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L’angelo di A.J.: Wilde's (Italian), #2
L’angelo di A.J.: Wilde's (Italian), #2
L’angelo di A.J.: Wilde's (Italian), #2
E-book140 pagine1 ora

L’angelo di A.J.: Wilde's (Italian), #2

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Info su questo ebook

Luke Emerson è l'ultima persona che Sebastian Wakefield si aspettava di veder entrare nel suo studio di tatuaggi. Ma Luke non è tornato dopo quattro anni per riprendere da dove si sono interrotti. E neanche per scusarsi dei tradimenti che li hanno portati a lasciarsi.

Luke vuole un tatuaggio in memoria di qualcuno noto solo come "A.J.". Per quanto Seb vorrebbe dire a Luke di prendere l'inchiostro e ficcarselo dove non batte il sole, è un professionista. E poi, è riluttante ad ammetterlo, non gli dispiacerebbe rimettere le mani addosso a Luke. Anche se solo per lavoro.

Ma, quando Luke è sotto l'ago, Seb si ritrova a lottare con tutta la rabbia e il risentimento che pensava di essersi lasciato alle spalle... però quelli non sono gli unici sentimenti che si riaccendono. La loro relazione sarà stata turbolenta, ma era anche appassionata. Quattro anni non sono bastati perché quelle braci si spegnessero.

Qualche sottile allusione da parte di Luke basta perché Seb decida di concedersi un po' di quella passione fisica. Non dovrebbe essere difficile impedire che le sue emozioni si aggroviglino fra le lenzuola madide di sudore.

Dopotutto, non è certo ancora innamorato di Luke. Vero?

LinguaItaliano
Data di uscita19 mag 2023
ISBN9781642301489
L’angelo di A.J.: Wilde's (Italian), #2
Autore

L.A. Witt

L.A. Witt is the author of Back Piece. She is a M/M romance writer who has finally been released from the purgatorial corn maze of Omaha, Nebraska, and now spends her time on the southwestern coast of Spain. In between wondering how she didn’t lose her mind in Omaha, she explores the country with her husband, several clairvoyant hamsters, and an ever-growing herd of rabid plot bunnies.

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    Anteprima del libro

    L’angelo di A.J. - L.A. Witt

    Capitolo 1

    C’erano dozzine di studi di tatuaggi nel raggio di cento chilometri da Seattle, e Luke Emerson aveva scelto di varcare la soglia del mio.

    Meno male che in quel momento non ero con un cliente. Era mezzogiorno, a metà della settimana, quindi non avevamo molto lavoro e, quando il tintinnio delle campanelle sopra la porta si udì oltre il brusio dell’ago di Jason, avevo i piedi sulla scrivania e il naso affondato in una rivista di tatuaggi.

    Per fortuna, grazie a questo, non incasinai un tatuaggio e non feci del male a nessuno quando sobbalzai bruscamente. Per sfortuna, significava anche che ero palesemente non impegnato. Che fosse un viscido ex o meno, doveva essere trattato come un potenziale cliente, soprattutto visto che un altro cliente era presente.

    Misi da parte la rivista e posai i piedi sul pavimento. Mentre colmavo la poca distanza che ci separava, avrei potuto guardare dovunque tranne che verso di lui finché non fossi stato costretto. Ma, no, usai quel tempo, quei pochi passi, per sforzarmi di abituarmi alla vista. Per osservare quello che avevo sperato di non rivedere mai più.

    Maledizione, perché era ancora così attraente dopo tutti questi anni? Gli avevo spesso augurato una pancetta da bevitore, una stempiatura incipiente, o almeno una generosa dose di capelli grigi. Preferibilmente tutte e tre le cose. Certo, era infantile e meschino da parte mia, ma riderci su era molto meglio che soffrire.

    Il mio desiderio non era stato esaudito. Quattro anni avevano limato un po’ della rotondità giovanile dalle sue fattezze, lasciandogli zigomi affilati quasi quanto il suo mento. La sua chioma scura era ancora folta e senza alcuna traccia di grigio. Le sue maniche, arrotolate fino ai gomiti, rivelavano avambracci scolpiti e leggermente abbronzati. Con la mia fortuna, ogni centimetro del suo corpo sarebbe stato altrettanto abbronzato e muscoloso.

    E poi c’erano i suoi occhi. Quei dannati, bellissimi occhi azzurro ghiaccio. Non avevano perso un briciolo dell’intensità che mi faceva sempre tremare le ginocchia, ma non avevo intenzione di soccombere al loro effetto.

