Oroonoko: Nobile schiavo
Di Aphra Behn
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Info su questo ebook
Aphra Behn
Aphra Behn (1640-1689) was one of the first Englishwomen to earn a living from writing. She was a playwright, poet, translator, and fiction writer during the Restoration era. Behn’s plays and writing were well-received by the public, but she often found herself in legal trouble or being judged harshly because critics did not like that she was a successful woman. Behn remained a strong advocate for herself, and argued that women should have the same education opportunities as men, paving the way for more women to become writers.
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Anteprima del libro
Oroonoko - Aphra Behn
Aphra Behn
Oroonoko
COLLANA
DARCY
O ttobre 2020
Rogas Edizioni
© Marcovaldo di Simone Luciani
viale Telese 35 – 00177, Roma
e-mail rogasedizioni@gmail.com
sito web: rogasedizioni.com
Facebook: Rogas Edizioni
ISBN: 9788845294778
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
https://writeapp.io
Indice
Narrando la storia di questo nobile schiavo, non intendo intrattenere il lettore con le avventure di un eroe fittizio, la cui esistenza e il cui destino possano essere soggette alle fantasticherie dell’estro poetico; e riportando la verità, non voglio guarnirla di alcun evento, se non di quelli che davvero ebbero luogo. Questa storia verrà raccontata in modo semplice, favorita solo dai suoi pregi e dall’autenticità della trama. C’è in essa una componente di realtà tale da sostenerla e da renderla gradevole senza che l’invenzione aggiunga dettagli.
Io stessa sono stata testimone di molti degli avvenimenti narrati; e quelli cui non ho potuto partecipare mi sono stati riferiti dal protagonista di questa storia, dall’eroe stesso che ci ha reso ascoltatori delle vicissitudini della sua giovinezza. Per amore di sintesi, ometterò mille piccoli dettagli che, per quanto risultassero piacevoli a noi abitanti di un luogo dove la storia appariva sterile e rare erano le avventure, potrebbero sembrare noiose e monotone al lettore di un mondo in cui ogni istante riserva sorprese. Ma noi, conquistati dalla personalità di questo grande uomo, eravamo invece curiosi di carpire ogni dettaglio della sua esistenza.
L’ultima parte delle sue avventure si svolge in una colonia americana denominata Suriname, nelle Indie Occidentali.
Prima di narrarvi la vicenda di questo prode schiavo, sarebbe opportuno spiegarvi in che modo vengano condotti nelle nuove colonie, poiché coloro di cui ci si serve laggiù non sono originari del luogo. Con loro noi viviamo in armonia, senza mai comandarli e, al contrario, trattandoli con gentilezza e vezzeggiandoli con affetto fraterno e amichevole. Da loro acquistiamo pesce, selvaggina, pelli di bufalo e altri merci particolari come il Marmoset, una specie di scimmia grande come un topo o una donnola, ma di forma incantevole e delicata, con mani e viso somiglianti a quelli umani. O il Cousherie, piccolo animale con l’aspetto e i modi di un leone che, nonostante abbia le dimensioni di un gatto, appare in ogni dettaglio uguale alla ben più nobile bestia.
Ci vendono anche i piccoli parrocchetti, i grandi pappagalli, i macao e mille altri uccelli e animali dalle forme straordinarie e dagli impressionanti colori, e pelli di incredibili serpenti; alcune delle quali sono lunghe sessanta metri proprio come quelle della collezione di Sua Maestà, in cui si annoverano anche farfalle meravigliose che, sorprendenti per aspetto e tonalità, io stessa ho donato al Museo Antiquario: alcune sono grandi come un pugno, altre meno, ma ognuna è tanto perfetta che l’arte non sarebbe capace di riprodurla. Da loro acquistiamo anche piume; essi le sistemano in tutti i modi possibili, vi compongono abiti corti e sfavillanti ghirlande da mettere sul capo, intorno al collo, alle braccia, alle gambe. La varietà delle tonalità è davvero incredibile. Me ne era stata offerta un’intera serie, che io ho donato al King’s Theatre: le hanno adoperate per il costume della Regina Indiana, poi adorato da personalità di rango e risultato impareggiabile. A tutto ciò si sommano altre mille piccole ingegnosità e rarità, alcune offerte in dono dalla natura, altre frutto dell’estro artigianale come cesti, grembiuli e armi.
