La sentenza: Il conflitto di attribuzione tra poteri e la trattativa Stato-mafia
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Anteprima del libro
La sentenza - Laura Leccis Venturi
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Certe campagne, che si vorrebbero moralizzatrici, in realtà si rivelano nel loro fanatismo negatrici e distruttive della politica
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Prefazione
La sentenza n. 1 del 15 gennaio è stata la prima pronuncia del 2013, con la quale la Corte Costituzionale ha aperto i lavori del nuovo anno, esprimendosi per districare una controversia estremamente complessa: il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sollevato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nell’estate del 2012, contro la Procura della Repubblica di Palermo, in merito ad alcune intercettazioni telefoniche in cui il Presidente Napolitano si è trovato involontariamente coinvolto. La vicenda delle intercettazioni del Presidente, essendo connessa al cruciale processo riguardante la presunta Trattativa Stato - mafia, ha catturato l’attenzione, oltre che del mondo politico e giuridico, anche dell’opinione pubblica. La sentenza n. 1/2013, come scrive Marco Olivetti, è destinata a fare storia perché pone dei limiti alle ingerenze dei magistrati in tema di intercettazioni telefoniche presidenziali, definisce e delimita una volta per tutte l’area di estensione delle prerogative del Capo dello Stato nella nostra forma di governo parlamentare; infine dà una lezione su come si debbano interpretare le disposizioni normative nel nostro sistema giuridico. L’interesse per questa pronuncia può considerarsi dunque doppio: da una parte vi è una esposizione delle prerogative presidenziali mai vista prima, dall’altra vi è molto da imparare sulle modalità di interpretazione delle norme. Senza dubbio, la vicenda delle intercettazioni del Presidente ha molteplici sfaccettature e non è di facile soluzione. Questo lavoro sulla sentenza n. 1 del 2013 della Corte Costituzionale intende valutare la vicenda delle intercettazioni dal punto di vista costituzionale, senza entrare nel merito dei dettagli concernenti i risvolti penali della pronuncia. Le considerazioni che seguono, dunque, non sono il risultato di assolute certezze sul dibattito in questione ma intendono semplicemente illustrare le argomentazioni, le osservazioni e le obiezioni, che dal dibattito prima e dalla pronuncia della Corte Costituzionale poi, scaturiscono spontaneamente. Osservazioni di natura costituzionale quindi, poiché è questa la natura del conflitto. Premettendo che, in questa sede, non si intende affermare quale delle due parti in causa abbia ragione o meno, vedremo come l’esito del conflitto non sia affatto scontato.
LE ORIGINI DEL CONFLITTO: LE INTERCETTAZIONI INDIRETTE DEL CAPO DELLO STATO
Il conflitto di attribuzioni tra la Procura della Repubblica di Palermo e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, risolto con la sentenza n 1/2013 della Corte Costituzionale, nasce a causa di alcune captazioni di telefonate, intercorse tra quest’ultimo e l’ex Ministro ed ex senatore Nicola Mancino, indagato per falsa testimonianza dalla Procura siciliana, all’interno del processo sulla presunta Trattativa tra lo Stato italiano e la mafia, risalente agli anni delle terribili stragi che hanno scosso il nostro Paese (primi anni novanta).
* * *
Per valutare le eventuali responsabilità dell’ex Senatore Mancino la Procura palermitana su cui pende il procedimento penale riguardante la Trattativa sopracitata, dispone, tra il 7 novembre 2011