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Noir all'improvviso
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E-book134 pagine1 ora

Noir all'improvviso

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Info su questo ebook

Copertina e illustrazioni di Michele Finelli
Cristina, Ester, Michele, Irene. Solo alcuni nomi di gente comune descritta in scene di vita ordinaria che all'improvviso si trova catapultata in un terribile incubo. Quindici racconti neri, quindici storie che nascondono il male che si annida dove meno te lo aspetti. Atmosfere di pericolo, di disagio e di paura fanno da sfondo alle vicende nelle quali anche il lettore potrà immedesimarsi, in un crescendo di suspense e di orrore.  
Questo libro è un gioiello, un esordio strepitoso, perché – ponendo in successione quindici inquietanti tasselli noir – ci dà uno spaccato attendibile della nostra società, degli stati d’animo che ci agitano, delle paure più profonde che ci attanagliano, dei rancori e dei dispetti che ammorbano l’aria. E lo fa mettendo in scena personaggi che calzano a pennello nei ruoli stabiliti: da questi emergono, in ogni parabola, il lato oscuro degli uomini e quelle ombre talvolta così nascoste che soltanto quando escono allo scoperto rivelano la propria portata malefica. Ma a quel punto, ormai, è troppo tardi. (Marilù Oliva)
I 15 racconti di “Noir all’improvviso” sono frammenti di vita oscura, quella che si mette e si tiene in catene e se ne soffoca il respiro con un morso di perbenismo fino a quando è possibile, sperando che l’assuefazione, l’abitudine e una silente accettazione dell’esistenza, la possano estinguere, cancellare, predare di ogni pulsazione che cova sotto una cenere che resta comunque intatta, una coltre a protezione di un destino avverso pronto a compiersi con ferocia. Nero e attimo collimano, si uniscono e si sovrappongono fino a diventare omicidio malato, nevrotico, d’opportunità. (Gianpaolo Zarini)
LinguaItaliano
Data di uscita14 nov 2023
ISBN9791255470335
Noir all'improvviso

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    Anteprima del libro

    Noir all'improvviso - Cecilia Lavopa

    Introduzione di Marilù Oliva

    Ho seguito con interesse la storia di questa silloge sin da quando è stata pensata come realtà composita, uscita dalla mente raffinata e geniale di Cecilia Lavopa. Da anni si occupa di letteratura di genere in quanto grande lettrice ma, soprattutto, è fondatrice di Contorni di noir, uno dei blog più celebri dedicati alla produzione crime. E sono contenta che Cecilia, grande conoscitrice del genere, abbia incontrato un valente editore come I Buoni Cugini Editori, che, oltre a connotarsi per una filosofia molto vicina agli ideali carbonari, è attentissimo ai movimenti culturali dei nostri tempi e a fiutare talenti, siano essi contemporanei o passati, come nel caso di Luigi Natoli, scrittore palermitano nato alla fine dell’Ottocento che, alla stregua di Manzoni, meriterebbe di finire su ogni testo scolastico di letteratura moderna.

    Trovo un bel connubio, dunque, quello tra l’editore siciliano e un’autrice, Cecilia Lavopa, che si è cimentata con quegli stessi delitti che ben conosce, quando si tratta di leggerli e descriverli, compiendo con questo libro il grande salto: il passaggio da spettatrice a regista. E l’ha fatto con molta naturalezza, ma anche con la padronanza e la maestria di chi conosce la tecnica, i dosaggi, gli strumenti del mestiere: sa quindi spartire suspense e colpi di scena, ma sa anche quando descrivere un personaggio con una veloce pennellata, quando condensare un’emozione in uno sguardo e quando chiudere il narrato con ellissi o sommari. Fin qui, però, come dicevo, è solo questione di tecnica. Noir all’improvviso è molto di più: dentro vi scorre passione, fantasia, il magma inafferrabile delle vicende e dei sentimenti umani, la consapevolezza dell’imprevedibilità della vita che si svela spesso senza annunciarsi, lasciandoci stupiti.