Scambiamo anche perline variopinte, coltelli, asce, spilli e aghi che loro usano per praticare fori a orecchie, naso e labbra, cui poi applicano pendenti, perle a goccia, frammenti di stagno, ottone, argento battuto e altri gingilli luccicanti. Le perline vengono cucite su grembiuli lunghi e larghi come mezzo braccio, disposti con accuratezza a formare fiori di vari colori. Questi grembiuli vengono indossati per coprire il basso ventre, come le foglie di fico per Adamo ed Eva.
Gli uomini portano una lunga striscia di lino che si procurano presso di noi. Le perline vengono infilate anche in lunghi fili di cotone, con cui si fanno cuciture per assicurare i grembiuli. Le avvolgono più di venti volte tra la vita ed il petto, poi, come una bandoliera, le intrecciano tra la spalla destra e quella sinistra, quindi le passano intorno al collo, alle braccia e alle gambe. Questi fregi, insieme ai lunghi capelli neri, al volto dipinto di segni e simboli naturali, li rendono eccezionali alla vista.
Tra queste incantevoli creature, quasi tutte dotate di figura aggraziata e lineamenti delicati, ve ne sono alcune eccezionalmente affascinanti e particolari perché dotate di tutto quello che si definisce bellezza, a parte il colore della pelle che appare giallo rossiccio o, dopo essere stata cosparsa d’olio, color mattone nuovo, pur essendo levigata, vellutata e morbida.
Appaiono timide, schive, modeste e riluttanti al contatto e alle carezze. E, nonostante vadano in giro nude, pur passando una vita tra loro non mostreranno mai atteggiamenti impudichi. A furia di vedersi disabbigliate, come i nostri progenitori dinanzi la caduta, non sembrano possedute da nessun desiderio poiché, potendo vedere già tutto al primo sguardo e sempre, nulla può destare la loro curiosità. In assenza dell'inaudito, l’indiscrezione viene a mancare. Mi è capitato di osservare un giovane e avvenente indio che, pur affliggendosi per l’amore nutrito verso una altrettanto fresca e bellissima india, seguitava il suo corteggiamento standosene semplicemente a braccia conserte, osservando l’amata e facendo dei suoi sospiri in un linguaggio tutto personale. Lei, dal canto suo, sembrava ignorare la presenza di quello sguardo adulatore, fingeva di non essere interessata ad alcuno, controllava i propri occhi in modo da non lasciar cadere lo sguardo su di lui, non si avvicinava, guardava a terra con lo stesso rossore delle donne più rigorose e austere del nostro mondo.
Questa gente era per me simbolo della primordiale innocenza, di quel frangente in cui l’uomo non conosceva ancora il peccato. È evidente che la natura sia la più dolce, pacifica e capace delle maestre! Se solo fosse possibile, lei da sola sarebbe capace di istruire il mondo in maniera migliore di qualsiasi congettura umana. In questi luoghi, la religione non potrebbe far altro che cancellare la serenità d’animo che li contraddistingue per merito dell’ignoranza. Le leggi insegnerebbero soltanto l’offesa di cui non hanno nozione. Una volta rispettarono il lutto e il digiuno a causa della scomparsa di un Governatore inglese che si era ripromesso di recarsi da loro un determinato giorno e non lo aveva fatto, né aveva provveduto ad inviare notizie delle proprie sorti: è loro convinzione che quando un uomo ha dato la sua parola, solo la morte potrebbe e dovrebbe ostacolarlo nel mantenerla. Quando scoprirono che il Governatore era ancora in vita, gli chiesero quale fosse la parola che nella sua lingua era usata per definire chi tradiva la promessa fatta. Egli rispose che un simile individuo era definito ‘bugiardo’, aggettivo infamante per qualunque gentiluomo. Uno di loro replicò: «Governatore, allora tu sei bugiardo, e sei responsabile di questo torto».
Hanno un innato senso della giustizia, non conoscono cosa significhi ingannare, non hanno nozione del vizio e dell’astuzia fin quando non hanno modo di apprenderla dall’uomo bianco. Ogni uomo ha molte mogli che, una volta divenute anziane, provvedono ad accudire quelle più giovani prese al loro posto. Ma si tratta di una forma di servitù interiorizzata e accettata di buon grado visto che, fatta eccezione per i prigionieri di guerra, essi non possono contare altri schiavi. Nel territorio in cui mi trovai, non c’erano