Io, performer: Siamo dipendenti da performance?
()
Info su questo ebook
Correlato a Io, performer
Ebook correlati
Emozioni al lavoro Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniStress lavoro correlato: sopravvivere con l'ipnosi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniManaging Zen: Il centro del movimento è un punto immobile Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIntegrazione tra Scrittura Autobiografica e Meditazione Guidata: Guida al laboratorio esperienziale per il professionista della salute Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIMAGO: Dal lavoro personale all'impegno per la società Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniManuale antistress per bancari (& affini). Lavorare in banca, gestire lo stress e vivere felici Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniStress e Burnout Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniVi raccontiamo la psicologia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa cultura aziendale. Una prospettiva pratica Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSconfiggere il Burnout Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniBurn out e mobbing Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCome vivere senza stress - Come ridurre lo stress e l’ansia nella tua vita: Gli effetti devastanti dello stress Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniBusiness consapevole: Come creare ricchezza attraverso i valori. Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniFelicità al lavoro: Dal benessere alla produttività con il chief happiness officer Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIntelligenza emotiva applicata: Scopri come le tue emozioni possono aiutarti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl mondo del lavoro nell'era dell’automazione: crisi od opportunità? Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGestire le personalità difficili: Come comportarsi efficacemente con colleghi difficili Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniEducazione all'amore. Dialoghi e considerazioni su un illustre sconosciuto Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAl lavoro con il cuore: Impara ad amare il tuo lavoro e vivi più felice Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl paradigma del limite a ciò che è impossibile: Più so, più so di non sapere. Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSuperare un Amore Non Ricambiato: Consigli e Strategie per Ricominciare Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSbarazzati Dell'ansia Adesso!: Raccolta Vita Piena, #6 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa cura professionale: Considerazioni sociologiche - condivisibili anche da non sociologi - sulla cura, l’utilizzo di sostanze nocive e sul gioco d’azzardo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniTrilogia Autoaiuto: Vivere senza stress, acquistare fiducia, diventare leader (3 libri in uno) Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniResponsabile sì, colpevole no!: Il giusto approccio al senso di responsabilità. Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMissione_possibile: Come la gestione consapevole del denaro ha cambiato la nostra vita. E può cambiare anche la tua. Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniÈ facile affrontare i problemi della vita se sai come farlo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Scienze sociali per voi
Fake news dell'antica Roma: 2000 anni di propaganda, inganni e bugie Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLife. La mia storia nella Storia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniDonne all'opera con verdi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMussolini e gli Illuminati: Da Piazza San Sepolcro al rito sacrificale di Piazzale Loreto Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniProverbi Italiani: I migliori proverbi italiani, divisi per regione, nella lingua dialettale e con il loro significato Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMitologia delle piante inebrianti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe leggende delle Alpi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAntinfluencer: contro i nuovi persuasori del nulla Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Mille musiche diverse - Manuale pratico di Musicoterapia Valutazione: 5 su 5 stelle5/5L'Arte di Comunicare Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Diavolo e demòni (un approccio storico) Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSimbologia Massonica Vol.I: Simbologia e Tradizione esoterica liberomuratoria Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniQuaderni del carcere. Antologia: a cura di Mario Di Vito Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl viaggio esoterico dell’uomo nelle lame dei Tarocchi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniManuale delle Microespressioni Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniPrendila con filosofia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGli Illuminati: La realtà oltre il mito Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Quando eravamo i padroni del mondo: Roma: l'impero infinito Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniHawaiian Mythology Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Libro del Vero Massone Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniItalia e Migranti: bugie e verità Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniQuesto (non) è un paesaggio: Conversazioni, immagini, letture Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa cronaca nera in Italia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniItalian Sword&Sorcery: La via italiana all'heroic fantasy Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMaestro Libero Muratore. Manuale ad uso degli iniziati Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniApprendista libero muratore. Manuale ad uso degli iniziati Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Futuro che ci attende: Bibbia e Astrologia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa Cabala Massonica: Il Grande Architetto e il Libero Muratore Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa scoperta del bambino: Ediz. integrale Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Simbolo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Recensioni su Io, performer
0 valutazioni0 recensioni
Anteprima del libro
Io, performer - Giacomo Prati
BIBLIOTECA CONTEMPORANEA
© 2024 Edizioni Angelo Guerini e Associati srl
via Comelico, 3 – 20135 Milano
https://www.guerini.it
e-mail: info@guerini.it
Prima edizione: gennaio 2024
Ristampa: V IV III II I 2024 2025 2026 2027 2028
Publisher Benedetta Dalmasso
Copertina di Donatella D’Angelo
ISBN 9788881955077
Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633.
Le fotocopie per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da GLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail autorizzazioni@clearedi.org e sito web www.clearedi.org.
