L ultimo erede: Harmony Destiny
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Il peggior incubo di Gabriel Montoro si realizza quando il fratello maggiore Rafe rinuncia alla corona di Alma e lui diventa il candidato diretto al trono di famiglia. Nulla è più lontano dai suoi desideri di playboy che ama le donne e la bella vita. Ciò nonostante deve obbedire. A istruirlo nei suoi doveri e nel cerimoniale di corte viene chiamata Serafia Espina, bella e statuaria come una top model. Compito arduo il suo perché il tempo a disposizione è poco e quel ricco playboy si rivela una tentazione irresistibile. Ma voci che screditano la lealtà della famiglia di Serafia verso i Montoro minacciano un qualsiasi futuro insieme.
Miniserie "I Montoro" - Vol. 3/6
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L ultimo erede - Andrea Laurence
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1
Quella festa faceva pena. Ed era la sua festa. Come era possibile che fosse un mortorio?
Di solito, le feste erano il punto forte di Gabriel Montoro. Con gran disappunto della sua famiglia, si era conquistato la fama di Gabriel il gaudente. Musica, alcol, luci soffuse, conversazione superficiale... Era il re del divertimento. Adesso, però, che l'avevano nominato nuovo re di Alma, era cambiato tutto.
Gabriel strinse la coppa di champagne e girò lo sguardo sulla sala da ballo della villa di famiglia a Coral Gables. Quella sera, il loro buen retiro tropicale sembrava incredibilmente noioso. Non c'era un solo paio di infradito in tutta la sala, tanto meno uno di quei pappagalli selvatici che vivevano sulla proprietà ed entravano da una porta lasciata aperta. La sua famiglia era ricca da sempre, ma non si dava arie.
Tuttavia, le cose erano cambiate da quando il minuscolo Stato-isola europeo di Alma aveva deciso di restaurare la monarchia. Lui era diventato da un giorno all'altro il Principe Gabriel, terzo in linea di successione al trono. E prima di avere il tempo di abituarcisi, suo padre e il suo fratello maggiore erano stati esclusi dalla corsa al trono. I genitori avevano divorziato; il matrimonio, però, non era stato annullato, pertanto suo padre risultava ineleggibile. Poi, il fratello, sempre così responsabile, aveva abdicato e si era messo con una barista. E lui era di colpo sul punto di diventare re Gabriel, e tutti si aspettavano che cambiasse.
Quella serata asfissiante rappresentava soltanto l'inizio, e lo sapeva. La mossa successiva era barattare il suo attico a South Beach con un palazzo, e le sue avventure di una notte con una regina fornita di pedigree. Tutto, dai vestiti ai discorsi, sarebbe stato soggetto a critiche pubbliche da parte del suo popolo. Persone che non aveva mai visto, abitanti di un'isola che lui aveva visitato una sola volta. Mancavano solamente un mese o due all'incoronazione e, entro una settimana, sarebbe partito per Alma.
Ecco il motivo di quella festa, sempre che la si potesse definire così. Musica classica, bibite eleganti e donne fin troppo vestite. Provò una sensazione di nausea quando si rese conto che, da quel momento, sarebbe stato sempre così. Feste noiose con gente noiosa a lui sconosciuta.
C'erano duecento persone nella sala, ma erano dei totali estranei. Lo trovava terribilmente ironico. La gente si era materializzata dal nulla da quando suo fratello, Rafe, aveva abdicato e lui era stato proiettato sotto i riflettori. Improvvisamente non era più solo il vicepresidente delle South American Operations, relegato nell'emisfero sud dove non poteva creare imbarazzo alla famiglia: in città, adesso, era considerato il personaggio del giorno.
Lui! Il secondogenito al quale nessuno prestava attenzione, quello liquidato dagli amici di famiglia come il ragazzaccio, l'erede di riserva e niente di più. Adesso che stava per diventare re, a ogni angolo spuntavano sconosciuti che si accapigliavano per diventare i suoi migliori amici.
Detestava ammetterlo, tuttavia lui non aveva amici. Non amici veri. Perché richiedeva un livello di fiducia negli altri che non aveva. Aveva imparato fin da quando era molto giovane che non ci si può fidare di nessuno. Perfino la famiglia ti può deludere quando hai più bisogno di loro.
E quando si parla del diavolo...
Dal lato opposto della sala, suo cugino Juan Carlos lo avvistò e si avviò verso di lui. Era accigliato. Niente di nuovo. Eternamente serio, Juan Carlos non dava mai l'impressione di divertirsi. Era sempre impegnato in discussioni di affari, a lavorare, a essere responsabile. Lui era il tipo di uomo giusto per diventare re di Alma... non Gabriel. Dopo centinaia di anni, perché la gente non si era resa conto che non era la genealogia a fare di una persona un potenziale capo di governo?
