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Il caso Webern: Ricostruzione di un delitto
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E-book283 pagine3 ore

Il caso Webern: Ricostruzione di un delitto

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Info su questo ebook

Mittersill, Salisburgo, 1945.
In una tiepida sera di settembre, un uomo esce nel giardino di casa per fumare il sigaro che gli hanno appena regalato. Un soldato americano delle truppe alleate, di stanza nei territori occupati, lo vede e gli spara.
Sembra l’inizio di un thriller. Invece, è la fine di una vita e un fatto realmente accaduto: la morte del compositore viennese Anton Webern (1883-1945).

Nell’indagare il più celebre “caso freddo” della storia della musica del Novecento, il libro di Dario Oliveri ne ricostruisce le circostanze, per alcuni aspetti ancora misteriose, attraverso i documenti disponibili e le dichiarazioni dei testimoni oculari. Sullo sfondo, uno dei momenti più oscuri dell'umanità. Affiora così un ritratto di Anton Webern come artista di coerenza assoluta, trascurato dai suoi contemporanei, ma destinato a diventare un autore di culto per la nuova generazione dei compositori d’avanguardia degli anni Cinquanta e Sessanta. 

In appendice sono riportati l’albero genealogico della famiglia Webern, a partire dal 1850, la cronologia della vita del compositore, il catalogo delle opere, una nota discografica e bibliografica.

Dario Oliveri (Palermo, 1963) insegna Storia della Musica Moderna e Contemporanea presso l’Università di Palermo. Per vent’anni è stato direttore artistico dell’Associazione Siciliana Amici della Musica e attualmente coordina la Sezione musica del Festival delle Letterature Migranti. Fra le sue pubblicazioni si ricordano In viaggio con Stravinsky (2018) e Il passeggero sconosciuto: Viktor Ullmann e “L’Imperatore di Atlantide” (2020). Nel 2016 ha realizzato, insieme con Marco Betta, lo spettacolo musicale Notte per me luminosa, commissionato dai teatri di Modena, Savona e Piacenza per il 500° anniversario dell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto.
LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2022
ISBN9788863953909
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    Il caso Webern - Dario Oliveri

    DARIO OLIVERI

    IL CASO WEBERN

    RICOSTRUZIONE DI UN DELITTO

    Prefazione di Roberto Andò

    Correnti è una collana diretta da Carlo Boccadoro

    Direzione e coordinamento editoriale: Laura Moro

    Progetto grafico: Studio Temp

    Redazione: Samuele Pellizzari, Jansan Favazzo

    Proprietà per tutti i Paesi: Edizioni Curci S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano

    © 2021 by Edizioni Curci S.r.l. – Milano

    Tutti i diritti sono riservati

    EC12276 / ISBN: 9788863953749 (edizione cartacea); 9788863953909 (edizione digitale)

    www.edizionicurci.it

    INDICE

    Prefazione: Il fascino del fortuito, di Roberto Andò

    Premessa

    Mittersill

    Caso freddo

    Vivere è difendere una forma

    Gli ultimi anni

    Mittersill

    APPENDICE

    Albero genealogico della famiglia Webern (dal 1850)

    La vita e il tempo di Anton Webern (1883-1945)

    Catalogo delle opere

    Nota discografica

    Webern sul web

    Nota bibliografica

    Bibliografia

    Crediti fotografici

    PREFAZIONE:

    IL FASCINO DEL FORTUITO

    Le epigrafi scelte da Dario Oliveri per aprire questo saggio sulla fine di Anton Webern, profeta della nuova musica, alludono in modo altamente significativo al senso eccentrico che ha guidato l’autore nella scrittura di queste pagine. Non si tratta di un esercizio di pura musicologia, e nemmeno di una semplice ricostruzione storica. È una scrittura sospesa sul filo di un avvenimento catastrofico, tesa a comporre un fascinoso, e inesorabile, reticolo di indizi, dati e riflessioni al cui centro c’è un giallo senza soluzione, come appunto amavano scriverne due tra i nostri più grandi scrittori: Carlo Emilio Gadda e Leonardo Sciascia.

