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Testi con-testi. Saggi su Chiari, De Roberto, Alvaro e altro
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Testi con-testi. Saggi su Chiari, De Roberto, Alvaro e altro
E-book259 pagine3 ore

Testi con-testi. Saggi su Chiari, De Roberto, Alvaro e altro

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Info su questo ebook

Testi con-testi raccoglie in undici capitoli altrettanti interventi critici, editi o inediti. È un titolo programmaticamente duplice, perché evoca sia la relazione tra le parti (appunto testi con testi), sia il contesto, che sembra ormai diventato démodé, ma al quale si dovrà sempre guardare per continuare il viaggio ermeneutico nella letteratura. Gli argomenti sono l’America nel romanzo settecentesco di Pietro Chiari; una trilogia derobertiana su risorgimentalismo critico, novelle di guerra e teatro; un dittico alvariano, dedicato ad un avantesto dell’Età breve ed all’immagine della città nella trilogia delle Memorie del mondo sommerso. Completano il quadro altri soggetti, solo apparentemente distanti: le riscritture del libro Cuore fino ai giorni nostri e la letteratura dalle periferie, che comprende sia la poesia in dialetto di Ignazio Buttitta e di Paolo Bertolani, sia la narrativa di Maurizio Maggiani. Il finale è lasciato a una riflessione sugli archivi letterari e la filologia ai tempi della metamorfosi digitale, a partire da un caso concreto e attualissimo: il “Fondo Autografi Scrittori Sardi”.
LinguaItaliano
Data di uscita24 feb 2015
ISBN9788868221294
Testi con-testi. Saggi su Chiari, De Roberto, Alvaro e altro

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    Anteprima del libro

    Testi con-testi. Saggi su Chiari, De Roberto, Alvaro e altro - Alessio Giannanti

    7

    Collana Crocevia

    diretta da

    Aldo Maria Morace

    Alessio Giannanti

    Testi con-testi.

    Saggi su Chiari, De Roberto,

    Alvaro e altro

    Proprietà letteraria riservata

    © by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy

    ISBN 978-88-6822-129-4

    Il presente volume è stato realizzato con il contributo del Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali dell’Università degli Studi di Sassari

    Edizione eBook 2013

    Via Camposano, 41- 87100 Cosenza

    Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672

    Sito internet: www.pellegrinieditore.com - www.pellegrinilibri.it

    E-mail: info@pellegrinieditore.it

    I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

    Introduzione

    In questo volume ho raccolto in undici capitoli altrettanti interventi critici, editi ed inediti, che sono stati scritti (tranne una sola eccezione) tra 2009 e 2013. Si sarebbero forse potuti definire scritti d’occasione (sono infatti quasi tutti gli esiti di relazioni o comunicazioni tenute a convegni) o anche esercizi critici, ma in entrambi i casi sarebbe forse prevalsa l’idea di una eterogeneità di intenti. Ho invece scelto per titolo Testi con-testi, che per il lettore un po’ malizioso potrebbe comunque stare a significare un accumulo incondizionato e persino caotico di testi e autori: insomma, niente più di uno stratagemma editoriale, senza alcun nesso specifico o prospettiva unitaria. In verità vorrei, con questo titolo, sostenere l’esatto contrario: se è vero, infatti, che nei nostri percorsi individuali miriamo ad un orizzonte di interessi il più ampio possibile, alla fine, per quanto possiamo differenziare gli argomenti di studio (autori, generi ed epoche), in questo procedere vi è sempre una matrice comune, un’omogeneità di sguardo, di sensibilità, di temi e di metodo, che costituisce il nostro profilo individuale.

    Come si può facilmente comprendere, l’espressione con-testi del titolo è volutamente ambigua, perché esprime sia la relazione tra le parti (appunto, testi con testi), sia la qualità del rapporto. Infatti, per quanto sembri divenuto démodé, il termine contesto è qui rivendicato non tanto come tributo all’approccio sociologico nello studio della letteratura, quanto piuttosto per rappresentare una sorta di antidoto contro ogni tentazione destoricizzante e contro quella religione del testo che tende ad una prassi ‘isolazionista’, astraendo la letteratura dalla società e dalla cultura, che da sempre sono il nutrimento di ogni linguaggio artistico. E tuttavia, per non imbattersi nel vizio opposto e ugualmente capzioso, si è altrettanto convinti della necessità che dalla materialità dei testi si debba pur sempre partire: come, spero, dimostri in queste pagine il frequente ricorso al microscopio della filologia e dell’analisi linguistica.

