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La Lunga Pista
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E-book311 pagine4 ore

La Lunga Pista

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Info su questo ebook

Presentazione

Dell’ebook “la lunga pista” di Mat Bono

Genere: narrativa avventura Western, composta da 26 capitoli. Lunga e avventurosa Odissea lungo la sconfinata “frontiera dell’Ovest”: il protagonista cavalca senza sosta alla ricerca del proprio futuro. Nei caratteristici e coloriti ambienti western conoscerà di tutto: amici spesso occasionali, uomini di colore, sceriffi, fuorilegge, pellerossa, montanari, “rancheros”, ladri, minatori, affaristi, truffatori... Continuerà con coraggio la ricerca di un posto dove mettere le radici, in un mondo dove la sola legge è la pistola e la vita è tutto o niente, ricchezza o morte. Avrà aiuto solo da amici inaspettati, qualche volta dalla fortuna e da se stesso, fino al finale in qualche modo previsto solo (quasi una logica visione) dalla’anziana e saggia Helen.
LinguaItaliano
EditoreMat Bono
Data di uscita14 mar 2014
ISBN9788869090073
La Lunga Pista

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    Anteprima del libro

    La Lunga Pista - Mat Bono

    Mat Bono

    LA LUNGA PISTA

    UUID: 0d84ea5a-a5d0-11e3-8a13-27651bb94b2f

    Questo libro è stato realizzato con BackTypo

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice dei contenuti

    Presentazione

    Agguato

    Rodeo

    furto di bestiame

    Linciaggio

    Processo

    La resa dei conti

    progetti per il futuro

    Fine del sogno

    Il giocatore

    Il carrettiere, il nero, il pellerossa

    Navajos

    La miniera

    Denver

    Lupi, Boulder, Orso Dum-Dum

    Caccia ai banditi

    Condanna prima del processo

    Processo a Greene

    Fuga

    Fine della fuga di Greene

    Apaches

    7 colpi per un duello

    Addio Lupo

    Yuma!

    Verso Fresno

    L'ultimo duello

    Il ritorno

    Presentazione

    È la lunga odissea di esperienze di un giovane che diventerà uomo (a sue spese) lungo la sconfinata frontiera del West. Fuggito ancora ragazzo da una condizione familiare difficile, si troverà a confrontarsi con tali e tante situazioni diverse, datori di lavoro, pellerossa, affaristi, truffatori, amici spesso occasionali, fuorilegge, montanari, ladri, minatori, uomini di colore, sceriffi… fino ad un finale che solo l’anziana e saggia Helen poteva ( a suo modo) prevedere.   Sarà tentato dal sogno della facile ricchezza e della vendetta e reagirà anche con errori che gli costeranno a volte molto, ma non mollerà mai. Dovrà prendere spesso decisioni molto dure e rischierà di suo con persone inaffidabili, ma troverà anche aiuti inaspettati, come egli stesso aiuterà chi è più disperato di lui. Queste esperiennze, in un’escalation che lo stava portando all’affermazione dell’uomo con la pistola, lo aiuteranno a conoscere alla vita vera, quella che deve essere vissuta confrontandosi con gli altri apertamente, senza paure e pregiudizi, perché solo così si può cercare quell’esistenza in cui credere e per cui valga la pena impegnarsi fino in fondo.

    Agguato

    Ora la macchia di alberi si distingueva nettamente, nonostante fosse già buio. Hearp tirò un sospiro di sollievo, pensando che ormai poteva fermarsi per la notte.   

    Scendendo dalla collina, col sole che stava già calando, aveva notato all’orizzonte quel boschetto e aveva deciso di pernottarvi, pur sapendo di avere un’altra ora di sella; poi, rimasto alla luce delle stelle, aveva avvertito quella stretta al petto, quell’angoscia che lo assaliva sempre in quelle occasioni, come se avesse smarrito la strada.

