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Ombre nere su Prato
Ombre nere su Prato
Ombre nere su Prato
E-book199 pagine2 ore

Ombre nere su Prato

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Info su questo ebook

Prato. Nella nutrita comunità cinese della città toscana sembra essersi insinuato un male oscuro, che attende soltanto di essere svelato. La giovane Dany viene misteriosamente uccisa durante il casting per un programma televisivo. Sarà il suo compagno di scuola Marco Chang – affiancato dalla fidanzata Serena – ad indagare personalmente sugli avvenimenti che hanno preceduto l'inspiegabile delitto: chi si trovava alla guida di quello strano SUV che hanno visto aggirarsi nei dintorni quella stessa mattina? Assolutamente convinti che il ragazzo di Dany, accusato dell'assassinio, sia in realtà innocente, Marco e Serena si inoltrano in un'avventura che farà luce sui loschi movimenti di un'organizzazione criminale, che opera proprio nel bel mezzo del quartiere cinese…
LinguaItaliano
Data di uscita1 dic 2022
ISBN9788728496961

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    Anteprima del libro

    Ombre nere su Prato - Riccardo Parigi

    Ombre nere su Prato

    Immagine di copertina: Shutterstock

    Copyright © 2022 Riccardo Parigi and SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788728496961

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    A Tina

    1

    Nella Piana fra Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio, estate 2008.

    È una di quelle giornate di pieno luglio, lunghe e afose, tipiche della Piana fiorentina. Due ragazzini camminano lungo un torrentello pieno di liquami scuri e fetidi. Il più grande ha undici anni e si fa chiamare Jack il Cacciatore; suo fratello, sei anni non ancora compiuti, è Jimmy il coraggioso, o semplicemente Jim. Il Cacciatore fantastica di aggirarsi su Dadex III, il pianeta dalle mille insidie, dove i ratti-mutanti sono grossi come mastini e sparano scoregge letali.

    In realtà i due bambini stanno attraversando stradelli che si aprono tra fitti cespugli polverosi e costeggiano un rigagnolo puzzolente, una specie di fogna a cielo aperto. Basta che il Cacciatore si volti ed ecco, a pochi chilometri di distanza, la ciminiera di uno degli inceneritori di rifiuti più mefitici d’Italia, ormai in disuso. E in effetti l’impianto per lo smaltimento dei rifiuti di San Donnino può sembrare, al turista di passaggio che percorre l’autostrada A1, un inspiegabile, inutile menhir moderno piantato tra gli stagni di Focognano, il parco della Piana, quello dei Renai e il Fluviale Di là d’Arno, mentre, in lontananza si materializza l’inconfondibile profilo della Cupola del Brunelleschi. Ma il Cacciatore non è interessato a considerazioni di carattere estetico e ambientale. Lui ama Dadex III: il suo regno di caccia e d’avventura, uno spicchio della Piana che si allunga come un artiglio tra Prato e Firenze. Il luogo assomiglia davvero a un mondo alieno, anche se è semplicemente un allucinante assemblaggio di capannoni industriali, fabbriche abbandonate, discariche, container, magazzini, intervallati di tanto in tanto da piccoli orti o da campi semiabbandonati.

    Jack si muove sul suo pianeta con l’agilità di un gatto selvatico, strisciando silenzioso e stringendo nella destra l’arma con cui combattere i micidiali ratti-mutanti: una cerbottana ricavata da un lungo tubicino di acciaio. Tutti gli riconoscono un’abilità eccezionale nel preparare i proiettili. Sembra un’operazione facile, ma non lo è: bisogna arrotolare con due dita un rettangolo di carta, leccare con convinzione il bordo ed ecco fabbricato un piccolo cono compatto che entra preciso nella cerbottana. Poi viene il bello: Jack prova una soddisfazione immensa a individuare il bersaglio e attendere, nascosto, che la preda si avvicini, prendere la mira per qualche secondo e svuotare di colpo l’aria dai polmoni, fuuh, facendo schizzare via, su una traiettoria infallibile, il minuscolo missile bianco. Ha affinato le sue doti di Cacciatore battagliando per interminabili settimane con i suoi amici e tendendo imboscate ai vicini di casa che, colpiti, passavano rapidamente dallo stupore all’incazzatura pericolosa.