    Non ero l’unico a osservare. Luke non cercò neanche di nascondere il lento movimento dall’alto in basso dei suoi occhi, e nemmeno le loro pause. Una volta sul mio tatuaggio a manica che mi copriva il braccio destro, quasi terminato. Poi sulla manica sinistra, completata da tempo. Sul mio viso. Un guizzo sui miei occhi, poi un po’ più in alto. Le sue labbra si incurvarono con asciutto divertimento, probabilmente alla vista del mio anello al sopracciglio. Aveva sempre adorato la mia passione per i tatuaggi e i piercing. Diceva di essere troppo vigliacco per farsene lui, ma gli piacevano senza dubbio i miei.

    Mentre mi squadrava di nuovo, mi domandai se stesse cercando di immaginare quali nuovi disegni e piercing si nascondessero sotto i miei vestiti. Diversi nuovi tatuaggi e un paio di anelli d’oro, ma non c’era bisogno che lo sapesse.

    I nostri occhi tornarono a incontrarsi e, un attimo dopo, Luke abbassò lo sguardo. Ma non per timidezza. Neanche lontanamente, considerando che quello sguardo abbassato puntò dritto sotto la mia cintura.

    Discreto, Luke. Davvero discreto.

    Mi schiarii la gola e infilai non noncuranza una mano nella tasca dei jeans. Non ci vediamo da un pezzo.

    Luke alzò lo sguardo, senza la minima traccia di imbarazzo. Sì, è passato un bel po’, vero?

    Neanche lontanamente abbastanza, decisi, ma mi costrinsi a restare cordiale. Allora, cosa ti porta nel mio studio?

    Lui sorrise, assicurandosi di sfoggiare i suoi denti perfetti e bianchissimi, che avrei voluto fargli saltare con un pugno. Vorrei farmi un tatuaggio.

    Oh? Entrata libera sopra il culo? O Aperto al pubblico sull’uccello?

    Beh, sei venuto nel posto giusto. Spostai il peso da un piede all’altro. Cos’avresti in mente?

    Luke prese fiato e fui certo che squadrasse ancora di più quelle spalle ampie. Uhm, sarebbe un disegno personalizzato.

    Oh. Vidi una scappatoia, anche se era una bugia, e mi ci tuffai. Beh, in quello Jason è più bravo di me, per cui...

    No.

    Sbattei le palpebre.

    Luke scosse la testa. Voglio che sia tu a prepararlo. E a tatuarmi.

    Scoccai un’occhiata a Jason e al suo cliente, quindi abbassai la voce, tornando a fissare Luke. Perché proprio io?

    Perché mi piace il tuo lavoro. Sorrise di nuovo. Mi è sempre piaciuto, lo sai.

    Ma non sono l’unico artista in città. Strinsi gli occhi. E lo sai benissimo.

    Lui trasalì e abbassò lo sguardo sulla scrivania. Sebastian, ti prego. È importante per me. Non lo lascerei fare a nessun altro.

    Serrai la mandibola. Avevo un milione di frecciatine sulla punta della lingua, pronto a chiedere cosa gli facesse credere che me ne fregasse qualcosa di cosa significasse per lui questo tatuaggio, o di quanto rispettasse il mio lavoro, o tutte le sue cazzate. Ma la professionalità ebbe il sopravvento, se non altro perché il mio socio e un cliente pagante erano a portata d’orecchio. E poi, gli affari andavano a rilento, ultimamente. Io e Jason avevamo bisogno di ogni centesimo che riuscivamo a racimolare.

    Sospirai e presi un blocco da disegno da sotto al bancone. Va bene, di che si tratta?

    Luke prese un foglio piegato dalla tasca posteriore dei jeans. Non me lo mostrò ancora, ma disse: Sarà una cosa tipo questa, ma con un nome sopra.

    Riuscii a trattenere un sussulto. Hai finalmente deciso di accasarti con qualcuno? Pensai, inacidito. O è il primo nome di una lunga lista? Mi impedii a stento di ridacchiare a quel pensiero nonostante la gelosia... no, l’astio. Non provavo altro che astio. E forse un po’ di compassione per qualunque povero bastardo stesse per essere immortalato sul corpo di Luke.

    Nessunissima gelosia.

    Allungai la mano per prendere il foglio.

    C’è altro? chiesi a denti stretti, aprendo il foglio e preparandomi all’imminente sviolinata sul suo nuovo ragazzo, la sua anima gemella, o la novità del mese. Mi domandai come avrebbe reagito se avessi detto che non avevo mai disegnato uno stronzo fumante sulla pelle di qualcuno, ma sarei stato disposto a farlo se...

