Dall'Adige al Don
Di Rino Pavan
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Anteprima del libro
Dall'Adige al Don - Rino Pavan
‘83)
PREFAZIONE
Molto è stato scritto sulla campagna di Russia, ma le testimonianze rese dai superstiti vicentini appaiono così toccanti e umane da superare grandemente le stesse vicende belliche vissute e rievocate: ansie, sofferenze d’ogni genere e infine la grande speranza di poter tornare in Patria, tra le proprie famiglie.
Così come appare straordinaria la costante attestazione di spontanea cordialità e affettuosità rese dalle popolazioni russe che ebbero contatti con i nostri soldati.
Nel ricordo dei sacrifici compiuti dai sopravvissuti ed in memoria dei tanti gloriosi scomparsi, questa rievocazione assume chiaramente la fisionomia d’un impegno di pace e di fratellanza tra i popoli. Per questo un grazie sincero, a nome di tutti i fanti, va all’amico marconista Rino Pavan, che a cinquant’anni dalla fine di quella guerra, non voluta ma da noi sofferta e patita, con pagine incancellabili ha saputo parlare
. E lo ha fatto con l’amore per la vita, la stessa vita che continua a legarci stretti, tutti, indistintamente. E leggendo queste pagine il nostro primo pensiero sarà per coloro che ci hanno già preceduto in Cielo.
Comm. Marcello Mantovani
Presidente dell’Associazione Nazionale del Fante
ADIGE
IL PREMILITARE, 1938-39
Era un corso che il fascismo imponeva a tutti noi giovani. Lo frequentavamo il sabato pomeriggio, ognuno di noi sceglieva la specialità preferita: chi l’aviere e veniva istruito da un ufficiale dell’aeronautica, chi il marinaio ed aveva come guida un ufficiale di marina. Era una fucina per prepararci al servizio militare dell’indomani.
Io scelsi la trasmissione radio per diventare marconista; per noi marconisti la scuola si svolgeva alla sera presso le Scuole Industriali che allora erano nei chiostri di Santa Corona, dove ora c’è il Museo Storico Naturalistico.
L’ingegnere Sacco veniva da Padova per le lezioni di alfabeto Morse, battuto con punto e linea col tasto del radiotelegrafo. Eravamo una quindicina e anch’io alla fine ottenni il brevetto di marconista.
Il 20 maggio del 1939 giunse da Verona un giovane sottotenente del Genio a farci gli esami. Non era altro che il mio futuro comandante di plotone radio sottotenente Nussio della 103a CTRT, Compagna Trasmissioni Radio.
LA MIA CHIAMATA ALLE ARMI
Verso il 10 gennaio del 1940 mi arriva la cartolina di precetto: devo presentarmi il giorno 1 febbraio del 1940 alla scuola del 4° Genieri di San Zeno a Verona. Lascio il gioco del calcio e il mio lavoro di artigiano. Con me porto pure l’immagine della Madonna datami da mia mamma.
La 103a CTRT in marcia a Chiusa di Pesio, presso Mondovì, sul fronte francese (giugno 1940)
Tra le reclute ci troviamo in cinque vicentini: Vinicio Cigala, Silvio Rancan, Franco Farneda, Franco Brusarosco e il sottoscritto.
Nella caserma leggo il motto AD OGNI COSTO
, dipinto sul muro a caratteri cubitali.
Un capitano ci accoglie: è l’ingegnere Gianfranco Gozzi. Ci prende in forza nella grande famiglia
, come lui chiama la 103a Compagnia mista, suddivisa in quattro specialità: artieri, marconisti, telegrafisti e pontieri, l’organico arriva alle 350 unità. La Compagnia è un piccolo mosaico perché raduna reclute che provengono da quasi tutte le regioni d’Italia.
Gianfranco Gozzi per noi è come un padre: ci fissa negli occhi e comprende i nostri problemi, rincuorandoci. Gli piace lo sport: ce lo fa praticare con entusiasmo, gioca con noi. E’ fiero della sua Compagnia, ci vuole sempre belli e ci insegna a non guardare mai gli altri. A Grezzana ha la sua giovane moglie, che qualche volta viene in caserma a salutarlo.
