Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

I racconti di Terrexa: I Custodi delle Emozioni
I racconti di Terrexa: I Custodi delle Emozioni
I racconti di Terrexa: I Custodi delle Emozioni
E-book278 pagine4 ore

I racconti di Terrexa: I Custodi delle Emozioni

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

«Ogni volta Gannis si domandava il perché di quel materiale tanto scomodo che strisciava e crepitava sul corpo a ogni movimento, impedendo di compiere gesti fluidi. Ma come il giovane diciassettenne ben sapeva: dubitare era vietato.»

Anno 3636: quello che si trova di fronte Gannis ogni giorno al suo risveglio è un mondo in cui tutto risponde a rigidissime regole, impostazioni prefissate e attentamente delineate che scandiscono l’esistenza di ogni forma di vita. A dominare su tutto, la classe degli Zeta, una sorte di ordine supremo che nel suo vigilare continuo permette di mantenere lo status quo alla perfezione. Essere scelti per diventare Zeta è un onore ma anche un onere, che richiede il completo abbandono della vita per come la si era conosciuta fino a quel momento.
Gannis ha un amico, Steve, la persona che nella sua diversità completa la sua quotidianità. Sarà proprio la sua improvvisa scomparsa a innescare le vicende che rendono il romanzo un perfetto equilibrio tra fantascienza e modernità, in un accurato percorso umano di riflessione e crescita, dove nulla può essere sottovalutato o lasciato al caso.

Il romanzo intitolato “I racconti di Terrexa – I Custodi delle Emozioni” è pubblicato con uno
pseudonimo, senza altri riferimenti. Questo nome rappresenta un acronimo e vuole indicare, pur nel contesto di un contributo singolo predominante, la collaborazione di un intero nucleo familiare nella stesura del racconto. Sebbene la scrittura sia stata eseguita prevalentemente da un primo autore, anche gli altri componenti della sua famiglia hanno
contribuito in modo decisivo all’evoluzione del romanzo, nel contesto di un’attività piacevolmente comune. Senza aggiungere ulteriori specifiche e senza fornire il vero cognome della famiglia, la pubblicazione vuole avvenire quindi unicamente a nome Amet Benantof - ed essere dedicata a una piccola amica volata in cielo per tutti noi troppo presto.
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2022
ISBN9791220134859
I racconti di Terrexa: I Custodi delle Emozioni

Correlato a I racconti di Terrexa

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su I racconti di Terrexa

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    I racconti di Terrexa - Amet Benantof

    Copertina-LQ.jpg

    Amet Benantof

    I RACCONTI DI TERREXA.

    I Custodi delle Emozioni

    © 2022 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it

    ISBN 979-12-201-2996-1

    I edizione novembre 2022

    Finito di stampare nel mese di ottobre 2022

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    I RACCONTI DI TERREXA.

    I Custodi delle Emozioni

    CAPITOLO 1

    VENTINOVE MARZO, ANNO 3636

    Quel lunedì pomeriggio Gannis rientrò nel suo grull con aria particolarmente mesta. Con incedere lento e fare dimesso, si trascinava passo dopo passo, mentre la tuta di plericonzio strideva al ritmo della sua andatura incerta. Ogni volta Gannis si domandava il perché di quel materiale tanto scomodo che strisciava e crepitava sul corpo a ogni movimento, impedendo di compiere gesti fluidi. Ma come il giovane diciassettenne ben sapeva: dubitare era vietato.

    Il panorama appariva come sempre illuminato da flebili tonalità di grigio e di fumo, che delineavano i contorni della rete stradale che girava su se stessa, come una matassa. Erano serviti decenni per costruire quel gomitolo di cemento, supportato da travi di acciaio miscelato a uranio a creare un’impalcatura talmente fitta da impedire totalmente in alcuni punti la vista dell’orizzonte. In verità, in nessun luogo del pianeta esisteva la possibilità di allungare lo sguardo oltre un certo limite senza che esso venisse interrotto subitaneamente da qualche costruzione artificiale. Ogni cosa esistente nel vasto panorama sfumava nelle diverse tonalità di grigio, intervallato dai riflessi freddi della luce al neon emanata da luminarie e lampioni. Non esisteva nulla di non artificiale: piante, animali, terra, acqua, montagne, nuvole e astri non appartenevano più alla memoria delle persone. Allo stesso modo i rumori che riempivano l’aria erano simili a tonfi, stridio di macchine o rombi di motori, null’altro. E non esisteva il silenzio.

