Hope!
Di Savio
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Hope! - Savio
Hope!
0. Gabbie
So già di non poter accattivare tutti voi con quanto starò per trattare, ma tentar non nuoce. Ciò che mi interessa davvero però è che ne venga colto il senso. Vedrete come una semplice domanda potrà farvi sentire piccoli e insignificanti.
Immaginate, dunque, che qualcuno vi chiedesse se esiste un numero preferito che possiate sentir vostro in qualche modo. Con grandi probabilità restituirete una risposta affermativa. Qualcuno molto bizzarro pronuncerebbe un numero con 7, 13, o addirittura 18 cifre, associandolo ad un significato ben preciso, un codice, una password, una data, delle coordinate geografiche, un numero primo, o forse un numero con alcune proprietà matematiche ben precise o comunque qualcosa di molto vicino a tutto questo. La maggior parte invece mi svelerà un numero compreso fra 0 e 10. O forse 100, 1000.
Tutto questo non è mica sbagliato: i numeri sono valori, spesso utilizzati per definire una quantità, e man mano che questi diventano più grandi perdono di significato, almeno per noi. Non siamo più in grado di coglierli, di quantificarli dacché incapaci di immaginarli e quindi percepirli.
Lo stesso motivo per il quale solo un esigua quasi inesistente percentuale ha preferito, o soltanto pensato un numero negativo, si un numero con un ‘meno’ davanti. Eppure si tratta di un trattino piccolo piccolo, usato spesso per indicare qualcosa relativamente ad un’altra, per distinguere un ‘prima’ da un ‘dopo’, a seconda del riferimento: con -10 gradi, significa che stiamo 10 gradi centigradi sotto lo zero; -8 punti sta ad indicare gli 8 punti che separano la squadra per la quale tifiamo rispetto alla prima in classifica: sono tutti e comunque numeri. Va bene, va bene, questa era difficile, e i numeri decimali invece chi li ha considerati?
Pochissimi al mondo. Per lo stesso motivo di prima, un numero contenente la virgola pur essendo presente ogni giorno della nostra vita su etichette o cartelli, avrebbe un significato blando per la quasi totalità della gente se non fosse che essa è obbligata in qualche modo a saperli gestire. Al di là di coloro i quali hanno pensato ad un noto numero decimale - come ad esempio 3.14 , il valore approssimato del pi greco π - rientrano nei casi citati sopra. Sono in pochi ad aver risposto con numeri sentiti davvero propri fra tutti quelli esistenti e immaginabili, e mai suggeriti da niente o nessuno.
Vi confesso che io non ne ho ancora uno tutto mio, nemmeno uno, è una questione più delicata di quanto possa sembrare. E poi non ho nessuna fretta - sarà una scusante? - In ogni caso questa vuole soltanto essere una semplice e piccola metafora per mostrarvi quanto siamo propensi a crearci gabbie, anche mentali, oltre le quali non riusciamo a vedere. È davvero difficile guardare oltre ogni possibile condizione restrittiva: in tutto questo il nostro intelletto ha la sua bella fetta di responsabilità perché da sempre, anche in piccola parte, riesce a limitare inevitabilmente noi stessi e la realtà, ergo la nostra vita. La vita, di ognuno.
1. Logica
Sono sempre stato incuriosito da cosa fosse la logica, ho iniziato a ricercare dappertutto, a consultare persone e libri; così, mentre leggevo, ho applicato il metodo per deduzione. Cercai così molto velocemente dei princìpi, i quali rimarranno poi alla base del mio ragionamento. Presi in considerazione l’universo intero, scartando immediatamente ciò che è al di fuori del nostro mondo, e tutto ciò che è inanimato. Fra gli esseri viventi, scartai batteri, piante, quindi mi accorsi di aver escluso tutto ciò che non possiede un sistema nervoso. Perché proprio il sistema nervoso quindi? Cosa fa? Provvede all’acquisizione di informazioni dall’esterno per poter rispondere a seconda dei casi. Questo è possibile appunto solo se si possiede un proprio apparato cognitivo. Noi possediamo i cinque sensi senza i quali non saremmo stati in grado di formulare alcuna concezione a riguardo. Questa quindi rimarrà la mia unica ipotesi, il mio punto di partenza. Come è possibile valutare il modo in cui essa cresce e con cui si manifesta nell’uomo sin dalle prime gesta?