Il 27 febbraio 1940 prestiamo giuramento. Nel cortile della caserma pavesato di tricolori si raduna la 103a Compagnia schierata in armi. Il generale che ci fa giurare, durante il suo breve discorso dice: Cari soldati, ora che avete giurato sappiate che la guerra è alle porte del nostro paese e la Patria avrà bisogno di voi: dovete onorarla con la vostra divisa
. Sento come un brivido lungo la schiena, ma non mi rendo ancora conto del senso di quelle tremende parole, che restano scolpite nella mia mente.
Nel mese di marzo ci viene consegnato il piastrino di metallo dorato, con relativa collanina da appendere al collo; su di esso sono incisi il nome, i dati di nascita e provenienza di ognuno di noi: in caso di morte saremo così riconosciuti.
L’addestramento prevede due ore di radiotelegrafia al mattino in aula più alcune ore di istruzione all’uso delle armi lungo la riva dell’Adige che in qualche punto è ghiacciato. Facciamo le prime uscite con i mezzi in dotazione per prendere confidenza e pratica.
Il sabato, un sacerdote viene a tenerci qualche ora di morale e cultura religiosa. Alla domenica, inquadrati e cantando, ci rechiamo alla Santa Messa nella stupenda chiesa di Sant’Anastasia, vero gioiello artistico di Verona.
LA GUERRA
A maggio si fanno una ventina di giorni a Ferno e poi, a Varese, un campo di addestramento con le stazioni radio, dislocate anche a 50 chilometri l’una dall’altra per imparare a stabilire contatti. Tutto serve a prepararci al domani. Si rientra a Verona per poi spostarsi in terra friulana, a giugno, al raduno delle tre Divisioni a Spilimbergo, nella brughiera di Istrago (piove notte e giorno) dove, bagnati fradici, si sfila davanti al Duce e ai generali tedeschi. Ci sarà dato un premio di 5 lire.
S. Maria in Stelle presso Boscochiesanuova. In posa, da sinistra: Farneda, Perin, Pavan, Cigala, Rossi, Gregorini, Oriali, Rancan, Petrucciani, Amadio, Montresor, Bregoli, Grigoletti
A Ravosa, sempre nell’Udinese, e a Povoletto la 103a CTRT è dislocata e accantonata in granai di grandi fattorie. Stiamo per ricevere il rancio quando la radio dei padroni della fattoria a tutto volume annuncia che Mussolini ha dichiarato guerra alla Francia, America ed Inghilterra. Restiamo tutti seri e pensierosi guardandoci gli uni gli altri, consumando con poco entusiasmo il rancio.
Ci spostiamo verso il fronte francese. Alla stazione di Udine è un via vai di soldati e anche per noi giunge l’ora di salire in tradotta. Si passa per Vicenza verso il pomeriggio e noi vicentini guardiamo verso Monte Berico. C’è mia mamma con un piccolo cartoccio in mano assieme alla mamma di Cigala e ci sorridono con le lacrime agli occhi. Arriviamo verso le dieci di sera a Mondovì dove ci coglie il primo allarme aereo. Si scende nell’oscurità con gli elmetti in testa mentre il sedere duole per essere rimasti a lungo sulla tavola dura delle carrozze. A Chiusa di Pesio, vicino al Quartiere Generale della 3a Divisione Celere prende alloggio anche la mia Compagnia Trasmissioni Radio.
Terminano le ostilità con la Francia. Si rientra a Verona, ma non più in caserma, bensì verso Grezzana, accantonati in una lussuosa villa a Santa Maria in Stelle, mentre siamo sempre mobilitati in attesa di qualche fronte e in questa attesa trascorriamo il Natale e Capodanno. Il Comando di Divisione per ingannare il tempo organizza un torneo di calcio fra i vari reparti di Verona. Anche Gozzi si dà da fare per formare una sua squadra di calcio, e mi manda a casa con tre giorni di permesso a prendermi le scarpe da calcio. In breve è formata la squadra. Luppi è capitano, e io sono l’unico vicentino a giocare. I miei amici sono un po’ delusi perché non ci vediamo più a consumare il rancio assieme, infatti ora mangio con i sottufficiali alla mensa.
