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L'ultimo testimone
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E-book477 pagine5 ore

L'ultimo testimone

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Info su questo ebook

Un autore da 5 milioni di copie

Un grande thriller

L’agente speciale dell’FBI Rose Blake ha affrontato il Male ed è sopravvissuta. 
Ma ora è tormentata dai sensi di colpa per il fallimento della sua missione sotto copertura. Non riesce a liberarsi dei ricordi dell’incontro con lo spietato serial killer che ossessiona i suoi incubi: Shane Koenig è un assassino con un’immaginazione terrificante e un’intelligenza fuori dal comune. Ed è sempre un passo avanti a lei. Rose sa bene che è solo questione di tempo prima che torni a uccidere. Finalmente un nuovo caso sembra essere l’occasione ideale per distrarsi: deve indagare su un uomo arso vivo a causa di un congegno tecnologico. Non è il genere di caso che normalmente viene assegnato all’FBI, ma non c’è niente di ordinario in questa morte. Man mano che Rose scava a fondo, si trova immersa in un mondo simile a quello dei videogiochi di suo figlio. Ma quando il tuo avversario è un assassino, si tratta di un gioco molto pericoloso…

Il maestro del romanzo storico ci regala un thriller ad alto tasso di adrenalina 

Un’agente dell’FBI è sulle tracce di un assassino ed è disposta a inseguirlo nel mondo reale e in quello virtuale 

«Se Stephen King avesse collaborato con Michael Crichton, avrebbe creato un libro come questo.»
Peterborough Evening Telegraph
Simon Scarrow
È nato in Nigeria. Dopo aver vissuto in molti Paesi, si è stabilito in Inghilterra. È un grande esperto di storia romana e ha venduto oltre 5 milioni di copie nel mondo. Il centurione, il primo dei suoi romanzi storici pubblicato in Italia, è stato per mesi ai primi posti nelle classifiche inglesi. Scarrow è autore di oltre quindici romanzi e della Revolution saga, la quadrilogia dedicata a Napoleone.
Lee Francis
è un allievo di Simon Scarrow ed esordisce insieme a lui con L’ultimo testimone.
LinguaItaliano
Data di uscita19 mar 2018
ISBN9788822719140
L'ultimo testimone
Autore

Simon Scarrow

Simon Scarrow teaches at City College in Norwich, England. He has in the past run a Roman history program, taking parties of students to a number of ruins and museums across Britain. He lives in Norfolk, England, and writes novels featuring Macro and Cato. His books include Under the Eagle and The Eagle's Conquest.

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    Anteprima del libro

    L'ultimo testimone - Simon Scarrow

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    Rose Blake segue il pick-up di Shane Koenig sulla strada sterrata, poi su per una salita che porta a un piccolo chalet a due piani. Nel buio della notte appaiono, rosse, le luci dei freni del pick-up di Koenig. Le finestre della casetta fendono l’oscurità con un invitante alone arancione, poi la violenza abbagliante della luce di sicurezza squarcia l’aria fredda mentre entrambi parcheggiano sulla ghiaia coperta di foglie. Sta iniziando a piovere, delle piccole gocce picchiettano tra i rami nudi della foresta. Rose scende dalla macchina e segue Koenig sugli scalini del portico. Gli alti alberi neri incombono tutto intorno allo chalet. Su una targhetta si legge il nome «Conforto». Koenig si volta a guardarla. È bello, con quell’aria da uomo rude, i capelli scuri, i jeans, gli stivali marroni di pelle e un giaccone di lana Tommy Hilfiger chiuso sopra una camicia di flanella rossa a quadri.

    «La mia casetta lontano da casa, eh? Carina, vero?».

    Apre la porta d’ingresso. I battiti di Rose accelerano mentre lui le fa cenno di entrare.

    «Molto».

    Non ha badato a spese: i pensili e i ripiani della cucina sono in legno laccato, appese al muro ci sono pentole e padelle di rame. Lo chalet è una costruzione di pietra e legno dipinto di arancione. La cucina è all’americana, aperta sul salotto dove c’è un caminetto pronto per essere acceso, pieno di fogli accartocciati, legna e rametti. Koenig tira fuori un accendigas e in poco tempo le fiamme crepitano e iniziano a scaldare la stanza. Rose allunga le mani verso il fuoco, sentendo il calore che le fa formicolare la pelle. Koenig si avvicina a un impianto Bose a parete e schiaccia play:

    Somethin’ about this night . . .

    Somethin’ is so right.

    You and me, babe. We’re connected

    Una scelta un po’ inquietante, pensa Rose.

    Koenig si toglie la giacca e le accenna un sorriso. «Fai come se fossi a casa tua. È un posto molto confortevole. Almeno, per me lo è».

