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Il castello di Mezzolato: Viaggio nella Città del Potere
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E-book185 pagine2 ore

Il castello di Mezzolato: Viaggio nella Città del Potere

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Info su questo ebook

Frignano (Appennino Modenese), anno 1200 circa.
Dopo l’assedio e la distruzione del castello di Mezzolato ad opera del conti Montecuccoli, il mistero avvolge la sorte degli assediati, tutti scomparsi.
In realtà sono riusciti a sfuggire alla morte grazie alle arti magiche di Gandolf Beleos consigliere del conte Guicciardo da Gomola. Egli è riuscito a dare origine ad un mondo parallelo, dove i sopravvissuti cominciano a vivere e prosperare, creando una società con regole e leggi basate su una spietata meritocrazia ed un sistema di caste organizzato sui mestieri e sul luogo dove si abita.
Un giorno Matteo, il protagonista di questa storia, viene indotto da un macabro rinvenimento ad entrare in questo mondo parallelo, e nonostante mille peripezie riesce ad esplorarlo e ad avvicinarsi alla sorprendente ed inattesa verità celata dietro questo mistero.
LinguaItaliano
Data di uscita16 feb 2015
ISBN9788898555161
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    Anteprima del libro

    Il castello di Mezzolato - Massimo Mazzieri

    Mazzieri

    Prefazione storica

    Adriano Gimorri introduzione sulla Storia del Frignano

    da Dizionario biografico frignanese di Albano Sorbelli e Arturo Rabetti, Editrice Società Scoltenna, Pievepelago, 1952.

    La contea di Gombola

    È questa la più antica nostra signoria, risalente, come si crede, al re longobardo Liutprando. Per secoli e secoli, questi conti governarono la val di Rossenna, temuti ed odiati dai vicini, raramente ambiti come alleati. Avevan già formato una piccola consorteria. Eran dei guerrieri. Li troviamo tra l’alta ufficialità al seguito di Matilde, longobarda anch’essa. Cresciuti in numero ed in audacia, tentarono, ma invano, di allargare il loro piccolo stato. Erano detti per antonomasia: i conti. Vantavano grado e nobiltà maggiore dei signori contermini e Matilde stessa dà ad essi grande importanza. Il placito di Montebaranzone del 1108, li riguarda. Non ebbero uomini dinamici o geniali. Non riuscirono mai ad evadere, ad imporsi, a prevalere, ma neppure poterono mai essere dominati. La loro piccola capitale sorgeva sopra una roccia il Saxum Gomulum inaccessibile, che una frana inghiottì, con tutto il castello, nel 1597. I confini del loro piccolo stato erano ben delimitati, pericoloso era per un nemico addentrarsi per quelle valli.

    I loro sudditi, retti con leggi e statuti particolari, nella secolare convivenza, se non con l’amarli, finirono col tollerarli, col condividere rischi e pericoli, col far dipendere da essi la loro sorte.

    Del resto questi conti, venuti dall’ombra, nell’ombra scomparvero, assorbiti e confusi, semplici borghesi, coi loro sudditi, senza aver dato alla montagna un solo nome meritevole di passare alla storia.

    I Montecuccoli

    Più recente, più intraprendente, più numerosa è la progenie nobile dei Montecuccoli.

    Non certamente longobardi e neppure franchi, essi forse vennero a noi dalla Germania, all’epoca degli Ottoni, prima del Mille. Gli studiosi del seicento avevano di ciò convinto anche il generale Raimondo, forse per fargli piacere... Essi avevano un giovane sangue barbarico nelle vene. Vassalli dell’Impero certo per meriti di guerra ebbero in feudo le terre intorno al Castro Feroniano, e subito eressero, sulla sommità dei colli, tra fertili campi, i loro castelli. Il loro primo nome è da Frignano o da Feroniano. Da un patronimico presero poi il nome di Corvoli e subito dopo, da un castello, quello da Montecuccolo (1150). Li troviamo più e più volte, al seguito di Matilde, persino all’assedio di Prato nel 1107.

    Essi furono quelli che dell’anarchia politica, seguita alla morte della Gran Contessa, seppero più accortamente valersi.

    Ecco il figlio di Gherardo da Frignano, Bernardo, assumere, scavalcando la contea di Gombola, la difesa delle terre della Badia di Frassinoro nel 1160. L’ambizione e l’audacia non mancarono a questo guerriero, che, padre di quattro figli, tre ne indirizzò alla carriera delle armi, nell’esercito di Matilde, e il quarto alla carriera ecclesiastica, riuscendo abilmente a farlo eleggere il 18 marzo 1157, vescovo di Modena. La città non era ormai più contea vescovile, ma l’autorità del prelato certo giovò al vecchio padre, per farlo eleggere difensore delle terre della Badia.

