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Molto meno di niente (Io, l'arte contemporanea e un milione di euro)
Molto meno di niente (Io, l'arte contemporanea e un milione di euro)
Molto meno di niente (Io, l'arte contemporanea e un milione di euro)
E-book212 pagine3 ore

Molto meno di niente (Io, l'arte contemporanea e un milione di euro)

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Info su questo ebook

Storia molto viva, stesa in forma diaristica, dell'educazione esistenziale e sentimentale di un antieroe del nostro tempo, Alessandro, rampollo di una facoltosa famiglia pavese che lavora in una importante realtà artistica di Milano.

Il protagonista si dibatte, con non poche lacerazioni interiori, nei meandri intricati ed opachi della nostra contemporaneità, tra ipocrisie ed avidità familiari e relazioni fragili che non sfociano mai nel sentimento profondo, il tutto legato dal filo rosso dell'opportunismo.
LinguaItaliano
Data di uscita6 nov 2013
ISBN9788868557874
Molto meno di niente (Io, l'arte contemporanea e un milione di euro)

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    Anteprima del libro

    Molto meno di niente (Io, l'arte contemporanea e un milione di euro) - Daniela Pavan Verago

    martedì

    Milano, 24 maggio 2010, lunedì

    Al telefono mi hanno chiesto che lavoro svolgo all’interno di Art & Co., ma non sono riuscito a spiegare, in poche parole, cosa faccio nella vita e mi è venuto solo da dire: segretario di redazione.

    Qui a Milano, io sono il tuttofare di Art & Co., che è una organizzazione no profit molto importante per l’arte contemporanea. Non lavoro in una galleria, né in un museo, ma in Art & Co., che è un posto dove si promuove l’arte contemporanea e si ospitano vari artisti giovani, perché diventino importanti ed emergano nel settore.

    Sopra al mio ufficio, ci sono sette mini appartamenti, dove diamo da dormire e la possibilità di farsi da mangiare agli artisti che ospitiamo. Qui sotto, accanto agli uffici, ci sono tre ampi padiglioni, dove i giovani talenti possono lavorare e progettare le loro opere.

    Io faccio da balia, da organizzatore di eventi, da amministratore, da economo di monastero, nonché da consigliere ed amico a questi giovani, molto fortunati, che più o meno hanno la mia età, quasi tutti sotto i trent’anni.

    Nel mondo dell’arte contemporanea, se arrivi alla trentina che non sei ancora nessuno, puoi tornare a casa, a fare il disoccupato.

    In questi giorni, è arrivata in residenza una ragazza che, per la sua performance, ha bisogno di cinquanta passerotti, diversi pappagalli, merli e altri tipi di uccelli, che poi chiuderà in una voliera, dentro alla quale è riprodotta una città bombardata, tipo Hiroshima. Verrà dato loro da mangiare e bere, si registrerà il grado di stress degli uccelli attraverso i loro versi e quella testimonianza sonora, insieme al video che riprende, notte e giorno, il loro svolazzare, costituisce l’opera stessa. E’, più che altro, una valutazione di forma vitale, che sia di uomo, di topo, di uccello o di pianta, è la stessa cosa.

    Io devo trovare tutto il materiale per costruire la voliera e reperire quegli stronzi di uccellini, per fare felice Manuelina, l’artista, che è di origine spagnola, viene da Siviglia e si sente molto sola, qui a Milano.

    Questa sera forse le chiederò di uscire.

    Oggi il telefono suona in continuazione e devo anche finire la pratica per la banca: devo riuscire a convincerli a finanziarci anche per l’anno prossimo.

    Poi vado a versare il canone a favore del comune, che ci affitta i locali di Art & Co.

    Sono anche il segretario personale di Lorenza, la mia capa, le scrivo i discorsi che deve fare alle riunioni con le banche, le interviste da dare ai giornali, le curo i rapporti con l’estero perchè parlo e scrivo benissimo in inglese. Tengo aggiornato il nostro sito e non perdo di vista quelli dei vari artisti con i quali collaboriamo.

    Lorenza è molto intelligente, ma non sa parlare sciolta l’inglese, si capisce subito che è italiana; ha fondato lei la baracca, circa venti anni fa.

    E’ una donna molto tosta e intelligente, non bella ma molto sicura di sé. E’magra, ha un viso da bambina, occhi azzurri, non si trucca quasi mai e ha dei bei capelli crespi, ricci e neri, che porta quasi sempre raccolti. Ha cinquantadue anni, un figlio di diciassette e due mariti.

    Certo, a dirla così sembra una stronzata molto comune ma non è vero: tutti lo sanno che lei ha due uomini, più che due mariti e cioè Giovanni, marito in carica e Milo, il suo amante. Tutti e due i suoi uomini sanno l’uno dell’altro. Anche il figlio sa e disapprova la madre apertamente.

