La sedia del custode
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Anteprima del libro
La sedia del custode - Bahaa Trabelsi
Colophon
Titolo originale
La chaise du concierge
© 2016 Éditions Le Fennec, Casablanca - Maroc
© Edizioni le Assassine, 2018
Tutti i diritti riservati
Traduzione dal francese di Tiziana Prina
Progetto grafico copertina e interni: studioquasar
ISBN della versione e-book 978-88-94979-09-1
www.edizionileassassine.it
info@edizionileassassine.it
Bahaa Trabelsi
La sedia
del custode
Traduzione di Tiziana Prina
Edizioni le Assassine
Milano
A mio figlio Mehdi,
con tutto il mio amore
"Anche Dio ha il suo inferno:
che è il suo amore per gli uomini"
Così parlò Zarathustra
Friedrich Nietzsche
Ci sono dei giorni così... Dove la luminosità del sole lascia posto al chiarore della luna che si attarda. Dove la collera si placa a favore della tristezza. Malinconia... Lucciole splendenti, folletti ribelli, geni dell’Oriente, fata Campanellino, mondi incantevoli, streghe, sentinelle di luce, vi imploro per non piangere.
Stati d’animo pagani, dei di perdizione, porto in me il lutto per i miti e le leggende.
La sensazione di essere invasa da una nebbia di grigiore.
È arrivato il momento di immergersi nelle parole, mi dice la mia musa. Tutto ti invita.
Verso un mondo lugubre?
E allora? Abbi fiducia nell’indicibile. Ne puoi essere molto sorpresa.
Lo so, è così che rinasce la gioia.
Mia cara figlia,
da quando sei partita, vago per la casa come un’anima in pena, e nello stesso tempo sono contenta che tu sia lontano da tutta questa buffonata. Là potrai realizzarti.
Là tu sei libera.
Come me alla tua età: sono già passati ventisette anni. Mi ricordo. Diciotto anni, ribelle, piena di speranze, l’universo a portata di mano, e quella sfrontatezza tipica della gioventù. Cambiare il mondo sembrava facile, bastava agire, militare. Oggi è tutto diverso. L’oscurantismo è ovunque, nei quartieri, nelle moschee, persino nel negozio all’angolo, nei taxi o sui posti di lavoro. Siamo invasi dal wahabismo. Forse abbiamo vissuto insieme l’ultimo periodo in cui una donna sola con un figlio aveva il suo posto in una società, sicuramente maschilista, ma tutto sommato aperta al progresso. Questa è stata un’estate calda: un film¹ messo sul banco degli accusati, il regista trattato come un pornografo, omosessuali in prigione, tra cui un ragazzo umiliato e picchiato per le vie di Fez, le ragazze di Inezgane aggredite per com’erano vestite, Jennifer Lopez e il suo sedere che disturba, le Femen, eccetera.
Eppure io continuo a sognare, incorreggibile idealista. Rivedo la tua faccia seria e determinata mentre mi dicevi: Mamma, quando tu sei partita per studiare, avevi dei sogni, io invece ho un progetto
.
Sì, io continuo a sognare.
Sogno un Marocco aperto, colorato, umanista. Un Marocco dove è bello vivere, lontano da principi rigidi e leggi liberticide. Un Marocco dove le donne sono rispettate, dove la parità ha il suo posto e la libertà di coscienza si sostituisce alle dittature del fondamentalismo islamico in forte crescita. Un Marocco dove non si insultano le intelligenze, dove un ministro non propone a un presunto omosessuale di cambiare sesso, o una ministra con il velo, per giustificare la poligamia, dichiara che è meglio essere la sposa numero due invece che un’amante. Un Marocco dove non si è né fondamentalisti islamici né islamofobi, dove si vive insieme. Un Marocco democratico, dove le minoranze non sono discriminate. Un Marocco di dignità, forte e rispettoso dei valori universali. Un Marocco ricco per le sue culture diverse e non necessariamente per una propria cultura
, dove si può cantare, ballare, dipingere, scrivere, praticare l’arte in tutte le sue forme, in libertà, dove la creatività prende il volo per dipingere un futuro luminoso. Sogno un Marocco per tutti senza perversioni, senza assurdità, senza disprezzo, senza inutili bla bla bla. Sogno un Marocco felice. E tu, tesoro mio, che cosa sogni?