    La biografia di Anton Webern è scarna e non offre nulla al di là di una vita di pensiero, tutta raccolta nello sforzo meditativo e creativo, nella concentrazione e nel silenzio, al punto che qualcuno lo ha definito un mistico. Il caso ha voluto però che la sua fine fosse drammatica, e in un certo senso involontariamente avventurosa. Essendo stato ucciso da un soldato americano alla fine della Seconda guerra mondiale, mentre accendeva il sigaro davanti alla porta di casa, gli ultimi istanti del grande compositore viennese hanno scatenato fiumi di congetture e illazioni, e perfino uno spettacolo teatrale di Louis Andriessen, messo in scena da Peter Greenaway, e una video-opera a firma mia e di Giovanni Sollima, dal titolo Mittersill 101. Variazioni sul caso Anton Webern. I fatti che portano al delitto e che si desumono dai verbali e dalle testimonianze dispiegano uno scenario narrativo che combina insieme il fascino del fortuito e la vertigine della Storia, un campo gravitazionale in cui si addensano equamente l’inquietante e il banale.

    I saggi di Dario Oliveri hanno sempre una precisa peculiarità: si muovono avanti e indietro fra ciò che ci è noto e ciò che si può soltanto immaginare, mescolando elementi scaturiti da una meticolosa ricerca documentale ad altri indotti dalla congettura. Lo strumento principe è l’evocazione che nasce dall’accostare, tessera dopo tessera, i dati a disposizione delle possibili ipotesi. Passo dopo passo, ci si approssima alla vertigine dell’appuntamento fatale col passato, con «ciò che è avvenuto e in gran parte è scomparso», come scrive il grande W. G. Sebald. Sono pagine illuminanti e affascinanti, in cui pian piano, come avviene quando si immerge la carta fotografica nel liquido dello sviluppo, si palesano i tratti di un uomo che Igor Stravinsky volle definire «un eroe» e Pierre Boulez descrisse come «il maestro di pensiero di tutta una generazione, rivincita postuma sull’oscurità che ha occultato la sua esistenza». Ricostruendo gli avvenimenti di quel giorno, 15 settembre 1945, una volta di più Dario Oliveri mostra, come scrisse Pier Paolo Pasolini, che «il montaggio è come la morte; finché un uomo non muore non si può dire chi è stato». Ma anche, come annoterà in un taccuino lo stesso Webern, che «vivere è difendere una forma».

    Roberto Andò

    Roberto Andò (Palermo, 1959) è regista di teatro di prosa, lirica e cinema. Tra i suoi film, premiati con importanti riconoscimenti, ricordiamo Sotto falso nome (2004) con Daniel Auteuil, Le confessioni (2016) con Toni Servillo e Pierfrancesco Savino, Una storia senza nome (2018) con Micaela Ramazzotti e Laura Morante. Dal suo romanzo Il trono vuoto, vincitore del Premio Campiello Opera Prima 2012, ha tratto il film Viva la libertà (2013) con Toni Servillo e Valerio Mastrandrea. Nel 1995 ha realizzato il documentario Per Webern 1883-1945, parte di una trilogia che include anche Robert Wilson. Memory/Loss (1994) e Ritratto di Harold Pinter (1998).

    PREMESSA

    All’approssimarsi del cinquantesimo anniversario della morte di Anton Webern (15 settembre 1945), l’Orchestra Sinfonica Siciliana propose al regista Roberto Andò di realizzare un documentario sul maestro viennese, coinvolgendo il critico musicale Piero Violante e il sottoscritto come consulenti e autori della sceneggiatura. Violante stava curando un volume di testi su Webern e una maratona musicale durante la quale si sarebbero eseguite a Palermo quasi tutte le sue composizioni. Partimmo dunque insieme il 13 ottobre 1995: in aereo fino a Verona e poi con un pulmino in direzione di Mittersill, nella provincia di Salisburgo, dove Webern era stato assassinato. C’erano con noi Lia Pasqualino e due operatori: Roberto Cimatti e Gianluca Valdiserra.

    Il video di Roberto Andò, intitolato Per Webern 1883-1945: vivere è difendere una forma, fu proiettato per la prima volta a Palermo il 12 novembre 1995, in apertura del Festival Webern dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, e poi nuovamente, in un montaggio definitivo, alla 53ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (1996). In quell’occasione Roberto Andò scrisse che

    le circostanze della morte di Anton Webern […] costituiscono il pretesto per raccontare uno dei profeti della musica contemporanea, martire e modello di ineguagliabile devozione morale al rigore della forma.

    Questo video, suddiviso in sette capitoli – Musica e delitto, Lapidi, Am Markt 101, Ricerca dell’alto, Memoria, AW e Parco centrale – segue poeticamente tracce e frammenti della biografia di Webern. Attraverso questi commenti si combinano le tensioni della sua musica e le sue ricerche, le sue ossessioni, la sua vita segreta: la contemplazione delle foglie, la scalata delle montagne del Großglockner, la passione del silenzio e del vuoto, eredità e prezioso scrigno di quella generazione viennese⁰¹.