    Ma poi Jack ha scoperto Dadex III e il suo rigagnolo che pullula di tanti piccoli animali. Da quel giorno si è dato da fare per migliorare le prestazioni della sua cerbottana. Alla fine ha deciso di infilare, in cima al proiettile di carta, un grosso ago e adesso sta cacciando, implacabile, lucertole, rane, topi ma anche cavallette.

    «Torniamo a casa?» propone Jimmy.

    «Stiamo ancora un po’.»

    «Nonno si arrabbia.»

    «Nonno è sempre arrabbiato.»

    «Ma devo aiutarlo in negozio e se…»

    Jack alza una mano facendo cenno al fratellino di stare zitto. «Shhhh. Guarda là che bestia.»

    Una grossa rana è appena uscita da un tubo che getta acqua sporca nel rigagnolo, e ora saltella veloce in mezzo ai rifiuti. Un sibilo secco, il proiettile che esce fulmineo dalla cerbottana e poi un leggero gracidare, craaaaa. Obiettivo centrato in pieno. L’animale si dimena per un po’ e poi ecco gli ultimi spasmi delle zampe posteriori.

    «Oh Jack! Ma come fai?» grida esultante Jimmy. «L’hai stecchita!»

    Il Cacciatore taglia corto. «Dai, passami quella scatola.»

    «Quale?»

    «Quella lì, tra le due pietre.»

    «E che vuoi fare?» chiede il piccolo, che ammira nel fratello soprattutto la capacità di prendere subito delle decisioni. Nonno, papà e mamma discutono per ore, tirano fuori dubbi su mille cose e non vengono mai a capo di nulla. Lui no: Jack dice la sua e passa all’azione come se avesse una macchina calcolatrice nel cervello. E forse ce l’ha davvero una specie di computer, in quella testona che si porta dietro.

    «Ehi! Jimmy, ti sei addormentato in piedi?»

    «No, no, ecco la scatola», dice il ragazzino scattando in avanti. «Ma a che ti serve?»

    «Ci metto la rana.»

    «La… rana?»

    «!Certo. Non ti vuoi vendicare di Jabba the Hutt?»

    Jabba, l’enorme lumacone di Guerre stellari: così i ragazzi avevano ribattezzato Gino Poggiali, un loro astioso vicino di casa: un netturbino pensionato che li insultava per un nonnulla e soprattutto gli sequestrava il pallone quando giocavano nel cortile con gli amici del quartiere. Una volta gliel’aveva addirittura squarciato con un coltello, il grandissimo stronzo!

    «A quest’ora Jabba dorme nella sua poltronaccia, in salotto», spiega paziente Jack. «Tiene sempre la finestra aperta…»

    «E allora?» lo interrompe Jimmy.

    «Allora filiamo a casa sua, vediamo se è stravaccato a russare come al solito, prendiamo la rana…» Fa una pausa a effetto per tenere sulla corda il fratellino. -… e gliela spariamo in faccia!

    Jimmy si getta in terra e si rotola tenendosi la pancia, scosso da un convulso di risa, la faccia rigata dalle lacrime. «Nooooo, Jack, questa è troooppo forte!»

    «Vieni, piccolo pagliaccio!» gli ordina il fratello. «Alzati. Non perdiamo tempo, andiamo a recuperare le bici.»

    «Ritorniamo sulla strada?» chiede Jim, che ha subito obbedito.

    «No, tagliamo attraverso i campi degli Olivella, facciamo prima.»

    «Ma lì ci sono i cani! Io ho paura.»

    «Ma quali cani! Non fanno niente, sono dentro al recinto. Dammi la mano.»

    Jimmy adora essere guidato da Jack: il contatto fisico col suo fratellone in genere lo tranquillizza. Ma quando ode abbaiare, diventa bianco come un cencio. Si sono avvicinati al recinto degli Olivella e due pastori tedeschi si gettano furiosi contro la rete metallica, per obbedire al loro istinto di guardiani.

