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Democrazia reale. Democrazia apparente
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E-book281 pagine3 ore

Democrazia reale. Democrazia apparente

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Info su questo ebook

"...era il 29 agosto 2007,quel giorno balzavo agli "onori" della cronaca e incominciò il mio calvario...

Ti racconto la mia allucinante storia...senza fine...che potresti vivere anche tu..."

Gennaro Borrelli
LinguaItaliano
Data di uscita7 ott 2014
ISBN9786050325843
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    Anteprima del libro

    Democrazia reale. Democrazia apparente - Gennaro Borrelli

    politica?

    Prefazione

    GENNARO BORRELLI

    DEMOCRAZIA REALE

    DEMOCRAZIA APPARENTE

    (DONGO, la bufala del segretario comunale d’oro…una storia vera di crimini di Stato… )

    EDITORE

    G.B.

    Un giorno lessi queste riflessioni di un saggio:

    c’è chi non sa e non sa di non sapere:è un imbecille, deve essere ricoverato.

    c’è chi non sa e sa di non sapere:è un ignorante, deve essere erudito.

    c’è chi sa e non sa di sapere:è un sognatore, deve essere svegliato.

    c’è chi sa ma fa finta di non sapere:è un ciarlatano, deve essere evitato.

    c’è chi sa e sa di sapere:è un saggio, deve essere imitato.

    Ho trascorso la mia esistenza per avvicinarmi all’uomo che sa e sa di sapere accorgendomi durante il tragitto, che ciascuno di noi può imbattersi nella giustizia che ti distrugge e forse sa di distruggerti e chi potrebbe fermarla…ha lo sguardo rivolto altrove…

    Gennaro Borrelli

    Prefazione

    Operano quotidianamente nella nostra società, soggetti che occupano posti di rilievo nell’apparato dello Stato, nella redazione della carta stampata, nella struttura pubblica in genere che dovrebbero costituire punti granitici di riferimento di una vera ed autentica democrazia, dove nessun cittadino dovrebbe mai mettere in dubbio che i suoi diritti possano essere calpestati impunemente, dove nessuno potrà pensare che un articolo di giornale viene confezionato solo per distruggerlo, che il magistrato che lo sta giudicando… ha già in mente la sentenza da emanare, che una Procura della Repubblica che lo indaga lo perseguita per reati inesistenti, che una Procura contabile si accanisce incomprensibilmente, pur di vederlo condannato, che una Corte dei Conti lo sanziona comunque, arrecandogli inspiegabilmente somma ingiustizia.

    Nessuno penserà mai che tutto ciò potrebbe essere accaduto in Italia, in un Paese che un tempo veniva definito… la culla del diritto.

    Sui fatti che andrò ad esporre,si impone un rigoroso accertamento, per capire chi ha agito in buona fede, chi ha agito condizionato da una martellante campagna giornalistica falsa e denigratoria, indirizzata alla mia persona, chi ha operato con superficialità e chi si è mosso sulla base di un progetto studiato a tavolino, per annientarmi.

    In ogni caso, in questa mostruosa e disumana vicenda che sto per raccontare, Gennaro Borrelli ha subito solo somma ingiustizia, cosa indegna di un Paese ,davvero civile e democratico.

    E’ stato fatto scempio impunemente dei miei diritti, della mia persona, della mia dignità, della mia famiglia, dei miei affetti, da parte di soggetti istituzionali e mezzi di informazione, e questo Stato mi ha negato qualsiasi forma di tutela… proteggendo, forse inconsapevolmente, i miei carnefici…

    Oggi Gennaro Borrelli, è un cittadino senza diritti e la cosa ancora più grave è che questa violenta, crudele, disumana e illegittima privazione, gli deriva probabilmente dal fatto, che ha osato rivolgersi alle sedi istituzionali, per ottenere giustizia dei soprusi subiti.

    In una vera democrazia, se qualcuno ti dileggia, ti denigra, ti calunnia, ti diffama, ne risponde davanti alla Autorità Giudiziaria.

    In una falsa democrazia vieni dileggiato, denigrato, calunniato, diffamato, senza che nessuno ne risponda, perché chi dovrebbe ripristinare i diritti violati, di fatto, non intervenendo, si pone, forse anche inconsapevolmente, dalla parte dei calunniatori, dei diffamatori, dei denigratori, dei dileggiatori.

    Avrò presentato decine di querele, sulle gravissime offese arrecate alla mia persona, e a distanza di anni… sono ancora in attesa, per alcune di esse, che la magistratura si pronunci…mentre altre…tutte archiviate,sulla base di motivazioni destituite di qualsiasi fondamento logico e giuridico.