Versione digitale realizzata da Streetlib srl
titleINDICE
PREFAZIONE di Riccardo Sartori
INTRODUZIONE
PARTE PRIMA
LA SOCIETÀ DIGITALE TRA ACCELERAZIONE, INCERTEZZA E STANCHEZZA
1.LA SOCIETÀ DELL’ACCELERAZIONE
1.1. L’accelerazione tecnologica
1.2. L’accelerazione dei mutamenti sociali
1.3. L’accelerazione del ritmo di vita
2.LA SOCIETÀ DIGITALE
2.1. Gig economy: chi dorme non piglia lavori
3.LA SOCIETÀ DELL’INCERTEZZA
3.1. Flessibilità?
3.2. O precarietà?
4.LA SOCIETÀ DELLA PERFORMANCE
4.1. Da soggetti a progetti
4.2. La performance nella società digitale
4.2.1. Le recensioni: la valutazione della performance nella gig economy, p. 52
5.LA SOCIETÀ DELLA STANCHEZZA
5.1. Nuove alienazioni
5.2. La «fine» delle vacanze
6.IL PERFORMAHOLISM: LA DIPENDENZA DA PERFORMANCE
PARTE SECONDA
LE PSICOPATOLOGIE DA «PRESTAZIONISMO»
1.IL PRESTAZIONISMO NARCISISTICO DEL PERFORMAHOLISM
2.LE PATOLOGIE DA «IPERCONNESSIONE»
2.1. FOMO: la paura di essere tagliati fuori
2.2. Nomofobia: la paura di rimanere senza connessione
2.3. Phubbing: preferire lo smartphone alla compagnia
2.4. Vamping: connessioni notturne
2.5. Il sovraccarico informativo
2.5.1. L’ansia da informazione, p. 78 - 2.5.2. La sindrome da affaticamento informativo, p. 79
3.STRESS DA PRESTAZIONISMO
3.1. Le reazioni psicofisiologiche da stress
3.2. Il modello del carico allostatico
3.3. Il sé esaurito: il burnout
3.4. I nuovi lavori usuranti: lo «spazzino» del web
4.I DISTURBI D’ANSIA
4.1. L’ansia da… prestazione
4.2. La sindrome dell’impostore
4.3. I disturbi del sonno
5.LA DEPRESSIONE, IL MALE DEL SECOLO
5.1. I numeri di un’emergenza globale
6.IL PERFORMAHOLIC: UN PRIMO PROFILO
PARTE TERZA
STRATEGIE PER PREVENIRE E FRONTEGGIARE IL «PRESTAZIONISMO»
1.STRATEGIE PER PREVENIRE IL PRESTAZIONISMO
1.1. Prevenzione primaria
1.2. Prevenzione secondaria
1.3. Prevenzione terziaria
1.4. Prevenzione quaternaria
2.STRATEGIE PER FRONTEGGIARE IL PRESTAZIONISMO
2.1. Coping centrato sul problema
2.2. Coping centrato sulle emozioni
2.3. Non coping di evitamento e di fuga
2.4. L’importanza di essere ottimisti
3.UNA PEDAGOGIA PER UNA PERFORMANCE SOSTENIBILE
3.1. Il ruolo dell’educazione e della formazione nel contrasto al performaholism
3.2. La consapevolezza: sapere per cambiare
3.3. L’arte per connettersi alla bellezza
4.DISCONNETTERSI PER RICONNETTERSI A SÉ
4.1. Il diritto (e dovere) alla disconnessione dal digitale
4.2. Il supporto sociale: l’importanza della rete relazionale
4.3. Riconnettersi alla natura
5.UN NUOVO STILE DI VITA PER IL BENESSERE COLLETTIVO
5.1. Attività fisica in giuste dosi e sana alimentazione
5.2. Il sonno: dormire bene per vivere meglio
5.3. Rilassamento e meditazione per un nuovo approccio al tempo
5.3.1. Il rilassamento mentale, p. 145 - 5.3.2. Il rilassamento fisico, p. 147
6.PRENDERSI CURA DI SÉ
6.1. Chiedere aiuto: il ruolo della psicoterapia
CONCLUSIONI
UN NUOVO MODELLO DI VITA È POSSIBILE?
