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Tutti i sapori del noir: Prefazione di Maurizio de Giovanni
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E-book301 pagine4 ore

Tutti i sapori del noir: Prefazione di Maurizio de Giovanni

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Info su questo ebook

49 autori in 46 racconti noir. Un buon racconto noir, come una portata fino a quel momento sconosciuta, deve incuriosire, avvincere e infine sorprendere, lasciandosi dietro il piacere di averlo gustato unito a un senso di lieve malinconia per essere giunti alla parola ‘fine’.
Per molti detective nati e cresciuti nelle pagine dei libri il cibo ha giocato e gioca un ruolo importante: il geniale buongustaio belga Hercule Poirot si dispiace di non potersi concedere più di tre pasti al giorno; Nero Wolfe detesta abbandonare la propria abitazione ma partecipa al convegno dei Quinze Maîtres, i migliori al mondo; il metodico e umanissimo Maigret predilige piatti tradizionali francesi: se non preparati da sua moglie, da consumare nel bistrot Dauphine; l’amatissimo Montalbano una volta apostrofa malamente il suo vice Mimì Augello ‘colpevole’ di aggiungere parmigiano sulla pasta alle vongole; Pepe Carvalho si spinge oltre, sostenendo che “l’arte culinaria è una maschera di morte. Per mangiare, bisogna ammazzare”.
Ma per tutti questi personaggi il cibo è stato utilizzato come ‘contorno’ per meglio caratterizzarli - il fulcro del crimine è sempre altrove - mentre nei quarantacinque racconti di questa antologia il cucinare o il mangiare non appaiono marginali rispetto alle storie narrate, ma hanno un ruolo centrale nella loro trama e spesso nelle location – cucine domestiche, ristoranti, bar, alberghi, paninoteche o campi di gare culinarie – ove si muovono i protagonisti.
I protagonisti…in questa terza antologia di racconti che dedichiamo al nostro editore è sempre lui, Marco Frilli, a rapportarsi (vivace protagonista o umanissimo caratterista) con gli investigatori ‘seriali’ - creati dai suoi autori e non solo – e con criminali e vittime di turno, mentre è sembrato conseguenziale destinare i proventi del volume a chi cura i disturbi del comportamento alimentare.
L’arte del cucinare condivide qualcosa di importante con la soluzione di un mistero, devi raccogliere gli ingredienti nelle stesse modalità. Se i gialli contengono ricette per omicidi, ben volentieri contengono anche ricette per del buon cibo”. Jeanine Larmouth
LinguaItaliano
Data di uscita25 ott 2019
ISBN9788869434013
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    Anteprima del libro

    Tutti i sapori del noir - Maurizio de Giovanni

    Marco Frilli

    di Maurizio de Giovanni

    C’è un fantasma che si aggira dovunque sia un libro. Uno spirito speciale, sorridente o avido, visionario o pianificatore, un poltergeist dispettoso che assiste a tutto il processo di lettura con attenzione partecipe: eppure non ha scritto nemmeno una parola, e non leggerà mai il volume perché lo ha letto prima, quando era un informe ammasso di idee e sentimenti.

    C’è un fantasma quando entrate in libreria, e vi aggirate incantati come un bambino in pasticceria e diffidenti come un pedone in un autoparco. C’è un fantasma che non è fisicamente presente, come tutti i fantasmi, e tuttavia vi segue valutando le vostre soste in prossimità di questo o quello scaffale, trattiene il fiato quando prendete un libro tra le mani e osservate copertine o risvolti, perché è l’unico, autore incluso, che annette alla vostra scelta (o mancata tale) l’enorme importanza della sopravvivenza di un’impresa e di un mondo di lavoratori che dietro quel libro, che state soppesando incerti, cerca con le unghie e coi denti di prolungare la propria esistenza.

    Quel fantasma è l’editore.

    Si tratta di un individuo strano, la cui complessa personalità si articola secondo una serie infinita di variabili e che tuttavia conserva tratti comuni che consentono di individuare la categoria.

