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Salto nel buio
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E-book258 pagine3 ore

Salto nel buio

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Info su questo ebook

Romanzo fantascientifico, finalista premio Delos Odissea II
 
Siamo nel 2376. Da qualche secolo è iniziata la colonizzazione dei mondi della Galassia e Corbarra, poliziotto spaziale, è costretto suo malgrado a usufruire di una licenza per motivi di salute. Durante il viaggio verso l'ultimo pianeta colonizzato, la navetta passeggeri effettua un salto comparendo in una zona non coperta dalle mappe stellari. Scopriranno un pianeta sconosciuto dove una razza aliena sta per essere annientata per motivi inspiegabili. Chi è l'artefice del genocidio? Perché la navetta è comparsa proprio in quel punto? Una nave Dreamer, adibita alla scoperta di nuovi mondi da abitare, viene fatta esplodere, qual è il motivo? Corbarra e la ragazza che lo accompagnerà nelle avventure scoprirà chi si macchia di questi e altri crimini.

"Il romanzo mescola abilmente la classica avventura spaziale con alcune atmosfere da giallo, indagini e il classico eroe-poliziotto che risolve le situazioni difficili. Un romanzo che si regge bene sulla struttura stessa della trama, con i vari climax che lasciano il lettore con il fiato sospeso e per questo risulta abbastanza avvincente. Inoltre, si legge con molta facilità grazie ad una prosa semplice e fluida. I dialoghi sono anch'essi ben architettati e coerenti con il profilo dei personaggi e la trama stessa."
Redazione Delos
LinguaItaliano
Data di uscita27 apr 2014
ISBN9786050302042
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    Anteprima del libro

    Salto nel buio - Cosimo Vitiello

    Cosimo Vitiello

    Salto nel buio

    Romanzo fantascientifico

    Note dell’autore

    Il presente romanzo è opera di pura fantasia. Ogni riferimento a nomi di persona, luoghi, avvenimenti, fatti storici, siano essi realmente esistiti o esistenti, è da considerarsi puramente casuale e involontario

    ai viaggiatori fantastici

    vetrina personale

    © 2017, 2024 Cosimo Vitiello

    Copertina: Luca Oleastri

    Edizione a cura di: Bozze Rapide

    Trasformazione digitale : MiCla Multimedia

    SALTO NEL BUIO

    di Cosimo Vitiello

    prima stesura novembre 2007

    copyright protected by

    Logo Copyright, sito protezione diritti

    XPvsBHdVN3esR9dx

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per la pubblicazione e/o l’utilizzo della presente opera o di parte di essa, in un contesto che non sia la sola lettura privata, devono essere inviate a:

    minovitiello@hotmail.com

    Indice

    Frontespizio

    Disclaimer

    Copyright

    INTRODUZIONE

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    LEGENDA

    Altro dell'utore

    Altro dell'utore

    Bibliografia

    Leggere significa

    INTRODUZIONE

    Nel 2071 gli studi condotti dai fisici Nelson e Capera indicarono che in natura esistono elementi i quali, se liberati della forza di coesione nucleare, generano un flusso di particelle gravitoniche. Solo più tardi si riuscì a incanalare questa enorme energia la quale, diffusa su particolari piastre, dava origine a una superficie di gravitazione artificiale (Polliana, 2105). Sempre Polliana nel 2107 utilizzò per la prima volta il Pentaferro come fonte primaria, un elemento scoperto su Thebe (satellite minore di Giove) con peso atomico 130 e con valori energetici molto più alti di quelli utilizzati fino allora.

    Nel 2142 Castiglio riuscì a concentrare l’energia prodotta dal primo stadio del processo di separazione del generatore gravitazionale in uno spazio ridotto, ottenendo una piega nel continuum spazio-temporale. Castiglio morì durante l’esperimento, in cambio l’umanità di colpo ebbe l’accesso all’intera galassia. Al primo mondo colonizzato fu dato il nome di Castiglio, in onore al fisico che aveva dato la propria vita per una grande scoperta.

    I primi generatori di piega realizzati usavano un grosso acceleratore di particelle ma, per l’elevata quantità di energia utilizzata e per l’ingombro della struttura, non era possibile trasportarlo a bordo delle navi. Così furono costruite le prime stazioni di salto permanente, che permettevano lo spostamento delle navi ovunque nello spazio conosciuto. Fu subito chiaro che bisognava realizzare delle astronavi capaci di effettuare salti in totale autonomia, in modo da poter esplorare nuovi sistemi solari. Nacquero così le Dreamers, grosse navi di avanscoperta con a bordo pochi uomini, alcuni dei quali rimasti nella storia.

