DiversaMente logico
Di Marco Mirra
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Info su questo ebook
L’autore parte dalla scienza e con approccio scientifico spiega perché si può trovare la forza per credere. È una prospettiva del tutto inconsueta che stimola in ogni caso riflessioni sulla nostra esistenza, su come desideriamo viverla e su quale valore vogliamo darle, indipendentemente dalla conclusione a cui ognuno di noi arriverà.
Marco Mirra è nato a Roma nel febbraio del 1968. Sposato con Claudia e padre di quattro figli. Lavora presso l’Istituto Superiore di Sanità nella gestione informatica di progetti clinici e sanitari. Ha dato il suo contributo in diverse pubblicazioni scientifiche ed è autore di un libro che si occupa di informatica e sperimentazioni cliniche.
Parallelamente si occupa di sonificazione dati per finalità scientifiche ed artistiche (vedi sito:www.sonificart.it) e cura il suo blog (www.marcomirra.it) nel quale approfondisce svariati argomenti.
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Anteprima del libro
DiversaMente logico - Marco Mirra
Marco Mirra
DiversaMente logico
Manuale di sopravvivenza per capirci qualcosa di più della propria vita
© 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-5173-9
I edizione febbraio 2022
Finito di stampare nel mese di febbraio 2022
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
Le immagini utilizzate nel libro in cui è ritratto un minore (Emanuele) sono di proprietà dell’autore che ne detiene il copyright. Le altre immagini sono di pubblico dominio.
DiversaMente logico
Manuale di sopravvivenza
per capirci qualcosa di più della propria vita
Ai miei figli, affinche non si stanchino mai di inseguire,
afferrare e accudire la verità. Solo cosi la vita
non sarà sopravvivere, ma vivere sopra!
Papà
Premessa
Diversi anni fa mi venne in mente di scrivere questo libro dopo aver scoperto che il mio quarto figlio avrebbe avuto una malformazione genetica. Fu una domanda che prese sempre più forza soprattutto per colmare i silenzi del dottore che, durante le diverse visite (mentre con l’ecografo cercava di capire meglio la dimensione di quella sacca translucida che appariva dietro la nuca del bambino e visionava le analisi), interruppe i suoi silenzi con una sentenza il cui unico appello sarebbe stato un aborto. La nostra risposta (di mia moglie e mia) fu un no secco, a cui però come un’ombra si fece sempre più pressante la pretesa di capire come Dio ragionasse. Alla fine, dopo aver fatto l’amniocentesi, ci dissero che aspettavamo un bambino Down (Emanuele). Per tutta la gestazione questa domanda mi tormentava, e iniziai a riflettere proprio su quello che poi ha ispirato il titolo del libro.
Capii man mano che scrivevo che mi stavo impelagando in un’impresa che obbligatoriamente mi avrebbe messo davanti a limiti invalicabili. Solo col tempo compresi che una delle chiavi di volta a sostegno di una iniziativa non deve sempre corrispondere alla summa massima della conoscenza specifica, ma può essere anche solo sufficiente, iniziare a prendere coscienza dei propri limiti, e da lì, tentare di partire. Una sorta di linea di confine che, pur se appena abbozzata, delinea i contorni di una realtà che solo la volontà di mettersi in discussione rende sempre più nitidi. Appuntai, trascrivendole, le mie perplessità e le mie ipotesi su come Dio funzionasse
. E con esse i percorsi logici che mi portavano ad avere risposte (anche se embrionali e limitate). Complice un cammino di fede (che ancora seguo) che mi ha allenato all’ascolto e alla condivisione, ad acquisire nuove percezioni della realtà che mi circondava, e risposte inimmaginabili alle mie domande. Un passaggio necessario dall’ascolto all’azione che in qualche modo dissetava il mio bisogno di sapere. Pur avendo avuto grosse difficoltà a concepire ciò che sfuggiva alla ragione (ad appannaggio della fede), capii col tempo che le due cose (inaspettatamente) non erano in antitesi. Appresi che ognuna faceva da propulsore per l’altra, verso un’unica direzione, la risposta ad una motivazione profondamente esistenziale. In questo continuo equilibrio tra fede e ragione, mi imbattei in una serie di assunti scientifici che invece di chiudere la visione soprannaturale dell’esistenza di Dio, ne spostavano il punto di osservazione. Fondamentale in questo processo, l’essermi immerso nell’universo della fisica quantistica e delle sue stranezze
seppur scientifiche. Una metamorfosi mentale (abituato e programmato ad un approccio deterministico di tutto) che mi stimolò ad aprirmi a nuovi paradigmi logici, malgrado la totale assenza di preparazione in ambito specifico (occupandomi di informatica e non di materie come: teologia, filosofia, fisica, ecc...) tutto confluiva in un unico approccio mentale non lineare, ma multidimensionale. Le materie che tratto, pur essendo particolari, sono state semplificate per essere comprese da tutti. Utilizzando uno stile di scrittura discorsivo e colloquiale, vorrei stimolare un continuo confronto e proporre una rivisitazione delle proprie convinzioni e credenze. Il libro non ha la pretesa di spiegare nulla, ma di indurre il lettore a rimettere in gioco le proprie consapevolezze, che forse (oggi) non colmano in maniera esaustiva il bisogno atavico di riempire i vuoti della propria esistenza. Non è un trattato di teologia o un concentrato di dogmi, già difficili per il credente, immaginiamoci per chi non lo è, ma è una proposta alternativa per prendere confidenza attraverso la scienza e la logica con la parte soprannaturale e più profonda del nostro essere. Mi piace pensare a questo libro come ad un telescopio che aiuterà il lettore a prendere in esame ciò che ad occhio nudo non riesce a vedere nella propria vita, e che proprio per questo pensa che non esista. Anche se con chiari riferimenti biblici, il testo non è destinato ad un pubblico credente (anzi). Unici prerequisiti necessari; la curiosità e il desiderio di mettersi in gioco per capire come funzioniamo noi e quello che ci circonda, al fine di poter contribuire a raggiungere ciò a cui ogni essere umano anela: la pace e la felicità. Spero che l’aver osato così tanto (a modo mio) sia il contributo a trovare ciò che era perduto e a scoprire ciò che altrimenti si sarebbe perso.