    L’editore è un imprenditore. Che la sua impresa sia piccola o grande, è un imprenditore e come tale mira al guadagno. Non ci sarebbe niente di strano se si occupasse di detersivi o calzature ma lui, poverino, si occupa di libri che hanno all’interno idee e sentimenti e passioni e delitti, quindi la sua vita è una lotta contro gente che ha la testa per aria. Costantemente è costretto a cercare di riportare al concreto chi vive nell’astratto, e a fare i conti con individui piagnucolosi e umorali, gli autori, che vogliono diventare ricchi e famosi e che gli ascrivono la responsabilità di non riuscirci. Viene visto come un nemico da chi ha i suoi stessi interessi, e prova a far quadrare i conti di un prodotto che non crede di essere un prodotto, ma è arciconvinto di essere un’opera d’arte che approderà, in un indistinto futuro, a costituire un riferimento per le prossime generazioni. Nel frattempo però, sostiene l’editore più o meno sommessamente, il lettore dovrebbe acquistare il libro per consentire a tutti, compreso lui, di approdare al pranzo e alla cena di domani senza eccessivi patemi.

    L’editore è però un sognatore. Cerca di far capire a un esercito di freddi calcolatori, commercialisti, avvocati, distributori, grafici, che i soldi non sono la prima cosa; che i libri sono frutto di passioni ed emozioni, che sono fatti (anche) della stessa materia del sogno. Per cui non stiano sempre lì tutti a piatire, a pretendere rispetto di scadenze, a sventolare cambiali e fatture, perché lui fa l’editore e non, con tutto il rispetto, il salumiere, e non può aprire il cuore degli autori come fosse un rubinetto.

    L’editore, imprenditore e sognatore contemporaneamente, ha la sinistra capacità di essere l’una o l’altra cosa quasi sempre nel momento sbagliato. E sconta così la propria funzione attirando su di sé il demotivato malanimo di tutti quelli che lo circondano, amministrando la propria malinconica solitudine meglio possibile. Un punching ball, un puntaspilli, un’incudine fatta apposta per prendere martellate: eppure un medium necessario, il tramite tra due mondi che altrimenti non riuscirebbero a dialogare fra di loro in nessun caso. L’editore: un fantasma di cui si sente l’immensa mancanza e di cui si apprezza la grandezza quando non c’è più.

    I racconti che leggerete sono questo: un’evocazione. Attraverso il tributo di amore di quelli che hanno incontrato, abbracciato, maledetto o invocato un grandissimo personaggio dello strano mondo editoriale ricostruirete una personalità affascinante e complessa, che ha lasciato un profondo segno in tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Come un album di fotografie dello spirito, istantanee di sorrisi che non saranno dimenticati.

    E per tutti quelli che non hanno avuto questa fortuna, be’, basterà leggere col cuore, oltre che con la mente. E andare in libreria dove, potete starne certi, risiede attualmente e risiederà per sempre lo spirito di Marco Frilli, editore.

    Maurizio de Giovanni, settembre 2019

    Alessandra Alioto - Rosalba Repaci

    Posso offrirvi un limoncello? Giusto… un dito

    "Caro De Scalzi, devo darti ragione, in questo locale si mangia davvero bene. I mandilli de saea¹ è un piatto casalingo che, purtroppo, a volte i ristoratori snobbano".

    Sono contento che ti siano piaciuti, ma aspetta di assaggiare il loro semifreddo all’amaretto.

    No, no, Maresciallo, io non sono un tipo da dolci, al massimo un tiramisù ogni tanto… poi quello lo trovo stucchevole con quel gusto amaro che vuol fingersi dolce.

    Questo devi assaggiarlo, è sublime.

    La cena continuò con i due uomini che chiacchieravano amichevolmente del più e del meno, ma soprattutto di omicidi, crimini efferati, investigazioni e tutto ciò che ruota intorno al reato. Marco Frilli stava aggiornando De Scalzi sulle novità editoriali di prossima uscita. Il Maresciallo da quando aveva conosciuto l’editore genovese si era avvicinato al genere noir, sebbene in precedenza lo avesse sempre sottovalutato, affermando che lui il crimine lo vive e non lo legge.

    Avevano preso l’abitudine di cenare fuori con regolarità, il loro incontro fortuito si era trasformato in un’amicizia non programmata, ma molto stimolante per entrambi.