«Non parli con nessuno» commentò Juan Carlos in tono di disapprovazione, sovrastando il cugino dalla sua statura. Alto quasi uno e novanta, aveva la brutta abitudine di incombere. E Gabriel non avrebbe saputo dire se lo faceva di proposito o se ignorava l'effetto che aveva sulla gente.
Da parte sua, non aveva intenzione di lasciarsi intimidire. Aveva la tendenza a non preoccuparsi troppo di quello che pensava il cugino, anzi, di quello che pensava la gente in generale. «Nessuno mi rivolge la parola» lo corresse.
«Perché te ne stai nascosto in un angolo con la luna di traverso.»
«Non ho la luna di traverso» protestò Gabriel.
Sospirando, il cugino incrociò le braccia. «Allora, tu come lo chiameresti?»
«Direi che sto studiando il mio dominio. Fa molto re, giusto?»
Juan Carlos alzò gli occhi al cielo. «Piantala. Non fingere nemmeno che tutto questo ti interessi, perché so che non è così. Sappiamo tutti e due che stasera preferiresti essere a South Beach, a dare la caccia a qualche bella fanciulla. Fingere che non è così è offensivo per la tua famiglia e il tuo Paese.»
Gabriel avrebbe mentito se avesse sostenuto che le luci stroboscopiche non lo stavano chiamando. Non esisteva niente di paragonabile all'alcol nelle vene e al ritmo incalzante della musica mentre si premeva contro una donna sulla pista da ballo. Era l'unica cosa che poteva aiutarlo a dimenticare il pasticcio in cui si trovava ma, dopo il colpo di testa di Rafe, l'avevano tenuto al guinzaglio. La famiglia non poteva sopportare un altro scandalo.
Questo non significava che fosse disposto a chiedere scusa per chi era. Non era cresciuto per diventare re. Ad Alma la dittatura aveva dominato per circa settant'anni. Chi avrebbe pensato che, una volta restaurata la democrazia, avrebbero voluto il ritorno della vecchia famiglia reale? Non avevano previsto quell'appello e di sicuro da parte sua non aveva previsto che suo fratello, il re legittimo, si mettesse con una barista di Key West e gettasse nel caos la sua vita. «Mi dispiace se questo offende la tua sensibilità, J.C., ma io non ho chiesto di essere re.»
«Lo so. È ovvio a tutti i presenti che rifiuti tale onore. Ma sai una cosa? La corona è finita nelle tue mani e tu devi comportarti da adulto.» Juan Carlos sorseggiò il suo vino, fissando Gabriel con sguardo truce al di sopra del bordo del bicchiere. «E non ti ho già detto di non chiamarmi così?»
A quelle parole, Gabriel sorrise. Fin dall'infanzia, stuzzicare il cugino era stato uno dei suoi passatempi preferiti. Tuttavia, il sorriso si spense ben presto.
Non era la prima volta che gli dicevano di comportarsi da adulto. Quello che sfuggiva alla sua famiglia era che lui lo era diventato molto tempo prima. A loro piaceva fingere che non fosse successo, eppure in una stanza al buio, con una corda che gli segava i polsi, si era lasciato alle spalle infanzia e innocenza. Se era desiderio della sua famiglia che si comportasse in modo responsabile, avrebbero dovuto fare di più per salvarlo. Lui era sopravvissuto e la sua prima scelta da adulto era stata di vivere la vita che voleva e di non curarsi di quello che pensava la gente.
Adulto, proprio così. Gabriel bevve un sorso generoso di champagne e sospirò. Vivere la vita come l'aveva scelta aveva i giorni contati. Ben presto, non sarebbero stati solo suo padre e suo cugino a dirgli cosa fare.
«È sempre bello parlare con te, cugino. Non hai qualcun altro con cui spettegolare?»
Juan Carlos non rispose. Invece, girò sui tacchi e si diresse al buffet. Pochi secondi dopo stava chiacchierando con un personaggio influente, del quale Gabriel aveva dimenticato il nome.
Voltandosi, notò la porta laterale che conduceva al patio e in giardino. Forse sarebbe riuscito a eclissarsi prima che qualcuno se ne accorgesse.
Dandosi una rapida occhiata in giro, scorse il padre che gli dava le spalle. La sorella stava chiacchierando con un gruppo di signore. Era la sua occasione. Si diresse alla porta e la varcò il più in fretta possibile.
Fu subito ricompensato con l'ondata di caldo opprimente per cui si distingueva il mese di luglio a Miami. La raffica di umidità lo colpì come uno tsunami dopo l'aria condizionata della sala da ballo, ma non se ne curò. Si allontanò dalla porta e si inoltrò nei recessi bui del patio.
Guardando verso l'estremità opposta di quell'ambiente, Gabriel scorse una figura alta e snella, con le spalle nude illuminate dalla luna e le curve fasciate in un abito di seta. Quando voltò la testa per osservare un uccello che svolazzava tra gli alberi, ebbe una visione fugace degli zigomi che l'avevano resa famosa.