    Noir all’improvviso si compone di quindici racconti neri, accompagnati dalle interess anti illustrazioni di Michele Finelli, che colgono il nocciolo della trama, quindici storie che scandagliano altrettante situazioni reali. Momenti di vita quotidiana che, a un certo punto, virano in una svolta fatale trascinando il lettore, lasciandolo col fiato sospeso, fino all’esplosione di epiloghi che fanno meritare in pieno, grazie anche all’andamento ritmato e brioso delle storie, quel titolo così originale e appropriato.

    Si passa dall’inquietudine – all’inizio vagamente horror – de Il buio alla cruda realtà di Arancine indigeste, dove, tra le altre cose, viene anche lambita la questione della migrazione nazionale dal meridione al nord, ripresa anche in Casa in affitto? Soldi sprecati!, anche se lasciata in secondo piano rispetto all’atmosfera di arcano che regna sovrana. Un’atmosfera che scaturisce da situazioni di pericolo, ma anche di disagio psichico. In Disturbo bipolare la patologia si insinua latente, sovrastata dal dubbio del tradimento, e i sintomi fisici vengono descritti con precisione chirurgica:

    « Mi sembrava che tutto intorno si facesse ovattato, come se fossi all’interno di una boccia di vetro e mi avessero girata con la testa all’ingiù. Frammenti di vita galleggiavano vicino a me e, per quanto mi sforzassi, non capivo cosa stessero urlando quelle persone. »

    Il tema della possibile patologia viene ripreso in Ester, ma l’attenzione del lettore resta puntata su un uomo seduto in una panchina e sulla sua misteriosa valigetta. Ogni brano ci ricorda che, spesso, la realtà, è molto più complessa di quanto immaginiamo. L’ossessione diviene poi quasi personaggio ne Il feticista dove, accanto al tema della mania si affianca quello della bellezza: la protagonista è una donna cultrice dell’avvenenza con una determinazione tale che diviene assillo e che la costringe a carezzare il suo sogno di beltà con costosi rimedi estetici e con un armadio smisurato di scarpe, che, indossate non passano inosservate. Né lei vorrebbe altrimenti:

    « Muove il piede. È disposta al gioco delle parti, in cui ognuno mostra ciò che possiede, o crede di possedere, come parte migliore del proprio corpo. Rotea la caviglia come fosse un esercizio di pilates, in modo da offrire all’uomo ogni angolatura possibile del suo arto. »

    Ricchissimi i dialoghi disseminati tra le pagine, specchio di un’oralità che omaggia l’immediatezza del parlato e non esita – laddove sono necessarie espressioni dialettali – a riportarle con precisione e acribia. Come ne Il lampo, dove il sardo è riprodotto con una musicalità che non trascura di adattare in italiano standard i significati. Il racconto è ambientato in un posto speciale, Fregola, comune che detiene il record mondiale della longevità. Paese di oggi ma in cui si respira la nostalgia per un passato molto diverso:

    « Chi è rimasto nel paese vive di ricordi, di umili origini, quando le case erano fredde e buie, riscaldate da un caminetto attorno al quale si riuniva la famiglia, spesso colpita da geloni alle mani e ai piedi. »

    Irene aveva diciott’anni affronta, tra le altre cose, il tema di una malattia devastante, ma anche quello della rinuncia e della ribellione all’interno di uno scenario familiare. Strano posto, la famiglia, ci insegnano alcuni racconti. La famiglia vera o quella agognata, come dimostra la La montagna fa brutti scherzi, dove l’autrice dissemina abilmente dubbi, desideri e senso del possesso. Del resto, confondere è una delle abilità di chi trasforma in fiction il crimine, dovendo depistare chi usufruisce del prodotto letterario. Ecco perché, ne La visione, l’incertezza della protagonista le svolge anche possibilità inspiegabili: esisteva davvero l’uomo alto e ben vestito che le appariva all’improvviso di sera, in strada, con una vera e propria epifania, mentre lei era alla guida dell’auto? Chi era? In un’epoca, come la nostra, votata all’indifferenza, l’altro può assumere connotati stranianti. Può essere sconosciuto o una persona che si rivela quale non l’avremmo mai immaginata o perfino un uomo che trapassa con lo sguardo e farnetica tra sé, come in Identità celata.