    -La solitudine…- Pensò Hearp, poi, scuotendo le spalle: -…la miglior amica!- Era un modo di pensare ricorrente nel giovanotto a cavallo che entrava nella macchia, cercando una piccola radura dove accendere un fuoco e togliere la sella al suo compagno di viaggio. Un modo di dire perfettamente giustificato dall’infanzia trascorsa: figlio di padre irlandese (se si poteva definire tale il risultato dell’unione tra un’indiana e un irlandese, perennemente sbronzo e ucciso con una coltellata durante una zuffa al saloon) e di madre olandese, Hearp non riusciva a ricordare un giorno felice della propria infanzia; le principali attitudini del padre, come il nonno del resto, erano le sbornie e le risse e, quando la sera rientrava ubriaco e pesto, picchiava la compagna e la metteva regolarmente incinta. A dodici anni Herp ne aveva fin sopra i capelli di quella baracca stracolma di otto marmocchi e delle urla che accompagnavano la sera il ritorno del padre: lui non era della stessa pasta, lui aveva preso dalla madre: gran lavoratore, era in grado di arrangiarsi in tutto e per tutto come pochi ragazzi della sua età.

    Tutto ciò non bastava a cancellare la sua situazione familiare: in paese era da sempre un escluso, oggetto di scherno degli altri ragazzi, evitato come un miserabile o un appestato.

    Hearp soffriva terribilmente di questo e in tutto ciò che faceva metteva la speranza di essere un giorno come loro, benestante, ma soprattutto rispettabile e pieno di amici; ogni giorno però si accorgeva di come tutto fosse sempre più irraggiungibile.

    Una sera perciò, con la forza che gli veniva da quella continua disperazione, prese le difese della madre, assalì il genitore brandendo il fucile e colpendolo più volte furiosamente col calcio finché non lo vide sanguinante e immobile a terra.

    Sapeva che il vecchio si sarebbe rimesso presto e glie l’avrebbe fatta pagare cara, perciò non ci mise molto a decidere; portandosi quel fucile del quale si era appena servito, uscì di casa col proposito di non tornarvi mai più. L’unica persona per cui gli dispiaceva era la madre, ormai più vecchia di dieci anni di quelli che aveva in realtà, sformata dalle fatiche e dai parti quasi annuali; i fratelli?... Fratelli e sorelle erano cresciuti degni del padre, non gli sarebbero mancati nemmeno un giorno.

    Da allora Hearp non aveva fatto altro che andare da un paese all’altro, vivendo con lavori saltuari; bravo a cavallo, ultimamente aveva vinto anche qualche rodeo.

    E così ora era diretto ad Austin per il rodeo che si sarebbe tenuto tra un mese e mezzo circa. Voleva sempre essere prima sul posto per conoscere tutto e tutti, perché ogni cosa gli poteva tornare utile per vincere, compreso il fatto che così poteva riposarsi un bel po’ prima delle gare. Intanto aveva tolto la sella al cavallo e l’aveva sistemata sotto un grosso albero nodoso, sotto il quale sarebbe stato piacevole riposare. Legò la cavalcatura col lungo lazo ad un tronco vicino, così da lasciargli molto spazio libero, che potesse pascolare un po’.

    Gli diede anche una zolletta di zucchero: ne portava sempre con se, oltre al sale, perché, se il primo era un ottimo nutrimento in mancanza di cibo, il secondo era un autentico toccasana quando gli capitava di attraversare di giorno lunghe distese assolate.

    Accese poi un fuoco nella piccola radura antistante il suo giaciglio, vi scaldò un po’ di carne affumicata e di gallette che ingoiò con avidità; poi prese dallo zaino una zolletta di zucchero che si sciolse in bocca con l’aiuto di un bel sorso di Bourbon. Il peso dell’armonica che portava nella tasca della camicia lo attrasse come ogni sera a quell’ora. La prese per portarla alla bocca, quindi lentamente ne trasse una dolce cantilena che gli saliva dal fondo dell’anima; continuò così per alcuni minuti, fino a sentirsi ‘sazio’. Ora gli restava solo il desiderio di un buon caffè e di dormire, ma, non potendo avere il primo, Hearp si decise per la seconda opzione, mentre il fuoco, scoppiettando allegramente, gli scaldava i piedi che sporgevano dalla pesante coperta tolta dalla sella.

