Amicizia... particolare: Harmony Destiny
Di Metsy Hingle
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Dal canto suo, Katie...
Metsy Hingle
Inguaribile romantica, crede fortemente nel potere dell'amore... e scrive per dimostrarlo.
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Anteprima del libro
Amicizia... particolare - Metsy Hingle
successivo.
1
«Avrò un figlio.»
Il voluminoso piede di Sean Fitzpatrick scivolò giù dal ripiano della scrivania e lui si ritrovò ad afferrare i braccioli della poltrona per impedirsi di cadere a terra. Allibito, fissò Katie Malloy, la donna che era la sua migliore amica da più anni di quanti gli riuscisse di ricordare. «Tu cosa?»
«Avrò un figlio» ripeté lei con calma, sfoderando un'espressione innocente che ricordava molto quella che aveva avuto vent'anni prima... un attimo prima di scagliare oltre la staccionata del cortile quella palla di neve che lo aveva colpito proprio in mezzo alle spalle.
Lo stava prendendo in giro. Doveva essere così, decise Sean, allungando la mano verso il suo caffè. «Smettila di scherzare, Malloy. Questa non la bevo. Raccontala piuttosto a Michael o a Ryan» le disse, riferendosi ai suoi fratelli, nonché soci nell'agenzia investigativa.
«Ma io non sto affatto scherzando. Avrò veramente un figlio. E voglio assumerti perché mi aiuti a trovare il padre.»
A Sean andò di traverso il caffè e per poco non si ritrovò a sputarlo, rischiando di macchiare la pila di incartamenti che aveva sulla scrivania.
«Ti senti bene?» chiese Katie, che era già passata dall'altra parte della scrivania e gli stava dando degli energici colpetti sulla schiena.
«Sì. Sì, tutto okay. Il caffè mi è solo andato di traverso. Adesso puoi smetterla di sbattermi come se fossi un tappetino» borbottò, sentendosi come se l'aria gli fosse stata aspirata fuori dai polmoni. Non poteva crederci. Anzi, non voleva crederci. Katie incinta?
«Sei sicuro di stare bene?»
«Sto perfettamente» replicò lui, indicandole di riprendere posto sulla sua sedia. Mentre si soffiava il naso, le lanciò un'occhiata di sfuggita e notò l'espressione aggressiva che le si era stampata in volto. Un chiaro segnale di nervosismo. Accidenti! Certo che è nervosa, Fitzpatrick! Il povero bimbo che porta in grembo probabilmente sarà spaventato a morte. Non è ancora nato ed è già senza un padre! La rabbia lo attraversò come un proiettile, e lui decise che una morte lunga e dolorosa sarebbe stata ancora troppo poco per il tipo che l'aveva piantata in asso, lasciandola nei guai.
«Allora, mi aiuterai?»
«Non temere. Lo troverò.» E, quando ci fosse riuscito, avrebbe tratto non poco piacere nel rifare i connotati a quel bastardo.
«Sapevo di poter contare su di te» disse lei, rivolgendogli quel suo sorriso da un milione di dollari che gli dava sempre la sensazione di camminare a un palmo da terra.
«Puoi giurarci.» Dopotutto, Katie era praticamente una di famiglia fin da quando lei e sua madre si erano trasferite a Chicago e avevano acquistato la casa accanto a quella dei genitori di Sean. Katie era stata di casa dai Fitzpatrick dal momento in cui aveva legato con sua cugina Molly e aveva stretto amicizia con i fratelli Fitzpatrick. Eccezion fatta per una breve cotta adolescenziale che Sean sospettava che lei avesse preso per lui, lui e Katie avevano condiviso un'amicizia forte e pura, paragonabile a quella che lei aveva stretto con Molly. Se possibile, si era perfino ulteriormente cementata quando due anni prima lui era andato a vivere nel suo stesso condominio. Insomma, Sean considerava Katie il suo migliore amico.
E adesso Katie era incinta.