    E già il 12 marzo 1156 tutta la consorteria dei Corvoli si era sottomessa ed alleata col Comune di Modena, certo per premunirsi contro i vicini conti di Gombola, mentre d’altra parte, il 2 ottobre 1157, per mezzo dello stesso vescovo, essi conclusero, dopo aspra lotta, la pace con la consorteria nemica dei Gualandelli.

    Bernardo, già signore di molti castelli, era dunque, già nella seconda metà del secolo XII, il più potente feudatario della nostra montagna.

    Ricostruzione della Genealogia dei Conti da Gomola

    Ho cercato di ricostruire la genealogia dei Conti da Gomola sulla base della scarsa documentazione esistente; il Conte a cui si fa riferimento nella battaglia di Mezzolato è quasi certamente il Conte Guicciardo, del quale non si hanno più avute notizie dopo la caduta e distruzione del castello.

    I Conti da Gomola

    Rex quoque Liutprand castra Emiliae, Feronianum et Montembellium, Buxeta et Persiceta, Bononiam et

    Pentapolim Auximumque invasit.

    Anche il re Liutprando occupò i castelli dell’Emilia, Feroniano e Montebello, Busseta e Persiceto, Bologna e

    la Pentapoli e Osimo.

    (728 ca. D.C.) Paolo Diacono Historia Langobardorum

    (VI.49)

    Nel 728 Liutprando, re dei Longobardi, alla testa del suo formidabile esercito dopo numerosi inutili tentativi riuscì a penetrare nel Frignano, se ne impadronì definitivamente occupandone i centri nevralgici di Verabulum e di Feronianum e tutto il sistema di fortificazioni disposto lungo le vallate dello Scoltenna, del Rossenna e del torrente tiepido. La resistenza dei Bizantini era durata ben 150 anni e la caduta dell’avamposto frignanese segnò la loro sconfitta nell’Italia settentrionale.

    I Longobardi, nuovi dominatori, lasciarono al loro posto nell’amministrazione del territorio appena conquistato i vecchi esperti funzionari. Questi del resto avevano tutto l’interesse a conformarsi alla nuova situazione politica.

    Nella valle del Rossenna invece elessero un Longobardo, il capostipite di una gloriosa famiglia i cui membri saranno signori per lunghi secoli con il titolo di conti.

    I feudatari posero la capitale a Gomola (l’odierna Gombola) innalzandovi una rocca su un alto masso, il Saxum Gomolum, che cade a strapiombo sul sottostante impetuoso torrente Rossenna. Nelle vicinanza del castello costruirono la chiesa, dedicata all’Arcangelo Michele, cui i Longobardi erano molto devoti. Essa fu dapprima cappella dipendente dall’antichissima Pieve di Rubbiano, poi di quella di Polinago.

    Il feudo dei conti da Gomola non era molto ampio e si estendeva nella valle da Rocca Santa Maria e Pompeano fino a Polinago, Brandola, Mocogno e Mezzolato. Il territorio impervio, con valli strette e incassate dove era facile tendere insidie ed agguati, fu una delle ragioni principale della loro forza.

    Il sistema difensivo era imperniato sul castello che si ergeva imprendibile sull’erto masso roccioso di Gombola, lambito su tre lati dal torrente Rossenna.

    Una serie di torri di avvistamento e di fortilizi disseminati nei punti strategici della vallata, in comunicazione visiva o sonora con Gombola, garantiva il controllo di tutto il territorio. Il fortilizio di Palaveggio collegato a Gombola da un’unica strada ardua e malagevole, guardava a nord e controllava l’entrata nella valle. A sud i punti nevralgici erano il forte castello di Brandola sulla riva destra del Rossenna e le torri di Scorzolese e di Mocogno. Ogni movimento sospetto era immediatamente segnalato da una delle torri mediante il suono della campana o da segnali di fumo.

    Sul crinale si ergeva la rocca di Mesolato o Mezzolato, ardito avamposto verso la valle dello Scoltenna, dominio dell’emergente famiglia dei Montecuccoli.

    Un sistema di difesa ben studiato volto soprattutto contro l’abate di Frassinoro e i guelfi reggiani, contro i Frignanesi ed i modenesi.