    Se i saggi su Pietro Chiari, Federico De Roberto e Corrado Alvaro chiamano in causa gli autori a cui ho dedicato maggiori attenzioni in questi anni (anche per un’eredità di scuola, che mi proviene dai miei due maestri: Carlo A. Madrignani e Aldo Maria Morace), non si devono però minimizzare le altre parti del libro. Si tratta senza dubbio di esplorazioni meno abituali, ma concorrono allo stesso modo alla definizione organica del volume. Si veda, ad esempio, la sezione (non esplicitata) imperniata sulla letteratura dalle periferie, che comprende sia la poesia in dialetto di Ignazio Buttitta e di Paolo Bertolani, sia la narrativa di Maurizio Maggiani. In questi contributi è sottintesa la natura policentrica della letteratura italiana e quel potere proiettivo dell’altrove letterario che si riconosce nell’America di Pietro Chiari. Nel saggio sul libro Cuore e le sue riscritture fino ai giorni nostri, viene presentato un corpus di opere che ci permette di toccare il nervo scoperto del rapporto tra letteratura e coscienza della nazione, non diversamente dall’analisi delle novelle di guerra e dal discorso sul risorgimentalismo di De Roberto o, ancora, si intravede il legame tra romanzo di formazione e istituzioni (non solo quella scolastica) che è al centro della lettura dell’Età breve di Alvaro. La conclusione del libro è affidata a un tema che, inevitabilmente, avrà bisogno di essere sviluppato nei prossimi anni, ovvero la riflessione sugli archivi letterari e sulla filologia ai tempi della metamorfosi digitale (indagata a partire da un caso concreto: il Fondo Autografi Scrittori Sardi).

    Queste prove critiche costituiscono, per me che le ho scritte, il tentativo di tracciare alcuni punti sull’estesa mappa della modernità letteraria; non ho la presunzione di poter già conoscere la rotta esatta delle mie perlustrazioni future, però credo di aver chiara quantomeno la direzione. Le connessioni possibili e le convergenze inattese si scoprono spesso cammin facendo, nel corso del lavoro: così, almeno, è stato per questo libro (e credo lo sarà sempre). «Scavando si trova l’acqua» mi ripete, quasi ogni giorno, il direttore di questa collana; e io lo voglio ringraziare del pungolo e dell’insegnamento, non meno che dello spazio offertomi in questa sede editoriale.

    Degli articoli che compongono gli undici capitoli, cinque (cap. i, iv, vi, vii, ix, x) sono già apparsi in volume o in atti di convegno e vengono qui riproposti, in una veste in parte rivisitata e ampliata:

    i. L’America di Pietro Chiari. Tra attribuzioni apocrife e riflessioni filosofiche, in La letteratura degli italiani - 2. Rotte, confini passaggi, atti del XIV Congresso Nazionale ADI (Genova, 15-18 settembre 2010), a cura di Alberto Beniscelli, Quinto Marini, Luigi Surdich, Genova, Diras, 2012, [1-11];

    iv. Lo stile disertore. Appunti su lingua e ideologia bellica nelle novelle di guerra di Federico De Roberto, in Narrativa breve, cinema e tv. Giuseppe Dessì e altri protagonisti del Novecento, a cura di Valeria Pala e Antonello Zanda, Roma, Bulzoni, 2011, 237-49;

    vi. Tratto da Per un avantesto alvariano: «L’età breve», Roma, Aracne, 2004, 7-37;

    vii. Immagini della città nella trilogia «Memorie del mondo sommerso» di Corrado Alvaro, in La città e l’esperienza del moderno, ii, a cura Mario Barenghi, Giuseppe Langella, Gianni Turchetta, Pisa, ETS, 2012, 393-400;