    Per converso, tutte le accuse rivoltemi, sia in sede penale che in sede contabile, accuse che se non credessi ancora nell’onestà dei giudici, sembrerebbero delle vere e proprie costruzioni fatte a tavolino, per l’attuazione di un piano delinquenziale inqualificabile teso a distruggermi, si sono tradotte in una serie di condanne sommamente ingiuste in mio danno, perché violative di tutti i principi che uno Stato davvero democratico, pone a favore dell’imputato e sia i processi che le istruttorie della pubblica accusa, hanno viaggiato a velocità sorprendente.

    La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Lombardia che nella relazione annuale predisposta in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha più volte lamentato negli ultimi anni una forte carenza dell’organico, prospettando la prescrizione di molti processi pendenti, con Gennaro Borrelli è stata capace di portare a compimento quattro processi… in poco più di due anni!

    Ora, siccome i miei processi erano basati sulla nullità assoluta, sarei proprio curioso di conoscere l’entità economica dei processi caduti in prescrizione… per mancanza dell’organico!

    La nostra Costituzione,afferma il principio della presunzione di innocenza dell’imputato, fino a quando la sentenza non passi in giudicato.

    Ebbene in questo Stato, in violazione di un preciso precetto costituzionale (art.27) viene emanata la legge n.97 in data 6 aprile 2001 (art.4, commi 1 e 2) che prevede l’applicazione delle misure cautelari, prima che una sentenza passi in giudicato, consentendo in tal modo ai miei carnefici, rimasti ancora nell’ombra, di perseguire il loro nefando, disumano, disonesto e crudele obiettivo, di farmi sospendere dal servizio, costringendomi poi a rassegnare le dimissioni dal posto che occupavo, sulla base di un reato (concussione) letteralmente inesistente, perché carente di tutti suoi elementi costitutivi, un reato lontano anni luce dalla mia formazione etica e professionale.

    Penso che neppure nelle inquisizioni medioevali più accanite, più crudeli, si sia mai giunti a tanto.

    Penso che anche nei processi alle streghe, venisse data una qualche garanzia.

    Questo aspetto della mia vicenda e, non solo questo, già rivolterebbe la coscienza di tutti gli uomini giusti e onesti.

    Anche se questa legge aveva superato l’esame della Corte Costituzionale, la motivazione, per niente condivisibile, posta alla base della sentenza emanata, la rende, tuttora, non immune da difetti di costituzionalità.

    Quando ho letto le motivazioni della Corte Costituzionale, mi sono chiesto se essa è chiamata a tutelare i principi della Carta Costituzionale, come è doveroso che faccia, oppure è chiamata a spiegare le ragioni per le quali il legislatore adotta una determinata legge, come ha fatto, a proposito della legge n.97/2001, giustificandone la costituzionalità.

    Il fatto ancora più grave, è che questa legge, viene emanata in uno Stato, dove i processi durano, normalmente, una… vita (solo con Borrelli subiscono una brusca… accelerazione), con la conseguenza che una persona innocente, una persona onesta presa di mira o che per accidenti si trovi in balia della giustizia, prima di vedersi prosciogliere…ha già scontato la pena… che non doveva scontare.

    Quando leggo i saggi di Socrate, di Platone, di Aristotele, di Cicerone, di Vico, di Manzoni, di Leopardi, di Croce, di Foscolo e di altre insigne personalità, mi chiedo che fine ha fatto quella cultura così profonda e, dove sono gli uomini di oggi, che l’hanno fatta propria.

    In una vera democrazia, più sono i lestofanti che potrebbero operare nelle istituzioni, maggiori devono essere le tutele che devono essere approntate in favore del cittadino e in un Parlamento in cui operano membri con sentenze penali passate in giudicato, oltre ad un numero imprecisato in attesa di giudizio, che garanzia ha un cittadino per la tutela dei suoi diritti?

    Una vera democrazia, non può consentire che posti di rilievo vengano occupati da soggetti che, possano incidere profondamente nella vita delle persone, operando con colpevole pressappochismo o, addirittura, con dolo, come da anni chiedo di verificare, rimanendo inascoltato.

    Ho ripetutamente richiesto alla Autorità Giudiziaria, che se si voleva per davvero conoscere la verità, sulla assurda e disumana vicenda che ha sconvolto la mia esistenza, sarebbe stato sufficiente acquisire i tabulati telefonici di tutti i soggetti, che si sono scagliati con una violenza inaudita, verso la mia persona, ma non è stato fatto e se non verrà fatto, reputerò questo Stato, complice dei miei carnefici.