    Quando mi resi conto di cosa ritraesse il disegno, mi sprofondò il cuore. Era uno schizzo intricato, con ombreggiature elaborate di un bellissimo... angelo. Che guardava verso il cielo. Stringendosi una bandiera americana al petto.

    Oh, merda.

    Ecco, è... Luke tacque di nuovo. Un tatuaggio commemorativo.

    Trattenni una smorfia. Avrei voluto che la terra mi inghiottisse per aver anche solo pensato quelle cose. Mi schiarii la gola. Uhm, mi dispiace. C’erano così tante domande. Così tante cose che probabilmente non volevo sapere. Picchiettai sul blocco con la matita. Dove lo vuoi?

    Luke indicò il suo bicipite sinistro e io lottai per trattenere un brivido. Se non altro non si trattava delle spalle. Aveva delle braccia spettacolari, ma soprattutto aveva spalle tanto ampie e muscolose da compensare quasi per quanto fosse stronzo.

    Soffocai un colpo di tosse. Va bene, allora, questo disegno... Indicai il foglio di carta.

    Qualcosa di simile, comunque. Non deve essere perfettamente uguale.

    Inarcai un sopracciglio. Vuoi qualche modifica specifica?

    Luke osservò per un attimo il disegno. No, non penso. Cioè, va bene così ma, sai, se vuoi cambiare qualcosa, fai pure. Deglutì e, quando tornò a incrociare il mio sguardo, il divertimento e l’aria canzonatoria erano svaniti. Mi domandai se ci fossero mai stati, o se li avessi immaginati io.

    E il nome? chiesi.

    "Basta A.J.," rispose piano.

    Hai preferenze per la scritta? Il font, o altro?

    Direi di no. Mi rivolse un sorriso che avrebbe anche potuto essere genuino. Sei tu l’artista.

    Vuoi mettere le date? Di nascita e... Tacqui.

    Sollevò le sopracciglia. Di morte?

    Annuii.

    Non ho ancora deciso, replicò. Si può aggiungere dopo?

    Sì, certo. Presi qualche appunto sul blocco. Poi indicai il disegno dell’angelo. Ti dispiace se lo tengo, o...

    Fai pure. Ne ho un’altra copia.

    Feci scivolare il foglio nel blocco. Allora, direi che è tutto quello che devo sapere riguardo al disegno. Lottai per non lasciar trapelare l’irritazione. Luke era qui per mettermi dei soldi in tasca, aveva ovviamente perso una persona cara, ma non cambiava il fatto che qualche anno prima mi avesse fatto passare le pene dell’inferno. C’era qualcosa di più. Doveva esserci.

    Doveva esserci qualcosa di più e, finché fossimo rimasti nel mio terreno professionale con un cliente e un collega nei paraggi, non avrei potuto fare domande.

    Ci vorranno circa tre ore. Presi fiato. Quindi, trecento dollari.

    Lui non batté ciglio. Pagherò in contanti.

    Va bene. Feci una pausa. Puoi farlo tutto insieme, oppure dividerlo in due appuntamenti. Tutto insieme. Tutto insieme. Per l’amor di Dio, tutto insieme. Facciamola breve.

    L’angolo della sua bocca fremette... un sorriso, o forse un risolino nervoso. Temo di non sapere quanto sarò smidollato, quindi perché non facciamo due appuntamenti?

    Di solito i clienti preferiscono fare tutto in una volta, dissi. Se è più doloroso di quanto si aspettassero, spesso esitano a tornare per il secondo appuntamento. Cosa che mi spezzerebbe il cuore. No, dico sul serio.

    Correrò il rischio. Mi fece l’occhiolino. Quell’arrogante figlio di puttana mi fece veramente l’occhiolino.

    Il cliente ha sempre ragione, dissi, stringendomi nelle spalle.

    Luke ridacchiò. Allora prenotiamo.

    Non vedo l’ora, cazzo. Rovistai di nuovo sotto al bancone, stavolta per prendere il malconcio quaderno ad anelli che fungeva da agenda.

    Vediamo quando ho disponibilità. Aprii alla pagina corretta e feci scorrere il dito lungo la lista di slot di orario. Alcuni erano occupati, altri no, e ogni ora libera mi ricordava perché non potevo permettermi di sbattere fuori quello stronzo a calci. Al padrone dello studio non importava se i soldi venivano dal mio ex ragazzo o dal Papa, purché pagassi l’affitto.

    Luke allungò il collo per vedere il calendario. Che ne dici di venerdì sera? Sembra che tu abbia tempo verso le sette. I nostri sguardi si incrociarono. Lui sorrise e, se non lo avessi conosciuto così bene,

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