    «Un po’ solitario».

    «Non con la giusta compagnia», dice, toccandole la guancia. Le sue dita mandano come una scarica elettrica che le attraversa il corpo. Ma non si tratta di eccitazione sessuale. Rose prova solo paura.

    «Bello incontrare qualcuno che per una volta è uguale alla sua foto profilo», aggiunge mentre con gli occhi le esplora il corpo.

    «Lo dici in senso positivo, spero», Rose sente un brivido sotto il maglioncino di cachemire rosa che indossa sulla gonna aderente.

    «Puoi scommetterci. Dammi pure il cappotto, aspetta, ti aiuto». Koenig le fa scivolare sulle spalle il lungo cappotto marrone, lasciandole le braccia scoperte.

    Rose si allontana velocemente da lui e si siede sul morbido divano beige. Lancia un’occhiata ai muri della casetta, su cui sono appese foto di battute di caccia. Ognuna di queste ritrae Shane Koenig, in posa accanto al cadavere di un cervo o di qualche altro animale. In fondo alla stanza c’è una porta e vari fucili sistemati su una rastrelliera. Mentre cerca con gli occhi altri indizi rivelatori per capire meglio la sua personalità avverte un leggero sentore di candeggina nell’aria. Deve essere importante. È il classico modo con cui un uomo come Koenig può coprire le sue tracce. Ma cerca di stare calma. Owen e il resto della squadra la sorvegliano da un furgone nero lì vicino, deve solo fare un segnale. E ci sono i ragazzi della SWAT, armati e pronti a entrare in azione appena verrà dato l’ordine. Rose sa che non può lanciare l’allarme a meno che non venga minacciata direttamente, o a meno che Koenig non confessi. Fino a questo momento si è comportato come un normalissimo uomo a un primo appuntamento.

    Pensandoci nota che è stato fin troppo circospetto. Come se fosse rimasto lì a guardarla, analizzandola con calma, prima di fare la sua mossa. Poi sente un brivido in fondo al collo. Forse sa che lei non è chi dice di essere. Koenig si muove senza fretta verso la cucina e prende dei bicchieri da una credenza. Due calici da vino e due tumbler. Si volta e la guarda. Le sue labbra disegnano un sorriso, ma i suoi occhi sembrano morti. «Bello freddo, eh. Che ne dici di un goccetto?»

    «Certo. Che cos’hai?». Annuendo Rose lascia scivolare in avanti un ciuffo di capelli. Li tiene sciolti per nascondere l’auricolare color carne che ha nell’orecchio destro.

    Koenig si volta e la fissa per qualche secondo. «Sei proprio attraente. Immagino che sul sito ci sarà una lista infinita di uomini che ti hanno chiesto di uscire. Perché hai scelto me?»

    «Il tuo profilo era interessante. Non c’erano le solite stupidaggini un po’ generiche. E avrai un buon lavoro, immagino».

    «Immagini…?».

    Per un istante l’espressione di Koenig rimane fissa quanto i suoi occhi. Poi torna a sorridere. «E che lavoro sarebbe? Non credo di aver menzionato alcun dettaglio in proposito».

    Rose sente il cuore accelerare i battiti, allarmata, mentre cerca di rispondere con tono tranquillo. «Qualsiasi cosa sia, devi guadagnare abbastanza bene per poterti permettere la tua casa lontano da casa, come dici tu».

    «Già». I suoi occhi saettano per tutta la stanza. «Questo posto è più vero di casa mia. Nella casa in città ci vivo solo per andare a lavoro durante la settimana. È qui che mi sento più a mio agio. Questo posto è più… me. Non so se capisci cosa intendo».

    Rose annuisce guardando le foto di caccia. «Certo».

    Koenig ride. «No. Non penso che tu sappia cosa intendo davvero. Ci siamo incontrati al bar appena tre ore fa».

    «Ma abbiamo parlato per qualche settimana su internet», dice Rose. «Ti conosco abbastanza da averti proposto di incontrarci di persona. Rifiuto quasi tutti gli altri. Ci sono troppi stronzi su quel sito. Ma tu sei diverso. Hai un qualcosa che mi ha attirato subito».

    «Ah sì? E cosa? Cos’è che mi rende diverso?».

    Anche se ha provato la parte con Owen e gli altri della squadra, Rose fa una pausa, come se ci stesse pensando. Alza le spalle. «Sai, tutte quelle stronzate, quelli che si vantano di essere tipi genuini, animali da party ma allo stesso tempo sensibili e premurosi. Hai evitato quei discorsi e sei andato dritto al punto. Direi che è questo che mi piace».

    «Bene».