    Il cavallo aveva sentito l’indiano avvicinarsi…. Nel suo linguaggio animalesco provò a nitrire un paio di volte, ma il padrone non sembrava dargli udienza, cosicché , quando il pellerossa provò a passargli il laccio sulla bocca per impedirgli di nitrire ancora, afferrando poi saldamente la corda, alla povera bestia non restò che scalciare di paura; sì proprio così, perché ad un cavallo insegnano ad avere paura dell’uomo fin dal primo giorno di addestramento, dopodiché alla povera bestia non resta che tentare qualche piccola reazione, se gli è concessa; se poi si rende conto di avere a che fare con un duro, è meglio sottostare che saggiare la frusta.

    La scena che apparve agli occhi di Hearp, svegliandosi di colpo, sembrò al cow-boy quasi irreale, ma la sua mano non ebbe bisogno di troppe sollecitazioni per impugnare la colt e fare fuoco, mentre balzava in piedi.

    Quasi contemporaneamente però, mentre l’indiano cadeva colpito in pieno, un altro sparo echeggiò tra gli alberi, preceduto da una vampata rosso-arancio: qualcosa come una cannonata lo prese al costato scaraventandolo a terra, mentre lo sparo rintronava fin dentro al cervello del giovane, che capì di non avere soltanto un avversario, ma due. Si piantò le unghie della mano libera attorno alla ferita, cercando da non svenire, altrimenti per lui sarebbe stata la fine, e sparò ancora, a caso, per far credere all’avversario di essere ancora temibile.

    Passarono attimi di teso silenzio che sembrarono eterni, poi si udì un rumore di rapidi passi che si allontanavano: l’avversario aveva mollato, fortunatamente!... Hearp sparò ancora e il rinculo dell’arma gli dette una fitta atroce. Dal rumore che aveva sentito e dalla vastità della ferita capì che gli avevano sparato nientemeno che con uno Sharps, neanche fosse stato un bisonte. La pallottola doveva avergli rotto almeno un paio di costole ed il sangue gli stava colando sui pantaloni.

    Il giovane si trascinò verso il cavallo che caracollava spaventato, per quello che gli concedeva la lunghezza del lazo.

    Era pericoloso cercare di raggiungerlo in quel momento, ma il giovane non aveva scelta; sapeva che in quelle condizioni era la sua unica speranza. Lo apostrofò più volte con dolcezza, poi riuscì ad aggrapparsi al lazo e ad alzarsi; la bestia si calmò ed Hearp cercò di montarlo, buttandosi di traverso sulla sua groppa nuda. Lo sforzo sembrò fargli scoppiare la testa e temette di svenire, ma riuscì, vomitando tutto quel po’ che aveva mangiato prima. Mio Dio, Pensò il cow-boy: chi l’avrebbe mai detto che sarebbe finita così!

    E, mentre tagliava il lazo che legava il cavallo, supplicò il suo compagno di portarlo in salvo da qualsiasi parte e svenne.

    Hearp aprì gli occhi; lo aveva già fatto diverse volte, ma era immediatamente ricaduto in un sonno pesante. Questa volta restò sveglio cercando di raccapezzarsi: un acuto dolore al fianco gli fece trovare una grossa fasciatura, che gli immobilizzava anche tutta la spalla sinistra. Girò con fatica la testa tremendamente pesante e incontrò uno sguardo di donna:

    -Mia madre!- Un urlo gli scoppiò in testa, ma, vincendo quell’ultimo appannamento, vide che quella donna gli era sconosciuta, anche se la grande somiglianza nella figura aveva richiamato nella sua mente tutto ciò che gli era tanto mancato in quegli anni.

    -Buongiorno, come i sente?- Chiese la donna; nella sua voce c’era quell’apprensione che ricorda la mamma al capezzale del figlio malato.

    Hearp pensò che doveva essere un’ottima madre. Era vicino al caminetto acceso dove bolliva una pentola, forse per il brodo.

    Più lontano una tavola con sedie o qualche bottiglia sopra; di fronte sia apriva la porta di ingresso con due finestre, mentre dalla parte opposta vi era una seconda porta, quella delle stanze, visto che il suo letto era chiaramente provvisorio, messo lì al caldo solo per poterlo seguire in qualsiasi momento. Sulla parete di fronte c’erano diverse stoviglie sopra un mobile con ripiani a vista ed un fucile appeso ad un paio di chiodi. L’ambiente era modesto, ma pulito ed ordinato.