    Un tour gastronomico ristretto alla sola provincia di Genova, dove il ristorante veniva scelto una volta per ciascuno. Di certo De Scalzi era dei due il più goloso di dolci, a poco era servita la sua campagna di conversione al dessert nei confronti di Marco Frilli, che dopo molti dinieghi, quella sera, però, aveva acconsentito ad assaggiare il famoso semifreddo. Un cameriere mise davanti a loro due lastre rettangolari di ardesia con un cilindro spumoso color caramello spennellato da ghirigori di crema di lamponi e guarnito da due foglioline di menta.

    Il maresciallo aveva già ingurgitato metà del suo dolce mentre l’editore era soltanto alla seconda cucchiaiata quando, a bocca piena con rapidi sollevamenti del mento, sollecitò l’amico editore a dare un giudizio gastronomico su quella leccornia. Ma non vi riuscì. Un grido seguito da un forte vociare proveniente dalla cucina rimbombò nella sala.

    Dopo un attimo di sospensione e sguardi interrogativi tra i clienti del ristorante, arrivò al loro tavolo una ragazza poco più che ventenne, con un grande grembiule bianco di tela cerata a cingerle la vita sottile e a coprirle le gambe fino a metà polpaccio. Con lo sguardo impaurito e la voce flebile sussurrò: Mi hanno detto che lei è un maresciallo dei Carabinieri, il cuoco la prega di venire in cucina….

    De Scalzi si alzò di scatto e senza indugi fece cenno a Frilli di accompagnarlo.

    Oltrepassarono una porta basculante e si ritrovarono in un locale dove un’immobilità silenziosa rendeva insolito un luogo di lavoro in cui il rumore è naturale conseguenza dell’attività frenetica che la cucina di un ristorante comporta. De Scalzi scannerizzò l’ambiente con lo sguardo: una signora di mezza età, in evidente stato di agitazione, era appoggiata al bancone di lavoro di metallo e accanto a lei presumibilmente il cuoco le massaggiava la schiena, consolandola. Altri due uomini si scambiavano sguardi perplessi e si voltarono quando il Maresciallo esordì: Raccontatemi che cosa è successo.

    Il cuoco si staccò dalla donna, si tolse il cappello, si avvicinò a un grande contenitore di plastica bianca e con un cenno della mano invitò il militare a guardarvi dentro. Marco Frilli sbirciò alle spalle dell’amico. C’erano tanti limoni, alcuni con ancora le foglie attaccate, gialli, lucidi, porosi e profumatissimi; ricordavano la realistica verosimiglianza delle nature morte di Caravaggio con le imperfezioni proprie dei frutti.

    Ebbene? Questi limoni sono splendidi, non vedo niente che non vada.

    La donna accanto al bancone alzò il capo, fino ad allora rimasto abbassato, e poi spiegò: Guardi bene dentro….

    De Scalzi allungò il collo e così Frilli: ciò che videro fece arretrare l’editore poco abituato a certi spettacoli. Il maresciallo ruotò il contenitore avvicinandolo a sé per osservare meglio: un dito, più precisamente un indice di mano femminile con l’unghia laccata di rosa. Striature di sangue avevano macchiato un limone e il contrasto tra i due colori accesi aumentava l’aspetto macabro di quelle tre falangi. La vista di una parte di un corpo umano fa sempre tanta impressione, non si è abituati a vederla staccata dal resto, si preferisce considerare se stessi un tutto e non un insieme di parti che potrebbero esistere singolarmente. In qualche modo il dito era finito in mezzo ai limoni, in qualche modo i limoni erano finiti dentro al contenitore e in qualche modo il contenitore era finito sul bancone della cucina di quel ristorante…

    Ma è davvero un dito quello?, si informò Frilli incredulo, rivolgendosi al Maresciallo che assentendo con il capo aggiunse: Parrebbe proprio di sì. Da quanto tempo sono qui questi limoni?.

    Ieri è arrivato Ugo, il nostro solito fornitore e ha rovesciato lì una cassetta di limoni che a me servono per accompagnare le grigliate di carne e di pesce, rispose prontamente un uomo di circa trent’anni, ricominciando a infilzare pezzi di carne e verdura per farne degli spiedini.

    De Scalzi, continuando ad osservare con attenzione i presenti e l’intera cucina, come a volerne interiorizzare ogni piccolo particolare che forse avrebbe potuto venirgli utile, notò un uomo con una divisa nera profilata di rosso in contrasto con quelle bianche dei suoi colleghi.