    «E poi certo, il fatto che tu sia così sexy in foto aiuta».

    «Non sei la prima a dirlo».

    «No?»

    «Direi proprio di no. Pensi di essere la prima persona che porto qui?».

    C’è un tono inquietante nella sua voce e Rose si agita sul divano. Cerca di alleggerire l’atmosfera. «Allora forse le altre non avevano quello che posso darti io».

    «Pensi di essere speciale?»

    «Questo possiamo scoprirlo solo insieme, no?», Rose lascia cadere la mano sulla coscia e si sistema con delicatezza l’orlo della gonna.

    Koenig fissa la curva scura del ginocchio e il suo volto si contrae appena. Si alza in piedi davanti a Rose. Lentamente allunga una mano e le passa le dita tra i capelli, sopra l’orecchio sinistro. Rose ha bisogno di tutto il suo autocontrollo per non sobbalzare quando Koenig la tocca.

    Non ancora, Rose.

    Deve seguire la procedura. Non ha abbastanza prove per ottenere un mandato di perquisizione. Sa di essere la loro unica possibilità di mettere fuori gioco Koenig. Se lui confessa e lei avverte gli agenti, dovrà leggergli i diritti, altrimenti la confessione non sarà valida, le prove raccolte non verranno considerate pertinenti, invalidando anche le successive. Il frutto di un albero avvelenato. E Koenig rimarrebbe a piede libero. Libero di continuare a uccidere.

    Rose guarda alle sue spalle e vede una macchina fotografica e dei cavalletti appoggiati accanto a una scrivania in fondo a uno stretto corridoio che porta a un’altra stanza. Koenig avvicina il volto al suo, cercando di baciarla. Odora di dopobarba costoso. Rose gli prende le mani, gliele solleva e lo tiene a distanza.

    «Ci beviamo una cosa prima, che ne dici?».

    Lui esita prima di sorridere. «Una donna di classe. Direi di sì». Si sistema, alzandosi. «Ho una piccola cantina sul retro. Rosso?»

    «Perfetto», dice lei, incrociando le braccia.

    «Allora riscaldati al caminetto. Ci metto un minuto». Koenig scivola sul retro della casetta, apre una porta e sparisce.

    Rose sussurra: «Owen? Stai ascoltando tutto?»

    «Certo. Tutto ok, Rose. Ci sono degli agenti che circondano la casa. Ti copriamo le spalle. Hai visto qualcosa di sospetto?», la voce di Owen gracchia nel suo orecchio.

    «Solo delle foto di scene di caccia, nient’altro. Ora do un’occhiata in giro».

    «Stai attenta». La voce di Owen tradisce tutta la sua preoccupazione. Rose sa il rischio che corre, ma si è offerta volontaria, dopotutto. Dare la caccia ai criminali è il suo dovere. È per questo che la paga lo Zio Sam, e lei sa fare il suo lavoro.

    Si alza e inizia a camminare per la cucina. Il piano di granito è illuminato da faretti incassati nelle credenze. Una porticina si apre su un ripostiglio. C’è un lucchetto aperto… Chi mai chiuderebbe un ripostiglio con un lucchetto? Apre la porticina. La stanza è lunga e stretta, coperta di mensole. In fondo c’è un congelatore a pozzetto. Gli scaffali sono sistemati con ordine. In modo fin troppo preciso. Le lattine a destra, divise in zuppe, verdure e frutta. A sinistra ci sono dei vasetti di spezie, barattoli di marmellata e di farina, riso e pasta. Accanto al freezer c’è un lavandino di ceramica e una mensola robusta su cui è appoggiato un tagliere di legno pieno di incisioni. A un gancio è appesa una mannaia luccicante. L’odore di candeggina è più forte che mai.

    Il fondo dello sgabuzzino è in ombra, e in mezzo alla stanza pende una lampadina nuda attaccata a un cavo. Rose è tentata di accendere la luce ma è troppo rischioso. Si avvicina al congelatore sentendo il sudore sulle mani mentre le appoggia sulla maniglia e tira. All’inizio fa una leggera resistenza ma poi lo sportello si apre. Anche se non c’è molta luce, Rose riesce a intuire piuttosto facilmente il contenuto del freezer. Da un lato ci sono dei grossi barattoli di gelato. Il resto dello spazio è riempito da sacchetti di plastica chiusi con lo scotch. Carne.

    Ma non il tipo di carne che terrebbe in congelatore una persona comune. Solo un pazzo criminale.

    Ci sono delle mani, chiuse a artiglio, che si intravedono dietro alla plastica ghiacciata. Un piede, e un mezzo busto con un seno dall’aria raggrinzita. E poi lì, nell’angolo, la testa di una ragazza mora, gli occhi aperti che fissano il vuoto, la bocca dischiusa in un grido silenzioso, schiacciata contro la plastica.