    I da Gomola non riuscirono mai ad ampliare i loro possedimenti, rintuzzati nei tentativi dai vicini ben più potenti, ma vi rimasero pressoché indisturbati per secoli. Nel 1055 ottennero l’investitura di Talbignano dall’imperatore Enrico III di Franconia detto il Nero, da qualche anno calato in Italia, e dell’imperatore rimasero fedeli vassalli. Proprio in quel periodo raggiunsero il culmine della loro potenza. Le mire espansionistiche però furono ben presto fermate dai signori di Canossa. Un colpo durissimo fu la perdita dei privilegi sopra Rocca Santa Maria, decisa da Matilde nel placito di Montebaranzone.

    Lo scontro era insostenibile, per questo il conte Pietro, che allora guidava la famiglia, cercò in tutti i modi di ingraziarsi i favori di Matilde, facendo cospicue donazioni al monastero di Polirone da lei fondato e protetto. Lo stesso Pietro si mise al suo servizio come soldato e combattè al suo fianco sui campi di numerose battaglie.

    La morte di Matilde lasciò nel vasto feudo incuneato nell’Italia centro settentrionale un vuoto di potere che scatenò tra le famiglie locali un’accesa lotta per il predominio. Anche i da Gomola vi furono coinvolti. Il piccolo feudo faceva gola a molti; non fu facile trovare le alleanze giuste per poter sopravvivere e respingere i tentativi di conquista. I signori da Baiso, i da Roteglia, i Corvoli-Montecuccoli, dimostrarono ben presto la loro aggressività di vicini rapaci, pronti ad approfittare di ogni segno di debolezza. A volte agirono per iniziativa ed interesse propri, altre volte per conto dei Comuni cittadini di Modena o di Reggio o dell’Abate di Frassinoro. Una lunga ed estenuante guerra fatta di provocazioni, agguati, assassinii e assalti proditori a villaggi isolati.

    Il Comune di Modena attuò nell’ultima parte del secolo XII una politica di aggressione verso tutto il territorio montano per assoggettarlo, incontrando tuttavia forti resistenze. I da Gomola furono, insieme ai Montecuccoli, strenui difensori della propria indipendenza e per liberarsi dell’accerchiamento si unirono anche con alleati lontani come il Comune di Monteveglio ai confini con Bologna.

    Le alleanze però in quel periodo non erano mai nette e definitive. I ribaltamenti e i capovolgimenti di fronte erano all’ordine del giorno. I da Gomola di fronte alla potenza del Comune di Modena non presero mai una posizione chiara, indecisi se cercare lo scontro o l’alleanza e seppero abilmente barcamenarsi in quella situazione incerta, pur perdendo molti diritti giurisdizionali su terre frignanesi da tempo sotto il loro dominio.

    Rainuccio nel 1168 è annoverato tra i Consoli del Comune di Modena, ma appena due anni dopo unitamente ai fratelli si trova in campo avverso alleato con Monteveglio. Nel 1171 unilateralmente rompe il patto, fa atto di sottomissione a Modena e giura di difendere la città dagli attacchi dell’imperatore Barbarossa.

    La fedeltà, ribadita nei ripetuti giuramenti, viene più volte dimostrata anche sul campo e ciò spinge il vescovo di Modena Ardizzone a concedere l’investitura dei feudi alla famiglia.

    L’alleanza con Modena, rinnovata nel 1197 ridesta nei conti il desiderio di espansione sempre cullato e mai realizzato, ma questo atto, sicuramente troppo temerario, fu pagato a caro prezzo.

    Il 1202 i da Gomola, resi baldanzosi dall’appoggio di Modena, occuparono alcune terre nel reggiano, oltre il Secchia, provocando l’intervento immediato dell’abate di Frassinoro e dei da Roteglia. L’alleato modenese, diviso e invischiato nelle lotte tra guelfi e ghibellini, non fu in grado di portare aiuto ai gombolesi, che furono costretti a ritirarsi precipitosamente.

    Ai Montecuccoli non sfuggì la debolezza rivelata in quella audace, ma forse sconsiderata impresa e ne approfittarono immediatamente per occupare alcune terre ai confini.

    In particolare ai Montecuccoli, avviati a diventare la più potente famiglia frignanese, interessava distruggere o impadronirsi del fortilizio di Mezzolato, che rappresentava un avamposto nemico troppo vicino alle proprie terre e che da sempre era considerato una provocazione, una sfida ed una minaccia da annientare.

