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Astralis - Il Popolo Della Guerra
Astralis - Il Popolo Della Guerra
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E-book307 pagine3 ore

Astralis - Il Popolo Della Guerra

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Info su questo ebook

Nell’epoca della prima espansione intergalattica, le specie umane non possono tollerare punti oscuri nella loro storia.
L’Impero Astralis si imbatterà in un mistero che ne minerà le stesse basi.
Dovrà difendersi da un potente nemico emerso dalle profondità di Andromeda che ha come obiettivo il completo annientamento dell’umanità.
La più grande epopea umana si infrange, la potenza imperiale è in ginocchio.
Il destino della razza umana è nelle mani di un manipolo di uomini, in una missione atta a svelare segreti di cui si è persa ogni conoscenza.
Ma qual è l’identità del nemico? Perché cerca di cancellare ogni traccia dell’umanità dallo spazio conosciuto?
Ce la faranno tredici uomini a ribaltare le sorti della guerra?
Salite a bordo della Ω-Imperium. L’astronave più avanzata della flotta imperiale è in partenza!

Sono passati due millenni dalla scoperta di Vanobi (il primo esopianeta abitato da una civiltà di sapiens extraterrestri) e duecento anni dalla scoperta di Estyr (il secondo).

Milioni di sonde superluminali hanno esplorato Galaxia Nostrum (nuovo nome della Via Lattea) nella vana ricerca di altre civiltà umane.
Le recenti scoperte della città perduta di Aknuchia e della Via dei Sapiens hanno gettato più ombre sulle origini dell’umanità.

L’intera Galaxia Nostrum è sotto il protettorato della più grande civiltà umana della storia conosciuta: l’Impero Astralis, unica potenza a possedere la tecnologia per i viaggi intergalattici.
Quando l’umanità è pronta alla grande espansione nella galassia di Andromeda, la comparsa degli alsier sconvolgerà i piani espansionistici imperiali.
Qual è la vera identità degli alsier? Perché sono così determinati a cancellare ogni traccia dell’umanità dall’universo?
Il Gran Consiglio Imperiale è convinto che l’attacco di quel nuovo e potente nemico sia legato al mistero delle civiltà pre-astralis.
La missione nectunt ha il compito di indagare sugli ancestrali, l’antico popolo sapiens spargitore del seme della razza umana.
Ce la faranno tredici uomini ad acquisire la conoscenza per ribaltare le sorti della guerra?
La Ω-Imperium, l’astronave più avanzata della flotta imperiale, è in partenza.
LinguaItaliano
EditoreTektime
Data di uscita2 lug 2023
ISBN9788835448921
Astralis - Il Popolo Della Guerra

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    Anteprima del libro

    Astralis - Il Popolo Della Guerra - A.J. Mitar

    Introduzione

    Sono passati due millenni dalla scoperta di Vanobi (il primo esopianeta abitato da una civiltà di sapiens extraterrestri) e duecento anni dalla scoperta di Estyr (il secondo).

    Milioni di sonde superluminali hanno esplorato Galaxia Nostrum (nuovo nome della Via Lattea) nella vana ricerca di altre civiltà umane.

    Le recenti scoperte della città perduta di Aknuchia e della Via dei Sapiens hanno gettato più ombre sulle origini dell’umanità.

    L’intera Galaxia Nostrum è sotto il protettorato della più grande civiltà umana della storia conosciuta: l’Impero Astralis, unica potenza a possedere la tecnologia per i viaggi intergalattici.

    Quando l’umanità è pronta alla grande espansione nella galassia di Andromeda, la comparsa degli alsier sconvolgerà i piani espansionistici imperiali.

    Qual è la vera identità degli alsier? Perché sono così determinati a cancellare ogni traccia dell’umanità dall’universo?

    Il Gran Consiglio Imperiale è convinto che l’attacco di quel nuovo e potente nemico sia legato al mistero delle civiltà pre-astralis.