    E’ sposata da circa vent’anni e ha l’amante da quindici.

    Ho chiamato la ditta sbagliata e di uccelli me ne può far avere solo trenta e gli altri venti non so dove andare a prenderli.

    Giulia dice, ridendo, che forse dovrei provare a contattare le ditte che forniscono cavie da laboratorio o chiamare qualche circo.

    Giulia è la nuova stagista e mi da una mano. E’ qui da sei mesi e sostituisce Veronica, che è stata con me per un anno.

    Prima di lei c’è stata Sandra e prima ancora Sebastiano. Io mi trovo meglio con le femmine, sono più affidabili e precise.

    A Sebastiano non potevi dire una cosa che già se l’era dimenticata, non avrebbe certo perso tempo a cercare il materiale che serve agli artisti e non ascoltava i miei consigli. Anzi, non mi ascoltava e basta. Aveva una grande stima di sé e diceva sempre che all’estero avrebbero capito subito che era un genio. Lo diceva ridendo, ma sono convinto che ci credesse veramente a quelle stupidaggini, si riteneva solo di passaggio a Milano perché sognava d’andare a vivere a New York. Sebastiano era gay, nel mondo dell’arte e della moda ci sono molte persone gay.

    Questo ufficio è un forno e oggi, anche se siamo solo a maggio, fa un caldo pazzesco. Lorenza è molto avara e dice che non è ancora l’ora di accendere l’aria condizionata. L’anno scorso era sempre rotta e forse non la vuole accendere perché dovrebbe constatare che l’impianto è da cambiare e dovrebbe spendere dei soldi.

    Lorenza viene da una famiglia molto ricca e vive in uno stabile, verso Porta Venezia, che è tutto suo. Possiede la bellezza di sette appartamenti, molto signorili, ognuno di quasi duecento metri quadri, su quattro piani. Lei vive all’attico, che occupa tutta la pianta dello stabile, più di quattrocento metri quadri, con tanto di giardino d’inverno, ascensore personale, vista impagabile sul parco di Porta Venezia e su quello strano edificio di mattoni rossi firmato Giò Ponti. Gli altri appartamenti li affitta. A prezzi da sceicchi, dice Giulia.

    Io sono stato parecchie volte a casa di Lorenza, per lavoro. Due o tre sere all’anno si fa una specie di riunione, a casa sua, per conoscerci meglio e per fare il punto della situazione in Art & Co.

    Si mangia in piedi una cena fredda e si parla di lavoro, cioè di arte contemporanea. A volte vengono invitati pure alcuni artisti della residenza, gente dello spettacolo e della politica, amici di Lorenza e assessori del Comune di Milano. Tutte persone serie, tristi e bruttissime, molto intelligenti e preparate nel loro settore.

    Sono serate di una noia mortale, ma che, secondo Lorenza, si devono fare.

    Queste riunioni massoniche, per lo più, non servono a nulla, tranne a far vedere al mondo la sua bella casa. Infatti, se Lorenza ha in mente un progetto, anche se tutti le danno contro, lei lo porta a termine lo stesso. Non ascolta mai nessuno, neppure i suoi due uomini.

    Nell’appartamento di Porta Venezia, ufficialmente, ci vive da sola, con il figlio Stefano. Il marito Giovanni vive nella casa di famiglia in Porta Romana, vicino al centro, con la vecchia madre, che detesta la nuora e che Lorenza ha imparato ad ignorare, come se fosse già morta da tempo. Quando si incontrano, dopo il saluto di rito, finge proprio di non vedere la suocera e di non sentirla.

    Per le cene ufficiali, Lorenza ritorna sempre a casa dal marito. Tutti a Milano sanno che è la moglie del grande chirurgo plastico, uomo ricchissimo, che ha le sue cliniche private sparse per il mondo. Giovanni è un grande collezionista d’arte contemporanea e, con l’aiuto della moglie, è uno dei più noti investitori del settore. Vive spesso all’estero e i maligni dicono che abbia una seconda famiglia in Brasile. Lorenza lo sa e così si sente meno in colpa, quando lo tradisce con Milo.

    Comunque gli uccelli penso di averli trovati da un vecchietto, che sta in campagna e li alleva per passione. Ci sono un sacco di persone, qui a Milano, che hanno delle voliere sulle terrazze degli attici e ci sono anche tanti artisti che lavorano con queste creature. Sarei curioso di capire cosa prova uno stronzo di ricco, con tanto di attico, ad imprigionare delle povere bestiole.

    Se prima di sera riesco a fare l’ordine di tutti gli uccelli, lo vado a dire a Manuelina. Così, magari, ci scappa una pizza insieme, anche se mi sembra un po’ fredda, come donna. Forse ha già il suo moroso in Spagna.

    Ho visto, dai documenti che mi ha dato quando è arrivata in residenza, che ha ventidue anni ed a quell’età è improbabile che abbia già marito e figli.