Serafia.
La scoperta gli trasmise una fitta di desiderio lungo la schiena, mentre il sangue gli scorreva veloce nelle vene e il battito del cuore accelerava. Serafia Espina era la cotta della sua infanzia e la donna delle fantasie di ogni uomo di sani appetiti sessuali che avesse mai raggiunto la pubertà. Otto anni prima, Serafia era stata una delle top model più quotate. Come tutte le grandi, era conosciuta solo con il nome di battesimo quando sfilava sulle passerelle di Parigi, New York e Milano indossando le creazioni dei migliori stilisti.
Gabriel non sapeva molto di quello che era successo, ma, per motivi di salute, da un giorno all'altro Serafia aveva rinunciato alla carriera di modella e aveva iniziato un'attività per proprio conto. Tuttavia, a giudicare dal modo in cui l'abito rosso le fasciava le curve, gli anni non avevano appannato il suo fascino. Anche in quel momento, avrebbe potuto percorrere la passerella senza perdere un colpo.
Era da anni che non parlava con Serafia. Quando era stata spodestata dai Tantaberra, la sua famiglia si era rifugiata negli Stati Uniti, mentre gli Espina avevano scelto la Svizzera. Poi, negli anni Ottanta si erano trasferiti in Spagna e le loro famiglie avevano ritrovato l'antica amicizia. Lui e Serafia erano bambini, le loro famiglie trascorrevano le vacanze insieme sulla costa spagnola. All'epoca, Gabriel aveva dieci o undici anni ed era un ragazzino timido, mentre lei era una donna bella e irraggiungibile. Lei aveva sedici anni e lui era invisibile.
Quello era un incontro fortunato. Non erano più bambini e, come futuro re del loro Paese d'origine, adesso lui era tutt'altro che invisibile.
Serafia avvertì la sensazione familiare e fastidiosa di avere addosso gli occhi di qualcuno. Aveva affinato quella dote quando lavorava come indossatrice. Grazie a un sesto senso, uno sguardo era come il contatto di una mano sulla pelle. Che giudicava. Che criticava.
Si voltò e scoprì l'uomo della serata a pochi metri di distanza. Gabriel era sicuramente cresciuto molto dall'ultima volta che l'aveva visto. La stava guardando co-me la maggior parte degli uomini... con palese desiderio. Supponeva che avrebbe dovuto lusingarla aver attirato l'occhio del futuro re; lui, però, era tra i venti e i trent'anni. Un bambino. Non aveva bisogno di una storia con un'ex modella anziana.
«Vostra Maestà» disse, inclinando la testa.
Gabriel la guardò socchiudendo gli occhi. «Stai facendo del sarcasmo?»
Serafia restò a bocca aperta per la sorpresa. Non era quello che si aspettava di sentirgli dire. «Niente affatto. Ho dato quell'impressione? Se è così, chiedo scusa.»
Gabriel la liquidò scuotendo la testa e avanzò verso di lei. Non assomigliava per niente ai vari re che lei aveva visto. Trasudava una combinazione di bellezza e pericolo, come un grande squalo bianco che scivolava con grazia sul patio. La cravatta era rosso sangue e teneva lo sguardo fisso su di lei come se fosse una preda.
Serafia avvertì una stretta al petto mentre lui si avvicinava e respirava il profumo della sua colonia, misto a quello dei fiori esotici del giardino. Il suo istinto di battersi o fuggire era sul chi vive, anche se si sentiva attratta da quell'uomo.
Gabriel non si avventò. Anzi, si appoggiò con i gomiti sulla balaustra, lo sguardo fisso sui recessi bui della vegetazione tropicale. «Non dipende da te, ma da me. Non mi sono ancora abituato a tutte queste regali scempiaggini.»
Regali scempiaggini. Wow.
Quelle parole sconsiderate spensero la libido di Serafia. Non era esattamente quello che il popolo di Alma voleva sentir dire dal suo nuovo re. Dopo il crollo della dittatura, la monarchia sembrava il modo migliore per stabilizzare il Paese. Con Gabriel Montoro sul trono, l'élite facoltosa di Alma sarebbe stata avvantaggiata. Lui, però, non sembrava avere a cuore Alma o la monarchia. Non vi era cresciuto, e in realtà nemmeno lei. Ciononostante, i suoi genitori le avevano insegnato ad apprezzare il valore del suo retaggio e la sua patria.
Forse era colpa della sua giovane età. Serafia sapeva quanto fosse difficile trovarsi sotto i riflettori a un'età così giovane. Lei era stata scoperta da un'agenzia di modelle quando aveva solo sedici anni. Separata dalla famiglia, guadagnava somme a sei cifre all'anno, mentre la