    La missione nectunt ha il compito di indagare sugli ancestrali, l’antico popolo sapiens spargitore del seme della razza umana.

    Ce la faranno tredici uomini ad acquisire la conoscenza per ribaltare le sorti della guerra?

    La Ω-Imperium, l’astronave più avanzata della flotta imperiale, è in partenza.

    Solo con l’amore gli esseri

    umani potranno esprimere

    tutto il loro potenziale.

    _________________

    A.J. MITAR

    Questo romanzo è dedicato a tutte le persone speciali che hanno accompagnato la mia Vita ed hanno fatto sì che questa fosse vissuta nella sua pienezza, in particolare alla mia famiglia e a tutti i miei amici…

    Grazie.

    Parte I

    Parte I

    Capitolo 1 – L’antico mistero

    Sotto i raggi di un sole crepuscolare, piccole mani affusolate si schiantarono sul petto del colonnello.

    L’uomo cadde all’indietro sopra un manto erboso piacevole per adagiarvisi; si udì il fruscio di ali, e, in lontananza, delle ombre si sollevarono con sforzo. Su quel pianeta selvaggio gli ornitomorfi¹ erano la specie dominante.

    Da sdraiato, il colonnello si inebriò alla vista di alcune grazie femminili che smossero la sua virilità all’istante.

    Ma sussultò dal dolore. No! Basta! Implorò, Ti prego, togli il piede da lì, come farò a soddisfarti se lo danneggi.

    Sono io che decido il destino del tuo piccolino! Lei aveva un’espressione spietata, o eccitata. Ora dev’essere moscio!

    Ma io…

    Sono la tua padrona, ammoscialo o lo prendo a calci!

    Sferrò un calcetto di preavviso.

    No, ferma! Ferma, ho capito!

    L’evoluzione aveva regalato agli astralis il controllo del loro pene e il colonnello potette ottemperare.

    Ma la despota era lunatica. Ora lo voglio duro, biforcuto e nero. Adesso!

    Ogni tuo desiderio è un ordine.

    Mi piace quando ubbidisci senza obiettare.

    Si sciolse i lunghi capelli neri, si appollaiò su di lui. Dai Bugor, non restare impalato.

    Il colonnello respirò con voluttà la pelle di lei, così magnetica e desiderabile.

    Con brutalità le pizzicò i capezzoli.

    Sì! Sì! Urlò come un’indemoniata. Bravo Bugor… continua così.

    Concedeva a pochi di chiamarlo col soprannome di battaglia: Bugor (lo squalo).

    Un nomignolo che gli avevano appioppato con irriverenza a causa della grossa cresta di dissipazione sulla nuca; era fatta di tessuto nanotek e retrattile; per il colonnello non aveva nulla a che fare con una pinna di squalo.

    Qualcosa nelle vicinanze emise grida acute e volò via in un guizzo di colori.

    Bugor chiuse gli occhi e ansimò quando la donna trovò quello che cercava e ne saggiò il doppio turgore.

    Sei mia! Le disse. Senza possibilità di scampo.

    I filamenti nucali del colonnello si animarono per incarnarsi nei plessi nervosi di lei, lungo tutta la colonna vertebrale.

    La donna si inarcò, dopo un gridolino di piacere o di dolore. Uno spasmo muscolare si propagò dalla cuspide del ventre fino alle falangi dei piedi.

    Quando sopraggiunse la bio-syncro, condivisero lo stesso respiro frenetico, gli stessi fremiti.

    Ma Hugin IAS² ruppe l’idillio con un crescendo del Nocturne di Chopin.

    Ripristinò l’illuminazione. "Missione nectunt. AA 345 30.04 07:00:00 SIC³, Procedura di risveglio. Fine del processo di stasi onirica tra dieci secondi - nove - otto -... -zero."

    La voce di Hugin non era mai stata così fastidiosa. Avvio della modalità di veglia standard per il colonnello Alexander Aleinikov.