    Lentamente gli ritornò la memoria, ricordò la sparatoria e di essere montato sul cavallo; poi il buio.Evidentemente la brava bestia, a dispetto del nome lupo che gli aveva dato, aveva come sempre fatto il suo dovere.

    -Dov’è il mio cavallo…dove sono…da quanto tempo sono qui?-

    Alla donna sfuggì un sorriso benevolo; al suo ospite era evidentemente tornata la voce in un sol colpo: -Calma giovanotto, una domanda alla volta, e restate fermo nel letto,non sforzatevi; ieri è venuto subito il dottore, dopo che il vostro cavallo vi ha portato fin qua. La vostra ferita non è grave, ma avete perso molto sangue ed avete una costola rotta. Il vostro cavallo, brava bestia, non si è mosso finché non vi abbiamo portato in casa, poi si è lasciato portare nella stalla: mia figlia Evelin lo ha lavato di tutto il sangue che avevate perso e da allora non lo abbiamo mosso di lì.-

    -Grazie ci tengo molto a quella bestia, anche se il favore più grande lo avete fatto a me. Quando potrò alzarmi?... Devo essere assolutamente a posto per il rodeo di Austin!-

    -Non credo che ve lo possiate permettere! Comunque il dottore per ora non si è pronunciato. Restate a letto e non pensate altro che a guarire, il resto verrà poi!-

    Questo fu il primo colloquio con la signora Potter (moglie del proprietario dell’omonimo ranch). Sul mezzogiorno rientrarono tutti dal lavoro ed il giovane fece così conoscenza col signor Potter e figlio, che Hearp invidiò subito, capendo che il suo coetaneo aveva avuto tutto ciò che a lui era mancato, e la figlia Evelin, deliziosa nell’aspetto, anche se i suoi abiti denunciavano che si occupava di cose ancora più rozze che badare ad un cavallo. Hearp si sentì immediatamente in imbarazzo e per due motivi. Primo, la ragazza: aveva avuto ben poche occasioni nella sua vita di trattare con ragazze che non fossero di saloon e, quando gli capitava, diventava rosso e muto come un pesce. Il secondo, era la condizione famigliare; ormai aveva constatato che in quella famiglia ognuno faceva il proprio dovere e si viveva in armonia.

    Cosa avrebbe risposto lui, se lo avessero interrogato sulla propria?... Era così maldestro che, se avesse raccontato una frottola, si sarebbe scoperto da solo…Raccontare la verità? …Cosa avrebbero pensato di lui? Ma nessuno gli chiese nulla; veniva semplicemente trattato come uno di casa e, dopo una settimana, l’unica cosa che continuava a metterlo in imbarazzo era lei, Evelin. Ormai in età da marito, era evidente che guardava gli uomini con interesse e, dato che in casa non c’era che lui, si sentiva come un verme in mezzo ad un branco di avvoltoi.

    Nel giro di quindici giorni cominciò ad alzarsi e, dopo un’altra settimana,ad andare a cavallo. Credeva così di scrollarsi un po’ di dosso quello sguardo, ma il guaio era che le occhiate della ragazza erano sempre più insistenti e, peggio ancora,lui si era preso una cotta. Ma come farsi avanti dopo essersi presentato di traverso ad un cavallo senza il becco di un quattrino, senza sella e senza cappello?...La cosa migliore che gli poteva capitare era che i coniugi Potter gli ridessero in faccia e lo buttassero fuori!Meglio pensare al rodeo: il dottore gli aveva detto chiaro che non poteva farcela, ma lui non voleva rinunciare; se avesse vinto il primo premio avrebbe potuto ricomprarsi la sella e pagare dottore e ospiti.

    La ferita gli faceva un male terribile quando si lanciava al galoppo ed Hearp non faceva altro che allenarsi a sopportare.

