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Ampsicora: Eroe sardo
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Ampsicora: Eroe sardo
E-book95 pagine1 ora

Ampsicora: Eroe sardo

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Info su questo ebook

Storia e romanzo si intrecciano nel racconto di una guerra epica. È il 215 a. C. quando l’esercito sardo affronta quello romano. Il sogno di Ampsicora e del figlio Osto di liberare la Sardegna si infrange una mattina d’estate nella piana del Campidano. E Roma si impossessa definitivamente dell’isola.
LinguaItaliano
EditoreCondaghes
Data di uscita9 giu 2014
ISBN9788873568421
Ampsicora: Eroe sardo

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    Anteprima del libro

    Ampsicora - Tonino Oppes

    «La figura di Ampsicora rappresenta

    luminosamente il tema della resistenza

    dei Sardi contro l’invasore…»

    Attilio Mastino

    Tonino Oppes

    Ampsicora

    eroe sardo

    illustrazioni di Bruno Olivieri

    ISBN 978-88-7356-842-1

    Condaghes

    Indice

    Il giuramento di Osto

    Viaggio a Tharros

    La rivolta di Ampsicora

    Un piano segreto

    Missione Cartagine

    La profezia della maga

    L'incontro con i Pellìti

    La prima sconfitta

    Voglia di riscatto

    L'arrivo dei Cartaginesi

    La grande battaglia

    La fine del sogno

    La morte di Osto

    Il dolore di Ampsicora

    Appendice

    L'Autore

    L'Illustratore

    La collana Il trenino verde

    Colophon

    Ampsicora

    eroe sardo

    Il giuramento di Osto

    Cornus, 221 a.C.

    Osto si era inoltrato nel bosco inseguendo le tracce fresche della sua preda. Il cinghiale non doveva essere lontano. Il ragazzo lo aveva intravisto qualche mese prima mentre era a caccia di conigli con i suoi amici. Stava per scoccare la freccia dal suo arco quando l’animale era riuscito a fuggire incuneandosi tra i macchioni di lentisco e di cisto.

    – Ti troverò un giorno e sarò io a catturarti, anche se tutti dicono che non sarà facile – sussurrò mentre con grande abilità saltava da una roccia all’altra.

    Finalmente quel giorno era arrivato.

    Il figlio di Ampsicora aveva appena prestato giuramento di fedeltà, quello riservato ai futuri capi.

    – In nome del grande Sid Babai, dio di tutti i Sardi, io, Osto, giuro che finché vivrò mai sarò amico dei Romani e che combatterò con tutte le forze contro chi vuole sottomettere la mia città.

    La cerimonia si era svolta all’alba, davanti agli uomini più influenti della comunità preoccupati per le nuove minacce di Roma che da qualche anno si era impossessata della ­Sardegna.

    Vicino al grande tempio, a ridosso degli scalini che portavano all’altare, Osto aveva voluto con sé i compagni di giochi dell’infanzia, quelli con i quali, da bambino, correva su cavalli di canna nella parte alta di Cornus. Con loro si sentiva più sicuro. Erano cresciuti insieme, sognando le stesse cose. Osto era un capo riconosciuto. Il più forte di tutti nei giochi, nella lotta e nel nuoto ma non dimenticava il valore dell’amicizia.

    Quella mattina lo guardavano con orgoglio mentre lui pronunciava a voce alta, con le mani poggiate sulla grande tavola di pietra dell’altare, la formula di un giuramento che lo impegnava per sempre a combattere contro Roma. Per l’occasione aveva dovuto indossare la divisa del soldato e il mantello rosso porpora fatto di lana di pecora lavorata dalle più abili tessitrici della città. La cerimonia era stata preparata con cura.

    Per una settimana Osto si era recato al tempio dove, all’alba, lo attendeva il sommo sacerdote Agai, un uomo ormai avanti negli anni ma ancora molto energico e profondamente preoccupato per le sorti della città.

    – Il principio rappresenta la parte più pura del giorno – gli aveva detto raccomandandogli la puntualità. Con lui aveva provato e riprovato il solenne rito che lo avrebbe vincolato per tutta la vita. Era stato il padre, il nobile Ampsicora a richiamarlo alle proprie responsabilità e a imporgli il giuramento: – Un giorno toccherà a te guidare la città e difendere la sua gente ma serve una promessa solenne – gli aveva detto.

    Quel momento, che tutti avevano vissuto con grande emozione, era arrivato un giorno di primavera. Un forte suono di corno di muflone pose fine alla cerimonia cui fece seguito il sacrificio di una giovenca e l’offerta a tutti gli dei delle sue carni più tenere, cucinate arrosto con le interiora.

    Osto aveva ricevuto la benedizione dei sacerdoti, le congratulazioni dei saggi e l’abbraccio della comunità prima di gustare un po’ di cibo. Poi, nella tarda mattinata, dopo aver affidato il mantello rosso alla madre, che aveva partecipato alla cerimonia con grande preoccupazione, era andato a caccia con l’arco e le frecce e il piccolo pugnale che ormai portava sempre con sé. A Cornus tutti gli uomini erano abili cacciatori. Lo era anche Osto nonostante la giovane età. Ma per entrare a pieno titolo nel mondo dei grandi occorreva una prova di forza e di abilità.

    Era arrivato il momento di dare la caccia a quel cinghiale solitario, un capobranco che nessuno era mai riuscito a catturare.

    – Ci proverò. Per me oggi è un giorno particolare. Grazie per essere venuti fin qui ma ora tornate pure in città – disse agli amici che lo avevano accompagnato per un breve tratto, oltre le mura, e si inoltrò nella boscaglia.

    Si sentiva nitidamente il rumore dell’acqua che attraversava l’ampia gola delimitata da alte pareti di calcare su cui gli uomini più antichi avevano scavato piccole grotte per la sepoltura. Anche per questo, per la gente di Cornus, quel luogo custodiva qualcosa di misterioso che univa il mondo dei vivi all’aldilà.

    Osto lasciò il cavallo vicino alla grande quercia, dove qualche sera d’estate andava a riposare e a sognare, e s’incamminò. I cervi e i daini che erano andati a bere al ruscello correvano veloci, spaventati dal più piccolo rumore. Gli uccelli volavano più alto che potevano.

    – Non abbiate paura – disse quasi parlando a tutti gli animali – oggi m’interessa soltanto il cinghiale solitario.

    Fece pochi passi e si fermò a guardare con attenzione le tracce lasciate per terra dall’animale che aveva scavato profondi solchi alla ricerca di gustosi bulbi e tenere radici. La sua preda era vicina. Tutto sommato non si era

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