    La tecnologia attuale permette oramai di realizzare generatori di dimensioni ridotte, ma solo le navi più recenti e costose ne sono provviste. Oggi, nel 2376, dopo oltre 200 anni dalla scoperta di Castiglio, più di 300 pianeti sono abitati dalla razza umana e questo numero va aumentando di anno in anno. Si contano migliaia di stazioni di salto in tutta la galassia conosciuta, gestite da una rete di navigazione che consente a chiunque di viaggiare tra i mondi in totale autonomia.

    Capitolo 1

    Corbarra non ne era rimasto sorpreso, tuttavia non riuscì a trattenere un moto di rabbia. Alzò con sconforto lo sguardo verso il traffico in alto, lontano, il cielo macchiato da nuvole bianche in lento movimento. Alle sue spalle l’ampia facciata del palazzo grigio dominava tutto il quartiere, ospitava gli uffici del Servizio di Polizia Spaziale. Barton, il suo diretto superiore, prima di consegnargli la licenza di un mese caldamente consigliata dal medico interno, aveva provato a spiegargli le motivazioni di quella decisione, tentando di convincerlo che era un’opportunità per ristabilirsi. A Corbarra non interessava, ma gli ordini andavano eseguiti. Si avviò verso casa con la forte intenzione di andarsene il prima possibile dalla Terra. Stringeva in mano la scheda dei documenti, completa anche del permesso di volare come poliziotto dell’aria; almeno non avrebbe dovuto pagarsi il viaggio.

    Davanti allo schermo della sala sfogliava le partenze dalla stazione europea in orbita intorno alla Terra. Il visore indicava dieci pagine, troppe pensò. Diede un’ultima occhiata veloce e si diresse in bagno, aveva bisogno di rinfrescarsi. Quando incontrò il suo viso riflesso nello specchio rimase a studiare alcuni secondi quei lineamenti da ragazzo, coi capelli corti e trascurati, come se non lo riconoscesse. Ce l’avrebbe fatta? si chiese, serrando forte gli occhi.

    Ancora non aveva deciso dove trascorrere il mese di ferie forzate, ma di una cosa era sicuro, desiderava fuggire via il più lontano possibile, fuori del Sistema Solare. Mentre si asciugava tornò alla ricerca e diminuì il numero delle partenze, selezionando solo quelle del pomeriggio. Se proprio doveva andarsene perché non farlo subito?

    Erano in ogni caso troppe. Si stava innervosendo. Fece quindi uno studio sulla destinazione più distante dalla Terra, e l’orario di partenza delle navette disponibili da lì a qualche ora. La lista risultò piuttosto corta. La prima era alle tre del pomeriggio, destinazione per il pianeta Alba. Controllò se per quel volo fosse disponibile il posto di poliziotto dell’aria e, avuta la conferma, lo prenotò.

    Il tragitto in aerotaxi fu veloce e tranquillo, ma appena entrato nella grande sala rotonda della stazione fu colto da un attacco di panico. Eseguì un esercizio di autocontrollo sul posto come gli era stato insegnato dal medico. La tensione si ridusse lievemente. Volse lo sguardo lungo tutto il perimetro cercando l’uscita per la sua prenotazione. Individuò il terminal di partenza sul lato opposto, s’incamminò tenendo una mano poggiata sulla fondina. L’arma di ordinanza, oltre a essere obbligatoria quando si occupa il posto di poliziotto dell’aria, lo aiutava a sentirsi ancora un agente.

    La stazione era particolarmente affollata, a ogni passo verso la meta Corbarra rischiava di urtare contro qualcuno, e questo non lo aiutava di certo. L’inizio non prometteva niente di buono. Oltretutto le colonne che sorreggevano l’immensa volta trasmettevano pubblicità olografica: fu invitato più volte a una vacanza con una o l’altra compagnia, mentre donne sinuose dagli occhi languidi consigliavano pianeti inesplorati e terre lontane. Con grande sollievo raggiunse l’uscita senza ulteriori disagi.

    Dopo essersi identificato con il tesserino dell’SPS si sedette nella piccola sala di partenza, in attesa che la navetta delle quindici venisse annunciata. La prenotazione diceva che alle quattordici e trenta iniziava l’imbarco e la saletta era già piena, Corbarra contò circa quindici persone.

    Dopo un breve lasso di tempo il visore sopra l’uscita per l’imbarco mostrò le informazioni del volo: la navetta si chiamava Novae II, comandata dal capitano Defoe.

    «Buon pomeriggio, lei deve essere il signor Corbarra dell’SPS di Ginevra.»