    A distanza di sette anni, sto ancora aspettando che qualche spiraglio si apra…..salvo che non dovesse uscire fuori,beffardamente, che chi avrebbe dovuto rendermi giustizia, faceva parte dei miei complottatori.

    Cosa c’è da pensare quando il magistrato che deve accertare la verità, disattende ingiustificatamente i suoi compiti, oppure ti dà torto quando tutte le ragioni sono dalla tua parte?

    Nel 2007, presento una serie di querele contro un giornale locale, per avermi denigrato, dileggiato, e fatto uscire sulle sue pagine per …oltre 500 volte, dal… 29 agosto 2007.

    L’ultima mia apparizione risale al giorno…. 9 gennaio 2014, con tanto di foto e con un articolo, che ricalca una tecnica che reputo malvagia e distruttiva, come le altre 500 volte in cui sono rimbalzato sulla stampa locale, alla vigilia delle feste comandate, acuendo le mie sofferenze e nessun Garante di questo Stato, che sembra ben congegnato solo per la tutela dei diritti di quelli che contano, è intervenuto.

    Nessuno ha reputato che nei miei confronti, fosse stato superato ogni limite della decenza umana.

    A distanza di tre anni, verso il mese di maggio 2010, la Procura di Brescia (competente per il fatto che il quotidiano viene stampato in quella Provincia) chiede l’archiviazione delle mie querele.

    La circostanza singolare, è rappresentata dal fatto che, due Sostituti Procuratori di quella Procura, con due note quasi fotocopia l’una dell’altra, motivano la loro richiesta di archiviazione osservando (riporto la sostanza delle loro argomentazioni) che i reati ci sarebbero pure ,ma che, tuttavia, nell’ambito politico, le critiche mosse, ancorché acerrime, non possono configurare ipotesi di reato, secondo un insegnamento della Suprema Corte di Cassazione.

    Rispondo che il loro ragionamento è esatto, ma che pecca di una svista non di poco conto e cioè che Gennaro Borrelli, non era e non è mai stato un soggetto politico.

    Mi oppongo, ad entrambe le richieste di archiviazione, prendendo amaramente atto che in entrambi i fascicoli dei Sostituti, dopo tre anni…c’erano solo le mie querele e neppure uno straccio di atto istruttorio.

    A seguito dei miei rilievi, mi aspettavo il rinvio a giudizio di tutti quelli che per anni mi hanno denigrato, dileggiato,distorta la realtà dei fatti mentre, invece, dalla data del 10 luglio 2014,a oltre 4 anni di distanza dalle opposizioni da me presentate, la Procura di Brescia è tuttora silente sull’esposto con il quale ho denunciato la lesione della mia dignità etica e professionale da parte di una serie di giornalisti che, sicuramente se la ridacchieranno, perché rimasti impuniti.

    Ma che fiducia può avere un cittadino nelle Istituzioni, se al cospetto di gravissimi reati perpetrati in continuazione, non viene mosso un dito per ripristinare i diritti violati, mentre poi ti spacca il capello in cento parti per addebitarti colpe che non hai?

    Poiché ho riscontrato accanimento e ostilità anche in altre sedi di giustizia , solo se si accerta rigorosamente che i magistrati che mi hanno distrutto, lo hanno fatto per mera superficialità o perché non hanno avuto tempo di approfondire adeguatamente la mia orrenda vicenda e non perché appartenenti ad una loggia malefica, come la logica concatenazione degli eventi potrebbe anche far ragionevolmente supporre, potrò ancora riporre un po’ di fiducia,nelle Istituzioni di questo Paese.

    Non si capisce infatti perché, un giudice di Genova emetta sentenze conformi a quelle emanate dal giudice di Sanremo e quest’ultimo dica concettualmente la stessa cosa del giudice di Como.

    Non si capisce perché in controversie giudiziarie dove si dibatteva di questioni di poco conto e di valori insignificanti, Gennaro Borrelli, che aveva ragioni da vendere , non solo si trova inopinatamente soccombente ma, addirittura, venga condannato al pagamento di spese legali in misura spropositata di settemila euro o di ottomila euro oppure di oltre novemila euro, sostenendo oneri per spese legali solo per la controparte (!) , di oltre 60.000 euro, quando in molti di quei processi la materia del contendere era di qualche migliaio di euro se non addirittura centinaia di euro e le questioni dibattute giuridicamente insignificanti.