    «Owen…», Rose prova a parlare ma sente il petto schiacciato, senza fiato. Ha le gambe deboli ed è difficile respirare mentre le sale la nausea. Certo, ha già visto in passato dei resti umani. Ma non in queste condizioni. Cerca di parlare mantenendo la calma. «Ci sono parti di cadaveri mozzati qui… il congelatore ne è pieno».

    «Rose!», la voce di Owen le arriva all’orecchio. «Esci da lì! Subito!».

    Il tempo sembra rallentare e avvolgerla come catrame. Mentre ritorna nel salotto di colpo è completamente conscia di ogni suono, di tutto ciò che c’è nel suo campo visivo, di ogni odore, anche il meno forte. È lui. Il mostro che la stampa chiama Il macellaio dei boschi.

    Rose sente la sua presenza ovunque mentre l’aria le riempie i polmoni. Si porta una mano dietro alla schiena, sotto al maglione, dove ha nascosto la sua automatica.

    «Esci da lì!», la voce di Owen urla nel suo orecchio. «Stiamo arrivando!».

    La musica sta ancora suonando piano.

    I’m with you. In your heart

    In your body, like fire…

    «Eccoci qui, bella…», dice Koenig rientrando. «Ho trovato un bel Rioja… Dove sei?».

    Rose estrae la Glock e la punta dritta davanti a sé.

    Koenig è in piedi sulla soglia con una bottiglia di vino in mano. Il suo sorriso scompare mentre la canna dell’automatica di Rose punta al suo petto. Non c’è alcun segno di sorpresa nella sua espressione. Nessuna emozione, solo quegli occhi immobili e la sottile fessura tra le labbra mentre la fissa. Il tempo sembra rallentare.

    Rose guarda oltre alla canna immobile della sua automatica e dice a Koenig: «Hai il diritto di rimanere in silenzio…».

    «Che cosa cazzo sta succedendo?»

    «Qualsiasi cosa dirai potrà essere usata contro di te in tribunale. Hai diritto…».

    «Brutta stronza bugiarda… proprio come le altre».

    «Hai il diritto a un avvocato. Se non puoi…».

    «Troia!», urla Koenig e le lancia la bottiglia.

    Lei si protegge istintivamente con le mani mentre il vetro esplode sul muro accanto alla sua testa. Schegge e vino volano su di lei, sente un dolore acuto sul retro del polso. La porta si spalanca, un forte rumore di passi dall’esterno.

    Gonna make you mine, baby

    Gonna eat you up…

    Da fuori si sentono urla, e il suono dei veicoli che si avvicinano ad alta velocità copre la musica. Rose si sta già spostando verso la porta sul retro, con la pistola dritta davanti a sé, tiene ferma la mano destra con la sinistra, mentre Owen entra di colpo nello chalet. Indossa l’uniforme nera con la scritta FBI a grosse lettere bianche, è alto e magro, sulla trentina, con i capelli neri ordinati e il pizzetto, il volto preoccupato. Entrano di colpo altri due uomini e prendono posizione ai due lati dell’ingresso, la testa incassata sopra i fucili d’assalto mentre tengono sotto tiro la stanza da parte a parte. Owen vede il sangue che gocciola dalla mano di Rose.

    «Merda… Rose, stai bene?».

    Lei balza in piedi e indica la porta sul retro. «È uscito da quella parte!».

    Sente il cuore che batte all’impazzata. Un brivido d’emozione all’idea di catturare la loro preda. Lo chalet è circondato dagli agenti federali e dalla polizia. Koenig è un animale in trappola. E questo lo rende pericoloso e disperato.

    «Rose, tranquilla… Abbiamo circondato tutta la zona. Non riuscirà a scappare».

    Lei scuote la testa. «Andiamo».

    Fa strada. Accanto alla porta c’è una rastrelliera di fucili da caccia. Ne manca uno. Owen parla nel microfono del suo auricolare.

    «Fate attenzione, Koenig è sul retro dello chalet ed è armato».

    Rose, Owen e i due agenti escono dalla porta fermandosi sul portico. Il legno è freddo e umido sotto i suoi piedi, un paio di gradini conducono nell’oscurità. Un brivido le corre lungo la schiena. Koenig conosce quel bosco come il palmo della sua mano.

    Un pensiero comincia a farsi largo nel suo cervello: adesso sono loro a essere le sue prede. Le torce si muovono tra gli alberi mentre gli agenti e gli uomini della squadra tattica si gridano istruzioni a vicenda.