Ciao mamma,
se dovessi descriverti in una parola, userei il termine dramma. Perché sei così complicata, e così… poetica? Assomigli a un’eroina di una tragedia greca. Le tue scelte sono state tortuose come te. Giornalista in un Paese dove non esiste libertà d’espressione. Madre nubile verso e contro tutto e tutti, in una società musulmana conservatrice. Hai passato la tua vita a batterti, andando controcorrente. Una vera passionaria. In guerra: la tua.
Mi chiedi che sogni ho? Non ho il tempo di sognare, io sono in piena azione. Tra gli esami da preparare, le uscite rare con gli amici, e i social… mi manca il tempo. Tu non ti rendi conto, ma si vive meglio laggiù da te. Si ha il tempo di respirare, anche in una città come Casablanca. Tu ti dichiari sempre così libera, ma io mi dico che non lo sei veramente, sempre alla ricerca di non so che cosa. E se tu vivessi un po’ invece di riflettere su come vivrai? Lo so, ti sei sacrificata per me, anche se hai passato il tempo a dirmi il contrario, torturandoti anche in questo modo. E soprattutto smettila di essere inquieta per me. Esageri.
Le mie notti hanno il vantaggio di essere bianche. Le passo a ironizzare sulla tristezza dei vostri giorni. Quando si scrive, il tempo si ferma e si vede tutto, tutto quello che è vano. Ridete con me delle illusioni, della speranza, di Nietzsche, della morte del suo Dio, dell’esistenza del mio e delle nostre peregrinazioni.
La giornalista
Oggi la redazione assomiglia a un pollaio. La notizia è piombata nel bel mezzo della riunione, al mattino. A Casablanca i crimini sono all’ordine del giorno. Questi fatti di cronaca sono la manna per le rubriche dei quotidiani e dei settimanali. Il caporedattore, come un gallo sul suo trespolo, strilla. Non si sente più niente, si gesticola, ci si sbraccia. Il delitto in questione eccita tutti.
La vittima non mi è sconosciuta. La incontravo regolarmente in occasione delle firme di autori nelle librerie o alle inaugurazioni di gallerie d’arte. Non ci siamo mai scambiati più di un cenno d’intesa, come fanno le persone che sono abituate a incrociarsi, un mondo simile ci rendeva uguali, quello dei francofoni interessati alla cultura. A Casablanca non siamo più molto numerosi. O meglio, da quando il nostro governo ha dichiarato di voler instaurare una cultura propria
, forse gli altri preferiscono rinchiudersi in casa e restare così tra loro. In breve, era un membro di quella piccola cerchia in via di estinzione di cui faccio parte.
L’ultima volta che l’ho visto, era alla conferenza di Tarik Ramadan all’Istituto Francese. Tarik Ramadan, davanti a cui vanno in visibilio tutti gli pseudointellettuali, per il fatto che è il solo a fare un discorso moderato che riconcilia l’Occidente con l’Islam. Avendolo ascoltato in versione originale, personalmente misuro la grandezza della sua ipocrisia e la disonestà con cui passa da un discorso in francese a uno diverso in lingua originale, in gloria alla sua schizofrenia.
E ciò che mette tutti in uno stato di eccitazione febbrile, è che il morto era gay.
Fino a oggi, non ci sono stati molti crimini nei confronti degli omosessuali, al massimo delle aggressioni. Non è che voglio banalizzare atti simili, ma non erano assassinii premeditati e calcolati. La violenza omofoba esiste su un altro registro. Gli spaccaculo
come li chiamano, seviziano regolarmente, in gruppo, pestano i giovani prostituti che adescano nei pressi del parco della Lega araba o scelgono le loro prede all’uscita di certi bar per circuirli.
