De pauperitate note
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È la mentalità che caratterizza la condizione di indigenza. Solitamente il povero resta tale per abitudine all’asservimento, per incapacità di gestire situazioni che potrebbero modificare in parte o del tutto la sua condizione. Nell’indigenza si tende a rimanere inermi, quasi timorosi di fronte ai cambiamenti; i poveri necessitano di limitazioni, di regole che impongano loro uno stato di prigionia. Il ricco, al contrario, trasforma le occasioni in opportunità, genera denaro, lo produce; il capitale gli circola attorno e finanzia altre situazioni. Sono due condizioni mentali ben differenti che dall’antichità sino a oggi non hanno registrato variazioni. La regola del “Dividi et impera” è sempre attuale, presente in ogni strato sociale. L’espediente di utilizzare forme totalitarie di governo per guidare un popolo e dividerlo in parti che possano entrare in conflitto l’un con l’altra è una realtà che nasce con l’uomo, con l’essere umano.
De pauperitate note, di Francesco M. Della Ciana, è un breve testo argomentativo di grande finezza stilistica, che si impone per l’acutezza delle osservazioni e per la sottile ironia con la quale in nostro Autore tende a sottolineare evidenze peculiari.
Francesco M. Della Ciana è nato nel 1961. Laureato in Lettere all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Master in Gestione Biblioteche Multimediali all’Università degli Studi della Tuscia, è docente e giornalista, si interessa di questioni politiche, artistiche e culturali. Ha ricoperto la carica di presidente dell’Istituto Storico Artistico Orvietano nel 1995 per poi divenire, dal 1998, vice presidente e direttore responsabile per l’editoria. Le pubblicazioni scientifiche curate dalla redazione raggiungono biblioteche, università, centri di ricerca e archivi di tutto il mondo.
Dal 2007, è stato di nuovo presidente dell’Isao; nel 2009 è divenuto consigliere di Amministrazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto. È fondatore e segretario della Sezione orvietana del Movimento Federalista Europeo. È stato consigliere della Croce Rossa Italiana della città, membro del Comitato Stampa e Propaganda per le celebrazioni del Duomo di Orvieto 1290-1990, console del Touring Club Italiano. Agli impegni formativi e giornalistici, unisce l’interesse per la produzione letteraria. Ha pubblicato il romanzo La rupe incantata, ottenendo il Premio Letterario Internazionale “Cilento”.
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Anteprima del libro
De pauperitate note - Francesco M. Della Ciana
Francesco M. Della Ciana
De pauperitate note
© 2023 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-8142-2
I edizione agosto 2023
Finito di stampare nel mese di agosto 2023
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
De pauperitate note
Nuove Voci
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
I poveracci avevano bisogno di regole.
Gioivano della regola che li rendeva schiavi, perché non potevano esser liberi, vivere da liberi.
La regola doveva essere imposta, così imponeva lo stato di minorità.
I poveracci si uniformavano alla regola, senza la quale non avrebbero saputo gestire la loro esistenza e proprio perché si uniformavano avevano un’uniforme che recava una grossa p sulla schiena, che non indicava lo stato di prigionia, l’esser prigioniero, anche se i poveracci erano di per sé dei prigionieri, prigionieri della propria inettitudine, della propria ignoranza, imbelli e sottomessi, ma la connotazione esistenziale ideologica, la pauperitas actionis, l’incapacità di imporsi con determinazione personale in ogni circostanza.
Il poveraccio era contento, gioiva e si beava della regola e, oltre