    Nugoli di nanotek-distruttori dissolsero la membrana idratante sul volto del colonnello. Attraverso le palpebre tremolanti, la luce verde gli penetrò nella testa come una bi-lama elettrizzata.

    L’EOS⁴ del colonnello eseguì un’autodiagnostica dei parametri vitali, evidenziando alcuni cali sensoriali trascurabili.

    L’uomo ruotò la testa con un’ampiezza limitata dall’articolazione intorpidita. Merda!

    Si trovava sul ponte numero due della sala comandi. Perché proprio ora? C’ero quasi. Avrebbe goduto volentieri delle formosità della sua amante virtuale, nel CVI (costrutto virtuale indotto).

    Gli altri spacemarine fluttuavano a mezz’aria, a trenta centimetri dal pavimento, ognuno nella rispettiva postazione anti-inerziale; nonostante le membrane idratanti ingiallite, si potevano riconoscere i tratti somatici.

    Il colonnello alzò lo sguardo verso il ponte numero tre; attraverso il soffitto traslucido riconobbe il dott. Liukai Ugolini e fu infastidito di trovarsi a un livello più basso di cinque metri.

    Avrebbe risvegliato tutti i suoi spacemarine, ma il protocollo prevedeva il risveglio di soli due ufficiali, poco prima del rientro nello spazio einsteiniano⁵.

    Ben ritrovato colonnello Aleinikov! Disse Hugin.

    Grazie. Sarai anche una delle intelligenze artificiali più in gamba dell’Impero, ma in fatto di risvegli non mi sembri sveglio. Ed esplose una risata sonora che smosse lo spacemarine nella postazione anti-inerziale più vicina, verso la prua della nave.

    Era il tenente Loganach, che sembrava in preda a spasmi muscolari.

    Scusami! Ti ho svegliato? Disse il colonnello sotto un ghigno.

    [Tanto eri il prossimo della lista, ti toccava.] Inviò la battuta in telepat, ma esplose una risata in vocale.

    Poi, si pars-concentrò su due sensorial condivisi da Hugin: un rapporto delle condizioni fisiche dell’equipaggio, e un aggiornamento del diario di bordo.

    Prima del sopraggiungere dei nano-distruttori, Loganach aveva ridotto a brandelli la membrana idratante con le unghie. Occupava la postazione di fusione, più complessa delle altre. Per essere pilota della Marina Imperiale doveva essere un astralis con particolari capacità di sync.

    I suoi occhi si rilassarono dopo la stabilizzazione dell’EOS.

    Volle sciogliere la lingua. Buona vita colonnello Aleinikov.

    Buona vita tenente, il caffè non glielo porto, ma in compenso la esorto ad avviare protocollo. Immediatamente!

    Loganach annuì e il colonnello provò un sadico piacere ad essere insopportabile.

    Il fascio antigravitazionale posò il tenente e poi si dissolse.

    L’uomo si distese sopra una massa di nanotek che sembrava viva. Avvio modalità di fusione! Disse, mentre quella sostanza, prima fu assorbita dal suo corpo, poi rigettata da ogni poro della pelle. Gli arti si liquefecero e defluirono.

    [Fusione completata con successo.] Comunicò Loganach.

    Miliardi di cellule e nanobiot del tenente si erano riversate nei condotti di fusione della Ω-Imperium.

    I piloti come Loganach raggiungevano la consapevolezza di ogni singolo modulo nanotek di cui erano composte le loro navi. Ma la sensoristica avanzata era inutile, le leggi della fisica dei sensori non valevano nel subspazio.

    Amo il subspazio, ma lo odio. Disse il tenente; doveva avere la sensazione di trovarsi in una gabbia-prigione, oscurata verso l’esterno.

    Sul grande schermo olografico si animarono diagrammi di flusso subspaziali, schemi di rotte di probabilità e distribuzioni dei punti di rientro.