    Il rumore secco di uno sparo dagli alberi vicini. Rose e gli agenti si accucciano con le pistole puntate in quella direzione.

    «Cosa sta succedendo?», urla Owen nel microfono.

    I fanali della polizia locale fendono l’oscurità mentre le macchine ruggiscono salendo sulla collina, la luce si muove tra i tronchi degli alberi. Rose vede qualcosa muoversi alla sua destra mentre i fari colpiscono la camicia rossa di Koenig.

    «Laggiù!», grida.

    Rose e Owen corrono lungo la salita, a est, verso la foresta. Il terreno sotto i piedi nudi è freddo e viscido per le foglie cadute, ma ha troppa adrenalina in circolo per sentire qualcosa. Gli agenti di polizia e gli uomini dell’FBI si riuniscono velocemente correndo tra gli alberi mentre si avvicinano a Koenig. Rose immagina che si stia dirigendo verso il ruscello, non lontano dalla statale. Se riesce ad arrivarci e a fermare una macchina, allora tutti i loro sforzi saranno stati vani.

    Crack.

    «Zitti!», dice Rose sussurrando. Owen e gli altri due agenti si fermano. Più avanti i federali e la polizia stanno ancora correndo tra gli alberi.

    Rose avanza, camminando su uno stretto sentiero. I suoi sensi sono acuiti: tutto ciò che vede, sente, odora e tocca ha un’intensità estrema. Delle gocce di pioggia cadono dai rami bagnandole i capelli e le spalle, scuote la testa per liberare la visuale. Di colpo vede la faccia di Koenig che la sta guardando da dietro a un tronco, sorridendo. Rose stringe ancora di più la pistola, puntandogliela contro.

    Prende la mira e preme il grilletto.

    Il sottobosco davanti a lei viene illuminato di colpo dal bagliore giallo dello sparo, e il proiettile si infila nel tronco. Koenig si copre la faccia per proteggersi dalle schegge di legno, e perde l’equilibrio mentre la canna del suo fucile si solleva. Owen si pianta davanti a Rose mentre il rumore sordo del fucile riempie l’aria. Koenig spara verso il basso, colpendo un ramo caduto, che esplode in zampilli di schegge. Il proiettile, diretto a Rose, colpisce il ginocchio destro di Owen che grida di dolore e cade a terra.

    Rose sente il cinguettio stridulo degli uccelli spaventati, mentre Owen si contorce al suolo, i denti stretti, piagnucolando di dolore. I due agenti sono in posizione di tiro, i fucili pronti a far fuoco. Controllano il bosco intorno a loro. Rose si ferma a guardare l’albero dietro a cui si era nascosto Koenig. Mentre si sporge per controllare sente i rametti e le foglie viscide sotto i piedi e l’aria fredda sulla pelle esposta al vento. Ma dietro l’albero non c’è nulla. Solo l’immobile baluginio sulla cartuccia usata, a terra. Koenig è sparito. Guarda tra gli alberi ma non c’è alcun movimento. Dietro di lei, la testa di Owen si piega indietro: apre la bocca e fa uscire un grido animale d’agonia.

    Quando il primo degli agenti SWAT la supera per correre nella direzione che gli indica, Rose sa che è già troppo tardi. Questo è il bosco di Koenig. Scapperà. Si nasconderà, scomparirà come un fantasma aspettando il momento giusto per emergere dal suo nuovo rifugio e uccidere ancora. E ancora…

    1

    Sette mesi dopo

    Settembre

    Rose è in cucina, toglie la pellicola dal vassoio degli aperitivi. Le cicatrici sulla mano sono praticamente scomparse. È una giornata fredda, indossa un maglione di lana troppo leggero sui pantaloni neri. Beve un sorso di vino mentre pensa a come sistemare il vassoio, poi sposta alcuni pezzi di sushi in modo che tutto sia perfettamente simmetrico. Fuori, nella sala da pranzo, sente la voce del marito, della sorella e del padre. La voce di Jeff è profonda e forte, tiene banco raccontando una storiella divertente sull’ultimo scandalo al Congresso. Gli altri ascoltano in silenzio, poi scoppia una risata.

