Il persecutore
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Anteprima del libro
Il persecutore - Maurizio Setti
Maurizio Setti
IL PERSECUTORE
EDITRICE GDS
Maurizio Setti Il persecutore
©EDITRICE GDS
EDITRICE GDS
di Iolanda Massa
Via G. Matteotti, 23
20069 Vaprio d’Adda (MI)
tel.029094203
e-mail: edizionigds@hotmail.it ; iolanda1976@hotmail.it
Collana ©OMBRE & MISTERI
Illustrazione in copertina: OLD BUTCHER’S CLEAVER ©Artyom Yefimov (fotolia.com)
Progetto copertina di ©Iolanda Massa
Tutti i diritti riservati.
Ogni riferimento a fatti, persone, luoghi realmente esistenti e/o esistite è puramente casuale.
A Francesca....
....e ai nostri figli:
Maddalena
Elena
Grazie a Chiara per l’impeccabile revisione al testo...
e a Fabio per i preziosi suggerimenti in corso d’opera.
Piccola prefazione dell’autore
L’atto criminale è la matrice psicologica che muove l’azione criminosa ma anche il concorso responsabile delle stesse vittime in un continuo sovrapporsi di piani e intenti persecutori.
Ho cercato di rappresentare nel mio breve romanzo alcuni aspetti della personalità deviata e turbata.
Viene trattata con intento narrativo solo una parte, forse quella più oscura e impalpabile, che nel quotidiano delle nostre vite può celarsi a volte dietro un apparente equilibrio.
"Ora si trovava in compagnia di Alan ed Elen e questa era la cosa più importante, forse in loro avrebbe rivisto di riflesso il padre dei suoi figli, ma questo non pareva più preoccuparla… Almeno per ora!
1
L’uomo, si trovava nella sua stanza da letto e pensava a tutto quello che inevitabilmente sarebbe accaduto dalle primissime ore di quella mattinata. Con le mani si stringeva la testa fino a farsela scoppiare, nel tentativo di trovare immediatamente qualche soluzione a un problema più grande di lui.
Pensava e ripensava, ma le idee gli si accavallavano come onde impazzite nella testa, rendendolo più nervoso e meno lucido del solito. Cercava di focalizzare tutte le scene della sera prima, aiutandosi con una matita, disegnando su di un foglio passo dopo passo ogni momento, ogni fotografia impressa nella sua mente. Poi a un tratto l’illuminazione!
Il suo sguardo scorse sulla cappa del camino, prese ipoteticamente le misure utilizzando il pollice e l’indice come compasso e finalmente arrivò alla conclusione.
Aprì la porta di casa, corse frettolosamente giù dalle scale che portavano alla taverna, cercò nel capiente mazzo di chiavi quella giusta per aprire la porta del garage e la infilò nella toppa. Fece girare la serratura ed entrò dirigendosi come un lampo verso l’armadio metallico posto in fondo al garage.
Spostò l’ingombrante scaffalatura e dietro di esso comparve una vecchia porta in legno, una di quelle che venivano utilizzate per chiudere i pollai. Cercò di sfilare il tondino a elle che bloccava l’uscio, ma si accorse che il tempo aveva arrugginito il chiavistello rendendo impossibile ogni tentativo di apertura, così diede una spallata e scardinò le cerniere.
Entrò in una piccola stanza maleodorante e con fare sinistro come se qualcuno lo stesse osservando, sollevò una piccola botola antistante la porta d’ingresso e prese al suo interno quello che stava cercando.
Richiuse la botola e fece il percorso a ritroso fino alla stanza da letto dove poté finalmente mettere in atto il suo piano. Estrasse dalle tasche dei pantaloni l’oggetto che aveva trafugato poc’anzi, poi prese un coltello a serramanico dal cassetto della sua scrivania, si diresse verso il camino e cominciò a grattare le pareti della cappa. Il cemento refrattario che univa i due angoli di muro era così resistente da non subire nessun cedimento strutturale, solo dopo qualche minuto si sgretolò sotto i colpi della lama affilata del coltello, che come un ariete inferocito stava per far breccia dentro quella cappa fuligginosa e maleodorante.
Una volta aperta, l’uomo raggiunse il letto a conchiglia, alzò la branda a doghe ed estrasse un enorme sacco nero. Trascinò l’involucro in direzione della cucina,ma si accorse di un imprevisto:alcune macchie rosse si erano depositate sul pavimento. Prese una maglia a portata di mano e pulì rapidissimamente quelle che potevano risultare delle prove inconfutabili.
Raggiunse la cucina e arrivò al cassetto delle posate.
La mano nervosa e tremante dell’uomo afferrò una mannaia da macellaio e con uno scatto d’atleta si avventò con tutto il suo peso sul sacco poco distante. Il primo colpo lo sferrò producendo un suono cupo e sordido, il secondo lo diede con una tale efferatezza che la sagoma assunse una forma sempre più indefinita.
Il colore nero del sacco plastificato era riconoscibile solo in piccoli punti, il rosso acceso del sangue aveva già coperto la sagoma informe distesa ai piedi del suo carnefice. L’orologio a muro della cucina scandiva imperterrito il tempo con un ticchetto intenso e impetuoso, mentre il silenzio stava per regnare sovrano, quando uno scampanellio inatteso e imprevisto del citofono, catturò l’attenzione dell’uomo. Un attimo di disorientamento lo paralizzò poi si avvicinò verso l’uscio. Mise l’occhio contro lo spioncino per rendersi conto della visita inaspettata e al di là della porta vide il postino.