    Nella mente del colonnello Aleinikov, decine di immagini prospettiche della Ω-Imperium occuparono un intero canale di pensiero. Che magnificenza, che grazia. Pensò.

    Sentì un brivido risalire dalle viscere. La nave gli ricordava una manta marina, ma che nuotava tra i flutti dello spazio-tempo.

    Avrebbe retto all’impatto di una battaglia con quel nemico invincibile?

    Schioccò le labbra e disse:

    Scusami tesoro se ti ho trascurata tutti questi mesi per quella puttana virtuale.

    La Ω-Imperium scivolava tra le stringhe super-caotiche del subspazio.

    Il tenente Loganach seguiva la rotta di probabilità grazie alla potenza di calcolo di Hugin. Era compito dell’IAS intersecare le curve di rientro.

    Ogni dettaglio era già stato pianificato su Enceladus-1, ma da lungimirante astrofisico, il colonnello Aleinikov conosceva i pericoli della transizione dimensionale. Tenente! Resoconto.

    [Coordinate di rientro, in elaborazione.] Comunicò Loganach.

    Il colonnello Aleinikov fu rincuorato dall’etimologia della parola Hugin, pensiero, in un’antica lingua terrestre.

    [Forza Hugin, mostraci quello che sai fare.]

    [Si fidi di me,] rispose l’IAS, ma colorò le paratie di un tenue arancione di pericolo.

    Dopo che mi hai troncato un doppio orgasmo sincronico? Come potrei fidarmi di te? Trattenne uno sbuffo perché doveva rimanere total-concentrato. Dopo la transizione, la Ω-Imperium sarebbe stata come un macigno lanciato in uno specchio d’acqua. Lo preoccupavano i ripples gravitazionali, localizzabili a centinaia di anni-luce di distanza.

    Per prudenza, il punto di rientro nello spazio einsteiniano doveva essere scelto in zone di deserto interstellare, lontano dal primo obiettivo, il settore ginsiano, e dalle rotte battute dai coloni di Xentinel e di Andronis-1.

    [Graviter pronto all’impulso gravitazionale.]

    [Transizione. Ora!]

    Una leggera vibrazione precedette la quiete.

    Aleinikov percepì istantaneamente i raggi cosmici, le radiazioni delle stelle fioche.

    Ebbe la rassicurante sensazione che la Ω-Imperium era dove doveva essere: in uno spazio a bassa densità stellare, tra i bracci più esterni della grande spirale di Andromeda.

    Ci troviamo nel deserto di Merangolo, a quindicimila anni-luce dal sistema Salis, disse il tenente. Secondo il codice della navigazione non tutto doveva essere comunicato via sensorial, o in telepat e il vocale era una reminiscenza del passato da preservare.

    La Ω-Imperium si adattò allo spazio einsteiniano, riacquistando una forma più compatta e monolitica.

    All’interno della nave, le paratie di nanotek scorsero l’una nell’altra, o scomparvero fondendosi con diverse strutture; in corrispondenza della sala comandi si assottigliarono fino a diventare traslucide. Ricomparvero i grandi oblò di osservazione.

    La nave proseguì la sua corsa per inerzia. Poi, rallentò con moto uniformemente decelerato.

    Predisporre i sensori a lungo raggio, disse il colonnello Aleinikov. EMCON5.

    Era necessario appurare che il settore ginsiano fosse sgombero da pericoli.

    Il tenente Loganach condivise la sensazione di spazio distante che si tradusse in una brezza delicata sulla pelle di Aleinikov.

    Non rilevo segnali riconducibili a fenomeni artificiali, disse il tenente.

    Il colonnello Aleinikov mostrò un sorriso imperlato. Non c’è male per dei novellini di questa galassia.

    Si voltò verso i corpi in bio-stasi. È ora di svegliarsi! Hugin sii crudele come lo sei stato con me!