    Occhi oscilla tra la luce e il buio, tra la speranza di un miglioramento e un ribaltamento subitaneo che rende fatale la vicenda. Se le contraddizioni promuovono le tensioni e i ribaltamenti rendono spettacolari e imprevisti gli svolgimenti, sono le chiusure mozzafiato a dare una cadenza estremamente vivace al volume. In Segni di riconoscimento il giallo si svolge come da copione, a partire dal ritrovamento di un cadavere che, in omaggio a Manuel Vázquez Montalbán, è stato rinvenuto nudo e completamente tatuato. Racconto visionario, e in qualche modo comple mentare a questo è La miracolata: se nel precedente l’epicentro della narrazione era un morto, qui è una donna che tutti credono imperitura, perché l’ha sempre scampata. Sopravvissuta a diversi incidenti, Caterina incarna un desiderio di eternità comune a molti mortali. Così come comune è la smania d’evasione toccata in Viaggio a Cuba, dove il problema del turismo sessuale è il pretesto per sfumare la cronaca in un altrove che diviene oscurità e minaccia.

    Come vedete, la raccolta è ricca anche dal punto di vista degli argomenti trattati: si aggiungano, a quelle già citate, altre tematiche sociali come la difficoltà di sbarcare il lunario, l’occupazione abusiva, i maltrattamenti in famiglia, le migrazioni che portano speranze e disillusioni:

    « Molti casi come il suo riempivano i telegiornali tutti i giorni, gente che pagava migliaia di euro per farsi trasportare verso il paradiso delle coste italiane, per trovarsi invece nella barca di Caronte che traghettava le loro anime all’inferno. »

    Questo libro è un gioiello, un esordio strepitoso, perché – ponendo in successione quindici inquietanti tasselli noir – ci dà uno spaccato attendibile della nostra società, degli stati d’animo che ci agitano, delle paure più profonde che ci attanagliano, dei rancori e dei dispetti che ammorbano l’aria. E lo fa mettendo in scena personaggi che calzano a pennello nei ruoli stabiliti: da questi emerge, in ogni parabola, il lato oscuro degli uomini, quelle ombre talvolta così nascoste che soltanto quando escono allo scoperto rivelano la propria portata malefica.

    Ma a quel punto, ormai, è troppo tardi.

    Il Buio

    Cristina non voleva andare a letto. Ogni volta iniziava a lamentarsi, a piangere, anche a gridare. Diceva di aver paura di " Loro, che apparivano quando le spegnevo la luce. Nonostante la confortassi assicurandole che sarei passata più volte a controllare che l’abat-jour fosse acceso, piangeva e cercava di spiegarmi che Loro" l’avrebbero spenta!

    Ero proprio stanca di lei, ormai dodicenne, che non aveva superato la paura atavica del buio e voleva dormire con me nel lettone ogni sera.

    «Mamma, mi porti tu in cameretta e resti con me? Ho paura!»

    «Cristina, cerca di stare tranquilla, arrivo subito. Dammi almeno il tempo di sistemare la cucina.»

    Ma quella sera che la accompagnai, piangeva e strillava più del solito. Erano singhiozzi disperati.

    «Non voglio restare da sola! Mi verranno a prendere, mi porteranno via! Rimani qui, ti prego! Ti prego!»

    «Basta, Cristina! Non puoi fare sempre queste sceneggiate.»

    Si attaccò alle mie gambe e le strinse forte. Se avessi voluto camminare, avrei dovuto

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