La squadra di calcio della 103a CTRT a Ferno, presso Gallarate, durante il campo di addestramento (10 maggio 1940). Da sinistra, in piedi: Franzini, Buffoni, Taddei, Cantelli, Valtolina, Pavan, Nussio, Baratti, Brunago, Gozzi, Rossi; accosciati: Mafezzoli, Fava, Cassinelli, Puppo; sdraiati: Livio, Cravieri
Campo comunale dell'A.C. Verona. Le squadre salutano il maggiore De Poli e il capitano Gozzi. La 103a CTRT indossa la maglia rossonera, dai colori delle mostrine del Genio
Però la mia gavetta è sempre a servizio di Farneda che preleva anche la mia razione e se la mangia.
Eliminiamo tutte le squadre di Verona ed ora dobbiamo disputare la finale a Milano contro la squadra del 3° Reggimento Bersaglieri. Arriviamo secondi. Gozzi è alle stelle, il generale Marazzani, comandante la 3a Divisione Celere, consegna ad ognuno di noi una medaglia: arrivato a me, mi chiede Che lavoro facevi a casa?
Io rispondo L’argentiere
. Che lavoro nobile
dice rivolgendosi al tenente colonnello Battaglini e mi stringe la mano porgendomi la medaglia.
Al ritorno a Verona, Gozzi offre una cena e ci dà una sommetta e una settimana di permesso.
Arriva l’ordine anche per noi di lasciare Verona. Si ritorna in Friuli, la guerra è assai dura sul fronte greco albanese e si prospetta lunga.
A Milano per la finale. Da sinistra, in alto: Pavan, Reggiani, Lancellotti; in basso: Cassinelli, Luppi, Livio, Craviero, Cantelli, Baratti, Franzini
PASQUA 1941 IN CROAZIA
Ginelli il trombettiere suona l’allarme. Nella notte del Venerdì Santo siamo già incolonnati. C’è il nostro capitano Gozzi con il suo autista Taddei. I camion sono già stipati da noi soldati. Io e i miei compagni radiotelegrafisti siamo seduti sui motocarri Benelli, pure incolonnati. L’aurora rischiara verso Est. Lentamente la colonna si avvia, si punta verso Monfalcone, si costeggia l’arsenale, ecco Trieste. Fa un freddo cane e mi devo mettere il passamontagna sotto l’elmetto ed una coperta sulle ginocchia, si entra a Fiume che è oramai chiaro, il porto è fortificato con batterie costiere. Passa una vettura scortata da carabinieri motociclisti: è scoperta così vediamo che assieme a quei generali seduti c’è il nostro Re d’Italia. Anche qui incontriamo i bersaglieri del 3° Reggimento con le loro inseparabili biciclette, colonne di autobotti e ambulanze. Si punta verso la Jugoslavia. Proprio oggi le nostre monete sono fuori corso. Passiamo il confine affamati, donne jugoslave ai bordi della strada vendono pane, uova e pezzi di formaggio alle truppe occupanti. Io scambio le lire fuori corso con pane e uova. Si entra proprio oggi, giornata di Pasqua, in una cittadina con qualche minareto al centro, ma c’è pure una chiesa cattolica dove in seguito andremo alla Santa Messa.
Ci accorgiamo presto che qui c’è stata una carneficina tra croati e serbi. Ci stiamo lavando lungo il fiume Una di Bihac quando scorgiamo una grossa croce fatta di traversine della ferrovia con inchiodato un uomo (sembra di rivivere la passione di Cristo), e qua e là troviamo altri morti. In seguito dissotterreremo numerose salme anche nel cortile del nostro accampamento, guidati da un persistente odore di putrefazione.
Tutt’intorno a noi ci sono i partigiani di Tito che sparano sopra le nostre tende di soldati accampati.
Il comando ordina immediate vaccinazioni a noi tutti contro il colera e il tifo per evitare epidemie.
Si rientra e sostiamo a San Martino Buonalbergo per completare e organizzare la Compagnia.