si fa un giro in ditta, per vedere se tutto è a posto o se abbiamo bisogno del suo aiuto qui negli uffici e, per la precisione, nel – per me – misterioso settore amministrazione e contabilità.
Quando si è trattato di scegliere un’impiegata che si occupasse di segreteria e amministrazione non ho pensato a nessun’altra, non ho pensato nemmeno di fare colloquio per trovare qualcuno, sono andato dalla Maria e l’ho chiesto direttamente a lei. E lei ha accettato. Adesso però è piuttosto adirata perché questa caspita di fattura non si trova da nessuna parte.
Faccio una smorfia e mi sfrego il mento. Percepisco la barba che comincia a crescere, è ora di radermi. Mi guardo intorno e penso a dove potrebbe essere finita una fattura che, per inciso, qui non dovrebbe essere. Osservo gli scaffali bianchi dove regna l’ordine ma non mi sembra di vedere fogli di carta che stonano.
«Tu che ne pensi Carletto?» chiedo al mio compagno di ufficio. «Secondo te potrebbe davvero essere finita qui nel mio ufficio, quella fattura?» chiedo ancora osservando il mio silenzioso e immobile robot.
Ma a giudicare dal suo occhio elettronico totalmente spento posso dedurre che non lo sa nemmeno lui dove potrebbe essere finita la fattura.
Mi siedo alla mia scrivania e comincio ad aprire anche i miei cassetti. Dubito di trovarla, ma come recita una vecchia canzone: provo anche qui che non si sa mai. In realtà la canzone diceva provo anche con Dio che non si sa mai
ma mi sembra esagerato scomodare l’Altissimo per trovare una fattura dispersa, anche se misteriosamente. Vediamo di passare in rassegna anche i miei cassetti.
Primo cassetto. Cancelleria, penne, qualche elastico, due graffatrici, una delle due ormai rotta credo da un paio di anni ma che dimentico sempre di gettare via. E, ovviamente, oggi non fa differenza visto che chiudo il cassetto lasciandola dov’è. Niente fatture comunque.
Secondo cassetto. Risme di carta, biglietti da visita sparsi ovunque, una ventina di matite perfettamente temperate. Wow. Chissà perché tutte queste matite? Che poi le matite non le uso quasi mai io. Comunque anche qui niente fatture. Chiudo.
Terzo cassetto. Vediamo se sono fortunato. Di solito il numero tre porta fortuna. Ma non in questo caso, però. Un tester, spellafili, un cercafase, qualche cacciavite di misure differenti e ancora elastici. Anche con gli elastici non scherziamo comunque. Forse dovrei fermarmi e indagare se c’è un motivo inconscio per il fatto che archivio matite ed elastici. Non ora, in ogni caso non avrei tempo. Anche qui, comunque niente fatture, anzi quasi tutta roba che non ha niente che fare con l’amministrazione. A parte gli elastici, forse.
Passiamo al numero quattro. Speriamo bene.
Lo apro e davanti ai miei occhi si apre uno scenario che mi fa sorridere. Paragonabile a uno scavo archeologico. Un cassetto pieno di cianfrusaglie datate e inutilizzate da anni, forse decenni. Roba antiquata che, probabilmente, è appartenuta a mio padre e che abbiamo trasferito di ufficio in ufficio dalla fine degli anni Settanta fino a oggi. Fino a qui, in questo ufficio.
Incredibile. A un primo sguardo non mi sembra di vedere fatture però non posso esimermi dal rovistare nel mio scavo archeologico personale per vedere se salta fuori qualcosa di interessante. Probabilmente ai cassetti più bassi sono sempre destinate cose che potrebbero servire, non si sa mai, ma che poi tutti dimenticano perché utili per nessuno. Sicuramente qualsiasi cosa potrei scovare sarà piacevole, anche se so già che la nostalgia toccherà le mie corde più profonde (mi conosco), immergermi in ricordi tanto lontani nel tempo.
Occorre considerare che i miei ricordi personali sono legati a doppio filo a questa ditta, a questa impresa che ormai sto gestendo da tantissimo tempo e che è diventata la mia vita e, in un certo senso, la mia casa. Anche se non l’ho creata io. Lo sanno tutti.
Questa ditta è una creatura di mio padre. O, almeno, lo era quando ha emesso i primi vagiti per poi diventare una creatura grande e forte, a oggi decisamente matura e rispettata sul mercato. Ma ora guardiamo questo cassetto/scavo archeologico che, come un portale, mi farà fare un viaggio a ritroso nel tempo, lo vedo già dalle foto ingiallite che sono state abbandonate in un angolo, accanto a vecchi taccuini e agende di anni addietro. So che dovrei cercare quella fattura ma qualche minuto da dedicare a un tuffo nei ricordi come pausa me lo posso prendere. E, comunque, anche se non sono un sensitivo ho la forte sensazione che quella fattura qui non la trovo nemmeno se cerco per settimane.
Prendo le agende. Sono cinque e risalgono a diverso tempo fa. Coprono lo scorso decennio più o meno. Le sfoglio velocemente, più con curiosità che con vero interesse. Sono piene zeppe di appuntamenti. La calligrafia è la mia, la riconosco. Chissà per quale motivo sono state conservate? Non mi sembra che ci siano appunti degni di essere tenuti. A meno che le ho ficcate nel cassetto e me le sono dimenticate.
Mah, forse devo cominciare a fare un po’ di pulizia qua dentro. E non solo qua dentro. Altrimenti rischio di ritrovarmi a conservare cose inutili per sempre. Fossero almeno un’eredità di valore da tramandare ai posteri avrebbe un senso. Ma non è sicuramente il caso delle mie vecchie agende dove anni fa mi ero appuntato di dover vedere il signor Rossi o il Signor Bianchi alle ore venti per fare un sopralluogo nei loro appartamenti.
Bah… starò invecchiando anche io. Non è un sintomo di invecchiamento conservare tutto quanto, anche le futilità? Speriamo di no! A scanso d’equivoci evitiamo di pensarci, all’invecchiamento intendo, che è meglio!
Rimetto le agende nel cassetto e prendo i taccuini. Sto lasciando le fotografie per ultime.