    Un uomo in divisa alto quasi quanto lui, con pochi capelli in testa, gli tendeva una mano, probabilmente il comandante. L’uniforme era quella classica dei piloti civili, pantaloni bianchi e scarpe nere lucidissime, lo stemma della compagnia sulla casacca azzurro scuro.

    «Sì sono io, lei è il comandante, credo» rispose in tono freddo, alzandosi per stringergli la mano. Sicuramente lo aveva riconosciuto dall’arma che portava al fianco.

    «Mi chiami Defoe, e lui è il mio secondo» e strinse la mano all’altro che si era avvicinato subito dopo. Vestiva in modo identico ma era più piccolo di statura, aveva i capelli curati e occhi chiari che lo squadrarono con interesse.

    «Debrigs, secondo pilota.» La stretta di mano decisa disse a Corbarra che l’uomo era molto professionale.

    «L’equipaggio di questo volo è composto da noi due e lo specialista di bordo, Ferristo, già sulla nave per i controlli prevolo» continuò Defoe. «Lei è la prima volta che va su Alba, signor Corbarra?»

    «Mi chiami solo Corbarra. Sì è la prima volta. A dire la verità non l’ho mai sentito nominare,» ammise con franchezza «l’ho scelto solo perché è il più lontano». Vedendo che i due si scambiavano uno sguardo interrogativo, precisò: «Sono in vacanza. Da solo, e non… non sapevo dove andare».

    «Non si preoccupi, ha fatto un’ottima scelta» disse con cordialità Debrigs, mostrando un timido sorriso.

    «Speriamo.»

    «Certo, non troverà i monumenti e i musei che si possono ammirare su Castiglio,» aggiunse il comandante con il tono di chi si sentiva offeso «ma in compenso ha il fascino e la bellezza che solo un pianeta vergine può dare. So che organizzano delle escursioni per quelli che amano la natura e gli animali xeno, lei è uno di quelli?» chiese con tono neutro.

    Corbarra si limitò a rispondere con un’alzata di spalle, scrollandosi di dosso quel discorso sterile. Poi continuò: «Senta, il posto a me riservato è sempre il numero uno?» e indicò i documenti che aveva in mano.

    «Certamente. Se desidera cambiarlo non dovrebbero esserci problemi» e rivolse un cenno di assenso al suo collega. «Ci sono alcuni posti vuoti sulla navetta.»

    «No, chiedevo così per informazione, sulla prenotazione non è specificato.»

    «Sì, non compare perché il posto riservato al poliziotto è sempre il primo, proprio vicino alla porta che dà accesso alla cabina di pilotaggio. A proposito, la sua scheda personale apre anche quella. Non è accessibile a tutti ed è blindata. Quindi quando vuole può entrare.»

    Le porte che davano accesso alla navetta si aprirono, i passeggeri iniziarono ad affluire con tranquillità. I tre attesero con calma il loro turno.

    «Il viaggio dovrebbe durare dalle tre alle quattro ore», continuò in tono didattico Defoe. «Dipende da quanto tempo ci fa aspettare la stazione di transito Galileo.»

    «Come mai non conoscete quanto sarà il tempo di attesa? Non siete in collegamento?» chiese Corbarra incuriosito.

    «La Galileo si trova fuori del Sistema Solare, si fa prima ad arrivare lì che ad attendere informazioni sul traffico. Prego.» La saletta si era svuotata, Defoe gli cedette il passo per l’imbarco.

    La navetta risultò essere non molto grande, una ventina di posti disposti su due file da due poltrone. Entrarono dalla parte posteriore, in fondo si vedeva la porta aperta che dava accesso alla cabina di pilotaggio. Sulla destra si notava la cabina dello specialista, prima ancora la porticina per la toilette. Dal lato opposto era stato sistemato un piccolo bar automatico, con un bancone dove si poteva mangiare anche cibo sintetizzato. La porta della piccola cabina dello specialista era aperta, Defoe entrò uscendone poi con un giovane alto e sorridente, che si presentò come specialista di bordo.

    Ferristo chiuse il portello d’imbarco e il brusio calò di qualche tono. Corbarra raggiunse il suo posto dopo che il comandante Defoe e il suo secondo ebbero abbandonato la sala. L’oblò accanto a lui dava sulla struttura esterna a cui la Novae II era ancorata, di fronte, un pannello avvisi mostrava alcune informazioni utili ai passeggeri. La poltrona era comoda e al suo fianco nessuno a infastidirlo. Da dietro arrivava il chiacchiericcio soffuso dei passeggeri, una risata a tratti saliva di nota ma sempre nei limiti. Il poliziotto si chiese quale fosse il motivo che spingeva quelle persone a recarsi su un pianeta sperduto. Il comandante lo riteneva di prim’ordine, e forse un giorno lo sarebbe diventato, ma per ora era solo un mondo di frontiera.