    Le riprese durarono una settimana e i momenti cruciali furono quelli trascorsi davanti alla casa in cui era avvenuto il delitto o sfogliando il registro dove il parroco di Mittersill aveva riportato, con una singolare alternanza di annotazioni a penna e a matita, i dati anagrafici e le circostanze della morte di Webern. Altre immagini furono catturate sulla cima del Großglockner, nel silenzio assoluto di un panorama di rocce; nella tenuta di Preglhof, in Carinzia; nello studio del compositore Friederich Cerha; nelle case in cui Webern ha vissuto alla periferia di Vienna (e che nel frattempo sono tornate ai loro proprietari adorne di targhe-ricordo: il maestro abitava in affitto); nell’archivio della Universal Edition, con i facsimile a grandezza naturale dei manoscritti weberniani; nel Karl-Marx-Hof e nel Cimitero centrale della città danubiana.

    Quei giorni sono il punto di partenza da cui è nato questo libro, che considero – per certi aspetti – un ingrandimento letterario del video Per Webern. Scrivendo si è però verificato un fenomeno già descritto da Salvatore Sciarrino: dilatando le maglie del tempo si aprono dei vuoti in cui pullula una vita microscopica cui nessuno aveva mai badato. In questo modo ho scoperto dentro (o dietro) le immagini del video alcune cose nuove: che la figlia minore di Webern, Christine, era sposata con un uomo dalla carriera forse criminale; che il castello di Mittersill, con la sua «terribile affatto innocua bellezza», è stato anche un magazzino di teschi e un lager nazista; che la causa di molti equivoci sulla morte di Webern fu il misterioso silenzio della sua famiglia; che un artista rigoroso, «uno dei profeti della musica contemporanea», può anche essere un padre apprensivo e un uomo dalle opinioni politiche a dir poco banali.

    Ciò premesso, il percorso del libro si sviluppa in due fasi complementari. Nella prima si ricostruisce il mosaico dei documenti e delle testimonianze sulla morte di Webern: un mosaico incompleto, incompiuto, nelle cui zone d’ombra si s’intravedono alcune domande senza risposta, che ruotano intorno alla figura inquietante e ambigua di Benno Mattel, il genero del compositore, in casa del quale si svolse il delitto e che in seguito scomparve emigrando in Argentina. Nella seconda, invece, prevale l’idea d’intendere il caso Webern come occasione per raccontare la vita di un’artista e della sua famiglia: dallo scandalo dei primi concerti fino ai successi come direttore d’orchestra all’inizio degli anni Trenta e al totale isolamento dopo l’Anschluss dell’Austria e la mostra sulla Musica degenerata (1938). Eppure, agli inizi della Seconda guerra mondiale il compositore segue gli eventi bellici con un certo entusiasmo, condivide – per quanto strano possa sembrare – le opinioni della gran massa dei suoi concittadini. Anche se negli ultimi annni si riduce quasi all’indigenza, Webern mantiene un decoro d’altri tempi, sperimentando in prima persona «quanto sia difficile conservare la dignità quando si è privi di mezzi» (Joseph Roth). Alla fine, però, il conflitto si trasforma in una trappola mortale che scatta, per un assurdo groviglio del destino, quando il peggio sembra ormai passato, facendo di Anton Webern una delle ultime vittime civili di una tragedia ormai conclusa.

    In senso generale, l’insistenza su certi aspetti biografici nasce dall’idea (o pregiudizio) che il lettore sappia poco o nulla di Anton Webern e che dunque possa essere utile, più che in altre occasioni, porre la sua vita in rapporto con il più vasto scenario della Storia. Al tempo stesso, vorrei precisare di aver deciso fin dall’inizio di non occuparmi, se non di sfuggita, della musica di Webern, ritenendo che tale aspetto costituisca, nella sua complessità, una scienza a parte, un sapere diverso, che difficilmente potrebbero conciliarsi con il carattere del mio lavoro.

    Infine, alcuni ringraziamenti: a Carlo Boccadoro per avermi spinto a scrivere un libro rimasto in sospeso per molti anni; a Roberto Andò, Lia Pasqualino e Piero Violante, con i quali ho iniziato a suo tempo il mio viaggio intorno a Webern; agli amici e colleghi Momme Brodersen e Valeria Cammarata per i loro consigli e l’attenzione che hanno dedicato ai pregi e difetti di ciò che ho scritto.