    Le reti stradali e gli edifici pubblici erano talmente numerosi e ingombranti da aver reso necessaria una totale riorganizzazione delle unità abitative. Si trattava di vere e proprie unità, organizzate lungo un cunicolo sotterraneo intricato e aggrovigliato tanto quanto quello dei viadotti esterni. A ogni gruppo familiare, in base alla numerosità, veniva fornito un grull: una stanza incavata negli strati di cemento sotterranei, illuminata al neon.

    L’organizzazione interna del grull era sorprendentemente efficiente. Ogni cosa era azionata da comandi meccanici vocali, perfino i letti, i libri e le razioni alimentari. I letti rimanevano durante il giorno stesi lungo le pareti di calcestruzzo e la sera si potevano azionare grazie alla presenza di forti braccia meccaniche, al comando letto, giù. Allo stesso modo, una volta alzati il mattino era possibile riorganizzare il letto lungo la parete ordinando: letto, su. Ogni persona possedeva un letto, che riconosceva unicamente la voce del proprietario.

    Non c’erano coperte, ma i materassi erano composti di una schiuma rivestita di plericonzio, lo stesso materiale degli abiti.

    Il plericonzio era un materiale di sintesi derivato dalla condensazione e lavorazione dei fumi industriali e aveva la caratteristica proprietà di raffreddarsi e riscaldarsi in modo automatico in base alle condizioni esterne, in modo da mantenere la temperatura delle persone sempre a un valore fisso e costante. L’immenso vantaggio di questo materiale, inoltre, era facilmente intuibile: permetteva di condensare e lavorare l’enorme quantità di fumi prodotti dagli impianti del tempo, permettendo quindi di controllare la composizione dell’aria. A questo proposito erano visibili per le strade pannelli olografici che apparivano a intervalli regolari di tempo nei vari crocicchi e gomitoli di vie, sui quali era ben leggibile la scritta: composizione dell’aria: ok.

    Anche i libri erano totalmente digitalizzati e ogni grull possedeva una libreria virtuale dalla quale si potevano selezionare i titoli. Gli argomenti disponibili erano archiviati all’interno di quattro categorie generali: robotica, informatica, edilizia e chimica degli alimenti. Esistevano in realtà altre due categorie specializzate, ma il loro accesso era riservato rigorosamente a due ordini di professioni: gli Z7 e gli Z8. I primi si dedicavano alla cura delle persone, mentre gli altri avevano il dovere di regolamentare l’applicazione pedissequa dello Xoto, ossia l’insieme delle sette regole ferree. Per entrare a far parte degli Zeta – così venivano chiamati genericamente gli appartenenti a queste categorie particolari – era necessario essere selezionati, non era possibile in alcun caso proporsi autonomamente. Nessuno sapeva quali fossero i criteri di selezione, ma si sapeva solamente che una chiamata poteva avvenire tassativamente entro i diciotto anni di età e che, una volta scelta, una persona si doveva trasferire nella città degli Zeta e interrompere qualsiasi contatto ludico con la popolazione, persino con la propria famiglia.

    La città degli Zeta era confinata in un enorme cubo grigio di antiplericonzio, che non permetteva a chi indossava le normali tute di poter accedere. Il cubo era talmente grande che non se ne vedevano i confini, per cui chi vi si trovava davanti aveva l’impressione di trovarsi dinanzi a una parete senza limiti né in alto né ai lati. L’aspetto di questa parete era fulgido, quasi riverberante, tanto che era fastidioso indugiare con lo sguardo verso l’oggetto.

    Gli Zeta, diversamente dagli altri, si vestivano con il plericonzio-Z, che permetteva loro di attraversare indenni e in qualsiasi punto la parete spessa che delimitava la loro città. Se altre persone tentavano di varcare quel confine, si scontravano con un materiale più forte del cemento e ogni tentativo risultava vano.