    Il pannello degli avvisi diceva che mancavano ancora dieci minuti, allora decise di curiosare nella cabina di pilotaggio, utilizzando la sua scheda per aprire la porta.

    «Posso?» chiese, infilando la testa nello spazio ristretto.

    «Ah! Corbarra, venga,» rispose con cordialità il comandante «manca poco, se vuole può rimanere qui durante la partenza.»

    «Magari, grazie. Non tutti lo permettono.»

    «Durante la fase di distacco non ci sono problemi,» spiegò Defoe «anche i regolamenti della nostra compagnia lo dicono», allontanò per un attimo le mani dalla plancia e si girò a guardarlo. «Appena lasciamo lo spazio della Terra dovrà uscire però.» Lo disse come se in realtà non lo pensasse, ma i regolamenti andavano rispettati. «È anche una questione di sicurezza.»

    «Immagino.» Corbarra cercò un posto dove accomodarsi.

    «Si sieda lì» disse Debrigs, indicando uno sportello a scomparsa che nascondeva una sedia.

    Tirato fuori il sediolino per gli ospiti risultò trovarsi proprio in mezzo ai due intenti a manovrare i comandi. Due visori sulla plancia indicavano varie informazioni riguardo al volo, Corbarra non era granché come pilota ma sapeva per certo che era tutto automatizzato. Il pilota, in quel caso lo stesso comandante, attivava i motori antigrav e poneva il computer di bordo in automatico, tutto il resto era compito della stazione. Infatti, appena giunto il momento, sul visore comparve il segnale di asservimento da parte della stazione europea, a indicare che avrebbe guidato la navetta fino alla Galileo, fuori del Sistema Solare.

    Si udirono i rumori attutiti dello sgancio dei supporti di fissaggio, attraverso i finestrini di volo la prospettiva iniziava a cambiare ma all’interno non si notava nessuna accelerazione. Appena fuori dalla struttura di ancoraggio la navetta accelerò in modo quasi istantaneo, le altre astronavi in porto sparirono tanto fu forte la spinta. Corbarra si tenne stretto come per contrastare il moto ma sapeva che non avrebbe accusato niente, il suo fu un gesto istintivo. Era a conoscenza che all’interno delle navi le paratie nascondevano schermi gravitazionali polarizzati con il moto, così da annullare l’accelerazione percepita dai passeggeri. L’orario che si leggeva al centro della plancia cambiò, e dal pomeriggio in un attimo si ritrovarono in piena mattina. Corbarra pensò che avrebbe avuto il tempo di recuperare il sonno perduto in quel mese di ferie, l’Ora Galattica di Transito era una invenzione utile ai navigatori, ma non per i passeggeri.

    «Ecco, ora andremo avanti così per circa un’ora,» riprese il comandante «poi faremo un salto che ci porterà nei pressi della stazione Galileo. Lei, Corbarra, può rimanere fino al salto, ma le posso assicurare che è monotonia pura. In sala, se vuole, potrà riposarsi.»

    «Già. Vado dietro allora» e uscì dalla cabina.

    Si sistemò al suo posto fissando lo schermo che aggiornava le informazioni, guardò fuori dal finestrino ma non c’era nulla da vedere. Cercò allora di chiudere gli occhi, meditando su ciò che avrebbe fatto una volta su Alba. Solo allora si chiese – come aveva pensato per i passeggeri – lui cosa diavolo ci andasse a fare in un posto così lontano. Probabilmente le uniche attrattive del pianeta erano i voli sulla superficie non ancora colonizzata, e qualche zoo marino costruito sotto il mare. Cosa poteva pretendere da un mondo colonizzato da poco? Forse poteva approfittare delle escursioni di cui parlava Defoe, anche se non era un amante di quel genere di attrazione. Poteva provarci però, se proprio non gli piaceva aveva sempre la possibilità di andarsene, e trovare un altro posto dove trascorrere quel maledetto periodo di ferie forzate.

    La voce del comandante attraverso i diffusori pose termine alle divagazioni personali: avvertiva dell’imminente salto e pregava i passeggeri di accomodarsi ai loro posti. Dopo alcuni minuti una spia rossa con la scritta Jumping si accese sullo schermo per qualche secondo, a indicare che avevano eseguito il balzo e ora si trovavano fuori del Sistema Solare. Corbarra si avvicinò al suo oblò e cercò di vedere la stazione Galileo, ma non era nel suo campo visivo. Rimase a fissare il vuoto assoluto per alcuni istanti, intanto la navetta eseguiva una lunga virata e le stelle si mossero di lato. A un tratto la porzione di spazio inquadrata dal finestrino venne sostituita dalla mastodontica costruzione.