    Rose sorride. Lo ama, e adora che Jeff sia così apprezzato nel suo lavoro. La riempie di soddisfazione il pensiero che suo marito abbia scelto di sposare proprio lei, quando avrebbe potuto avere qualsiasi donna. Una gratitudine che prova ancora con forza. È convinta che Jeff abbia commesso un errore sposando lei, e proprio per questo è determinata a non dargli alcun motivo per pentirsene. E perché mai le altre donne non dovrebbero desiderare Jeff? È alto, atletico, con folti capelli di un castano chiarissimo, sorride sempre ed è terribilmente affascinante. È intelligente e ha un lavoro prestigioso, anche se lo stipendio non è clamoroso. Jeff si è messo in aspettativa dalla San Francisco State University per lavorare come social media adviser per il senatore democratico Chris Keller, impegnato in una dura lotta per mantenere il suo seggio al Senato, a Washington. Se Keller vincesse Jeff potrebbe rimanere nel suo team anche dopo la campagna elettorale. Rose si gode il pensiero che per suo marito il meglio debba ancora venire. Se tutto va bene, un giorno, potrebbe lavorare alla Casa Bianca.

    Sulla sua carriera non può essere altrettanto ottimista.

    Ha trentanove anni, tre meno di Jeff, ed è consapevole di aver perso anni cruciali sotto il profilo professionale: ha avuto Robbie, lo ha cresciuto ed è rimasta fuori dai giochi fino a che non è andato alle elementari. Una scelta che le è costata parecchio in termini di esperienza e anzianità di servizio, allontanando sempre di più l’ipotesi di una promozione. E poi è arrivato il caso Koenig… Ma tra il lavoro e l’amore per suo figlio non c’è proprio partita. La sua famiglia viene prima di tutto il resto.

    «Rose, hai finito di là?», la chiama Jeff. «Ci sono tre persone qui pronte a iscriversi agli Anoressici Anonimi».

    Altre risate, e anche Rose ridacchia, prende il vassoio e attraversa la cucina prima di aprire la porta spingendola con la spalla. La stanza è grande, con le pareti in legno, come molte case del primo Novecento in quel quartiere. Oak Avenue è un tranquillo sobborgo immerso nel verde non lontano da San Francisco e dal Golden Gate Bridge.

    La tavola è apparecchiata con cura. Di fronte a Rose siede Jeff, che le sorride e le fa l’occhiolino dietro ai raffinati occhiali senza montatura. Al suo fianco c’è Scarlet, la sorella di Rose, e più in là suo padre, Harry Carson.

    Scarlet ha trentatré anni, è bassa, con capelli color rame – si fa la tinta per scurirli – e un fisico formoso. È la sorellina giovane e spericolata, ha divorziato da poco e si sta godendo la nuova vita da single, soprattutto perché il suo untuoso avvocato, un vero squalo, è riuscito a spremere il suo ex marito fino all’ultimo centesimo. Però continua a lavorare come agente immobiliare. Ci sa fare con la gente ed è brava a vendere. Si versa un altro bicchiere di vino, il terzo da quando è arrivata, poi prende il cellulare e si fa un selfie con in mano il calice pieno.

    «Devo metterla su Instagram», dice, prima di modificare la foto con un filtro che le fa sembrare la pelle molto più liscia. Poi appoggia il telefono sul tavolo. Rose è preoccupata per l’ossessione di sua sorella per i social, e in più di un’occasione le ha chiesto di non stare sempre incollata allo schermo mentre è in compagnia della famiglia.

    Il padre di Rose e Scarlet ha settantadue anni, i capelli brizzolati ed è un sergente istruttore dei marine in pensione. È silenzioso, Rose si chiede se stia pensando alla moglie, che è scomparsa senza lasciare tracce molti anni prima. È una ferita ancora aperta in famiglia, troppo dolorosa per parlarne. Harry sta ascoltando educatamente Jeff, di cui non approva le scelte politiche, ma che sopporta comunque per il bene della figlia. C’è qualcosa nell’espressione di suo padre che preoccupa Rose. Una certa stanchezza. Inizia a dimenticare le cose e a volte sembra confuso, sta iniziando a invecchiare.

    «Finalmente!», Jeff sussulta teatralmente. «Mi stavi facendo preoccupare, tesoro. Pensavo che ti stessi ingozzando di manicaretti di là, lasciando noi qui a morire di fame».

    Scarlet scuote la testa. «Spero non ci farai aspettare così tanto anche per il primo. Cavolo, ho una fame…».

    «Tu hai sempre fame», dice Harry, lanciandole uno sguardo paterno.

    Rose sistema il vassoio in mezzo al tavolo e si siede. Non ha bisogno di dire ai suoi ospiti di cominciare a mangiare. Scarlet è già al secondo pezzo di sushi quando rivolge a Rose uno sguardo indagatore.

    «Allora, Ro’, dimmi, come va il lavoro? Hai preso altri cattivi di recente?».

    Rose alza le spalle. «Sai com’è. Per il novanta per cento sono scartoffie, e per l’altro dieci è un reality show in cui inseguiamo criminali per vicoli bui con pistole e torce».