    Se chiamato a diventare uno Zeta, nessuno rifiutava un’opportunità così rara, ma partendo sapeva che non avrebbe potuto più tornare indietro. Gli Zeta non potevano inoltre crearsi una famiglia, ma investivano la loro intera esistenza nella dedizione al lavoro, e per questo era predisposto un rigoroso giuramento che avveniva una volta l’anno. Tutti erano a conoscenza di questa ricorrenza, ma nessuno sapeva quando si svolgesse, come fosse organizzata e quale fosse il testo del giuramento da recitare.

    I libri nelle librerie dei grull erano intitolati con codici di lettere e cifre. Per leggere un libro all’interno di un grull, la persona doveva solamente pronunciare un comando, ad esempio: Libro k65f, aperto. A questo ordine, appariva una proiezione olografica del testo davanti al casco della persona che l’aveva chiamato.

    Tutti indossavano un casco di plericonzio, al quale erano agganciati degli occhiali ultraleggeri che si potevano alzare e abbassare a seconda delle necessità di lettura. Questi occhiali erano apparentemente trasparenti, ma indossandoli permettevano di visualizzare l’immagine olografica del libro da leggere – oppure di un videogioco, azionabile direttamente da un comando manuale nascosto nei polsini della tuta, o di altre complesse funzionalità. In ogni caso, nessun altro nella stanza vedeva le immagini proiettate e quindi gli spazi risultavano ottimamente funzionali. Una volta terminata la lettura, nel caso della selezione di un libro, era sufficiente pronunciare «libro, chiuso», e questo rientrava nella sua posizione virtuale originaria. Il casco integrato alla tuta, quando non utilizzato, poteva essere lasciato cadere all’indietro come un semplice cappuccio, essendo il materiale malleabile e impossibile da spezzare o rompere, perfino impossibile da tagliare.

    L’alimentazione era meccanica e razionale come qualsiasi altro aspetto della vita del tempo. Ogni sei ore era disponibile un pasto, tre volte al giorno, strutturato in pillole di vari colori da deglutire con un sorso di smue. La smue era l’unico alimento commestibile in forma liquida, aveva un sapore denso e dolce e rinvigoriva gli animi. Le pillole al contrario non possedevano gusti o sapori particolari, ma una volta ingerite garantivano la giusta sazietà per poter procedere con gli affari della giornata. I loro colori si alternavano in modo apparentemente casuale ma nessuno si poneva il cruccio di pensarci, perché garantivano il giusto sostentamento. Inoltre, come imponeva il primo e più importante punto dello Xoto: è vietato dubitare.

    Le pillole erano adattate secondo i fabbisogni personalissimi del singolo individuo e tutto ciò era possibile grazie a una funzionalità analitica biologica delle tute di plericonzio, che inviavano dati a un centro di controllo ubicato nella città degli Zeta. Gli Z7 stabilivano quindi le necessità di ognuno, aiutati da complessi calcoli automatizzati da intelligenze virtuali all’avanguardia, e lasciavano indicazioni agli addetti alla composizione degli alimenti.

    Per potersi alimentare era necessario recarsi nel proprio grull e pronunciare: alimentazione, uno, alimentazione, due o alimentazione, tre a seconda del pasto da richiedere. La pianificazione delle combinazioni che si presentavano era strutturata dagli esperti in chimica degli alimenti, che avevano la mansione di creare in appositi laboratori le differenti pillole. Queste variavano spesso in colore e composizione, ma il loro effetto risultava sempre equivalentemente soddisfacente. La smue, al contrario, non variava mai.

    Ragazzi e ragazze crescevano vigorosi e mantenendo un’altezza standardizzata anno per anno, leggermente differente tra uomini e donne, sicché a ogni età corrispondeva un’altezza caratteristica uguale per tutti. La crescita terminava ai diciotto anni, dopodiché si eseguiva l’esame di predisposizione e si diveniva adulti.

    Esisteva una struttura organizzativa sociale finemente architettata, che permetteva a ognuno di vivere serenamente e senza crucci, garantendo il rispetto delle regole ferree e la soddisfazione di qualsiasi bisogno personale. Tutto ciò permetteva quindi alle persone di potersi dedicare con impegno e spensieratezza alla propria personale mansione.