    ix. «Il viaggio è qui». Paolo Bertolani il «custode delle voci», in La letteratura degli Italiani - 1. Centri e periferie (atti del XIII Congresso ADI, Pugnochiuso, 16-19 settembre 2009), a cura di D. Cofano e S. Valerio, vol. con CD-ROM, Foggia, Edizioni del Rosone, 2011 (il contributo è contenuto nel CD-ROM) pp. [1-9];

    x. Il «canto del mondo» di Maurizio Maggiani: un archivio di storie, in Memoria della modernità. Archivi ideali e archivi reali, ii, Atti del XIII Convegno Internazionale della MOD (7-10 giugno 2011), a cura di Clara Borrelli, Elena Candela, Angelo R. Pupino, Pisa, ETS, 2013, pp. 573-82.

    I rimanenti cinque capitoli (ii, iii, v, viii e xi) sono ancora inediti, sebbene siano tutti derivati da relazioni e comunicazioni tenute in vari convegni, i cui atti non sono ancora stati pubblicati (o che si è preferito pubblicare in altra e più estesa forma):

    ii. Cuore, testa e ricuore. Fortuna, ripresa e dissacrazione di una retorica e di una funzione del sentimento in letteratura (comunicazione tenuta al Convegno MOD, La letteratura della letteratura, Sassari-Alghero, 12-15 giugno 2013);

    iii. Il Risorgimento critico di un italiano scettico: Federico De Roberto (comunicazione tenuta al Congresso ADI, La letteratura degli Italiani - 3. Gli italiani della letteratura, Torino, 12-15 giugno 2011);

    v. «Una forma inferiore»? Il teatro di Federico De Roberto (comunicazione tenuta al Congresso ADI, La letteratura degli Italiani - 4. Gli scrittori e la scena, Sassari-Alghero, 19-22 settembre 2012);

    viii. Il martirio tra storia e mito nella poesia tragica di Ignazio Buttitta: Turiddu Carnivale, i morti di Portella, Colapesce (comunicazione tenuta al Convegno MOD, Sublime e antisublime nella modernità, Messina, 13-16 giugno 2012);

    xi. Il Fondo Autografi Scrittori Sardi: un archivio in divenire. Cronistoria, questioni e metodologie (relazione tenuta al Convegno La metamorfosi digitale. Scritture, archivi e filologia, Sassari, 3-4 maggio 2012).

    I.

    L’America di Pietro Chiari.

    Tra attribuzioni apocrife e riflessioni filosofiche

    Nell’Europa dei Lumi il dibattito sul Nuovo Mondo ebbe l’effetto dirompente di mettere in discussione molti degli intoccabili parametri su cui si era fondata l’integrità della cultura, della fede e della ragione. L’incontro con l’altro, il diverso, lo straniero fu uno dei motori principali della crisi dell’eurocentrismo, e stimolò una riflessione che portò l’illuminismo filosofico ad una concezione più relativista della società e delle sue istituzioni, oltre che ad un ripensamento del rapporto tra uomo e natura. La scoperta dell’America e le notizie che provenivano dalle colonie oltreoceano rappresentavano per eccellenza questo incontro con il nuovo: un allargamento dei confini geografici, e di conseguenza di quelli mentali, che si caricava di inattese suggestioni intellettuali.

    Anche in Italia il tema americano calamita su di sé un nucleo considerevole di riflessioni in ambito filosofico-morale, ma anche una curiosità mondana che sottintende un generalizzato bisogno di informazione. Ad entrambe queste tendenze cercherà di dare una risposta la letteratura, che in quegli stessi decenni stava sperimentando, sulla scorta degli esempi europei, nuove rotte e approdi altrettanto inediti che abolivano alcuni dei più inveterati confini tra i generi, nell’arduo tentativo di imporre ad una Italia culturalmente refrattaria, quando non ostile, il mondo nuovo del romanzo[1].