    Hugin era un’intelligenza pragmatica e aveva già avviato le operazioni di terminazione della stasi onirica. Ma non riusciva a stare al passo con l’ironia del colonnello.

    Colonnello per comprendere meglio le sue battute dovrebbe permettermi di alzare i livelli di empatia.

    Dopo forse!

    Tutti i corpi si mossero.

    Il sergente Cyrus Kadyvar aveva già dilaniato la membrana idratante, i giovani erano i più sensibili agli stimoli del risveglio. Esibì un pene turgido irrorato da vene che si arrampicavano sull’addome come una ragnatela.

    Il colonnello percepì un forte odore di stimolanti sessuali. [Vedo che ci hai dato dentro sergente!]

    Caricare CVI erotici durante la bio-stasi era il passatempo preferito di tutti gli spacemarine.

    Hugin rilasciò gli attuatori bio-meccanici e abbassò l’anti-gravitazione. Il sergente si liberò velocemente dalla nanotecnologia invasiva e balzò a terra sulle gambe.

    Appena sveglia, il caporale Igner sembrava un segugio a caccia. Sputò residui organici e disse:

    Wow Cyrus, ma che intenzioni hai? Sai, dopo nove mesi di bio-stasi ho un certo languorino! Disse, strusciandosi sull’addome del sergente come una gatta in calore.

    La spacemarine era un tipo dalla lingua sciolta e sensibile al testosterone di Kadyvar.

    Ad Aleinikov non era sfuggito che i due, già su Enceladus-1, erano diventati amanti abituali.

    Kadyvar emise uno scoppio di risata. Stellina rovente. Prima risvegliamo gli altri e poi ti sistemo. Disse, mentre l’uniforme, che si cristallizzò sull’80% del suo corpo, silenziò il suono di un battito accelerato come quello di un colibrì.

    Il sergente Kadyvar aveva un brutto carattere, ma un senso del dovere ineccepibile. Il colonnello in persona lo aveva voluto a bordo.

    Dai bell’addormentata, vuoi un bacino? Sbraitò Kadyvar, verso il caporale Gunnar Silvestren, alitandogli vicino al naso il frutto di nove mesi di fermentazione batterica.

    Il caporale Silvestren si mosse lentamente, lacerò la membrana e tirò fuori la testa. Era nello stato di disorientamento post-risveglio con un’espressione che sembrava dire:

    Fanculo a Chopin e al suo pianoforte. Fanculo al sergente. Fanculo a tutti voi che mi siete intorno.

    Il caporale Silvestren era una macchina da guerra invincibile, ma anche un soldato difficile. A gestirlo avrebbe aiutato il caporale Igner che ci sapeva fare con gli uomini. Lo aveva già dimostrato su Enceladus-1 dove aveva gestito quasi tutti gli uomini della stazione spaziale.

    Molleggiarono in piedi.

    Ehi Gun, non ti vedo molto in forma. Disse Igner.

    [Aspetta a dirlo, ti farò toccare con mano.] Comunicò Silvestren sghignazzando.

    La donna si piegò per lo stretching, per riguadagnare il controllo delle gambe intorpidite da quei mesi d’immobilità, o per provocare Silvestren.

    Il capitano Schmitz si era liberato dagli attuatori, ma rantolava sul pavimento, in una pozza di vomito. Con decisione, Igner e Kadyvar aiutarono il loro capitano a risollevarsi.

    Anche il caporale Aguilar si districò con successo da tutta la nanotecnologia dentro e fuori il suo corpo.

    Il colonnello avvertì tutti i suoi uomini precipitarsi nello spazio sensoriale come assetati. Le comunicazioni tra gli spacemarine crearono un sottofondo di segnali telepat.

    Li richiamò all’ordine. [Squadriglia Spartak! Vorrei ricordarvi che quando siete in presenza di bakku è vietato l’uso del telepat e dovete usare il vocale; lo stabilisce la convenzione di Lubhan.]