    «Davvero?», Scarlet inarca le sopracciglia ben curate. «E invece Mulder e Scully? Hanno già risolto il caso degli X-files

    «Scar, è una battuta vecchissima. Non iniziamo».

    «Allora raccontami qualcosa. Su, che cosa si dice di nuovo al Bureau?».

    Scarlet allude al fallimento che è quasi costato la vita a Rose, che l’ha stremata psicologicamente, e per il quale alcuni suoi colleghi si sono addirittura licenziati. Shane Koenig. Il serial killer che dava la caccia alle donne, ma pure a qualche uomo, per tutta la costa ovest degli Stati Uniti, riprendendo le loro morti con la telecamera. Un video blog, The Gab, lo ha chiamato il Macellaio dei boschi, poi il nome è stato ripreso dai telegiornali nazionali che hanno sfruttato il caso per alzare l’audience.

    Rose preferirebbe non parlarne. Koenig le è sfuggito da sotto al naso e da allora è sparito. Gli orribili resti umani trovati nel suo chalet e i file video sul suo computer provano senza alcuna ombra di dubbio che Koenig è il Macellaio dei boschi. Ed è lì fuori in attesa del momento giusto per riprendere la sua carriera di serial killer, pensa con amarezza.

    Le reazioni della stampa e delle testate online sono state a dir poco accese: l’account Twitter dell’FBI continua ancora adesso a essere preso di mira da una miriade di troll di internet, che si lamentano dei fallimenti del Bureau e di Rose. Ma per fortuna è intervenuta il suo superiore, l’agente speciale Flora Baptiste. Dopo una perizia psicologica piuttosto inutile, Baptiste negli ultimi mesi le ha alleggerito il carico di lavoro. Di tanto in tanto Rose continua a fare da mentore ad alcuni giovani agenti sotto copertura, e grazie a un po’ di terapia aggiuntiva – questo non l’ha detto praticamente a nessuno – ora sta meglio. Lancia un’occhiata a Jeff, pregandolo di non dire nulla a riguardo. Lui sorride prima di prendere la bottiglia di vino e riempire i bicchieri. Scarlet si piega in avanti.

    «Su, dai, Rose. Ci sono novità?».

    Negli ultimi sei mesi Koenig sembra essere scomparso dalla faccia della Terra. Hanno utilizzato ogni metodo di sorveglianza immaginabile: dal riconoscimento facciale alle targhe delle auto, dalla geolocalizzazione alle ricerche degli indirizzi IP, ma la task force non ha trovato nulla, nonostante le forti pressioni della stampa e dei familiari delle vittime. Hanno addirittura chiesto di hackerare il cellulare trovato nello chalet, ma l’azienda che produce il software del telefono di Koenig – un gigante del settore tecnologico – si è rifiutata e anzi ha aumentato il livello di protezione del proprio sistema operativo. L’unità di Crimini informatici dell’FBI ha provato ad accedere in autonomia, ma non ce l’ha fatta.

    Hanno avuto una possibilità di catturarlo. Ma Rose l’ha sprecata. Ha provato a colpire Koenig ma ha mancato il bersaglio. Per un momento chiude gli occhi, cercando di allontanare quel ricordo doloroso.

    A volte vincono i mostri.

    Harry si raddrizza sulla sedia. «Scarlet, per favore, forse tua sorella non vuole parlarne».

    «Su, papà. Rose è bravissima. È in grado di gestire la cosa».

    Rose alza gli occhi al cielo e guarda Scarlet. «Se proprio vuoi saperlo, abbiamo scoperto cosa faceva con i resti umani che abbiamo trovato nel freezer. Erano dei trofei. Li sotterrava nel bosco, e poi li metteva all’asta online vendendoli al miglior offerente. Quando lo pagavano inviava le coordinate di geolocalizzazione».

    Scarlet spalanca gli occhi. «Che schifo…».

    «Non abbiamo diffuso la notizia, ma la stampa prima o poi lo verrà a sapere e… Be’, immagino tu abbia letto cosa scrivono. Gli articoli su Koenig che conservava i genitali mutilati e altre parti del corpo in dei barattoli. E sopra ci appiccicava le loro foto profilo. Abbiamo trovato e confiscato tutto quello che abbiamo potuto raccogliere, ma per la maggior parte i compratori sono stati furbi e hanno nascosto i loro indirizzi IP. Quel che restava delle vittime se lo mangiava. Ti bastano questi dettagli?».

    Scarlet abbassa il suo pezzettino morsicato di alga e riso. «Oh, Dio…».

    «Ottimo. Grazie per avermi rovinato l’appetito, Rose», dice Jeff.

    «Me l’ha chiesto lei».