    Pietro Chiari, lo scandaloso e osteggiato precursore di queste sperimentazioni letterarie, fu anche notoriamente attento agli orientamenti della società e al gusto di un pubblico che sarà il suo solo alleato contro la riprovazione dell’Accademia. Pertanto non dovrebbe stupire ritrovare in molti luoghi della sua opera la presenza di personaggi, situazioni e temi riconducibili all’America, che per sua stessa ammissione si faceva «sempre più l’oggetto della curiosità europea, e de’ […] giornalieri ragionamenti»[2].

    Prima di entrare nel merito della trattazione occorre fare una premessa. Nonostante negli ultimi due decenni la critica letteraria abbia prodotto uno straordinario avanzamento nella conoscenza della prima narrativa italiana – che ha colmato una grave e inspiegabile lacuna della storiografia –, permangono ancora delle difficoltà ad avvicinare questo tipo di produzione. Come ben sa chi ha anche una minima frequentazione dei repertori bibliografici relativi al romanzo settecentesco, non siamo ancora arrivati al punto di poter delimitare i vari corpora con ragionevole sicurezza: sussistono ancora moltissimi punti interrogativi rispetto ad alcune attribuzioni e, persino, in merito alla reale esistenza di certi testi[3]. Del resto, a fronte dell’indubbia vitalità dell’editoria del secolo xviii, si riscontra invece una scarsissima conservazione dei romanzi presso le biblioteche pubbliche – segno evidente di una forte censura culturale e morale – che spesso rende particolarmente disagevole allo studioso anche il solo reperimento delle fonti relative alla propria ricerca[4]. Questo discorso vale anche per il Chiari americano (per come se ne è parlato fino ad oggi), anche se, contrariamente al solito, non si tratta tanto di integrare con nuovi testi, quanto invece di riposizionare il baricentro della lettura, visto che all’autore è stato tradizionalmente attribuito un romanzo sull’America che, con tutta probabilità, è un apocrifo, e di conseguenza altre opere, che erano state trascurate, vanno adesso ricollocate in una luce migliore.

    Le opere di argomento o ambientazione americana ascrivibili al Chiari sono: il romanzo La donna che non si trova, del 1768; tre dei dodici volumi dei Trattenimenti dello spirito. Sopra le cose del mondo passate presenti e possibili ad avvenire (rispettivamente il primo volume del 1780, che nella riproposta editoriale moderna è intitolato Sulle Americhe. «Notizie compendiose per spiriti colti», e gli ultimi due del 1781, che contengono il romanzo La Corsara Francese della guerra presente); conclude la serie I privilegi della ignoranza. Lettere d’una americana ad un letterato d’Europa, uscito quasi in limine mortis nel 1784[5]. Ed è su tali opere che si concentrerà principalmente questo contributo, sebbene in Chiari non manchino – come ha rimarcato Ricciarda Ricorda, in un significativo articolo dedicato all’argomento[6] – altri riferimenti, anche se marginali, al Nuovo Mondo; vanno infatti segnalate almeno due opere a carattere speculativo: Lettere di un solitario a sua figlia per formarle il cuore e lo spirito nella scuola del mondo (1777, ma in realtà 1772) e Il secolo corrente. Dialoghi di una dama con il suo cavaliere (1783) e, come appare ovvio, tutti quei romanzi in cui le straordinarie peregrinazioni dei personaggi toccano il continente americano: ad esempio, L’Amore senza fortuna (1765) e La Cinese in Europa (1779)[7]. Da questo elenco invece manca, con tutta evidenza, L’Americana ramminga, del 1763, che, uscita anonima per i tipi di Pasinelli, è stata successivamente attribuita al Chiari e – come si è accennato – considerata di sua paternità, quasi senza eccezioni, anche negli studi chiariani più recenti[8]. Marco Catucci, in una Nota antiquaria su «Sincronie» del 2004, ha suggerito l’ipotesi, con argomentazioni di tipo formale, convincenti sebbene non risolutive, che l’opera non sia del Chiari[9]: del resto, lo stesso Marchesi (croce e delizia degli studi sul romanzo settecentesco) prendeva le distanze dall’attribuzione contenuta nel Dizionario del Melzi, ritenendo L’Americana ramminga piuttosto una traduzione di opera straniera[10]. In effetti il Melzi poteva essere tratto in inganno dall’edizione (assente nel repertorio del Marchesi) di Vinaccia-Flauto del 1764, recentemente ritrovata e che diremmo rara se non fossero queste edizioni per l’ordinario rintracciabili che in pochissimi esemplari[11]. Sull’esemplare del 1764 Chiari è indicato come autore, ma il fatto che le due edizioni veneziane (Pasinelli 1763 e Zatta 1788) siano anonime dovrebbe gettare più di qualche dubbio sull’attendibilità di questa pubblicazione napoletana, che sembra con ogni probabilità uno dei frequenti casi di falsa attribuzione a fini commerciali, perpetrati dall’editore in questione: il nome di Chiari era infatti ben spendibile presso i lettori di romanzi, come dimostra anche il caso di Antonio Piazza, che ebbe a lamentarsi delle contraffazioni di Vinaccia-Flauto in cui gli veniva sottratta la paternità delle opere, in favore del più celebre romanziere[12]. Dal discorso di Catucci si deduce che l’originalità, e anzi l’eccentricità del personaggio femminile dell’Americana ramminga (così diversa dalle eroine del Chiari), unitamente ad alcuni tratti di stile, potrebbero costituire un indizio della non appartenenza del testo al laboratorio chiariano[13]. In mancanza di una prova documentaria irrefutabile si dovrà quindi rivolgere l’attenzione agli aspetti formali e soprattutto rintracciare all’interno di questa produzione alcune costanti, che aiutino ad individuare se non proprio una cifra autoriale (essendo Chiari scrittore dalle manifeste incoerenze e quasi volontario propagatore di una molteplicità di punti di vista), quanto meno uno specifico americano che aiuti a dissipare ogni dubbio sulla paternità. Alla luce degli elementi emersi finora, si ritiene tuttavia di non includere L’Americana ramminga tra i testi esaminati nel presente contributo.

