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Il segreto di Emily
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E-book145 pagine1 ora

Il segreto di Emily

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Info su questo ebook

Stai cercando un libro che ti tenga incollato alle pagine con una trama emozionante e piena di mistero?

In un incantevole piccolo borgo medioevale, la caccia ai banditi si combina con la ricerca di un tesoro.

Il fascino mistico e esoterico dei fantasmi aggiunge ulteriore mistero alla storia.

Non perdere l'occasione di immergerti in questa avventura emozionante e piena di colpi di scena!
LinguaItaliano
Data di uscita2 gen 2023
ISBN9791221439021
Il segreto di Emily

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    Anteprima del libro

    Il segreto di Emily - Robertino Serfilippi

    1. Candelara (PU)

    Candelara, ridente borgo medioevale sulle colline alla periferia di Pesaro, è situata a 180 metri sul livello del mare. Circondata da terreni incolti nella stagione invernale che poi in primavera si colorano di ogni genere di ortaggi e fioriture.

    Ricca anche di vigneti e uliveti, che sono la principale risorsa agricola della collinetta.

    Dall’alto delle sue mura, guardando verso est si può vedere il mare. Girando lo sguardo verso sud-ovest, si può ammirare tutta la catena degli Appennini centrali, con le vette del monte Carpegna, del monte Catria, fino ad arrivare ai monti Sibillini con l’imponente monte San Vicino in primo piano.

    Non si sa bene quale sia l’origine del nome, ma secondo studiosi storici deriva dalla parola latina Candelaria, che letteralmente significa "fonte di luce, fuoco o faro.

    Però esiste anche una leggenda in cui si narra che per individuare il luogo dove costruire il castello, furono accese tre candele nei punti più alti e, il colle meno ventoso, dove ovviamente la candela fosse rimasta accesa più a lungo, sarebbe diventato il luogo ideale in cui far sorgere il paese.

    Lo stemma di Candelara è rappresentato da tre colline sormontate da tre candele, ma non si è mai saputo se questo derivi dalla storia o dalla leggenda tramandata nei secoli.

    In origine era un borgo circondato da mura non facilmente accessibile.

    Dal XV secolo sotto il dominio dei Malatesta di Rimini, anche se già molto sicuro, fu rafforzato con una cinta muraria più spessa e più estesa e circondato da un sistema difensivo all’avanguardia per i tempi, con ponte levatoio, mura e bocche da fuoco in tutto il perimetro. Queste misure di sicurezza, unite alla posizione strategica in cima alla collina, rendevano Candelara una fortezza sicura dall’attacco di qualsiasi nemico.

    Per la sua posizione strategica nel 1176 l’allora duca di Urbino decise di dare rifugio in questo luogo all’imperatore Federico Barbarossa dopo la sua sconfitta nella battaglia di Legnano.

    In questi anni Federico Barbarossa visse e governò da Candelara e da questo ne susseguirono le molteplici suggestive leggende sugli avvenimenti di quei tempi.

    Uno scrittore di secondo piano mai preso in seria considerazione, un certo Alberigo di Urbino, racconta una storia di quel particolare periodo, molto suggestiva e fantasiosa sulle intrigate vicende dentro il palazzo, che coinvolsero Federico Barbarossa e la sua famiglia.

    Di questo quasi sconosciuto manoscritto rimangono alcune copie incomplete, una delle quali è custodita al Palazzo Ducale di Urbino.

    Attualmente a Candelara si svolge ogni anno la festa delle candele che con il passare delle edizioni è cresciuta in modo esponenziale, diventando uno dei più famosi mercatini natalizi di tutta la nazione, con espositori che vengono da tutta Italia per vendere i loro prodotti artigianali.

    Possiamo ammirare candele di ogni forma e colore, ma anche bigiotteria, prodotti di arredo per la casa e piacevoli oggetti ornamentali creati a mano con vetro e ferro.

    Non ultimi da considerare sono i prodotti gastronomici tipici della regione e non solo, come piade, castagne arrosto, olive ascolane, carne alla brace e tante altre prelibatezze.

    Nei tre week end nei quali solitamente si svolge la festa arrivano a Candelara, paesino di neanche mille persone, più di cinquanta mila visitatori da tutta Italia, tanto da riempire di turisti tutte le strutture ricettive della zona.

    L’ultimo week end della manifestazione si era concluso con successo qualche giorno prima del fattaccio della sventura di Luca, ma ancora il paesino era addobbato di tutto punto: dal tappeto di moquette rossa che dall’ingresso si snoda per tutta la via principale fino a addentrarsi in tutto il centro storico alle strutture di legno a forma di casette per gli espositori, che si estendono anch’esse per tutta la via del borgo e per tutto l’antico perimetro della cinta muraria.

    In alto cordicelle con lucine a led decorano tutto il percorso dei visitatori e di notte illuminano la strada con una luce fioca e incantevole.

    Oltre alla bellezza del borgo e alle tante proposte degli espositori, è lo spettacolo dello spegnimento che contribuisce in modo significativo ad attirare migliaia di turisti.

    Ogni giorno della manifestazione alle cinque e trenta del pomeriggio (e ripetuto un’ora dopo) viene tolta la corrente elettrica per dieci minuti. In questo lasso di tempo tutto il borgo rimane completamente al buio, illuminato solo dalla luce calda e tremolante di innumerevoli candeline predisposte lungo tutto il percorso. Per alcuni minuti, i visitatori si ritrovano a passeggiare per le suggestive stradine oscure, deliziati da uno spettacolo pirotecnico allestito sul campanile della Chiesa, il quale sembra incendiarsi.

    Alla fine di tutto ciò, una grande stella cometa sale in alto rilasciando decine di palloncini illuminati che si perdono fra le stelle, strappando applausi e Ooohhhhh!! di ammirazione.