    E Jimmy si spaventa sul serio. «Oddio! Questi ci saltano addosso!» Liberatosi dalla stretta di Jack, prende a correre con la velocità di un leprotto, zigzagando per il prato fino a saltare una bassa scarpata.

    Il fratello maggiore lo insegue, gridando come un pazzo. «Fermati! Fermati! Attento, là c’è la strada!»

    Dalla curva sopraggiunge un’automobile velocissima. Jack non fa a tempo ad afferrare il fratellino, che viene investito in pieno. Lui è scagliato indietro e cade battendo la testa.

    In uno stato di torpore si rende conto che dalla macchina scende un gigante che dà appena un’occhiata distratta al povero Jim, assolutamente indifferente di fronte al corpicino privo di vita. Jack, prima di svenire, osserva in una frazione di secondo la mano destra dell’uomo: ha una ferita? Gocce di sangue che gli colano lungo il dorso?

    No, non può essere vero, è tutto un sogno o uno scherzo. Jimmy si alzerà da terra e mi balzerà al collo ridendo, come fa sempre…

    Jack mugola. Il dolore che si irradia dalla testa è atroce. Cerca di allungare la mano verso il fratellino, ma all’improvviso tutto si fa buio.

    2

    Prato, Polo scolastico di San Giusto, maggio 2015

    Giovanni è seduto sul banco in terza fila vicino alla finestra ed è completamente assorto nei suoi pensieri. La prof di Diritto sta tenendo un noiosissimo sermone sulla modifica all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Le è stato chiesto un chiarimento da quella secchiona di Irene.

    Il ragazzo è completamente estraneo alle conseguenze del Jobs Act e se ne frega altamente delle polemiche che serpeggiano nel mondo politico italiano. Comunque, di solito è molto cauto, uno dei più guardinghi della classe, e cerca di far finta di seguire ciò che viene detto dai prof inserendo quello che lui definisce il pilota automatico. In questo momento però si è distratto e, invece di dirigere lo sguardo verso l’insegnante, ha la faccia rivolta alla finestra: sembra stia guardando i grossi pini marittimi che abbelliscono il giardino del Paolo dell’Abbaco, l’Istituto scolastico che frequenta.

    La prof se ne accorge e… «Ora Hu ci riassumerà cosa ho appena detto.»

    Ma Hu non la sente.

    Serena, la sua compagna di banco, lo avverte con una gomitata. «Giò, la prof ce l’ha con te.»

    Come se ritornasse in superficie dopo una lunga immersione in apnea, il ragazzo, sorpreso, balbetta: «Co… cosa?»

    «Serena», dice la prof contravvenendo alla sua regola di non chiamare mai i ragazzi per nome (è bene non prendere con loro troppa confidenza), «vuoi dire al tuo compagno di venire qui alla cattedra a ripetermi questi benedetti concetti?»

    Giovanni, imbarazzato, storce leggermente la bocca verso la ragazza e le sussurra con apprensione. «Di che cacchio sta parlando?»

    «Delle modifiche all’articolo 18.»

    «All’articolo 18? E che roba è?»

    Serena in due parole, mentre Giovanni finge di allacciarsi una scarpa, gli fa un brevissimo cenno all’argomento, intanto quell’antipatico di Rahim sghignazza sotto i baffi e il resto della classe rumoreggia.

    Giovanni è Giovanni Hu, cinese di seconda generazione che, come la maggior parte dei giovani cinesi di Prato, si è iscritto all’Istituto Tecnico Economico Paolo dell’Abbaco per diventare un provetto ragioniere. È molto amico del ragazzo di Serena, Marco Chang, che frequenta un’altra sezione e che, in questo momento, è alle prese con un disumano compito sugli integrali.

    Ora Giò si trova accanto alla cattedra tra le grinfie della famigerata prof di Diritto, Enrichetta Fagotti, una delle più temibili leonesse della savana educativa del glorioso Istituto di istruzione superiore.

    La Fagotti ha appena sfoderato i suoi artigli e chiede implacabile: «Forza, Hu. Mi dici per favore», detto da lei per favore sembra decisamente fuori luogo, anzi denota un forte accento beffardo, «di cosa stavamo parlando?»