    Dedicarsi alla chimica degli alimenti era una delle possibili mansioni di quel tempo, mentre le altre comprendevano la robotica, l’informatica e l’edilizia. Chi si occupava di robotica collaborava con gli informatici anche per la costruzione e il perfezionamento delle apparecchiature domestiche. In un grull non esisteva altro oltre ai letti, alla libreria – grande quanto un pollice – e alla piccola consolle da cui fuoriuscivano le combinazioni alimentari, quindi le sue dimensioni erano estremamente ridotte. Per riposarsi o conversare durante la giornata era sufficiente sedersi sul pavimento di porcellana attiva del grull, in quanto le tute di plericonzio garantivano in ogni momento il mantenimento di una temperatura corporea ideale.

    Le tute, formate da un pezzo unico che permetteva di vestire tutto il corpo compresi i piedi, erano fornite da negozi specializzati e avevano la durata di un mese, dopodiché andavano ricaricate legandole a particolari batterie che solo i negozi stessi possedevano. Esistevano macchinari simili a enormi alberi pieni di rami, mossi anch’essi da comandi vocali, che supportavano e ricaricavano migliaia di tute. I colori delle tute erano vari ma risultavano disponibili solamente tinte lucide e dalle venature metalliche, nella gamma delle sole colorazioni che esistevano allora su quella terra: grigio, nero, viola, blu e cadmio.

    Ogni persona aveva in dotazione due tute che alternava mese per mese, indossandone una mentre l’altra si ricaricava. Gli addetti alle tute erano esperti di robotica, anche perché questi indumenti possedevano varie funzionalità aggiuntive oltre a quelle di termoregolazione e di igienizzazione automatica.

    Anche i pavimenti di porcellana attiva si igienizzavano in modo automatico e scandito ogni sera, emanando una fresca e piacevole sensazione di pulito.

    I servizi igienici non si trovavano nei grull ma erano comuni, incastonati nelle reti di gallerie sotterranee lungo le quali si disponevano le unità abitative, garantendo la presenza di un bagno ogni cinque grull. La rete di fognature scendeva fino a una profondità indefinibile ai più, con sistemi di curve e di pompe strutturati dagli esperti di edilizia.

    Questi ultimi si occupavano però prevalentemente della perforazione. Lungo il panorama era impossibile non imbattersi almeno in una trivella, un enorme macchinario di metallo che muovendosi creava un frastuono rimbombante e caratteristico. Si trattava di arnesi ereditati da popolazioni antiche, per cui non si conosceva più il modo in cui erano utilizzate originariamente. Ora, modificate con molte aggiunte, venivano usate per cercare ed estrarre dalle viscere del pianeta gli ultimi piccoli giacimenti sotterranei di un materiale grigiastro e formato da una polvere di minuscoli granelli, simile a ciò che in una precedente epoca era chiamato sabbia. Si trattava di un materiale di estremo valore, il più prezioso del tempo dopo la smue, senza la quale non era possibile vivere, e necessario per creare il cemento.

    Gannis fin da piccolo era attratto da questi colossi quasi mostruosi e avrebbe voluto ottenere una mansione nell’edilizia. Sapeva che a diciassette anni mancava poco tempo alla scelta della sua predisposizione e il suo pensiero tendeva a focalizzarsi sempre più spesso su questa importante decisione.

    Quando i ragazzi e le ragazze raggiungevano la maggiore età, a diciotto anni, venivano invitati in grandi gruppi per svolgere un esame di predisposizione, che li metteva alla prova nei quattro ambiti della conoscenza disponibile al tempo: robotica, informatica, edilizia e chimica degli alimenti. Non potevano scegliere i test da affrontare né prepararsi in modo più vantaggioso per una delle materie, poiché i compiti da svolgere erano complessi, spesso contemplavano problemi pratici ed elaborati e venivano architettati da cervelli informatici sapientemente programmati dagli esperti della materia. Al termine della prova, una stessa intelligenza artificiale decretava il risultato e assegnava ogni candidato a una mansione definita. Non vi erano particolari differenze di incarichi o numeri tra ragazzi e ragazze, ma gli interessi e le mansioni si distribuivano equivalentemente tra essi.

    Gannis quel lunedì pomeriggio stava rientrando nel suo grull con aria particolarmente mesta. Era un ragazzo alto e atletico, dai capelli lisci ma spesso scompigliati, sui quali aveva l’abitudine di passare la mano con tenue nervosismo nei momenti di preoccupazione. Gli occhi corvini trasmettevano una sensazione di apparente sicurezza, ma dietro di essi si celava un animo fragile quanto a tratti incupito.