Gli costava fatica crederlo. Per quel che ne sapeva, non usciva nemmeno seriamente con qualcuno. Sean corrugò la fronte. Almeno, lei non aveva frequentato nessuno in particolare quando un mese prima lui aveva dovuto allontanarsi dalla città per svolgere un'indagine relativa a un tentativo di frode. Un sacco di cose potevano accadere nel giro di trenta giorni, si rammentò, osservando lo stomaco ancora perfettamente piatto di Katie. Evidentemente, in quel caso era andata proprio così.
«Non puoi immaginare quanto mi senta sollevata. Non avevo idea di come avresti reagito alla mia richiesta di aiuto.»
Sean riportò di scatto lo sguardo sul volto di lei, offeso che potesse aver dubitato di lui. «Pensavi che non ti avrei dato una mano? Che ti avrei voltato le spalle nel momento del bisogno?»
Un'espressione tormentata le attraversò lo sguardo. Vecchie ferite, indovinò lui, pensando all'abbandono di suo padre, al patrigno con il quale non aveva mai legato e che non si era più fatto vivo dopo il divorzio e alle delusioni della vita, alle quali adesso veniva ad aggiungersi quella procuratale dal subdolo individuo che l'aveva messa incinta e poi piantata in asso. «Hai ragione. Non avrei mai dovuto dubitare di te, Sean. Scusami.»
Sentendosi in qualche modo placato, lui le disse con voce più gentile: «Ricordati solo che io sono e sarò sempre qui per te. D'accordo?».
Lei annuì, quindi tirò un profondo respiro. «Dunque, che tipo di informazioni ti servono per cominciare?»
Sean tacque per un momento, cercando il modo per porre con tatto la domanda che doveva farle. «Io... ehm, prima di addentrarci nei dettagli, tesoro, sei sicura di volere andare fino in fondo in questa faccenda?»
«Assolutamente. È una vita che desidero un bambino.»
La sua decisione non lo sorprese. Conoscendo Katie e quanto amava i bambini, non pensava affatto che potesse prendere in considerazione la possibilità di interrompere la gravidanza. Ma doveva assicurarsi che lei fosse conscia che esistevano delle alternative. «D'accordo.» Prendendo una matita, Sean aprì il bloc-notes. «La prima cosa che mi serve è il nome del padre del bambino.»
«Be', a dire il vero non ne sono ancora sicura. Inizialmente ho identificato cinque possibilità, ma poi le ho ristrette a tre.»
La matita nel pugno di Sean si spezzò in due. Sapeva che Katie poteva essere imprevedibile, a volte perfino avventata, solo che aveva sempre immaginato che la sua sfacciataggine non fosse altro che un semplice modo per mascherare le paure. Comunque, una cosa di certo Katie non era: stupida. Cinque amanti? Katie?
Lei iniziò a rovistare nella sacca di dimensioni mostruose che chiamava borsa e ne tolse un foglio di carta. «Ecco qui. Ti ho scritto i vari nominativi.»
Ammutolito, Sean fissò la donna che gli stava tendendo un pezzo di carta col nome dei suoi amanti. In qualità di uomo, apprezzava sinceramente l'altro sesso, e doveva ancora incontrare una donna che non si guadagnasse almeno una seconda occhiata da parte sua. Dato che erano amici, si era imposto di non dare a Katie né una seconda né tantomeno una terza occhiata. Ma adesso la guardò, e lo fece non come amico, ma come uomo. Non era bella, e non era nemmeno particolarmente carina o graziosa. Ma bella o non bella, un uomo non poteva non notare quei suoi grandi occhi castani o non sentirsi tentato di sfilare le forcine da quei capelli ribelli che tiravano al rosso e che lei teneva sempre raccolti.
Dopo aver inconsapevolmente tamburellato con le dita sul ripiano della scrivania, Sean chiuse le mani a pugno.