    Prima scosse la testa, poi, con un movimento rapido pose la mano destra sulla spalla di sinistra.

    Le voci si accavallarono in un coro di timbri possenti, i corpi si sincronizzarono per la posa del saluto imperiale. Gloria all’Impero!

    Ma cosa succedeva sul ponte comandi numero tre sovraffollato di bakku?

    Il colonnello osservò uno dei due astralis di quel ponte, il dott. Ugolini, sorreggere la dott.ssa K’Prock con una strana premura.

    Ho dei vuoti di memoria. Disse la dott.ssa Akia K’Prock, in preda a conati di vomito.

    Non preoccuparti, devi avere pazienza.

    Cosa? rispose la donna dopo un gettito verdognolo balistico.

    Durante una stasi onirica prolungata, non sempre i t-nanobiot riescono a compensare! disse l’uomo. Dovrai sopportare un po’ di nausea, emicrania e una buona dose di decadimento neurale.

    Sì, ma dove ci troviamo? E chi sei tu? Disse la dott.ssa K’Prock. I suoi occhi a mandorla si assottigliarono e si persero.

    Sono Liukai Ugolini, ci troviamo a bordo della Ω-Imperium, dovremmo essere arrivati in un deserto stellare della periferia di Andromeda.

    Si girò verso quell’uomo, lo guardò con un volto sfigurato dal terrore. Forse per il pensiero di trovarsi a milioni di parsec dal suo pianeta natale, Estyr.

    Ora mi ricordo di te! Sorrise come se qualcosa di piacevole la stesse accarezzando la mente.

    IAS mostrami la nostra posizione relativa rispetto a Galaxia Nostrum. Disse. Il suo volto si distese con l’ologramma di Galaxia Nostrum, dei suoi bracci logaritmi resi luminosi da miliardi di stelle mappate.

    Il dott. K'Cun si accasciò sulle ginocchia indebolite; non era un astralis e alla sua età non poteva pretendere un corpo flessibile alla fine della bio-stasi. Ma sembrava un uomo vigoroso e si risollevò senza troppe esitazioni.

    I due vanobiani, Sciurt e Scialat, avevano l’aspetto di bakku gracilini. Continuavano a riversare i loro fluidi metaboliti sul pavimento. Ne vomitarono così tanti che la griglia di natotek ci mise troppo per riassorbire ogni frattaglia organica.

    Persino un bakku privo di avanzate capacità sensorie avrebbe compreso che l’altro astralis, la dott.ssa Zhang era sull’orlo di un cedimento.

    Il colonnello percepì anche un battito accelerato e un’eccessiva pressione sul nervo ottico; si fidava dei sottoprogrammi automedicali. Infatti, in pochi secondi il cuore della Zhang tornò regolare.

    I sette spacemarine si trovavano sul ponte due, mentre i sei civili sul ponte tre, tutti in discrete condizioni di salute, ma le barbe erano lunghe e imbrattate, i petti nudi incrostati da secrezioni organiche.

    Gli astralis avevano la capacità di inibire l’olfatto per evitare il disgusto, ma il colonnello non un tipo schizzinoso.

    Si dileguarono per risolvere la sciatteria. Negli alloggi potevano darsi un po’ di lustro.

    La dott.ssa Akia K’Prock scattò con un passo che non aveva nulla da invidiare alla rapidità degli spacemarine.

    Il protocollo prevedeva un briefing sul ponte tre, dopo trenta minuti dalla fine della bio-stasi, forse troppo pochi per la vanità femminile.

    Ma furono tutti puntuali a calpestare lo stesso ponte tre. Un luogo asettico, un ambiente polimorfo che poteva essere una sala comandi, una sala tattica, o semplicemente una camera di bio-stasi.

    Nella configurazione di maggior utilizzo, come sala comandi, era di forma semicircolare, completamente spoglia.

    Nessun astralis aveva più bisogno di strumentazioni; potevano interagire con la nave attraverso un metaverso tecno-telepatico: lo spazio sensoriale.