    17 maggio 2021

    MITTERSILL

    Non riscrivo aspettando di scoprire ancora qualcosa:

    un nuovo documento, una nuova rivelazione che scatti

    dai documenti che già conosco, un qualche indizio

    che mi accada magari di scoprire tra sonno e veglia,

    come succede al Maigret di Simenon

    quando è preso da un’inchiesta.

    (Leonardo Sciascia, a proposito della Morte dell’inquisitore)

    Le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza

    o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo,

    d’una causa al singolare: ma sono come un vortice,

    un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo,

    verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità

    di causali convergenti. Un qualche nodo o groviglio, o garbuglio,

    o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo.

    (Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto…, 1957)

    MITTERSILL: comune dell’Oberpinzgau, nell’Austria sud-occidentale; regione di Salisburgo, distretto di Zell am See; distanza in linea d’aria da Vienna: 308,93 chilometri; altitudine: 790 metri sul livello mare; abitanti: 5.380 (nel 2018); situato fra la valle del Salzach e le vie di collegamento con il Tirolo (a sud) e la Baviera (a nord), tra il Parco nazionale degli Hohe Tauern (la cui vetta maggiore è il Großglockner) e le Alpi di Kitzbühel. Il campo dello stemma è diviso in due parti, bianca quella superiore e rossa l’altra: nella parte superiore è rappresentato uno stambecco rampante.

    15 SETTEMBRE 1945

    Dopo un po’ Anton e Wilhelmine Webern raggiunsero tranquilli la strada verso Mittersill. Era sabato pomeriggio e nei campi non si vedeva nessuno. Di tanto in tanto Webern si fermava a osservare un albero o un fiore. Passando vicino alle fattorie si sentiva il rumore degli animali che riposavano nelle stalle. In silenzio costeggiarono il bosco fino al punto in cui la strada curva a sinistra e da lontano si vedono la stazione ferroviaria, i tetti delle case e la chiesa bianca con la sua piccola torre e la guglia a forma di cipolla. Era il 15 settembre, nell’aria si percepiva l’autunno e il sole, avvicinandosi al tramonto, raddoppiava la lunghezza delle ombre. Dopo avere percorso la strada che scendeva giù verso il paese, si fermarono davanti al cancello di legno dell’ultima casa a sinistra, segnata con il numero 101. Nel giardino, davanti a un grazioso edificio in stile tirolese con il tetto spiovente e il balcone fiorito⁰¹, giocavano tre bambine che gli corsero incontro. Era una sera particolare: Webern e sua moglie erano stati invitati a cena dalla figlia Christine e dal marito Benno Mattel.

    Quel che accadde dopo lo riferisce Wilhelmine agli ufficiali statunitensi incaricati d’indagare sul delitto:

    Mio genero disse che quella sera aspettava alcuni americani. Quando arrivarono, intorno alle 21, mia figlia ed io andammo nella stanza accanto, dove dormivano le bambine.

    Esattamente alle 21.45 mio marito ci disse che poco dopo saremmo dovuti andare via, in modo da essere a casa […] entro le 22.30. Voleva fumare il sigaro che gli aveva regalato quella sera nostro genero. Disse che avrebbe tirato alcune boccate davanti alla casa per non dare fastidio alle bambine. Era la prima volta che usciva all’aperto.

    Mio marito si era allontanato da 2-3 minuti quando udimmo tre spari. Ero molto spaventata, ma non pensavo che mio marito potesse essere coinvolto in qualche modo.

    Anton Webern

    Poi mio marito aprì la porta della stanza e disse: «Mi hanno sparato». Insieme con mia figlia lo abbiamo fatto stendere su un materasso e abbiamo cominciato a sbottonargli i vestiti. Mio marito riuscì ancora a dire «È finita» e subito dopo cominciò a perdere conoscenza. Io vidi soltanto una ferita sul lato destro del torace e dello stomaco.

    Chiesi a mia figlia di fare qualcosa e proposi di fasciargli la testa con delle bende fredde; poi corsi fuori a cercare aiuto. La porta della cucina era aperta e vidi mio genero con le mani alzate. Poi sono salita al piano di sopra per chiedere a quelle persone di chiamare un dottore. Quando ritornai giù, mio marito era da solo nella stanza con le bambine e stava morendo. Mia figlia si trovava in cucina, anche lei con le mani alzate. Subito dopo chiesi agli americani di aiutarmi; mi risposero che qualcuno era già andato a chiamare soccorsi. Poi arrivarono altri americani, entrarono ed io fui portata in cucina, dove mi dissero di sedermi.