    Mentre i soldati gombolesi erano impegnati a difendere il confine reggiano, di sorpresa i Montecuccoli attaccarono sul fronte opposto decisi ad eliminare una volta per tutte il pericolo proveniente da quella parte. I castelli dell’alta valle del Rossenna erano però troppo importanti nel sistema difensivo dei da Gomola ed il conte stesso si precipitò nella zona, asserragliandosi nella rocca di Mezzolato con i suoi consiglieri militari. La perdita di Mezzolato poteva essere fatale per le sorti della famiglia, pertanto doveva essere difeso ad ogni costo. I soldati nemici investirono con tutti i mezzi a loro disposizione quell’avamposto ben munito, forte ed alto sulla vallata dello Scoltenna. Non si sa esattamente quanto sia durato l’assedio, ma alla fine gli attaccanti riuscirono a penetrare all’interno del castello che venne completamente distrutto da un incendio, conseguenza della battaglia. Si pensò che il Conte e gli occupanti del castello fossero riusciti a fuggire, poiché non se ne trovò alcuna traccia. Come era prevedibile quella sconfitta fu un duro colpo per il potere degli antichi, ma ormai deboli, signori della valle del Rossenna. Nel 1212 fu la volta del castello di Polinago a passare sotto il controllo dei nuovi dominatori del Frignano.

    Da quel momento la potenza dei da Gomola scemò rapidamente. Il feudo fu teatro di guerre combattute dai ghibellini che, cacciati da Modena, là avevano trovato rifugio e da guelfi decisi a stanare ed eliminare gli eterni rivali.

    Gli scontri sconvolsero il territorio per tutto quel secolo culminando con un altro famoso assedio, posto nel 1268 al castello di Brandola e terminato con sua distruzione.

    Nel 1337 Modena e tutto il territorio montano passarono sotto la signoria degli Estensi, nei confronti dei quali i da Gomola assunsero nuovamente un atteggiamento ambiguo, caratterizzato da atti di sottomissione e tentativi di ribellione.

    Tutto questo portò al definitivo declino dell’antica famiglia comitale, ormai irrimediabilmente indebolita e divisa al proprio interno in numerosi rami. Molti furono costretti a vendere la loro terra e in questo modo passarono ai Montecuccoli i castelli di Rancidoro, Brandola ed altri minori.

    L’ultimo fatale errore fu l’alleanza stretta da Gherardino da Gomola con Obizzo da Montegarullo in un estremo quanto temerario tentativo di ribellione contro i signori ferraresi. Gli Estensi ebbero facile gioco contro i ribelli. Gherardino stesso dopo la sconfitta si recò nel 1407 a Ferrara per chiedere perdono, per fare atto di sottomissione e per giurare fedeltà. Ma dopo la morte di Gherardino, il marchese di Ferrara concedette l’investitura alla famiglia Cesi.

    Note di autore ignoto sull’assedio e la battaglia di Mezzolato rinvenute a margine del manoscritto Chronicon Mutinense di Iohannis de Bazano [AA. 1188-1363]

    Il conte Guicciardo non nutre ormai alcuna speranza di portare a termine il progetto iniziato due anni fa. La rivolta contro i Duchi Estensi non ha dato i frutti sperati. La popolazione non lo segue e il terrore che ha seminato, nel tentativo di vincere le resistenze, lo ha reso inviso anche ai pochi che credevano in lui e gli ha alienato anche le residue simpatie.

    Ci arrivano voci che stia perdendo i territori ai confini e che anche suo fratello il conte Raniero sia in difficoltà. Non riusciamo ad avere conferme, poiché completamente circondati dalle milizie dei Montecuccoli. Dopo l’ultima battaglia nei pressi di Vajo, ci siamo dovuti ritirare nella rocca di Mezzolato. Qui siamo abbastanza al sicuro, perché molto difficile da conquistare, poi abbiamo una discreta scorta di viveri ed un paio di pozzi che ci forniscono acqua in abbondanza.

    Sotto di noi, nella piana si sono accampati i Montecuccoli e qualche loro alleato. Non ci attaccano, ma si limitano a bloccare le strade che portano al castello per impedirci di uscire e di muoverci liberamente nel territorio. Non si vedono truppe degli Estensi: probabilmente, raggiunto il loro obiettivo di spegnere la rivolta e di riprendere il territorio, non sono più interessati al Conte, non reputano opportuno spendere forze e denari nel tentativo di catturarlo.

    L’assedio dura ormai da oltre un anno, abbiamo tentato delle sortite per trovare il modo di uscire, ma sempre siamo stati ricacciati all’interno.

    Tutte le speranze del conte sono riposte nel suo consigliere personale Gandolf Beleos;

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