«Signore, sono il postino! Devo consegnarle una raccomandata e c’è bisogno della sua firma per il ritiro.»
«Di che si tratta?» Rispose l’uomo.
«Mi spiace ma non sono tenuto a saperlo! Sono solo qui per la consegna… la vuole o no la lettera?»
Il messo aveva una certa fretta, doveva ultimare il giro delle consegne e non era proprio disposto a perdere a tempo.
L’uomo meditò qualche secondo poi acconsentì.
«Va bene!» Rispose «Me la passi sotto la porta.»
Sbuffando, il messo delle poste infilò il cartaceo dove gli era stato indicato in attesa della ricevuta firmata.
Ottenuto ciò che chiedeva se ne andò, ma dovette fermarsi improvvisamente per un contrattempo, una gocciolina rossa era comparsa sul cartoncino che teneva tra le mani. Lì per lì non diede molto peso all’episodio, ma poi si ricordò di quando fu rimproverato dal suo responsabile per aver consegnato una lettera macchiata, allora pensò bene di non commettere lo stesso errore e tornò indietro.
Notò che la maniglia dell’uscio, anch’essa presentava alcune macchie rosse su quasi tutta la superficie.
Il cuore del postino cominciò a palpitare, si avvicinò alla porta e suonò il campanello per la seconda volta.
Lo scampanellio si sentì in tutto il pianerottolo e probabilmente riecheggiava fino ai piani superiori.
La porta si aprì e il postino ignaro e curioso la varcò con quella cautela che mista a paura fa compiere azioni non premeditate.
Richiuse l’uscio delicatamente come se sapesse di essere scrutato e si diresse verso uno spiraglio di luce che proveniva probabilmente da una finestra della cucina.
Più avanzava, più il bagliore di luce diveniva accecante.
Cercò di socchiudere gli occhi ma tutto quello che vide fu una lama d’acciaio rettangolare che andava a sezionare in due parti la visiera del suo cappello, e inevitabilmente la sua fronte.
Il colore rosso del sangue stava imbrattando il pavimento della cucina e continuava a sgorgare lentamente insieme a frammenti di materia grigia.
L’odore all’interno dell’appartamento stava diventando nauseabondo mentre la temperatura era gradualmente salita.
L’uomo, camminava intorno al corpo esanime della sua vittima con l’arma ancora in mano e a tratti si grattava il capo.
Voleva probabilmente riordinare le priorità dei suoi prossimi movimenti, l’inatteso ospite lo aveva interrotto nell’atto sadico e disumano di chi non riconosce più la dignità e la pietà nel proprio simile.
Il sacco in politene ormai a brandelli custodiva un corpo irriconoscibile per l’inconsueta forma che aveva assunto a causa delle mutilazioni subite.
Ora la situazione stava per complicarsi.
Il respiro affannoso del carnefice si faceva sempre più intenso e ingestibile.
Doveva ancora terminare di sezionare in parti più o meno uguali il corpo del povero postino che giaceva ai suoi piedi in quell'angusta cucina, e provvedere anch’esso alla sua definitiva collocazione.
Le sue mani presero subito l’iniziativa. Afferrò con decisione la mannaia utilizzata poco prima, e con una serie di colpi a raffica ripeté la sequenza fino a raggiungere lo sfinimento.
Tutto era pronto per la destinazione finale.
La cappa del camino poco distante era ormai aperta da un po’, in attesa di essere riempita.
Ora il piano stava assumendo sempre più il senso logico della sua malvagità. I resti del postino e della giovane donna dovevano essere solo parzialmente eliminati per tornare in circolo sotto forma di qualcosa di macabro.
Le mani venose dell’uomo presero a maneggiare con l’arte di un salumiere i resti dei corpi che rimanevano delle due vittime.
Recuperò alcuni tra gli ingredienti fondamentali che si usano per l’essicazione delle carni, prese corda in canapa e budello, e cominciò ad affumicare le carni legando ed insaccando tutto ciò che aveva davanti agli occhi. Ora doveva solo far sparire gli orrendi insaccati nel loculo ricavato sopra il camino, ma si accorse che la legna era finita e il tempo a disposizione per terminare il lavoro era quasi scaduto.
Si affrettò ad infilare a uno a uno nella cappa quel che rimaneva dei due poveri cristi e richiuse la parete con del sigillante refrattario.
Guardò l’orologio e impietrì quando si accorse che erano giunte già le dodici e dieci.
Corse verso l’uscio dell’appartamento e si diresse come un fulmine nel garage sottostante, e alla rinfusa cercò qualche ceppo d’abete. Tornò rapidamente in casa prese dei vecchi quotidiani ingialliti, poi mise legna e giornali dentro la bocca del camino ed accese il tutto aspettando che le piccole lingue di fuoco divampassero in un focolaio inarrestabile.
L’odore tipico della carne cotta stava impregnando l’aria già pesta di suo, neanche un animale avrebbe resistito così a lungo respirando quello che si era depositato ormai da circa due ore in quel piccolo appartamento.
L’uomo verificò lo