    In Spagna, tuttavia, si sposano presto e sono prolifici. Chissà.

    Io, comunque, non è che voglia a tutti i costi uscire con Manuelina, ma devo far vedere che ci provo, che faccio qualche tentativo per non restare sempre da solo.

    Da solo sto bene, o meglio la mia tristezza non da nell’occhio, posso stare in pace. Ma tutti vogliono che mi dia da fare e che assolutamente non resti senza compagnia.

    Come quando, da ragazzo, vivevo a casa dei miei genitori e volevo restare nella mia stanza, a leggere o ad ascoltare della musica e mia madre diceva sempre a mio fratello Carlo di portarmi con lui. Fin da piccolo non faceva altro che scaraventarmi dietro a Carlo, come se lui mi potesse insegnare a vivere o forse solo perché mia madre amava di più il suo primogenito e voleva, a tutti i costi, che io gli assomigliassi.

    Ci sono solo quattro anni di differenza tra noi, ma non sempre avevamo voglia di uscire insieme. Così io protestavo e restavo a casa da solo e lui usciva sbattendo la porta.

    Nella mia stanza, anche se ero triste, stavo bene.

    Mia madre apriva la porta, mi chiedeva se avevo bisogno di qualcosa, mi guardava avvilita e mi ossessionava con la richiesta di confidarmi con lei, se avevo dei problemi.

    Io dicevo che stavo bene, che non avevo problemi, che tutto andava bene.

    Lei sospirava e poi, piano piano, chiudeva la porta, scuotendo la testa e continuando a gemere.

    Forse mia madre non lo faceva di proposito, ma quella porta, nel mio ricordo, impiegava ore a chiudersi. Poi, finalmente, il silenzio. A volte il buio, perché spegnevo la luce e mi mettevo a piangere.

    Milano, 25 maggio 2010, martedì

    Oggi Lorenza ha già chiamato tre volte, da Londra, e sono solo le quattro del pomeriggio. Strano, perché di solito scompare per queste sue trasferte, non telefona mai, lascia tutto il lavoro sulle mie spalle e la rivedo serena e felice, quando si degna di tornare. Quasi sempre va da Milo, il suo marito-amante di Ravenna, che tutti conoscono.

    Milo ha più o meno l’età di Lorenza, è un bell’uomo, molto più bello di Giovanni, perché l’amante deve essere più bello del marito. E’ ricco, progetta barche e gestisce il cantiere nautico di famiglia al porto di Ravenna. Ha il fascino del lupo di mare e di arte contemporanea non gliene frega niente. Ha una figlia, Caterina, frutto di un precedente matrimonio, è separato e vive da solo perché la figlia sta con la madre.

    Lui ha avuto la decenza di prendere le distanze dalla precedente unione, Lorenza no, lei non lascerà mai il suo ricco marito, che la asseconda nella sua passione di collezionista e che, con lei, costituisce una delle coppie più note nel mondo degli investitori in arte contemporanea.

    Sono invidiati, anche se tutti sanno della loro doppia vita sentimentale. Lei è una mantide che può avere tutte le vite che vuole e restare sempre una gran signora e poi una delle sue frasi più famose è il mondo gira come uno lo sa far girare.

    Logicamente, Lorenza nega di essere una collezionista e finge di non sapere nulla degli investimenti del marito e della suocera, perché il mondo del no profit non deve essere neppure sfiorato dal commercio di opere d’arte e dal vile guadagno di un sacco di soldi.

    A Ravenna, quando è a casa di Milo, Lorenza vive proprio una seconda vita. Organizza delle cene sontuose, riceve gli amici di Milo nella loro bella casa in centro storico, proprio vicino alla basilica di San Vitale.

    Fa la moglie, oltre che l’amante, perché gli compera le camicie e le mutande, gli fa la spesa e gli prenota la visita medica, se ha bisogno di uno specialista. Milo soffre di problemi alla prostata. Lo sappiamo tutti, perché Lorenza, per queste cose, telefona dal suo ufficio di Milano.

    Persino sua madre sa di Milo. Quando telefona cercando la figlia, chiede se è a Ravenna. Ha la decenza di non chiedere se è con l’amante, ma solo se è a Ravenna.

    Io sono qui solo da quattro anni, ma Giulia, Veronica e anche Sebastiano, tutti gli stagisti sapevano della doppia vita di Lorenza, quindi di sicuro lo sa pure Giovanni ed anche il figlio Stefano.

    Suona di nuovo il telefono e quando sento le richieste della mia capa, comincio ad agitarmi:

    Lorenza, non puoi chiedermi di rifarti il discorso, non c’è tempo! - abbozzo io.

