Sweet Home Europa
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Anteprima del libro
Sweet Home Europa - Davide Carnevali
SWEET HOME
EUROPA
© 2015 Cue Press
via Aspromonte 16a, 40026 Imola, Italia, cuepress.com
ISBN 978-88-98442-44-7
Direzione editoriale
Mattia Visani
Prefazione
Attilio Scarpellini
Cura editoriale
Damiano Pignedoli
Copertina
Valeria Tomasulo
Matteo Angius
Sweet Home Europa
Testo scritto nel 2011, anno in cui è stato finalista al Premio Riccione per il Teatro.
Prima presentazione in forma di radiodramma: Deutschlandradio Kultur, 15 gennaio 2012. Produzione: Deutschlandradio Kultur. Regia di Giuseppe Maio. Dramaturg: Ulrike Brinkmann. Interpreti: Vadim Glowna (Uomo), Hedi Kriegeskotte (Donna), Sebastian Becker (Altro Uomo), Thomas Neumann (Branzino), Michael Rotschopf (Narratore).
Prima rappresentazione: Bochum, Schauspielhaus, 11 maggio 2012. Produzione: Schauspielhaus Bochum. Regia: Jasna Miletić. Dramaturg: Sascha Kölzow. Scene e costumi: Bartholomäus M. Kleppek. Luci: Alexandr Gershman. Suoni: Nico Selbach. Interpreti: Klaus Weiss (Uomo), Barbara Hirt (Donna), Ronny Miersch (Altro Uomo).
Prima lettura scenica in Italia: Milano, Festival Tramedautore, 21 settembre 2013.
Prima rappresentazione italiana: Roma, Teatro India, 8 aprile 2015. Produzione: Teatro di Roma. Regia: Fabrizio Arcuri. Scene: Andrea Simonetti. Sculture:
Enrico Gaido e Riccardo Dondana / 3tolo esplosive design. Musiche composte ed eseguite dal vivo: Davide Arneodo, Luca Bergia (Marlene Kuntz) e NicoNote. Assistente alla regia: Francesca Zerilli. Interpreti: Michele Di Mauro (Uomo), Francesca Mazza (Donna), Matteo Angius (Altro Uomo).
Indice
Prefazione
di Attilio Scarpellini
Sweet Home Europa
Dittico dell’Europa - Parte I
Una genesi. Un esodo. Generazioni
Note
Prefazione
di Attilio Scarpellini
C’è un deserto che avanza in Sweet Home Europa. Ma prima che quello spettatore virtuale che è il lettore – o quel lettore virtuale che è lo spettatore – se ne avvedano, il loro sguardo sarà rimasto impigliato nella seduzione immemoriale del grande Giardino, pieno di piante e di fiori, sul quale si apre il primo quadro. Viziato dal cinguettio felice dei passeri, il loro orecchio sarà pronto per essere catturato dalla vera musica di Davide Carnevali, che non è quella delle sardoniche e didascaliche variazioni sul tema della Nona Sinfonia di Ludwig Van Beethoven, pronta a esplodere nel corale dell’Inno europeo: è la musica di un fraseggio spoglio e grave dove la ripetizione, il ritorno continuo del motivo – le frasi o i blocchi di frasi che in continuazione riaffiorano sulla superficie del discorso come isole vulcaniche che la corrente sottomarina riporta a galla – non segnala tanto un «eterno ritorno dell’identico», quanto la sua entropia. Sui corsi e ricorsi di memorie, tradizioni familiari, riti e prescrizioni che risalgono la corrente del dialogo non c’è accordo possibile tra l’uomo e l’altro uomo – persino questa partizione di ruoli che sembra una declinazione anodina di tanta filosofia contemporanea, non è che ambigua – dal momento che, come si scopre ogni volta, nemmeno la presunta identità è d’accordo con se stessa. La storia universale, scrive Carnevali nella didascalia iniziale, tende a ripetersi e le storie individuali sono soltanto i relitti che il tramandarsi (il tradursi e il tradirsi) delle sue ripetizioni rispediscono a riva, irriconoscibili. A tal punto irriconoscibili che al culmine di tutti questi racconti di fondazione, per lo più patriarcali, si scopre che il Padre (simbolico direbbe Lacan), come accade nelle peggiori/migliori telenovele, non è neanche il ‘vero’ padre. È uno che picchiando racconta, che trasmette a forza di botte. Ma la figura che più conta in questo canone che in realtà disegna un vortice non è tanto l’identità – fallace e sempre falsificata – quanto quella sottile qualità teologica che autorizza e determina tutti gli slittamenti e gli equivoci semantici sui quali Sweet Home Europa scivola fino alla fine: la somiglianza. «Tutti gli uomini e tutte le donne si somigliano un po’» è il presupposto a cui lo sviluppo drammatico tiene rigorosamente fede. E se si somigliano non sono né l’uno né l’altro, o meglio, è dalla loro transizione che bisogna riconsiderare le loro vicende. A dire il vero, oltre agli uomini e alle donne, anche tutti i paesi, tutte le tradizioni, «si somigliano un po’», come in quel venerdì che ricorre nel testo dove confluiscono allusivamente tutti i possibili venerdì compresi nella macroarea monoteista dello «scontro tra le civiltà»: il giorno della preghiera islamica che è anche quello del digiuno cattolico – in ricordo del Venerdì santo della Passione – e che, dopo il tramonto, segna l’inizio dello