    Per Chiari l’ambientazione americana costituisce non soltanto l’occasione di una generica connotazione esotica, di cui pure sono ricche molte delle sue narrazioni avventurose, ma anche la possibilità di ricollegarsi ad un filone della letteratura europea e illuminista che aveva individuato nel tema del selvaggio una sorta di specchio rovesciato della società occidentale, che permetteva, in altre parole, una lettura critica del presente. È un nuovo approccio al diverso, che progressivamente si libera di quei paradigmi etnocentrici della letteratura della Conquista, che tendevano, come Todorov ha sottolineato nel suo celebre saggio, o a non riconoscere l’alterità e assimilare al proprio mondo l’altro da sé o, viceversa, a vedere nelle differenze l’indice di una inferiorità costitutiva[14]. La retorica dell’Illuminismo invece punta, in un’ottica straniante e contrastiva, a valorizzare la differenza, a fare del selvaggio un modello alternativo, che nella sua semplicità e istintiva adesione alla solidarietà tra gli uomini incarna quei valori che la società europea ha ormai sacrificato sull’altare dell’artificiosità e dell’interesse economico[15]. In Chiari questo mito del buon selvaggio si incontra naturalmente con un’altra alterità, a lui particolarmente cara: quella del modello muliebre della paladina della virtù, ovvero quella donna «filosofessa» che intitolava il suo primo romanzo del 1753.