    La Galileo era diversa dalle altre, l’avevano costruita da poco e l’acceleratore di particelle era camuffato nella struttura circolare. Sembrava formata da due coni uniti alla base, l’ampia parte centrale alloggiava di sicuro l’acceleratore. Le due estremità dovevano servire a emettere il forte campo di gravitazione concentrandolo in un punto lontano, producendo così uno strappo nel continuum spazio-temporale, permettendo alle astronavi di saltare l’immensità dello spazio beffandosi dei limiti fisici della materia.

    «Siamo arrivati alla stazione di transito Galileo,» intonò il comandante dagli altoparlanti «dovremo attendere quarantacinque minuti prima che arrivi il nostro turno per il successivo salto. Se volete potete servirvi al bar automatico, offre la compagnia.»

    Corbarra si alzò e passeggiò lungo il corridoio che separava le due file di poltrone. Sul lato destro della porta blindata qualcuno accese il visore e iniziò a sfogliare la rete, soffermandosi sui siti che trasmettevano sport. Si avviò verso il bar. Prese un caffè all’italiana per tenersi sveglio.

    Quarantacinque minuti interminabili, poi l’avviso del comandante di prendere i posti e la spia di salto che si accendeva, ma questa volta non si spense. Dopo un po’ che la fissava Corbarra vide Ferristo con la coda dell’occhio attraversare la fila di sedie e aprire la porta blindata, lo specialista fece un segno nella sua direzione seguito da un venga.

    Corbarra si alzò e seguì l’uomo dentro la cabina. Notò subito le spie rosse accese sulla plancia, sopra i visori. Qualcosa non andava.

    «Che succede?» chiese.

    «Siamo nel posto sbagliato» disse il comandante, ignorando Corbarra e fissando lo specialista con preoccupazione, un dito batteva nervosamente sul visore di fronte a lui.

    «Sì, me ne sono accorto anch’io,» rispose Ferristo «il mio visore indicava incongruità della volta. Ma com’è possibile?»

    «Mi spiegate che succede?» s’intromise Corbarra. «Cosa sono tutte quelle spie rosse» e le indicò con la mano.

    «Siamo fuori rotta» spiegò Debrigs. «L’autonav non riconosce le stelle, non siamo dove dovremmo essere.»

    «Provate a fare qualcosa allora, che ne so: resettare il sistema, riavviare il computer», a Corbarra sembrava la cosa più ovvia da fare.

    «Lo abbiamo già fatto, e l’autonav ha controllato dieci volte le stelle. Non ha trovato nemmeno una congruità.» Fu il comandante a parlare.

    «E questo è grave?» Il poliziotto fece quella domanda avendo paura di conoscere la risposta. Le facce che aveva davanti non indicavano niente di buono, poi tutte quelle spie rosse accese…

    «Era meglio se saltavamo in aria.» Tutti si girarono verso Ferristo, il ragazzo aveva gli occhi fissi lontani un’eternità.

    «Abbiamo fatto un salto nel buio» disse infine Debrigs.

    L’ultima frase gelò il sangue a Corbarra. La storia dei viaggi spaziali era piena di navi che avevano fatto salti senza sapere dove sarebbero finite, e senza mai fare più ritorno. Spirito d’esplorazione lo chiamavano, per lui era solo un suicidio.

    Corbarra continuava a spostare lo sguardo lungo la plancia, intanto pensava a cosa si potesse fare. Un salto nel buio! Da non crederci. L’incubo di ogni viaggiatore si era palesato a lui, e agli altri.

    «Bisogna avvertire i passeggeri» disse.

    «Sì, certo» rispose il comandante. «Se ne occupa lei?» rivolgendosi a Debrigs. Questo annuì e uscì dalla cabina. Defoe si portò le mani al viso e disse: «Come è potuto accadere, il generatore di piega della stazione funziona da qualche anno, non è mai successo, sono cinque mesi che faccio questo percorso…» e guardò Corbarra come se avesse le risposte.

    «Dobbiamo mandare un messaggio,» rispose il poliziotto «dobbiamo fare qualcosa.»

    «Allora non capisce,» si intromise lo specialista «siamo in uno spazio non esplorato. Il navigatore non riconosce le stelle: siamo persi, non ci

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