    Rose sente l’ansia montarle in petto, e beve un sorso di vino per rilassarsi. Si intravede una sagoma in fondo alla stanza. La fotocellula si accende rovesciando un cono di luce sul ragazzo.

    Harry alza un bicchiere. «Robbie! Come sta il mio nipotino?».

    Il giovane attraversa la stanza e rimane in piedi in fondo al tavolo. Ha quattordici anni ed è alto per la sua età. Ha il fascino di Jeff, a parte l’acne e gli occhiali. Ma c’è qualcosa che non va nella sua espressione. Poi sorride guardando gli adulti radunati intorno alla tavola e annuisce. «Sto bene, nonno… Tu?»

    «Benone. Come va la scuola?».

    Robbie guarda sua madre. Rose non vuole metterlo a disagio e interviene subito: «Bene. È il più bravo della sua classe in matematica e in scienze. Siamo molto fieri di lui».

    Rose si volta verso suo marito. Sta scrivendo furtivamente un messaggio, poi mette via il telefono, in fretta, una cosa che fa sempre più spesso.

    «Non so cosa stai facendo ma non credi che possa aspettare?», gli chiede Rose con un sorriso tirato. «Ora sei a casa, goditi la tua famiglia».

    «Non è così facile, lo sai anche tu. Non abbiamo orari regolari. La campagna elettorale è attiva ventiquattro ore su ventiquattro, e tocca a noi mandarla avanti».

    «Uhm…», Rose guarda l’orologio. «E poi, a chi è che scrivi a quest’ora?»

    «Ah… la mia assistente. Pandora sta stampando del materiale per domani».

    «È quella che ho incontrato all’ultima serata di raccolta fondi? Capelli scuri. Giovane…».

    Jeff annuisce. «Proprio lei».

    Si guardano con una mezza sfida inespressa, poi lei decide che non è il caso di affrontare la questione in quel momento.

    Harry ridacchia. «Cavolo, come sono cambiati i tempi. Una volta la casa era un luogo sacro, per non farti infastidire bastava chiudere la porta. Ora chiunque può disturbarti in ogni istante, e ovunque. Vi andrà in pappa il cervello se il mondo continua così, ve lo dico io».

    «Certo, certo», dice Rose, sorridendo.

    «Oooh, sedici Like alla mia foto!». Continua a scorrere il dito sul telefono. «È carino, no?». Alza il cellulare per mostrare una foto dozzinale di un tipo in giacca e cravatta con i capelli pieni di gel, un’abbronzatura perenne e il sorriso curato di chi passa un sacco di soldi al proprio dentista. Legge il suo profilo. «Oh no, gli piace il jazz. Mi spiace, bellone». E chiude la pagina del tipo.

    «Come sei severa», dice Jeff. «Voglio dire, a Rose piace la musica country, eppure l’ho sposata lo stesso. Nessuno è perfetto».

    «Be’, con questo invece lo posso trovare, Mister Perfetto», dice Scarlet indicando il cellulare.

    Lo smartphone di Rose emette una singola nota elettronica. Infila la mano nella tasca della giacca e lo tira fuori. Legge il messaggio e si alza in piedi.

    «Scusatemi un secondo».

    «Guai in vista?», dice Jeff. «A quest’ora?»

    «I criminali non fanno orari da ufficio», risponde Rose. «Non lo sai?».

    Si ritira in cucina seguita dalle risate della sua famiglia. Preme il tasto di chiamata rapida. Una profonda voce femminile. Tossisce prima di parlare.

    «Baptiste».

    «Ho ricevuto il messaggio», dice Rose. «Che succede?»

    «Ciao tesoro, dovresti controllare una cosa. C’è stato un incendio a Palo Alto. Probabilmente doloso. È morta una persona. È successo qualche ora fa. La polizia locale se ne sta occupando. O meglio, se ne stava occupando finché non abbiamo ricevuto una chiamata».

    «Da chi? Voglio dire, da quando l’FBI si occupa di questo tipo di cose, di incendi dolosi? Che c’entriamo noi?»

    «Di solito nulla. Ma questo non è proprio il solito incendio».

    «Che vuoi dire?»

    «Lo vedrai con i tuoi occhi. Io sono appena arrivata sul posto, ti mando l’indirizzo appena riattacco. Vieni il prima possibile».

    «Ora? Stasera?»

    «Sì, stasera», risponde Baptiste, irritata.

    «Ma sto cenando con la mia famiglia. Non possiamo aspettare domattina?»

    «No. È un ordine che viene dall’alto». Baptiste abbassa appena la voce. «A quanto pare qualcuno al Dipartimento della Difesa ha richiesto la tua presenza».

    «La Difesa?», Rose sente l’ansia salire

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