    Quasi sicuramente si trattava del pasticciere. De Scalzi ricordò che nel momento del suo ingresso in cucina con Marco, tutti i presenti se ne stavano immobili, aspettando di mostrare il rivoltante ritrovamento, incapaci di riprendere le proprie attività; quella staticità durò fino a quando l’addetto alla griglia, assolto il suo compito di testimone, ricominciò a lavorare. Il pasticciere, invece, non aveva mai smesso di sporzionare dolci, senza mai voltarsi verso gli altri. Anche la sua espressione non tradiva alcun turbamento, ben lontana dalle facce atterrite e disgustate dei colleghi. Il Maresciallo si avvicinò a quell’uomo piccolo di statura, tracagnotto, scuro di pelle e di chioma non trattenuta a sufficienza dal cappello, facendogli una domanda secca: Mi scusi, lei ha visto cosa c’è tra i limoni?.

    L’uomo lo guardò e accennando un debole sorriso si scostò dalla sua postazione di lavoro per avvicinarsi al contenitore degli agrumi. De Scalzi lo seguì, pronto a cogliere la sua reazione che non si fece attendere: infilò la mano tra i limoni, raccolse il dito mozzato e con la stessa velocità di un prestigiatore che fa scomparire le carte da gioco, gli diede un morso, lo masticò a bocca semiaperta e lo inghiottì.

    Sette paia di occhi lo guardarono stupiti, qualche bocca emise un gemito. I presenti, prima di ipotizzare che il pasticciere fosse cannibale, compresero lo scherzo dato che il loro collega scoppiò in una profonda risata e si autoelogiò con un marcato accento partenopeo: Vi ho fregato, ah ah ah, sono meglio di Buddy, il boss delle torte.

    Il cuoco, nonché proprietario del ristorante, pur con il sorriso sulle labbra non si risparmiò dal redarguire il burlone: Accidenti a te, hai fatto prendere un colpo a tutti quanti e soprattutto scomodare le Forze dell’Ordine.

    Il pasticciere si voltò verso De Scalzi e in tono serio aggiunse: Mi scusi Maresciallo se il mio scherzo ha interrotto la sua cena, voleva solo essere una goliardata tra colleghi. Per farmi perdonare vi posso offrire un limoncello?.

    Marco Frilli, che stava ancora ridendo di gusto, guardò il pasticciere e dopo qualche secondo riuscì a rispondere: Certo come no, ma giusto un dito.

    Massimo Ansaldo

    Il coltello del cuoco

    Guarda che cosa ho trovato! Un coltello a scatto tutto arrugginito....

    Dove?.

    In soffitta, montavo il portabottiglie: l’idea di far scendere i vini dall’alto, con un montacarichi, dopo una selezione elettronica è geniale.

    Grazie, sapevo già di essere un genio... ma il coltello?.

    Era nascosto dietro un’intercapedine. Piantavo un chiodo e ho sfondato il muro.

    Il cuoco si fa serio, arrossa in volto e rimane bloccato sul posto. Stava tritando un cipollotto con la mezzaluna. Rimettilo al suo posto! Subito! Tu non sai... tu non sai!.

    L’aiuto di cucina rimane impressionato dalla reazione del capo, sta per esplodere in una sonora risata di scherno, ma scorge una luce strana nelle pupille dell’uomo irriconoscibile che ha davanti. Riflessi di una paura che inquieta anche lui. Preferisce tergiversare, tenta di cambiare discorso, ma viene anticipato.

    Dov’è il coltello?. Il cuoco si allontana dal tavolo e punta verso l’aiuto. Due passi e i due uomini si fronteggiano, così vicino che i fiati si miscelano in uno solo.

    La vuoi smettere, ma che cosa....

    Un pugno lo colpisce sulla fronte, lo spaventa più lo sconcerto che il dolore. Sbanda, rovescia una latta d’olio e fugge dalla cucina del ristorante. Attraversa la sala da pranzo dove si stanno attardando due clienti abituali: Marco Frilli, il noto editore genovese, e l’ingegner Sperlinghi, titolare della Tecnical Trade Company. Li guarda senza più riconoscerli, contraccambiato dallo stupore allarmato dei due.