Digitando sulla tastiera, finisco su un collettivo che cerca di attirare l’attenzione su questa violenza omofoba. Ha messo su Internet una serie, il cui primo episodio si intitola Kaynine
ovvero Noi esistiamo
: testimonianze che vengono regolarmente diffuse.
Mi ricordo di avere intervistato una volta uno di questi giovani spaccaculo. Andando in giro per un tratto del parco della Lega araba, l’ho avvicinato dopo averlo visto vomitare una sequela di ingiurie nei confronti di un omosessuale che si trovava là. Sessista oltre che omofobo, mi ha inizialmente trattato con sufficienza prima di parlare liberamente dell’argomento. Non smetteva di ripetermi khti², capisci khti: non si può accettare che uno così si rivolga a te chiamandoti sorella. "Tutti questi omosessuali che praticano la sodomia e si prendono per donne, hachak³. Sorella, capisci, tu che sei letterata, sai che l’omosessualità è contro natura, contro Dio, contro il profeta e il Corano. I pederasti sono sporchi, sono malati e hanno preso la cattiva strada. Loro non sono come te e me; il paradiso gli verrà rifiutato nel giorno del giudizio. Io li odio, sono una vergogna."
Il giovanotto schiumava per la rabbia, ce l’aveva con tutto il mondo. E il mio silenzio lo sconcertava. Guardava storto il mio registratore e non sapeva più che dire per rompere il mio mutismo; mi ha citato tutti i versetti del Corano che gli sembravano adatti a difendere il suo punto di vista.
7.81. Voi vi ostinate ad appagare i vostri desideri carnali sugli uomini invece che sulle donne! Non è l’opera di un popolo perverso?
Quando trovate due uomini che compiono il peccato di Loth, metteteli a morte, il passivo come l’attivo.
(Il Profeta Maometto)
… Questo hadith⁴, secondo lui, non lascia adito che al rigetto delle pratiche omosessuali.
La vittima era gay, e una cosa è certa: era incapace di fare del male a una mosca. Eravamo amici su Facebook. I suoi stati d’animo e i suoi post erano sempre improntati al buonsenso, singolari, intelligenti. Avevamo parecchi amici e gruppi in comune. Lui era Charlie
come me. Mi ricordo i suoi commenti pacifici, saggi, umani, in quei momenti carichi di odio ed esacerbati dagli estremisti di ogni genere.
Mi soffermo un momento sul suo profilo Facebook. La foto della sua pagina: un arcobaleno color pastello. Lui non nascondeva la propria omosessualità.
Che cosa è passato nella testa del suo assassino?
Il caporedattore mi si avvicina e mi indica con il dito. Il suo tono è grave e solenne: È un crimine mostruoso. Vuoi fare un’indagine su questo fattaccio ?
.
Lo conoscevo; glielo devo, almeno. Ma mostruoso fino a che punto?
Un’opera di macelleria…
Mentre mi avvio al commissariato, prendo il tempo per telefonare a Maria. È la mia vicina. Come me, è divorziata e madre. Abbiamo cresciuto da sole i nostri figli. Il padre di Dina mi ha lasciato molto tempo fa per un’altra donna, meno complicata di me, secondo lui. A dire il vero, non gliene voglio nemmeno. Eravamo incompatibili e d’altra parte è rimasto un buon padre e ha versato regolarmente e senza fare storie l’importo degli alimenti di tre mila dirham al mese, ovvero due volte la somma decisa dal giudice per il mantenimento di nostra figlia. Un week-end su due veniva a prenderla.
Certo, la vita non è sempre stata facile per Dina e per me, ma ce la siamo sempre cavata. Con il mio stipendio al giornale, sono riuscita a pagare la casa e a crescere decentemente mia figlia. Qualche volta ci siamo anche permesse dei viaggi, ma risparmi zero e futuro incerto.
Il traffico era intenso. Casablanca è presuntuosa. Si crede il centro del mondo, il simbolo della modernità e delle ambizioni, ma si perde nel proprio delirio. È cresciuta troppo in fretta: strade e stradine ovunque, nell’anarchia più totale. E quell’arroganza manifesta di "io sono