    Non si capisce perché gli stessi giudici che per prassi costante o compensano le spese legali oppure le determinano in misura ragionevole, con Gennaro Borrelli hanno usato non solo la mano ultrapesante ma sono andati, molti di essi, addirittura, al di là del decreto che approva le tariffe professionali forensi.

    E, il fatto ancora più singolare, è che lo stesso metro di giudizio viene adoperato da magistrati distanti tra loro, centinaia e centinaia di chilometri.

    E’ fondamentale conoscere le ragioni di tanto accanimento.

    E’ fondamentale accertare se le ingiustizie subite da Gennaro Borrelli, siano frutto di una sfortunata concomitanza di eventi avversi, oppure costituiscano la risultanza di un progetto studiato a tavolino e messo in attuazione, da soggetti inqualificabili, iscritti a qualche malefica associazione piduista,come chiedo che venga rigorosamente accertato.

    Se un magistrato ti condanna, trascurando tutti i principi statuiti dal nostro Codice in favore dell’imputato e viene accertato che lo ha fatto in malafede, questo giudice non può stare al suo posto, questo giudice disonora la memoria di tutti quei magistrati che hanno dato la loro vita per compiere fino in fondo il proprio dovere e ledono l’immagine di tutti gli altri,la maggioranza, che, ogni giorno in silenzio, svolgono con profondo senso del dovere, il proprio lavoro.

    Tutte le argomentazioni che ho svolto a mia difesa, per dimostrare l’assoluta inconsistenza dei reati e delle colpe attribuitemi, onoravano il diritto ,tutte quelle illustrate da chi mi ha accusato, lo umiliavano gravissimamente .

    In una vera democrazia, chi può privarti della tua libertà, chi può privarti di questo bene primario della persona, ha il dovere morale oltre che giuridico, di rispondere punto su punto alle argomentazioni svolte dalla difesa , senza trascurare neppure una virgola.

    In una vera democrazia, chi può privarti dei tuoi beni ipotizzando danni erariali, che nel mio caso erano del tutto inesistenti, deve fare la stessa cosa e non può liquidarti frettolosamente con l’espressione, …per Borrelli la nomina di direttore generale è legittima…, come ha fatto la Corte dei Conti, omettendo di dare risposte alle complesse argomentazioni svolte dalla difesa, dirette a dimostrare l’assoluta inconsistenza dell’accusa.

    Questi non sono processi che si celebrano in una vera democrazia, questi sono processi sommari, vissuti sulla mia pelle, degni dei più spietati regimi, dove l’uomo è una nullità assoluta.

    Una democrazia priva di anticorpi incapace di proteggere concretamente i suoi principi costituzionali, i suoi valori etici e giuridici e, soprattutto, la sua storia, è una democrazia soltanto apparente.

    Non so se mostrandone il vero volto riuscirò a dare un contributo per una Italia migliore, per un Paese davvero libero, autenticamente civile e democratico.

    Lettera al direttore del giornale locale

    Il 7 gennaio 2014, la Corte di Cassazione mi condanna per concussione, esclusivamente , sulla base di una lettera da me inviata al Sindaco e al Responsabile finanziario del Comune dove operavo.

    Allibito, per la somma ingiustizia con la quale questo Stato mi ripagava, per averlo servito per oltre 35 anni,con altissimo senso del dovere, mentre il 18 dicembre dell’anno precedente(si noti la vicinanza delle date dei due provvedimenti adottati e il periodo natalizio in cui esse vengono assunte!), veniva resa nota, con il solito particolare risalto, la mia condanna da parte della Corte dei Conti, per danno d’immagine, mi rivolgo, tra gli altri, al quotidiano che aveva pubblicato la notizia e al Capo dello Stato, con la seguente lettera:

    "Como, 19 febbraio 2014

    -Egr. Signor Direttore del Giornale

    "….omissis………"

    e p.c.

    -Esimio Signor Presidente della Repubblica

    Palazzo del Quirinale

    00187-ROMA

    -Ill.mo(…omissis)

    -Ill.mo(…omissis)

    -Ill.mo(…omissis)

    -Spett/le(…omissis)

    Signor Direttore,Le scrivo questa lettera per manifestarLe la mia indignazione, per il modo con il quale il Suo Giornale,continua a diramare notizie distorte sulla mia persona,violando il principio della verità e della continenza del diritto all’informazione,statuito dalla Corte di Giustizia Europea e,soprattutto,senza avere alcun riguardo per la dignità della persona,costituzionalmente garantita.