    Mio marito era convalescente e pesava solo 50 chili; è alto 160 cm. Ritengo che sarebbe stato contrario alla sua natura aggredire qualcuno, tanto meno un soldato⁰².

    Dopo la fine della guerra, Christine e Benno Mattel avevano affittato una stanza con l’uso della cucina al pianterreno della casa Am Markt 101, di proprietà della signora Elsie Fritzenwanger, la quale abitava al primo piano dell’edifico insieme con il figlio, che all’epoca dei fatti aveva circa dieci anni. Intervistato da Roberto Andò nell’ottobre 1995, il figlio della signora Fritzenwanger è diventato un uomo alto e robusto, con i capelli a spazzola e grandi mani da contadino. Indossa una tipica giacca tirolese e parla con accento dialettale. Non ci permette di riprendere l’interno della casa (che d’altronde è assai diverso da com’era nel 1945) e preferisce non dirci il suo nome: lo chiameremo dunque il Testimone. Parlando dell’estate del ’45 ricorda di avere incontrato alcune volte «il signor von Webern» («andavo qualche volta lì a Burk, dove abitavano; spaccavo la legna per lui e la moglie del maggiore [Halbich]») e descrive il compositore come «un uomo piccolo e riservato. Era un po’ smunto», aggiunge, «molto magro, credo che non avesse molto da mangiare». Riguardo alla notte del 15 settembre afferma quanto segue:

    Il 15 settembre fu un giorno terribile, soprattutto per noi che abitavamo in quella che allora si chiamava la casa Am Markt 101. Le forze d’occupazione, gli americani, che in quel periodo stazionavano a Mittersill, volevano arrestare il dottor von Webern, cioè Mattel, suo genero, il genero di Webern… Volevano arrestarlo… Poi scoppiò una lite, il signor Webern e sua moglie andarono nella stanza in cui dormivano le bambine, le loro nipoti. Webern voleva finire di fumare il suo sigaro, era un sigaro grande più o meno così [fa un gesto con l’indice e il pollice della mano], a quel tempo non ne facevano di più grandi. La moglie gli disse che doveva andare a finire di fumare il suo sigaro davanti alla casa. In quel momento si sono sentiti gli spari… Abbiamo pensato che il signor Mattel volesse scappare. E invece era il dottor Webern che era stato ucciso per errore. Naturalmente fu un’enorme tragedia.

    Mittersill, la casa Am Markt 101 (oggi Anton-Webern-Gasse 2) all’epoca del delitto

    La signora Webern, sua figlia e il signor Mattel furono arrestati. Il signor von Webern fu portato via dalla Croce Rossa americana. Tutta la casa fu messa sottosopra dagli americani, nessuno poteva uscire o entrare, fino al giorno successivo, quando si capì che era stato un incidente.

    A quanto pare, il soldato americano è morto molti anni dopo in manicomio, laggiù in America, almeno così mi ha raccontato il dottor Moldenhauer […]. La moglie di Webern, invece, è rimasta qui da noi ed è morta in questa casa n. 101.

    [Stando in piedi davanti alla casa] Sì, qui fu ucciso Webern. Se ne stava qui in piedi a fumare il suo sigaro e fu colpito da tre proiettili che attraversarono il suo corpo. E qui [indicando il muro, a sinistra della porta d’ingresso] si vedevano i fori dei proiettili di… questo tragico evento. E questa fu la sua fine, purtroppo. E noi guardavamo da quella finestra [indicando il primo piano dell’edificio] e abbiamo visto il soldato che imbracciava il fucile. È stato uno scambio di persona, purtroppo…

    Nel 1945 [Webern] era fuggito da lassù, in Austria, dai russi, dalle forze d’occupazione russe, ed era venuto qui a Mittersill⁰³.

    16 SETTEMBRE 1945

    In quel periodo Amalie Webern, figlia più grande del compositore, abitava con i suoi bambini e i genitori in una casa in campagna – oggi non più esistente – di proprietà del suocero di sua sorella Maria, il maggiore Halbich, e situata al n. 31 della frazione di Burk, a ovest di Mittersill. Alcune settimane prima la sorella Christine, il marito Benno Mattel e le figlie si erano trasferiti alla periferia del paese. Verso le 4 di mattina del 16 settembre Amalie fu svegliata dai vicini, che le dissero di correre

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