camminando ad occhi chiusi nella notte: gialletto fiorentino
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Anteprima del libro
camminando ad occhi chiusi nella notte - Mauro Capitani
L’epilogo
Aprile 1990
"… Considerandosi ormai incapace di correggere il giudizio che si erano formati su di lui, sperava in una rivincita lontana nel tempo e si consolava con sogni …"
Questa frase, forse il tempo ne ha cambiato nella mia memoria le parole, ma non il contenuto, è presa da un libro, letto nei primi anni ‘90, il cui titolo è " Vortice " e rappresenta l’inizio della storia che vi racconto.
Il fiume Arno taglia Firenze in due, la percorre da sud a nord, con massicciate di terra per sponda e vegetazione fitta nelle opposte periferie, incanalato e disciplinato nel centro storico.
Pacifico e lento sino al suo ingresso in città all’altezza della pescaia di Rovezzano, sembra fermarsi per poi trarre vantaggio dalla discesa e velocizzare le sue acque.
Poi allargato in un letto ampio e profondo sonnecchia e indugia ad esplorare una immensa distesa che si protrae sino alla pescaia dei Massi, che delimita una nuova pendenza. La supera scavando negli anfratti più larghi e con correnti anomale sembra risalire il suo stesso corso. In autunno, tempo di piene scavalca la barriera artificiale e l’unico segno che i Massi lasciano è una increspatura sulla superficie. Poi di nuovo si allarga e le sue acque sembrano fermarsi sino alla pescaia successiva di San Niccolò.
Questo piccolo giallo si svolge e si conclude a fianco del fiume, nella rigogliosa e pulita periferia sud e come il fiume scorre lenta, inesorabile, con colpi di scena che come i salti di livello del fiume ne condizionano il corso.
1 Dal sogno alla realtà
La primavera era appena agli inizi, la giornata luminosa, la decisione di riprendere la canna da pesca che lo aveva sempre accompagnato, più nelle lunghe passeggiate che nella ricerca di pesci, era presa. Il tempo non gli mancava di certo. Da poco più di un anno era ritornato single, nessuno lo aspettava a casa e a nessuno doveva rendere conto del suo tempo.
Di fronte al fiume che scorreva lento, poco frequentato, si sentì solo e libero di sognare ad occhi aperti. Sorrise al pensiero, sorrise alle immagini che si accavallavano nella sua mente, le vide e le visse per esteso.
La vita non gli offriva molto, soprattutto per sua scelta. Presto sposato, quasi per caso, per inerzia, come fosse un figurante, anziché lo sposo di una donna che nemmeno amava e che di altrettanta indifferenza lo ricambiava.
Un lavoro ordinario e grigio, ripetitivo che odiava ma che la necessità gli imponeva. Colleghi dei quali troppo presto era diventato lo zimbello e godevano dell’appoggio del capoufficio che lo aveva preso di mira solo per ribadire la sua posizione di privilegio.
Di bell’aspetto, alto ed elegante ma non brillante, introverso e taciturno non suscitava certo simpatia, come se tutti si fossero sempre aspettati da lui di più e cosa si aspettassero non era dato di sapere, semplicemente di più. Lo stesso nome che la sorte gli aveva assegnato, Vittorio, sembrava beffarsi di lui quotidianamente. Nella vita non ricordava alcuna vittoria, nemmeno a tresette con amici e non aveva amici.
In una associazione di idee la sua mente costruì un piacevole sogno: " Le mani del capoufficio sulla sua scrivania in atteggiamento arrogante, in un lampo l’espressione beffarda che si tramuta in una smorfia di dolore, il tagliacarte gli aveva trapassato la mano e piantatosi con forza nel legno della scrivania lo immobilizzava. Ecco che ora gli somministrava una fila di schiaffi dinanzi a colleghi che, impietriti e timorosi non osavano intervenire ."
I suoi pensieri non furono nemmeno scalfiti da ciò che davanti gli si parava ma non vide: un’auto ferma vicino al greto del fiume con all’interno tre loschi figuri che brigavano con siringhe e fiammelle. Drogati, forse spacciatori in pausa relax. Loro, però, lo videro e, interrotti nella loro attività, scesero dall’auto. Lo accerchiarono, iniziarono a spintonarlo, ad offenderlo.
Fu terribile: alle spalle