    Ovviamente la secchionissima Irene Oxa alza la manina agitandola, per far comprendere che lei sa tutto. Giovanni lancia con gli occhi una freccia al curaro all’indirizzo della zelante compagna, ma è consapevole che dovrà soccombere, per cui un attimo dopo cerca di assumere l’atteggiamento più accattivante possibile e ripete alla prof le brevi frasi che gli ha suggerito Serena. Forza, non dargliela vinta alla strega!

    «Bene» continua la Fagotti, «visto che sei così preparato, saprai anche dirmi a che proposito abbiamo iniziato a parlare di questo articolo.»

    Non molla, la iena! Il ragazzo non sa cosa rispondere, in testa ha un casino: lo ha lasciato la sua ragazza che frequenta la seconda B dell’Istituto e ha voglia di pensare a tutto meno che alle noiose spiegazioni, e alle conseguenti, micidiali domande della prof, per cui alla fine si arrende, balbetta un non lo so, mentre scolpisce col pensiero un nitido: Stronza.

    «Come mi aspettavo», si compiace Enrichetta, «il nostro Hu preferisce fare il naturalista invece che il ragioniere, vero?» Poi continua, implacabile: «Per lui hanno più fascino quei pini, invece dell’articolo 18!»

    Giovanni si trova in preda a un’aggressione verbale che in parte lo mortifica, ma molto lo fa incazzare: che ne sa l’acidissima prof di cosa vuol dire avere il cuore a pezzi? È mai stata lasciata lei? Figuriamoci, una zitella inossidabile, un concentrato di zitellaggine! In quel momento per lui quel dannato articolo non esiste. Oltretutto in base a quello che dicono in tv per i ragazzi della sua età sarà difficilissimo trovarlo, il lavoro, per cui è convinto che non avrà bisogno di nessun articolo 18. È possibile che quelli della generazione della Fagotti, oltre ad avergli tolto la possibilità di conquistarsi un futuro, gli vogliano cancellare anche quella di avere un presente, e in più – per buona misura – pretendono di scassargli le palle?

    La prof intanto continua nel suo solito rito denigratorio. Serena dal suo banco sta guardando il compagno con compassione, sa benissimo che quando la Fagotti inizia a quel modo presto affonderà il coltello e salteranno fuori insufficienze gravi. È veramente dispiaciuta per il compagno, che le sembra del tutto rassegnato a subire la filippica della prof ma … proprio in quel momento si sente bussare alla porta.

    «Avanti», sentenzia perentoria Enrichetta.

    Dall’ingresso si affaccia il custode con qualcosa in mano.

    «Vieni Ettore.»

    «Professoressa, c’è da leggere una circolare alla classe.»

    La leonessa ritira per il momento gli artigli dal corpo indifeso di Giovanni e inforca gli occhiali. È come se il boia rimettesse la scure dentro la custodia. «Dunque, vediamo. Oggetto: ritardi degli alunni…»

    Improvvisamente l’attenzione di Serena è attirata da una leggera vibrazione nella mano e la lettura della circolare se ne va a farsi friggere. Le è comparso un sms sul cellulare e la ragazza spera vivamente che si tratti di Marco. Finge di prendere qualcosa nello zainetto che si trova dalla parte nascosta rispetto alla prof e intanto legge il messaggio che le è appena arrivato.

    La giovane è euforica: è lui, che la invita a prendere un gelato nel pomeriggio. Sorride all’indirizzo del cellulare mentre riflette felice. Marco le piace per la sua capacità di scherzare su tutto, di combinare pasticci che prontamente risolve con la sua intelligenza, connotata da una logica stringente, che non fa mai pesare. E poi è veramente bello: alto, longilineo, atletico, con due occhi a mandorla che ti trafiggono e un sorriso così luminoso che verrebbe voglia di berlo. Serena non ci pensa due volte e gli risponde un sinteticissimo «Okay».

    È alto un metro e novanta, pesa oltre centoventi chili. Una montagna di muscoli, una macchina da guerra. Eppure quando parla con Xiăo Wángzi (in italiano Piccolo Principe), il suo capo, prova una forma di rispetto che sconfina quasi nella timidezza. Gli succede da sempre e anche adesso che il boss

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