Ciò che non abbiamo osato abbiamo certamente perduto
Oscar Wilde
Corollario
È necessario, prima di intraprendere qualsiasi percorso volto a recuperare pezzi della nostra esistenza, iniziare ad avere un approccio esistenziale più totalizzante e meno scisso. La classica divisione tra anima e corpo dove la materia, attraverso tante discipline (chimica, biologia, medicina, ecc...), viene eviscerata alla ricerca di sempre nuove verità, non lascia posto (quasi mai) a qualcosa di non tangibile, non organico, come la presenza dell’anima nella nostra vita, le nostre emozioni, le nostre interiorità, predisponendoci ad una sorta di crepe
esistenziali dalle quali trasuda una sofferenza che quasi sempre sfocia in una vera e propria spaccatura esistenziale. Facile sarebbe farsi un’endovena di fede e alienarsi rivedendo la propria esistenza, incollare
i propri cocci (o meglio ancora) spalmando uno strato protettivo che ci impedisca di distruggerci. Ma non è cosi. È necessario che il nostro percorso di vita si arricchisca di esperienze, e che i pezzi della nostra esistenza siano tali. Non a caso la nostra esistenza è basata soprattutto sull’aspetto temporale. Il tempo altro non è che quel vasaio, alcune volte impietoso, che realizza il vaso della nostra esistenza, giorno dopo giorno, pezzo dopo pezzo. Senza volerlo mi approcciai ad un aspetto di una particolare arte giapponese detta Kintsugi (l’arte di abbracciare la bellezza delle cicatrici), dove un vaso rotto viene fissato non con la classica colla (nel tentativo di coprire le spaccature nascondendole), ma applicandovi una resina cosparsa di polvere d’oro che invece le esalta. Il risultato finale indubbiamente è che il vaso rotto e re-incollato in questo modo, pur mantenendo le sue forme originali, acquista più valore, proprio grazie all’evidenza delle sue spaccature reincollate.
Questo cosa vuol dire?
Che le cose quando cambiano possono diventare un’opportunità di trasformazione, di crescita.
Che se qualcosa si rompe
nella nostra vita non va mai buttato, ma ripensato.
Quando il vaso si rompe, non è caduto da solo. Qualcuno o noi stessi lo abbiamo fatto cadere e tendenzialmente cerchiamo i cocci o per buttarlo o per capire il danno e se possibile ripararlo. Quel vaso rotto ci aiuta a contestualizzare il tempo. Ci proietta nell’oggi. Ieri il vaso c’era, domani il vaso sarà diverso da com’era. Questa flessibilità esistenziale nell’approcciarsi alle varie vicissitudini della vita, è il frutto di un lavoro quotidiano, nel quale ognuno di noi, consapevole della fragilità della propria esistenza, prende coscienza con quale materiale sia fatto. Se il vaso fosse d’acciaio tutto o quasi (a parte qualche invisibile ammaccatura) rimarrebbe uguale. Ed invece no. È fragile il vaso ma non è mai vuoto. Chi pensa così ha già perso. Il vaso è una sorta di luogo esistenziale nel quale trova dimora la nostra stessa vita. Il parallelismo quindi tra corpo (il vaso) e anima acquista un valore integrale che ci permette di leggere la vita e gli eventi con una consapevolezza diversa.
Come ragioniamo e perché
Proveremo in questo capitolo a capire come funzioniamo per meglio decifrare alcuni processi naturali che condizionano i nostri comportamenti e atteggiamenti.
Utilizziamo i nostri sensi per vivere e per comunicare. Senza di questi, in pratica, non avremmo un collegamento con l’esterno del nostro corpo e saremmo esposti a continui pericoli. Siamo dotati di apparati che vengono alimentati dal sangue, difesi attraverso la linfa, e interconnessi dai nervi che acquisiscono informazioni e le trasmettono al nostro cervello sotto forma di impulsi (elettrici) che vengono elaborati e che possono dare luogo a emozioni, azioni, o altro. È grazie a questi processi di acquisizione