    Indossava una tuta blu abbastanza spessa, che a ogni movimento scricchiolava inevitabilmente non permettendo mai una sensazione di quiete completa. Nel grull, inoltre, risuonavano in continuazione i rumori decisi del mondo sovrastante le gallerie sotterranee.

    Gannis si sedette sul pavimento pulito di porcellana attiva respirando lentamente. Era solo in casa, i genitori lavoravano ancora e la sorella era certamente a passeggio con l’amica Shila. Per distrarsi estrasse dai polsini della tuta di plericonzio dei minuscoli comandi e indossò gli occhiali e delle cuffiette. Visualizzò immediatamente la lista dei videogiochi integrati a disposizione per la sua fascia di età: la minaccia dei robot, motori ruggenti, costruttori di città. Selezionò il secondo e si soffermò senza pensieri a giocare per qualche intera ora, mentre il rumore frastornante del gioco annullava ogni altra percezione, fino a quando l’apertura improvvisa del portone di ingresso del grull attirò la sua attenzione. Era la sorella Nonyta, rientrata per ora di cena.

    CAPITOLO 2

    IL GRUPPO DEI DICIOTTO

    Il giorno successivo Gannis si svegliò all’ora impostata per recarsi a scuola. Gli orari di veglia e di sonno erano accuratamente preordinati per tutti, permettendo una precisione organizzativa priva di sbavature. Il letto personale semplicemente iniziava a vibrare con intensità crescente, svegliando con dolcezza la persona, che si poteva alzare con calma già pronta nella sua tuta e accedere alla consolle alimentare per ricevere il primo pasto della giornata.

    Gannis si strofinò gli occhi, sbadigliò senza entusiasmo e si raddrizzò con la sua figura slanciata, illuminato dalla luce fioca delle lampade notturne.

    I grull non possedevano finestre o sbocchi verso l’esterno, quindi al loro interno erano presenti sistemi di illuminazione disposti in file di lampadine snodabili apparentemente senza fine, che attraverso piccoli fori nelle pareti passavano da una stanza all’altra. In base agli orari della giornata le luci al neon cambiavano d’intensità, garantendo una luminosità diurna nelle ore centrali della giornata e fornendo un debole fascio luminoso nelle ore notturne, senza mai permettere tuttavia una completa oscurità. All’alba e al crepuscolo – così chiamati per abitudine ed eredità linguistica dalle generazioni precedenti più che per un reale significato o comprensione dei termini stessi a quell’epoca, dato che il sole non era più visibile, né la sua alternanza alla luna, né il ciclo delle stagioni – la luminosità nei grull seguiva un crescendo o un diminuendo graduali.

    La comodità dell’assenza dei ritmi naturali a scandire le giornate era tale da permettere un livello di efficienza prima di allora impensabile: le industrie e tutti gli impianti potevano lavorare senza tregua per tutte le ore del giorno e della notte (così come appunto si chiamavano un tempo le parti della giornata) semplicemente scandendo i ritmi di sonno e di veglia in modo frastagliato tra gruppi omogenei di persone. Per praticità, poiché questa priorità fattiva dominava gran parte delle scelte strategiche del sistema organizzativo e sociale di quell’epoca, tutto era omologato all’interno di una competenza geografica di due strade, compreso il tempo e l’orario del giorno e della notte, che quindi differiva rispetto alle diverse coppie di vie. Non a caso, secondo lo Xoto non era possibile allontanarsi per motivi estranei a quelli scolastici o lavorativi di una distanza maggiore di due strade dal proprio grull: il fatto tuttavia non destava stupore né creava disagio negli abitanti del pianeta, in quanto la tecnologia era talmente avanzata da permettere una vicinanza virtuale che sopperiva perfettamente alla lontananza reale, con tutte le comodità del caso.