    Alessandro, non accetto la tua arroganza - risponde lei - guarda che ti posso sempre licenziare. Devi solo sistemare due o tre parole in inglese, io non lo so fare. O meglio, non lo voglio fare. Non potevo sapere che quel Dynys avrebbe avuto un incidente, hai fatto male a citarlo nel mio discorso!

    Lorenza – protesto – devi solo saltare quella parte, cancellala. Il tuo discorso è tra tre ore, non ci posso lavorare in questo momento…

    Io sono la padrona del vapore - conclude secca lei – "devi solo accontentare me, nessun altro conta più di me! Rifai ‘sto cazzo di discorso, traducilo e mandamelo via mail. Punto e basta!

    Quando Lorenza dice punto e basta, bisogna sapere che non si deve aggiungere altro. Occorre eseguire gli ordini e stare zitti.

    Va bene - dico arrendendomi – ci metto l’intero pomeriggio e gli uccelli li andrò a prendere domani.

    Quali uccelli?

    Quelli per l’installazione della spagnola.

    Manda al diavolo la spagnola e i suoi uccelli. Pensa a rifare il mio discorso. E sbrigati!

    Dopo aver messo giù il telefono, fisso il vuoto davanti a me per un po’. Poi mi guardo intorno e mi viene voglia di alzarmi e andare via. Mi lascio trattare da schifo senza mai dire niente e quest’ufficio fa letteralmente cagare.

    Le finestre sono posizionate in alto, come se fossimo in un garage-officina; la poca luce che entra è spenta e grigia, non mi ricordo un raggio di sole, qui dentro. Ho sempre la lampada da tavolo accesa. E’ uno scantinato misero e malsano.

    L’ufficio di Lorenza, al contrario, è talmente grande e luminoso che, quando salgo da lei, la troppa luce mi abbaglia e per un po’ mi lacrimano gli occhi. Mi devo togliere gli occhiali, fingere di pulirli e poi rimettermeli. E’ tutto lindo e bianco; mobili, tappeti, tende: tutto bianco. Ha la mania per il bianco.

    Qui sotto da me, nel mio scantinato-ufficio, ci sono un sacco di scaffali neri, su cui si è posato di tutto. Sono convinto che ci poseranno pure le gabbie degli uccelli, quando arriveranno. Ci sono libri d’arte, contenitori di plastica trasparente dove ho racchiuso tante cianfrusaglie che Lorenza non ha il tempo di scegliere o buttare, cose che magari sono opere d’arte chissà. E poi libri di architettura e di cucina, pezzi di metallo e di creta che alcuni artisti hanno lasciato, tempo fa, senza mai tornare a riprenderseli.

    Severina, la nostra donna delle pulizie, non tocca mai nulla; spolvera e non butta mai via niente, perché Lorenza, un giorno, la fermò e le disse che doveva solo spolverare, nel mio ufficio, per non rischiare di gettare nella spazzatura un’opera d’arte.

    Severina, come molti altri non capisce l’arte contemporanea, non sa che un masso, un sasso o un groviglio di spago e di fil di ferro possono essere un’opera.

    Così, lei spolvera e lascia tutto al suo posto, anche l’immondizia; un sacco di spazzatura che non sia nel cestino, lei non lo butta, lo sposta. Se puzza, lo mette nel corridoio e chiede sempre a me di cosa si tratta. Se non ci sono, me lo lascia vicino alla scrivania. A volte, quindi, la gente mi vede fare pure lo spazzino.

    Sono riuscito a rifare in tempo il discorso che Lorenza, questa sera, deve tenere in una grossa galleria di Londra, dove saranno presentati due nostri artisti, cioè due ragazzi che sono usciti da Art & Co. di Milano ed hanno poi avuto un grande successo nel mondo.

    Lorenza è molto orgogliosa e si sente come una madre che ha partorito due celebrità. E’ orgogliosa e felice che i suoi ragazzi abbiano successo. Il contributo che da il nostro centro, nello scoprire talenti è notevole, perchè Lorenza ha la fortuna di capirci molto di arte contemporanea e sceglie di ospitare, in residenza, le persone giuste, quelle che hanno veramente qualcosa da dire.

    Sceglie sempre lei, tra le decine di richieste di partecipazione che arrivano in segreteria, ma, da qualche tempo, chiede anche il mio parere. Non so se mi stimi o lo faccia solo per pigrizia ma, ultimamente, sembra che io sia importante per lei, anche se mi tratta sempre male. E’ fatta così, lo fa con tutti.

    I due artisti, che stanno per essere premiati stasera a Londra li ho scelti io; lei ha dato il suo parere favorevole, dopo qualche giorno. Li ho scelti da solo perché lei era a Ravenna, da Milo, che stava per subire un intervento alla prostata. E’ andato tutto bene, ma lei era spaventata, per quella operazione del suo amore e non voleva saperne di tutto il resto. Mi mandò una mail da Ravenna, che io ho

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