Ringraziamenti
Bibliografia
A Cecilia, bella e pura
PREFAZIONE
di Riccardo Sartori*
Leggendo alcune parti di questo nuovo volume di Giacomo Prati, autore da me già apprezzato per il libro Invisibili al lavoro. Gli operai del clic ai tempi della gig economy, mi è capitato di provare qualcosa che, in parole, potrebbe essere reso in questo modo: «Così ci facciamo del male! Ci stanchiamo, ci stressiamo, ci esauriamo e ci ammaliamo!». E mi è venuta in mente una delle frasi più celebri di Sigmund Freud, noto a tutti come il padre della psicoanalisi, secondo il quale la salute mentale di una persona può essere misurata attraverso la sua capacità di amare e di lavorare. Le due cose assieme, però, armoniosamente assieme mi verrebbe da dire, non che una prevalga sull’altra! Mi sono venute in mente anche parole come omeostasi, equilibrio, bilanciamento o, per usare un anglismo noto non solo agli addetti ai lavori, work-life balance, ovvero equilibrio vita-lavoro. In pratica, parole in netto contrasto con altri anglismi, come quelli più volte citati nel testo, quali workaholism (dipendenza dal lavoro) o performaholism (dipendenza dalla prestazione).
Amare e lavorare, pur essendo attività tanto antiche da permettere a noi esseri umani di godere di un certo bagaglio di esperienza in entrambi i campi, rimangono anche oggi attività al tempo stesso semplici e complesse.
Amare non vuol dire soltanto e semplicemente desiderare, possedere, controllare o dominare un’altra persona, così come non significa diventarne dipendenti o addirittura ossessionati. La psicopatologia ha ben indagato, individuato e definito le diverse forme che la dipendenza affettiva può assumere nella vita di noi esseri umani adulti, e nessuna di queste delinea un modo sano e maturo di amare. Prima della psicopatologia ci hanno pensato la letteratura e il cinema con le loro figure di ossessionati dall’amore come Heathcliff (uomo) in Cime tempestose (romanzo di Emily Brontë del 1847) o Alex Forrest (donna) in Attrazione fatale (film del 1987 diretto da Adrian Lyne), per citarne soltanto due e non fare discriminazioni di genere. Amare, quindi, può diventare patologico, tossico e distruttivo, sia per sé che per gli altri.
Lavorare, del resto, non significa soltanto e semplicemente prestare la propria mano d’opera. Taylor, quello del taylorismo per capirci, anche solo a nominarlo fa venire in mente quanto di meno desiderabile una persona possa immaginare per sé come lavoratrice o lavoratore. Non a caso, dal punto di vista linguistico, si è passati dall’antica e svalutante espressione «forza lavoro» a quella più moderna e valorizzante di «risorse umane», passando per la più semplice e ancora oggi usata «personale». Quest’ultima designazione ha, a mio avviso, quanto meno il merito di ricordare che lavoratrici e lavoratori rimangono persone anche al lavoro e non sono soltanto ruoli. «Risorse umane», del resto, è un’espressione coniata da un certo Raymond Miles nel 1965 per ricordare alle aziende che le persone al lavoro sono anche risorse su cui investire in un’ottica di sviluppo sia individuale che organizzativo, non soltanto spese, perdite e uscite sul libro paga.
Si può amare il proprio lavoro; ma nessuno ama un lavoro che lo avvilisce, non gli dà soddisfazione e alimenta stati emotivi negativi come frustrazione, rabbia, ansia o depressione. Gli atteggiamenti che le persone possono assumere nei confronti del proprio lavoro variano tra due opposti così definiti: atteggiamento difensivo e atteggiamento proattivo. Assumiamo un atteggiamento difensivo nei confronti del nostro lavoro tutte le volte che questo diventa fonte di malessere, disagio e insoddisfazione (ci difendiamo, ad esempio, mettendoci in malattia o facendo assenteismo, sia reale – pause caffè prolungate – che virtuale – navigare in internet dal posto di lavoro per contenuti non lavoro-correlati, fenomeno che in inglese è noto come cyberloafing). Assumiamo invece un atteggiamento proattivo, di investimento libidico direbbero gli psicoanalisti, tutte le volte che il nostro lavoro ci piace ed è fonte di benessere e soddisfazione (siamo proattivi, ad esempio, quando ci facciamo volentieri carico di sforzi aggiuntivi o aiutiamo un collega in qualcosa che non ci compete). Continuare un lavoro verso il quale ormai abbiamo assunto un pressoché costante atteggiamento difensivo significa esporsi a rischi psicosociali quali stress, mobbing e burnout. Viceversa, assumere un ruolo e occupare una posizione verso i quali abbiamo sviluppato un quanto mai produttivo atteggiamento proattivo significa sentirsi motivati, soddisfatti ed engaged.
Il work engagement, ovvero uno stato mentale positivo nei confronti del proprio lavoro, caratterizzato da tre dimensioni – vigore, dedizione e assorbimento –, viene considerato l’opposto del burnout, ovvero uno stato cronico di stress lavoro-correlato caratterizzato anch’esso da tre dimensioni – esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale.