Katie parlò a raffica di liste e candidati, e lui spostò lo sguardo sulla sua bocca orgogliosa e impertinente, proprio come lei. Accusando un vago scompiglio interno, Sean si rese conto che non era la prima volta che si interrogava su quella bocca.
Fece scorrere lo sguardo sul suo corpo, soffermandosi sui piccoli seni che premevano contro l'aderente top bianco e spostando poi l'attenzione sui fianchi stretti sottolineati dalla gonna a fiori. Era un tantino magra per i suoi gusti, ammise.
Ma, che fosse maledetto!, se quella donna non aveva delle gambe da far girare la testa. Solo le gambe avrebbero potuto far perdere la tramontana a qualunque uomo.
«Dunque, alla fine ho stilato questa lista di candidati.»
Lei accavallò quelle gambe da sogno, e del pizzo nero sembrò fargli l'occhiolino da sotto la gonna. A quella vista, Sean per poco non ingoiò anche la lingua deglutendo la saliva che gli si era formata in bocca. Cercando di cancellare l'immagine peccaminosa che aveva intravisto per un istante e i pensieri non certo casti che ne erano seguiti, chiuse gli occhi con forza. Grosso errore, si rese conto, perché improvvisamente non ebbe più alcuna difficoltà a immaginare Katie a letto... con nient'altro indosso che quel conturbante triangolino di pizzo nero. Ah, sarebbe stato del sesso memorabile, decise lui, vedendo già quelle gambe lunghe e ben tornite avvinghiate attorno alla sua vita.
«Sean? Ti senti bene?»
Lui tirò il freno ai suoi pericolosi pensieri e aprì di scatto gli occhi. «Sto benone» disse, con voce non proprio fermissima.
Calma e sangue freddo, Fitzpatrick. Questa è Katie, ricordi? Katie... la tua amica, la tua compagna da sempre, praticamente tua sorella. È la stessa ragazza pestifera che portava l'apparecchio per i denti e le trecce, quella che ti ha fatto mille dispetti da bambino. È la monella che non perdeva occasione per lanciarti palle di neve fino a quando non la immobilizzavi e la baciavi per farle dispetto perché tua madre diceva che un uomo non poteva picchiare una donna.
Solo che Katie non era sua sorella, e lui non aveva affatto pensato a lei come a un'amica. A un certo punto della sua vita, la piccola Katie Malloy si era lasciata alle spalle l'apparecchio per i denti e le trecce e aveva sfoderato un volto da femmina tentatrice e un corpo che pareva modellato per far sudare freddo agli uomini.
E lui stava sudando, ammise Sean, consapevole che i jeans gli erano diventati di colpo dolorosamente stretti. Seccato con se stesso e con lei che era la causa del suo disagio, si fece scuro in volto. «Dunque, quale di questi tizi supponi sia il padre?»
Katie si passò la punta della lingua sul labbro inferiore, come lui l'aveva vista fare un miliardo di volte quando era nervosa. Solo che stavolta il gesto innocente lo fece sobbalzare sulla sedia.
«Non mi sono ancora fatta un'idea precisa. È per questo che sono qui. Ho bisogno del tuo aiuto per capire e decidere quale sarebbe il miglior padre possibile.»
Sean rimase a bocca aperta. Quindi la richiuse e si diede mentalmente una mossa. «Torna indietro un istante. Sei o non sei incinta?»
Katie sbatté le ciglia. «Be', ma certo che non sono incinta. Almeno, non ancora. È per questo che sono qui. Ho bisogno del tuo aiuto.»
«Cosa?»
«Scusa, ma... tu hai pensato che... Oh!» Improvvisamente, lei scoppiò a ridere.
«Non c'è niente di divertente, Malloy» le disse lui. Gli piacevano le donne, Katie compresa, ma non si sarebbe mai lasciato accalappiare da una di loro. Almeno, non ancora. Anzi, forse mai, si corresse prontamente.
«Scusa» mormorò lei, non sembrando minimamente pentita del suo comportamento. «È solo che hai una faccia che non ti dico.»