    Chiunque poteva conoscere qualsiasi altra persona in qualsiasi parte del mondo di allora, fatta eccezione per gli Zeta, i cui rapporti sociali risultavano fortemente limitati. Grazie al casco integrato nella tuta di plericonzio e soprattutto alle funzionalità degli occhiali ultraleggeri 5D, era possibile effettuare una chiamata a distanza che permetteva alla persona di visualizzare un perfetto ologramma dell’interlocutore esattamente di fronte a sé, dando al cervello l’illusione soddisfacente di essere realmente insieme. Allo stesso modo era addirittura possibile organizzare riunioni di gruppi più o meno vasti di persone, utilizzando una «chiamata di raccolta». La chiamata di raccolta permetteva ai lavoratori di svolgere periodiche riunioni legate al contesto professionale, così come a chi volesse di riunirsi per attività ludiche e piacevoli nel tempo libero.

    La tecnologia 5D costituiva un’evoluzione raffinata della vecchissima visuale tridimensionale con la quale tanto tempo prima si visualizzavano i film al cinema. Oltre alla tridimensionalità, le funzionalità avanzate a disposizione di tutti, fin da bambini, permettevano un contatto multisensoriale comprendente l’odorato e il tatto. Anche se un odore e un oggetto non si potevano fisicamente trasferire da una parte all’altra, la percezione era di una raffinatezza tale da fornire la piena illusione di annusare o toccare ciò che veniva offerto dall’altra parte.

    Ogni attività tecnologica e comunicativa era tracciata, così come ogni spostamento fisico, in modo da conoscere con esattezza la posizione e la corrente occupazione di tutti in ogni momento. Questi dati erano gestiti sapientemente dagli Z8 per scopi benefici nei confronti dei cittadini, in modo da perfezionare costantemente i minuziosi dettagli del costrutto sociale del tempo. Il sistema nel suo insieme si reggeva su un ottimo ingranaggio, sapientemente oliato dall’applicazione sistematica dello Xoto: il tutto garantiva equità e giustizia, in quanto ognuno poteva possedere quanto gli serviva, ottenere gratificazione professionale venendo indirizzato a un lavoro serio e adeguato alle proprie predisposizioni, ricevere un’istruzione completa e strutturata, essere tutelato da un’assistenza sanitaria all’avanguardia grazie alla presenza e preparazione degli Z7. Non potevano esistere disuguaglianze, stratificazioni sociali ingiuste, povertà, mancanza di accesso al cibo o ai servizi sanitari di base. Nessuno a dire il vero aveva memoria di questi fatti o poteva immaginare che fossero esistiti in altre epoche non troppo lontane o che avrebbero potuto reinnescarsi. Semplicemente la memoria della popolazione di Terrexa – così aveva mutato nome il pianeta Terra – restava modulata per non inoltrarsi nel profondo passato, soddisfatta delle certezze nozionistiche ricevute nel corso della vita, così ordinatamente strutturata da non poter generare insoddisfazioni. La memoria, a dire il vero, assieme a tutte le sue ristrutturazioni, risultava ampiamente implicata nel sistema avanzato di Terrexa, come Gannis avrebbe potuto appurare di persona.

    Anche il sistema scolastico aveva raggiunto un livello di efficienza lodevole e invidiabile. L’inserimento a scuola avveniva all’età di cinque anni, momento questo fino al quale, a partire dalla nascita, i bambini vivevano in una valle dedicata all’interno della città degli Zeta, per poi essere felicemente affidati alle cure della propria famiglia. Purtroppo, chissà come, nessuno conservava neppure la memoria dei primi anni di vita, ma era certo e risaputo che i bambini rientravano felici ed educati.

    La scuola non aveva suddivisioni in cicli, bensì procedeva fluidamente anno per anno raggruppando tutti i ragazzi della stessa annata. Proprio in questo modo Gannis aveva conosciuto Steve, il suo più caro amico.

    Il percorso di formazione procedeva dai cinque ai diciotto anni, quando era affrontato da tutti i giovani e le giovani l’esame di predisposizione – a eccezione di chi, entro il giorno precedente l’esame, ma anche con un anticipo molto più ampio in rari casi, era selezionato per entrare a far parte degli Zeta. Ciò avveniva secondo criteri misteriosi e sconosciuti a chiunque, ma della cui correttezza e veridicità, nel rispetto dello Xoto e ancor più in generale del benessere e della pace che complessivamente regnavano da quando esisteva memoria, nessuno dubitava.

    Le classi dei giovani studenti erano nominate secondo l’età di conclusione dell’anno: e così esisteva la "classe dei

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1