Potrebbe venir facile pensare che, se il mio lavoro è fonte più di malessere che di benessere, stimolando in me un pressoché costante atteggiamento difensivo ed esponendomi a rischi psicosociali quali il burnout, io lo lasci. Ma esattamente come pare non sia facile lasciare un partner che ci trascura o sia addirittura maltrattante, allo stesso modo non si osserva una correlazione alta e lineare tra l’avere un lavoro insoddisfacente e il lasciarlo. «Turnover» e «intenzione di turnover» sono due variabili differenti e non così tanto correlate come ci si potrebbe aspettare. Non fosse altro perché lasciare un lavoro pur poco soddisfacente significa rinunciare attivamente all’unico vantaggio certo, legato a qualsiasi lavoro legalmente formalizzato: lo stipendio.
Dall’altra parte, potrebbe venire ugualmente facile pensare che il work engagement, essendo uno «stato mentale positivo», abbia solo ricadute apprezzabili e desiderabili sulle lavoratrici e sui lavoratori, e non porti con sé quei rischi di stanchezza ed esaurimento insiti nei concetti di stress e burnout. Vale la pena qui ricordare che, invece, il work engagement ha in comune con il workaholism almeno la dimensione dell’assorbimento, così come mostrato in figura 1.
Figura 1 - Le dimensioni del work engagement e del workaholism
Anche lavorare, quindi, può diventare patologico, tossico e distruttivo, sia per sé che per gli altri.
Il libro di Giacomo Prati ci mette in guardia dall’accelerazione della vita moderna e dal rischio, non sempre riconosciuto da noi esseri umani, che la presenza costante tra noi di mezzi sempre più potenti e veloci (lo smartphone su tutti) con cui svolgere le nostre attività lavorative ed extralavorative significhi dare vita a una corsa e a una gara per esserci sempre e non essere mai assenti. Una continua sfida a mostrarsi costantemente disponibili e reperibili, non restare mai esclusi da nulla (o fuori, ai margini e superati) e rimanere performanti sempre e comunque: di giorno e di notte, nei giorni sia feriali che festivi, sul lavoro, a casa e in vacanza, in salute e in malattia. Finché morte non ci disconnetta…
Viene in mente Tempi moderni di Charlie Chaplin, film di denuncia uscito nel 1936 sugli effetti collaterali e deleteri accusati dalle persone come conseguenza dell’applicazione acritica e standardizzata dei principi di Taylor all’organizzazione del lavoro nelle fabbriche e nelle industrie. Siamo ancora in quei Tempi moderni? I tempi di oggi, che in teoria hanno passato al setaccio filosofie deprecabili di organizzazione del lavoro come il taylorismo e il fordismo, evidenziandone l’inadeguatezza dal punto di vista dei meccanismi di funzionamento psicologico delle persone, coniando espressioni come quella di risorse umane, nate proprio per salvaguardare le persone al lavoro da fenomeni quali l’alienazione, lo schiavismo, l’insoddisfazione, lo sfruttamento e la demotivazione, e sviluppando modelli di organizzazione del lavoro più umani e complessi che mettano al centro delle attività produttive e di erogazione di servizi l’essere umano: in definitiva, questi tempi moderni di oggi sono davvero così diversi dai Tempi moderni mostrati da Chaplin?
Sì e no.
Sì, per la diversa e maggiore consapevolezza che si ha oggi di temi quali il malessere e il benessere al lavoro (la cosiddetta salute organizzativa), consapevolezza che rende possibile, oggi, la pubblicazione di libri come questo; sì, perché ai tempi di Chaplin era netta la differenza tra il «carnefice», ovvero il «padrone» schiavista e sfruttatore, e la «vittima», ovvero lo «schiavo» sfruttato, ridotto a ingranaggio e assoggettato ai ritmi della macchina (oggi le cose sono un po’ più sfumate, come anche la figura 1 vuole suggerire); sì, perché oggi lavoratrici e lavoratori possono godere di maggiori tutele, diritti e libertà. Almeno sulla carta.
No, soprattutto perché l’illusione di avere sotto controllo la propria vita, anche grazie a un mezzo come lo smartphone che, con le sue innumerevoli app, ci permette di comunicare e lavorare a distanza con chiunque, sia oralmente che per iscritto, leggere la posta ovunque e rispondere alle e-mail da qualsiasi luogo fermo (casa) o in movimento (treno), entrare in banca per fare e ricevere pagamenti anche senza recarci fisicamente in filiale, scrivere testi, fare calcoli, firmare documenti ecc., ci rende non solo padroni ma anche schiavi di noi stessi, con il rischio che siamo noi a ridurre noi stessi a ingranaggio, mantenendo però l’illusione di poter disporre del no stro tempo, di gestire le nostre attività, di essere solo padroni e non anche schiavi. Crediamo di incarnare il concetto di work engagement