    Rodeo

    Era il grande giorno; Hearp caracollava lentamente sul suo cavallo nella via centrale di Austin e si godeva la tremenda confusione che vi regnava. Manifesti appesi ovunque, bancarelle di ciarlatani agli angoli, ognuno con le sue specialità medicinali da vendere.Addirittura un tale metteva in bella mostra un paio di bretelle indiane, pretendendo che fossero appartenute a Buffalo Bill ai tempi delle prime cacce al bisonte.

    Soprattutto però la gente interessava Hearp; gente già da tempo infesta per le strade, chiacchierando allegramente e nei saloon, bevendo e giocando fino a sbattere le chiappe per terra, sbronzi non solo di alcool. Andò direttamente al corrall dove fra poco si sarebbero tenute le gare e,al posto dei soldi(che non aveva) per l’iscrizione, offrì il suo cinturone, infilando la pistola nella cintura: l’addetto lo guardò male, ma capì subito che quel bel oggetto, dal quale il giovane si staccava con un sospiro, valeva ben più del prezzo del biglietto. Il giovane fu invitato a prendere posto fra gli altri concorrenti e gli venne assegnato un giovane torello: Quello Pensò: non sarà un osso duro, nonostante la ferita!... vedremo,finite le eliminatorie, cosa mi assegneranno!

    Le sue previsioni erano esatte: ormai si trovava in finale.

    Erano in quattro. Si passò all’assegnazione di un torello ognuno, ma non erano più le bestie di prima: queste erano i tipacci peggiori, quelli che, in ogni rodeo che si rispetti, si tengono per ultimi, come si farebbe per un buon Whisky.

    Partì il primo concorrente: gli aprirono il box e subito fu sballottato nel corrall in ogni modo dall’animale inferocito.

    Hearp che, insieme agli altri due finalisti, era l’unico che sembrava connettere ancora nel frastuono indiavolato della gente che urlava, lanciava cappelli al cielo, spaccava bottiglie e qualche volta sparava pure in aria, capì che quel concorrente non sarebbe durato a lungo; teneva le ginocchia troppo alte, scivolando facilmente verso il sedere dell’animale, logicamente il punto più critico.Sei secondi ed il primo cow-boy era nella polvere.Il secondo non seppe far meglio: sbattuto sulla staccionata dal suo torello, finì bocconi fuori dal recinto, travolgendo ubriaconi e ragazze che si rialzarono strillando come tante aquile,insultando il malcapitato che, a loro parere, avrebbe fatto meglio a badare alle pecore.

    Toccava ora al terzo; si girò verso Hearp ed i due giovani si guardarono in malo modo: si rendevano conto di non avere altri avversari. In quel momento Hearp gli avrebbe volentieri mollato un pugno sul muso: chissà perché nell’ultimo sorteggio, mentre a lui era toccata quella che gli sembrava la peggiore delle quattro bestie, all’altro era toccatala più mansueta, se così si può dire di un toro da rodeo.Il fatto poi che fosse il figlio di uno dei più grossi allevatori della zona aveva messo al giovane la mosca al naso; era pronto a scommettere che, se avessero rifatto il sorteggio, sarebbe andata di nuovo così.

    Il suo rivale si lanciò nell’arena; fu un’ovazione ed Hearp non poté fare a meno di ammirare lo stile perfetto che questi si poteva concedere,visto che la bestia che cavalcava non era infatti tanto scatenata.I secondi passavano ed un’autentica frenesia si impadroniva del giovane cow-boy nel vedere l’avversario restare tranquillamente in sella.

    La sua mano valida si contrasse sul corrall fino a farle male.

    -Quattordici secondi!-Sentenziò il giudice di gara: un autentico record. Hearp ebbe un attimo di scoramento avvicinandosi al recinto, ma si riprese subito: era disposto a soffrire le pene dell’inferno, ma non avrebbe mollato facilmente.