    Inciampa e sente che qualcosa continua ad inseguirlo anche se ormai si trova nella sala da pranzo. Esce trafelato in strada. La porta, per un attimo, rimane spalancata, poi si chiude da sola, come se fosse mossa dalla forza di una mano invisibile. Anche le persiane delle finestre, dopo aver cigolato sulle mappe, si chiudono con uno schianto che fa tremare l’insegna del locale.

    Corre verso l’auto e si barrica dentro. Non è ancora sicuro di aver assistito a quello che gli sembra solo di aver visto. Accende l’autoradio e riconosce la melodia di una canzone. La prova che è agganciato alla realtà. Allora non ho sognato....

    Nella sala, Frilli e Sperlinghi rimangono inchiodati alle sedie, come se la loro volontà di muoversi fosse compromessa da una forza invisibile che preme sulle spalle. Sono obbligati a fissarsi perché il collo non può ruotare, rimangono in silenzio con la bocca serrata. Il cuore è uno stantuffo impazzito. Si chiedono che ‘cosa’ li abbia travolti, senza trovare risposta.

    Nel frattempo il cuoco sale le scale che portano in soffitta. Si ferma davanti ad una porta stretta. È spalancata sul piccolo locale, immerso nel buio.

    Un buio vivo, che respira e attende..., pensa.

    Appoggia un piede oltre lo stipite e gli sembra di perderlo, ingoiato da un pavimento che non c’è più. Vuoi galleggiare?. Un sibilo che si trasforma in ruggito proviene da una creatura che si materializza davanti a lui: una sorta di grottesca caricatura di un famoso chef, star della tv.

    Al posto degli occhi ha due enormi uova sode spaccate a metà e le mani sono sostituite da un mazzo di forchette con le punte attorcigliate. Le braccia ridotte a due trecce di mozzarelle andate a male e le gambe sono salamelle pendule e ridotte a brandelli.

    Vuoi galleggiare? Penso di sì, dal momento che mi hai riportato in vita. Il tuo predecessore ha pensato di eliminarmi nascondendo il simbolo del mio potere: il coltello. Pensava di eliminarmi per sempre, povero illuso! Stavo dormendo immerso nel mio sonno immortale quando, all’improvviso, una scarica potente quanto un fulmine mi ha attraversato la mente. Ho subito capito di cosa si trattava. Ed eccomi qui, caricato a mille, pronto a servirti, come ho sempre fatto con tutti i miei allievi....

    Un ghigno feroce fa da cornice al digrignare dei denti.

    Il cuoco combatte contro due volontà che cercano, ognuna, di impadronirsi del suo animo.

    Se cede diventerà uno dei suoi ‘galleggianti’, cuochi che hanno venduto l’anima alle luci della ribalta, trasformati in fantocci nelle mani del dio danaro, traditori della cultura e della tradizione enogastronomica. Se non cede vivrà sempre nel terrore di incontrare sulla sua strada uno di questi ciarlatani che spacciano ricette come fossero eroina tagliata un milione di volte.

    Un luccichio attira la sua attenzione. Il coltello giace sul mobiletto in fondo alla stanza.

    Anche la creatura lo ha visto.

    Incomincia il duello finale, è quello l’oggetto che può decidere le sorti della battaglia.

    Lo vorresti vero? È la chiave di volta. Chi lo possiede diventerà famoso e riverito, ricco e invidiato. Quelli che prima di te lo hanno posseduto sono decollati verso un successo inimmaginabile....

    Non tutti…, riesce a rispondere il cuoco.

    L’essere mostruoso si innervosisce, rutta una folata mefitica, come se tutte le fogne della città fossero esplose nello stesso momento. Lo chef si ripara alzando il gomito.

    Già, ricordo. Eccome se ricordo. Quello prima di te si era ribellato. Non aveva voluto usare il coltello, ha resistito alla tentazione. Stupido, due volte stupido. Ha rinunciato al potere immenso che sprigionava da questa lama e lo ha nascosto alla mia vista. Quando separi il fabbro dal ferro... il fabbro è inutile... il coltello è mio!.