    Invece, i bakku necessitavano di suppellettili e terminali di connessione, olocamere, oloemettitori, e ogni tipo di pannello di controllo. Sistemi primitivi, ma facili da generare per la nanotecnologia aggregativa.

    Nove mesi prima, il dott. Ugolini in persona aveva diramato l’ordine di convocazione sulla stazione spaziale Enceladus-1 a tutti gli scienziati.

    Invece la squadriglia Spartak fu incaricata direttamente dal cancelliere Trajan in persona, anche se fotonico.

    L’imbarco fu immediato e le operazioni di bio-stasi così rapide da non concedere il tempo di fare conoscenza con tutto l’equipaggio.

    Anche Ugolini, nato e vissuto su Estyr, conosceva l’importanza dei convenevoli per i terrestri. Buona vita colonnello Aleinikov… come sta? Disse.

    Irrigidì la mano destra e la orientò con cura sulla spalla di sinistra; a quel saluto mancava l’anima degli spacemarine.

    Il colonnello ostentava con fierezza la sua bicolore, nero-argentata, completa di bottoni di metallo, fregi imperiali e uno scintillante schieramento di medaglie. Un concentrato di blasone ed eroismo.

    Sorrise per la soddisfazione, per quell’atto di rispetto di Ugolini.

    Lo ricompensò sgretolando all’istante ogni formalità. Ehilà dottore, come sta? Disse, mentre la sua grande mano si abbattette sulla spalla di Ugolini, facendolo barcollare.

    "Il saluto imperiale lo pretendo solo dai miei spacemarine," e tese le labbra, ma non troppo; non voleva accentuare le prime rughe di giovane settantenne.

    Infine, la risata di Aleinikov esplose.

    Ugolini sembrava interdetto, paralizzato.

    Non si preoccupi! Disse l’ufficiale nell’esplosione, Sono immune dell’euforia del post-risveglio.

    Con la fama di guerriero formidabile, come poteva ammettere di aver subito gli effetti della bio-stasi prolungata?

    Poi, infilò lo sguardo nel décolletè della dott.ssa K’Prock, un fiore sbocciato negli alloggi, troppo profumato per essere ignorato. E troppo attraenti quei seni compressi dalla tuta di nanotek nera, indossata come una seconda pelle.

    Con l’accrescitore sensoriale AS-1⁶, il colonnello apprezzò quel mix di aromi floreali, mentre i fiutatori di feromoni riscontrarono che la donna stava ovulando. Si compiacque di non aver fiutato nessuna emissione di ansia e paura.

    Il dott. Ugolini inspirò a lungo. Anch’egli sembrava volesse godere del profumo alle bacche nisiane della dott.ssa K’Prock.

    E si avvicinò proprio a quella donna, invece che al secondo membro dell’equipaggio, in ordine, con il rango più elevato.

    L’uomo si irrigidì di fronte agli occhi neri; troppo per essere casuale.

    Le labbra della dott.ssa sembravano esitanti sull’orlo di un sorriso. Da quel che sapeva il colonnello, sulle donne estiriane, un contatto fisico sarebbe stato irriverente.

    Eppure, fu proprio la dott.ssa K’Prock Akia a colmare il distacco, prima che Ugolini recitasse l’infinito cerimoniale del saluto estiriano. Buona vita. disse allungando la sua mano.

    Quella manina doveva essere vellutata e dolcemente tiepida e il dott. Ugolini mantenne a lungo la stretta.

    Lei si sollevò sulle punte per sussurrargli qualcosa di estiriano che il colonnello tradusse con:

    Ne è passato di tempo! Forse cinque anni vero?

    Lui si sforzava di nascondere un’intesa, ma grazie ai fiutatori, il colonnello percepì uno tsunami di eccitazione travolgere il dott. Ugolini.

    Erano amanti; fu palese per Aleinikov.

    Il dott. Ugolini era

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