    Venne aiutato a scendere sull’animale e gli fu immediatamente aperto il recinto, mentre il lazo scivolava via dal collo della bestia che si buttò come un ossesso nell’arena, seguito da una sequenza incredibile di fischi: in parte meritati, visto che lo stile di Hearp lasciava alquanto a desiderare; infatti, per limitare il dolore al costato,si teneva inclinato sul dorso dell’animale e con la mano libera, anziché tenere l’equilibrio, si stringeva con forza la ferita per limitare le tremende fitte. Riuscì ad evitare di essere sbalzato un paio di volte fuori dal corrall e solo la sua massima concentrazione gli impedì di sentire che i fischi si erano tramutati in un mormorio di stupore, visto che non si decideva ancora a farsi sbalzare di sella da quel demonio di toro nero.

    Un improvviso dietro-front dell’animale lo sbilanciò leggermente, sentì una fitta lancinante e si spostò un attimo troppo a destra.Fu il suo errore: il toro balzò in avanti e si trovò attaccato ad una corna della bestia; si attaccò anche con l’altra mano e resistette un secondo di più, a dispetto del dolore insopportabile, quindi cadde nella polvere.

    -Tredici secondi!- Tuonò il giudice di gara: -Vince pertanto Ronald Hempton!-

    La delusione era atroce; un solo secondo!... Nonostante tutto, se non avesse commesso uno stupido errore, avrebbe vinto!Si alzò sconsolato e si avviò lentamente all’uscita del corrall, nonostante il torello fosse ancora libero nel recinto; qualcuno lo aiutò ad uscire, ma il cow-boy non vi fece caso.

    Sentì invece le parole del capo mandriano degli Hempton che lo scherniva, chiamandolo storpio maledetto, mentre il giovare Ronald assieme ad altri se la ridevano di gusto. Questo era troppo, non bastava che gli avessero rubato il premio per il quale si era tanto sacrificato!...Hearp si buttò a testa bassa sul cow-boy ed i due rotolarono a terra,dove il giovane usò ogni mezzo: colpì l’avversario più volte, quindi gli morse la mano con furia bestiale: il dolore della ferita, anziché frenarlo, gli moltiplicava le forze.

    Rotolarono fin contro un abbeveratoio e qui vennero separati a forza dallo sceriffo aiutato da alcuni presenti.

    -Così al giovanotto piacciono le zuffe!... Se non è bastato il toro a calmarti, ci penserò io!- Sentenziò l’uomo con la stella: -Un paio di giorni di cella ti faranno passare i bollenti spiriti, dopo di ché raccogli i tuoi stracci e non ti fai più vedere ad Austin; qui non tollero né zuffe, né bari di ogni specie!-

    -Calma sceriffo!- La voce era di Cristofer Wiatt, che non era altri che il secondo grosso allevatore della zona: -Il giovanotto è stato provocato. In ogni caso, se accetta di venire alle mie dipendenze, sono disposto a pagare la cauzione… Al giorno d’oggi non si trovano più così facilmente bravi cow-boy!-

    -Se sta bene a voi signor Wiatt,- Rispose lo sceriffo: -sta bene anche a me... Ma ricordati ragazzo- Voltandosi minaccioso verso Hearp: -di non farti più pescare da me, altrimenti sono guai grossi!- Quindi si voltò e se ne andò seguito da tutti i presenti. Lo spettacolo era veramente finito ed a Austin non si potevano certo lamentare, dato che avevano avuto anche il fuori programma. Hearp ringraziò il signor Wiatt, dicendogli che accettava senz’altro la sua proposta e gli chiese in anticipo cinque dollari per recuperare il suo cinturone.

    Ancora una volta qualcuno lo aveva tolto dai guai !...

    furto di bestiame

    Il ranch dei Wiatt, a poche miglia nord-ovest di Kerville, era realmente immenso. Hearp ebbe modo di rendersene conto cavalcando in lungo ed in largo dietro il bestiame per tutta la prima settimana di dipendenza del signor Wiatt.Il territorio era così composto: nella zona est le costruzioni. La grande casa del padrone priva esternamente di qualsiasi fronzolo, se si escludeva un grande porticato a Sud, con a sinistra le due baracche, una per gli uomini ed una per le cavalcature.Sul davanti il grande corrall, diviso in tre parti e sul lato est la baracca per gli attrezzi. Da qui verso ovest, per nove miglia, era tutto pascolo Wiatt, fino al ramo di destra del Guadalupe, costeggiato sull’altra riva da una serie di colline che preannunciavano il massiccio roccioso chiamato dalla gente del ranch l’indiano scalzo, perché si diceva che lì si fossero rintanati i resti di una tribù comanche prima della resa definitiva. In effetti quella zona rocciosa era un labirinto e nascondeva gole talmente capaci da meravigliare chi dall’esterno guardava quella piccola catena montuosa.