    Luca, al ritorno del suo giretto con il cane, avrebbe dovuto iniziare a smontare le strutture preposte per la festa. Anche lui faceva parte dello staff della proloco del paese ed è solo grazie all’impegno di tutti gli associati alla proloco che tutti gli anni è possibile organizzare un evento di simile portata.

    Nello stesso momento in cui il giovane stava pensando che quel giorno non avrebbero di certo iniziato i lavori, Alberto, titolare del piccolo market del borgo, stava iniziando, insieme a sua moglie, a percorrere la salita che lo avrebbe portato al paese dove alle sei e quarantacinque puntualmente alzava le serrande.

    «Chi cavolo è quella?» disse Alberto dovendo quasi frenare di colpo per non investire una ragazza che stava attraversando la strada di corsa.

    «Ho visto una macchina ferma poco più giù e mi è sembrata vuota» rispose sua moglie Paola. «In effetti è molto strano a quest’ora.» Alberto proseguì molto lentamente per la salita, guardando dallo specchietto retrovisore, e notò che infatti che la ragazza salì sull’auto parcheggiata venti metri più a valle e partì a tutta velocità in direzione Fano.

    2. Carabinieri

    «Galeazzi, recinti questa zona!» esordì il capitano Ferretti rivolgendosi al collega e disegnando con la mano un perimetro non molto ampio attorno al cadavere.

    Dopo aver ispezionato attentamente il corpo esanime alla luce della sua torcia e alle intermittenti dell’ambulanza, l’uomo, magro e longilineo dal fisico atletico, con occhi e capelli scuri, si rivolse ancora al collega di grado inferiore ordinandogli di chiamare il medico legale.

    Luciano Ferretti, ufficiale dei Carabinieri, era stato trasferito a Pesaro e messo a capo del reparto mobile della sezione investigativa, dopo che il colonnello Riccardi era andato in pensione un paio di anni prima.

    Il medico dell’ambulanza, dopo aver constatato il decesso, chiese al comandante se avesse più bisogno del suo aiuto.

    «Ho chiamato il medico legale e penserà a tutto lui, grazie» rispose.

    Mentre Galeazzi stava sistemando il nastro rosso attorno al cadavere, Ferretti iniziò a chiedere al ragazzo, ancora abbastanza sconvolto, se avesse qualche particolare in più da raccontare.

    «Mi dispiace capitano, ma non ho visto altro. Stavo passeggiando con il cane che all’improvviso si è messo ad abbaiare in questa direzione, ho visto l’uomo e, dopo essermi accertato se avesse avuto bisogno di aiuto, mi sono reso conto che c’era poco da fare e ho chiamato tempestivamente il 118. Nel giro di dieci minuti è arrivata l’ambulanza e dopo poco anche lei.»

    «Conosce quest’uomo, signor Luca?»

    «Sì, è Osvaldo Lanfranchi.»

    «È di Candelara?» incalzò l’ufficiale.

    «Sì, vive in un piccolo monolocale nella parte alta del paese, vicino alla farmacia.»

    «Sa qualcosa di lui, le sue abitudini, cosa faceva, come viveva?»

    «Io personalmente non lo conosco bene e non ci ho mai parlato. So che tre anni fa è morta sua moglie ed è rimasto solo, non avendo altri parenti. Lo vedevo qualche volta qui sopra al bar e spesso era molto alticcio ma non so altro di lui. Magari chiedendo al bar qualcuno potrebbe avere informazioni più precise.»

    «Grazie, se vuole può andare, lasci il suo numero al collega e si tenga a disposizione nel caso volessi farle qualche altra domanda.»

    «Senz’altro, se ha bisogno di me può contattarmi quando vuole.» Così dicendo Luca strinse la mano al capitano Ferretti e si allontanò lentamente con il cagnolino.

    Nel frattempo Alberto, titolare del piccolo market del paesino, era giunto a destinazione e, vedendo tutto quel trambusto (ambulanza, luci lampeggianti, gente che arrivava giù per la via principale), si chiese cosa mai fosse successo. La moglie scese dalla macchina e, dopo aver dato un’occhiata alla piazzetta sottostante da dove venivano le luci, disse: «Ci sono l’ambulanza e i Carabinieri, deve essere successo qualcosa di grosso!». In quello stesso momento stava arrivando anche Giampaolo, il presidente della proloco e tuttofare nell’organizzazione della festa.

    Paola preoccupata gli chiese: «Cosa è successo?».

    «Non lo so, adesso vado a vedere!» e si avviò giù per la scalinata di fianco al Palazzo Comunale, scendendo nella piazzetta sottostante.

    All’arrivo del medico legale, il capitano Ferretti, si rivolse a lui dicendogli: «Ciao Marco, vorrei sapere la causa della morte, l’ora precisa e avere al più presto le informazioni nel mio ufficio».

    «Ok Lucio, faremo subito le foto, lo porteremo all’obitorio per l’autopsia e i prossimi giorni ti farò avere i risultati.»

    Il vero nome era Luciano, ma i due avendo collaborato insieme in innumerevoli occasioni, erano diventati molto amici spesso andando anche a cena insieme alle rispettive compagne e il medico sovente lo chiamava con il suo soprannome senza nemmeno rendersene conto.

    Arrivata anche un’altra pattuglia dei Carabinieri, il capitano impartì l’ordine di tenere lontana la gente, che nel frattempo si era radunata, per lasciar lavorare il medico e chiamò il brigadiere Galeazzi: «Venga con me, andiamo a perlustrare la zona di sopra!».

    «Ma, capo, serve a qualcosa? Quel vecchio, probabilmente ubriaco, si è sporto troppo da lassù...», indicando la balconata in alto, «... ed è caduto o

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