    Conosco la storia, me l’ha raccontata prima di cedere il locale, ma non ha voluto dire dove aveva nascosto il coltello. Chi non sa non rischia... ha voluto salvarmi.

    Salvarti? Ahahahah!.

    Il proprietario precedente aveva praticamente regalato al cuoco la licenza, vendendola a prezzo stracciato. L’uomo voleva liberarsi del locale a tutti i costi e il cuoco era stato il primo che aveva visitato gli ambienti. Prima ancora che lui potesse esprimere un giudizio si era ritrovato proprietario sborsando solo un migliaio di euro. Ricordava ancora il momento del commiato. Era stato uno dei momenti più drammatici della sua vita. L’uomo stava per uscire dalla cucina quando, irrigidendosi all’improvviso, lo aveva bloccato, stringendogli le braccia. In solaio, non andare mai in solaio... e se per qualche motivo ti troverai a maneggiare un coltello arrugginito con il manico di madreperla... non toccarlo! Per chi lo fa c’è il buio, il vuoto e poi... si galleggia!. Gli occhi sembravano due serpentine arroventate e dalla fronte gocciolava un sudore spesso come colla. Era fuggito, lasciandosi dietro un odore... un odore come il fiato che ora lo aggredisce.

    La creatura gli si avvicina alla faccia e la solletica con i capelli, un cespo di verza marcia. Che hai detto?.

    Il cuoco approfitta della sua distrazione e con una finta di corpo lo aggira, trovandosi alle sue spalle. Si aggrappa ai pensili, il pavimento continua a non esserci, è solo una parte del buio. Raggiunge il mobiletto dove è appoggiato il coltello e lo abbranca, sporgendosi alla disperata. Il mostro si accorge troppo tardi della mossa fulminea e lancia un urlo inumano. Scivola sul bordo del pavimento all’ingresso del locale, sotto la porta. Rimane aggrappato, solo le mani a forchetta gli permettono di reggersi e non precipitare nel vuoto.

    Lo chef con due balzi raggiunge il pavimento del corridoio e crolla seduto a terra. Si sente in salvo, da quella posizione vede solo le punte di metallo che cercano disperatamente un appiglio più forte. Si alza per portarsi sul limitare del vuoto.

    La creatura lo fissa con il corpo che dondola nel buio.

    Perché?, gli chiede il cuoco.

    Incarno le vostre paure più profonde, quelle che si nascondono sotto la pelle e cominciano a divorare le ossa e poi le membra e poi...il cuore, gli spiega il mostro ora appeso solo con una delle trecce di mozzarella che ha al posto delle braccia. "Rappresento i vostri incubi peggiori e voglio che essi diventino per voi una realtà più vera della vita stessa. Il coltello...se usi il coltello per lavorare potrai diventare una cusine star, potrai raggiungere la fama".

    Ma io non voglio....

    "Lo so, lo so... io posso dialogare con voi umani solo raffigurando quello che non desiderate, ma che potrebbe tentarvi... le cose brutte attirano perché sono perverse... non vorresti diventare una cusine star?".

    Il cuoco lo guarda e decide all’istante.

    Piega le ginocchia, la mano che impugna il coltello è già alzata. Il fendente colpisce il centro del cespo di verza. Il cranio si spacca e le due metà di uova sode cominciano a volteggiare nel vuoto. La bocca si spalanca e vomita un fiume di maionese impazzita. Il corpo, che sembra prigioniero dentro le pareti trasparenti di un frullatore, si sta disintegrando.

    Il cuoco fa appena in tempo a scansarsi dietro lo stipite della porta prima che un’esplosione faccia tremare le pareti del locale. Poi i frammenti immondi scompaiono, risucchiati dal buio insieme a un sospiro strozzato che si allontana dalla realtà sensibile.

    Come il suo aiutante non è certo che l’esperienza che ha vissuto lo abbia coinvolto realmente.

    Scende in sala e trova due persone, fatica a inquadrarle, poi le riconosce.

    Anche voi... avete visto....

    Che cosa?, risponde Frilli.

    Già, che cosa?, gli fa eco Sperlinghi.

    Il cuoco brandisce il coltello come per difendersi da quei due… possono essere diventati complici del mostro. Magari ora si trasformano in un vassoio di cappon magro..., pensa. Sente che sta per svenire.

    Ascolti,

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