    Verso Sud poi, sulla sponda opposta ai monti, v’era un grosso bosco che per la sua ombra ed il suo fresco era spesso meta dei cow-boy che, stanchi a metà giornata, trovavano il modo di incrociare da quelle parti per un attimo di riposo: Il signor Wiatt, pur sapendolo, chiudeva un occhio, comprendendo che quella mezz’ora di riposo era un bene per i suoi mandriani,che recuperavano poi il tempo perduto.

    Quello che si temeva di più al ranch erano i furti di bestiame: in parte era ben comprensibile data l’estensione dei pascoli, però ad Hearp, nuovo del posto, sembrava una fissazione.

    Finché una bella mattina ad un miglio dal fiume trovarono un cow-boy morto, colpito a bruciapelo con una colt 45 e centocinquanta capi di meno.  Venne organizzata una battuta in grande stile con l’aiuto dello sceriffo e di quindici volontari, ma dei manzi nessuna traccia.

    Le loro orme si perdevano nel fiume e non risalivano più da nessuna parte: impossibile tenere le bestie in quel tratto di corrente abbastanza forte, quindi non si riusciva a capire che fine avessero fatto. Una squadra seguì il fiume fino alla confluenza col Guadalupe per controllare che i manzi non venissero fatti massacrare apposta dalla corrente: questa tesi poteva essere valutata in quanto il signor Wiatt aveva detto chiaro e tondo di sospettare anche degli Hempton, suoi eterni rivali,che avrebbero voluto avere il monopolio del bestiame da Kerville ad Austin.Per far questo gli Hempton potevano anche essere disposti non a rubare, ma semplicemente a distruggere il patrimonio animale dei Wiatt. In fondo questa tesi ad Hearp non dispiaceva, anche se si sforzava di non pensarci: l’affronto patito al rodeo gli bruciava ancora.  

    Un’altra squadra controllò filo per filo l’erba ai due lati del fiume ed in particolar modo il boschetto: delle bestie nessuna traccia, sparite! Nel volto del signor Wiatt si leggeva l’angoscia e la delusione; se ne andò senza dire parola, a testa bassa, ma la forte fibra del vecchio non tardò a farsi ammirare: a sera dello stesso giorno radunò tutti i suoi cow-boy.

    -Ragazzi- Iniziò: -conoscete tutti la situazione….Per la quarta volta siamo stati derubati di cento e più capi per volta.

    E’ chiaro che non si può continuare di questo passo. Sono qui per chiedere un sacrificio a tutti voi: da parte mia posso dirvi fin d’ora che sarete ben ricompensati dopo la vendita degli animali!... Propongo dunque che vengano stabiliti turni di sei ore continue,per tenere sotto controllo giorno e notte i manzi al pascolo.Non vi chiedo eroismi: basterà che uno solo dia l’allarme in caso di furto e, una volta per tutte, tireremo il collo a quei bastardi!- Il tono con cui aveva proferito la minaccia denunciava senz’altro l’esasperazione a cui si era arrivati. Mentre gli altri applaudivano il signor Wiatt, Hearp strinse nella mano quel pezzo di fune che aveva trovato in riva al fiume, ma che non aveva mostrato a nessuno; lui avrebbe fatto il turno di notte…. Ad Hearp piaceva il turno di notte!... Innanzitutto era più fresco e le stelle nel cielo gli davano una piacevole sensazione di compagnia; gli ritornava lentamente alla mente di quando svolgeva lo stesso lavoro nel ranch dei Closter a Prescott, sopra Phoenix (Arizona)… Aveva allora diciassette anni, ma era già in grado di sostituire un buon mandriano ed ogni volta che c’era da svolgere un lavoro notturno si presentava immediatamente.Solo, nei pascoli, si fermava in qualche punto più alto per controllare le bestie, estraeva la sua armonica e

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