Il bambino che rivolge ai genitori delle domande, a volte male interpretate o spesso considerate tanto ovvie quanto stupide, mi ha aiutato a capire quanto l’infante sia costantemente alla ricerca di risposte, cercando di conoscere la realtà che lo circonda: forse spinti dall'istinto e quindi pronti a metabolizzare il tutto al fine di trarre vantaggi futuri. La stessa realtà deve per forza essere percepita da ogni essere, per poter ‘imparare’, a sopravvivere.
Un animale ovviamente è istintivo nel vero senso della parola. Questo istinto, eccezion fatta per le azioni quotidiane e involontarie, è costruito attorno all'ambiente, alle proprie esigenze e al proprio vissuto; un esempio può essere la differenza di aggressività istintiva tra uno selvatico ed uno domestico. Se una esperienza si ripete ogni volta con le medesime conseguenze avviene una associazione: quando ti volti sentendo qualcuno che pronuncia il tuo nome, oppure l’animale domestico che, pur non capendo il significato delle tue parole, riesce ad apprendere con quale espressione vuoi che lui ti porga la zampa. La sola differenza è che noi, oltre a percepire attraverso i sensi, riusciamo spesso a fornire una spiegazione a ciò che avviene diventando più che consci, consapevoli. Questa nostra consapevolezza ci rende in grado di riconoscere, costruire, valutare, comparare, organizzare idee, trovare vie di uscita in un modo non totalmente istintivo ma alternativo e originale, sofisticato, diciamo anche artistico e stravagante.
Successivamente, dopo aver assimilato ogni singola entità, il pensiero mette in relazione gli oggetti della realtà scrutata secondo un proprio ‘criterio’, la logica, differente l’un l’altro a seconda dal proprio vissuto e delle diverse forme di sensibilità, di emotività o anche di sesso e carattere.
Essenzialmente, per sviluppare una logica lodevole bisognerebbe preparare la nostra mente a riorganizzare i concetti, ponendosi da diversi punti di vista e di tanto in tanto intraprendere separati modi di procedere al fine di ritrovarsi pronti ad affrontare al meglio nuove sfide. Il ragionamento è quindi riposto nel nostro corredo genetico attraverso il quale ogni uomo, ogni essere razionale, in quanto tale, dovrebbe adoperarsene a tempo pieno.
Due i principali modi di intelligere che sono riuscito a distinguere: uno attraverso i sensi e l’altro attraverso la critica. Logica cognitiva e logica intuitiva, inscindibili: senza la prima non potrebbe esistere l’intuito, non avremmo su che basarci, ma lo stesso intuito viene limitato se ci si affida esclusivamente alla percezione e al nostro modo di percepire, di cogliere.
Già predisposte in noi, sembrano essercene state dosate in quantità diverse: alcuni sembrano esserne dotati più d’altri, della nostra e d’altre specie.
Una vecchia domanda quindi: è la natura o la cultura a determinare le predisposizioni e le capacità di riflessione? Entrambe sono condizioni necessarie. In assenza di contesti educativi e abitudini volte ad incoraggiare l’indagine, il pensiero critico e lo sviluppo della creatività in diversi campi, risulterebbe impossibile valorizzare le facoltà innate dell’individuo e ogni sua attitudine vocativa. I potenziali talenti sono, oserei dire, illimitati.
Allo stato brado, tornando alla visione uomo-animale, troviamo già istintivo radunarci in gruppi più o meno numerosi, e questo lo si fa spesso per soddisfare il proprio senso di appartenenza o per raggiungere uno scopo, quale la lotta di un antagonista comune. Passato il pericolo e usciti vittoriosi, ancora una volta per paura o per insicurezze, nuove lotte nasceranno all’interno, fino a creare nuove divisioni e ancora nuove cooperazioni.
Di qui capisco che per poter migliorare bisognerebbe inevitabilmente collaborare, in definitiva si può tentare di trovare un eterno e comune nemico. Forse c’è già: la morte? Può darsi. Nel frattempo dobbiamo necessariamente imparare fidarci costruendo