    Nella edizione del 18 dicembre u.s., a pag.34,..omissis, si dà notizia, da parte di un anonimo giornalista, della sentenza emessa nei miei confronti dalla Corte dei Conti su appello del Vice Procuratore contabile, rievocando per la centesima volta con inaudito risalto e con tanto di foto della mia immagine accompagnata da risonanti locandine per esaltare l’evento, affinché non si dimentichi, le mie vicende giudiziarie che reputo basate sulla nullità più assoluta e frutto di una allucinante persecuzione giudiziaria e giornalistica, indegna di un Paese davvero civile e democratico.

    Signor Direttore, quella sentenza è, in realtà, pur con sommo rispetto verso i giudici che l’hanno emanata, una mostruosità giuridica, perché basata su tesi accusatorie, non suffragate da accertamenti processuali e, pertanto , assolutamente nulla .

    Conosco e condivido pienamente il principio che tutte le sentenze vanno rispettate, ma non gli obbrobri di cui è espressione scandalosa la sentenza che il Suo giornale illustra con dovizia di particolari, facendomi passare per condannato per quei fatti che, ribadisco, costituivano solo ipotesi accusatorie cadute nel nulla, in dipendenza della sentenza di patteggiamento cui avevo aderito, per nobilissimi motivi (tentativo di sottrarre dal dileggio mediatico una donna sposata e madre di un bambino di 7 anni, sbattuta senza alcun ritegno sul Suo giornale, in spregio a tutte le leggi sulla privacy!).

    Signor Direttore, vorrei confrontarmi con il Vice Procuratore Generale della Corte dei Conti, guardarlo negli occhi e chiedergli in base a quali criteri impugna le sentenze della Corte e, soprattutto, quante sentenze ha impugnato prima di quella che ha riguardato la mia persona e per quale ragione un impiegato di un Comune comasco che aveva sottratto oltre 70.000 euro dalle casse comunali, viene condannato per danno d’immagine a 7000 euro dalla medesima Corte e la sentenza non è stata affatto impugnata dalla Procura , mentre per Gennaro Borrelli, che non ha rubato alcunché, né ha riconosciuto i capi di imputazione frutti solo di aberrante fantasia, viene richiesta e ottenuta una condanna spropositata di oltre 50.000 euro!

    Nel patteggiamento, come sicuramente Lei saprà, Signor Direttore, non si svolge alcuna attività, diretta ad accertare il fondamento delle accuse contestate e viene emessa una sentenza tecnica, cioè una sentenza che prende semplicemente atto della volontà della persona indagata di aderirvi.

    Lei sicuramente saprà che, spesso, chi patteggia, pur consapevole della propria innocenza, una volta incappato nella spirale di certa giustizia, preferisce avvalersi di questo istituto, sia per non girare nelle aule dei tribunali per… tutta la vita, sia per tutelare persone care che potrebbero essere coinvolte nella sua vicenda sotto ogni profilo, sia per ridurre al minimo il costo economico della sua sventurata sorte, oppure, perché teme il peggio, non riponendo alcuna fiducia in alcuni magistrati che,agendo in mala fede, disonorano tutti i giorni la sedia che occupano,nella indifferenza più assoluta.

    Da tempo, la Suprema Corte di Cassazione, aveva statuito che il patteggiamento, non implica affatto un riconoscimento di colpa, né la vicenda oggetto del patteggiamento, può essere utilizzata in altri processi (Cass.Pen.S.U. 27 maggio 1998 n.8488;conf.Cass.I, n.230 del 17 aprile 2000).

    La stessa nostra Costituzione afferma all’art.111, che la giurisdizione si attua mediante il giusto processo… e, al successivo IV comma, statuisce che il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova….

    Nonostante questi principi di altissima civiltà giuridica, sia il Tribunale di Como, che la Corte d’Appello di Milano sezione, II e III, oltre alla Corte dei Conti, in primo grado e in appello, utilizzano le ipotesi accusatorie oggetto di patteggiamento, a sostegno delle sentenze di condanna emanate!

    Credo, che nei processi alle streghe di medioevale memoria, ci fossero maggiori garanzie!

    Se poi si considera il fatto che per il patteggiamento cui sono addivenuto, ripeto, pe r nobilissimi motivi , vengo condannato a versare oltre 50.000 euro, somma palesemente iniqua e spropositata, mentre in circostanze analoghe, per reati ancora più gravi, accertati e riconosciuti (truffa aggravata), la Corte dei Conti

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