    Nella Donna che non si trova la protagonista è Quivira, una americana del Nord che sposa l’europeo Delingh dopo averlo salvato dalla morte. Tutta la narrazione si fonda, in seguito, sulla ricerca da parte di Quivira del marito scomparso, con una serie incredibile (come si addice al genere) di peripezie tra America e Europa, fino a quando Madame Delingh riuscirà a riunire la famiglia. L’esemplarità della protagonista – che è esibita persino dall’ambivalenza del titolo – non è data semplicemente dal superamento delle estenuanti prove, ma anche da un’onestà d’animo che la scelta della pseudo-autobiografia permette di esternare sin dai primi articoli del libro, con i toni di una rivendicazione in cui è forte l’eco rousseauiana: la selvaggia che proviene dalle «immense boscaglie» americane sfida il mondo cosiddetto progredito con «uno spirito insuperabile d’indipendenza, sostenuto dalla natura, e regolato da’ soli lumi della ragione»[16]. Infatti per Quivira se gli uomini seguissero la «sola ragione», che ispira la vita dei selvaggi americani, si potrebbe cambiare il «terrestre abisso di confusione» in un «vero teatro di felicissima fratellanza a tutto il genere umano»[17]. Sono le argomentazioni che torneranno, qualche anno più tardi, in molti passi dei Privilegi della ignoranza; quelle che celebrano la semplicità di popolazioni che vivono a contatto con una natura non contaminata dalla civiltà[18]. Sul finire degli anni Sessanta, l’autore si dovette sentire particolarmente ispirato da questo tema dell’educazione fuori dalla società: nello stesso anno della Donna che non si trova, esce il suo romanzo a maggior tasso di filosofia utopica, L’uomo di un altro mondo, che ha per modello il conte philosophique alla Voltaire, anche se qui il protagonista non proviene dall’America ma dall’immaginario tipico del genere, ovvero da un’isola senza nome, che è pur sempre un nuovo mondo[19].

    Nel saggio, ancora oggi fondamentale, Il mito americano nella Venezia del Settecento, Piero Del Negro ha ben sottolineato gli aspetti di novità introdotti da questo romanzo americano del Chiari, soprattutto rispetto al suo più celebre rivale, Carlo Goldoni[20]. Infatti, se poco più di un decennio prima le eroine selvagge, portate sulla scena da Goldoni in La peruviana del 1755 (che è una ripresa dichiarata delle Lettres d’une péruvienne di Françoise de Graffigny) e nella successiva La bella selvaggia del 1758[21], vengono ancora sottoposte ad un trattamento paternalistico, attraverso la rassicurante conversione alla morale cattolica, con La donna che non si trova di Chiari troviamo una testimonianza del «passaggio ad una versione più filosofica del mito del buon selvaggio»[22]. Ed è indubbio che le riflessioni di Chiari sui selvaggi – seppur non siano del tutto esenti da alcuni stereotipi retrivi (si vedano certi passaggi delle Lettere scelte, che sono però anteriori: 1751)[23] – si caratterizzano per quella che anche la Ricorda definisce una «globale impostazione progressista ed illuminista»[24].

    Il mito del buon selvaggio e l’esaltazione della semplicità conducevano inevitabilmente ad una progressiva erosione dell’ottimismo razionalista e di quell’eurocentrismo che aveva il suo cardine nella convinzione di una funzione positiva della civilizzazione dei popoli barbari. L’interesse di Chiari per il mondo dei selvaggi compie un percorso analogo: se egli non disconosce il valore etico di chi vuol far progredire il Nuovo Mondo, ne intuisce però anche i limiti e le storture; e in più luoghi solleva dei dubbi: si veda, ad esempio, in Sulle Americhe quando, dopo aver descritto impietosamente la storia della Conquista, invita il lettore a considerare se questo incontro tra i due mondi «reputarsi deggia d’utilità maggiore, o di maggiore nocumento»[25]. Un dilemma analogo – passando dal piano storico a quello intersoggettivo – è vissuto dalla protagonista della Donna che non si trova che, come ha giustamente notato Alberto Zava, si pone, ad un certo punto, la domanda centrale del dibattito sulla civilizzazione: «Sarà sempre un problema da non decidersi mai, se il raffinamento dello spirito umano sia più giovevole alla società, o ne sia più pernicioso l’abuso»[26]. Chiari, con la sua solita «abilità di volgarizzatore mondano e colto»[27] del dibattito filosofico europeo, non prende una posizione netta rispetto alla questione della civilizzazione, ma si limita a problematizzare e a relativizzare una visione troppo ottimistica della ragione e del divenire storico, così come sembrava orientarsi il pensiero illuminista dopo quella catastrofe di Lisbona (rappresentata, tra l’altro, nella Francese in Italia)[28] che, come ha scritto Tagliapietra, costituì un vero

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