La vita quantunque: Racconti
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Anteprima del libro
La vita quantunque - Lucio Buzzoni
lettore.
TITOLO DI CODA
Mi piace andare sul lungomare e mettermi seduto su di una panchina a leggere qualcosa, ma questa è una primavera che non vuole germinare, succede che dopo due giorni di sole il cielo si copre di nubi e poi arriva una pioggerellina che picchia sul cranio e sono sei mesi che non vuole smettere.
Non bastava l’effetto serra, adesso si è messo di mezzo anche un vulcano dell’Islanda che si è risvegliato dopo due secoli e vomita lava e lapilli.
– Permette? – alzo la testa, vedo una signora che mi chiede di sedersi e subito mi metto in disparte.
La donna sta ferma come se prendesse il sole che oggi non c’è, forse aspetta qualcuno, ma chissà perché ha scelto proprio questa panchina quando ce ne sono tante di vuote, la vita è piena di misteri...
Non mi è mai piaciuto sbirciare e ho deciso di flettere la testa dall’alto dei cieli fino al basso dei piedi senza fare movimenti di rotazione. Non so perché mi sono dato questa regola, anche se mi succede spesso di cambiare le regole, come faceva la mamma durante i lunghi pomeriggi in cucina in compagnia dei suoi solitari con le carte romagnole unte e bisunte per l’uso prolungato. Un giorno la vidi sistemare una carta sotto il mazzo per far venire il gioco, stava barando con sé stessa e glielo rimarcai: – Capirai da grande – mi disse risentita, ma io non ho mai capito cosa intendesse dire.
Da questa angolatura vedo la mano destra della signora appoggiata sulla coscia, una mano signorile con le unghie curate e la pelle candida che fa capire la scarsa dimestichezza con i detersivi moderni che aggrediscono lo sporco e subito lo ammazzano e lo disintegrano... mi soffermo con piacere a rimirare il pollice sguarnito di anelli che un tempo erano un ornamento di zingare e fattucchiere mentre adesso cominciano a prendere la mano di tanta gente e non solo dei ragazzi.
Per vedere entrambe le mani, lei dovrebbe stare a braccia conserte
che era la postura delle religiose e di noi bambini alle elementari quando arrivava il signor direttore per una improvvisa ispezione.
Vedo invece per intero la lunga gonna svasata e questo mi porta a presumere che abbia un’età compresa fra i trenta e i cinquanta anni. Mi stimola la curiosità perché vedo finalmente una donna che non indossa i calzoni e tiene le gambe semplicemente accostate senza accavallarle, prova che è una donna sicura di sé e che non teme le possa cascare l’utero a terra assieme agli altri attributi femminili.
Davanti agli occhi vedo passare frotte di miei coetanei che marciano, corrono e pedalano. Sono sudati e affaticati per lo sforzo di tenere allenati i muscoli, mentre io mi do da fare per tenere allenato il cervello e per questo mi porto un libro da leggere o da sfogliare. Quando sono stanco mi metto a meditare secondo una mia personale tecnica che consiste nel tenere gli occhi socchiusi e ascoltare il brusio della gente, che si fa sempre più distante e sembra una musica di sottofondo. Talvolta capita che mi addormento, ma il risveglio è brusco e immediato per colpa della testa che priva di appoggio precipita sul petto e io, sul momento, credo di trovarmi in poltrona a casa con la televisione accesa.
Mi è venuto da pensare che su questa panchina la signora può incontrarsi da anni con una persona amica, ma ho subito scartato l’idea perché le donne hanno preso l’abitudine di ritrovarsi al bar a prendere l’analcolico o il frizzantino
, magari con un piattino di schifezze
da sbocconcellare.
Ho ripreso a osservare la punta delle sue scarpe e vedo che hanno il mezzo tacco, perciò deve essere di statura superiore alla media. Mi sono sempre piaciute le ragazze con questo tipo di calzatura che evidenzia un incedere sinuoso e ancheggiante, mentre digerisco a fatica i tacchi a spillo da dodici centimetri che fanno apparire le donne rigide e altere, se non addirittura ridicole, per il continuo traballare che ricorda quello delle geishe. Continuo la carrellata verso l’alto, ma per quanto mi sforzi non riesco a vedere né il collo né il naso che per me è ricco di attrazione erotica. Basterebbe che ruotassi il capo di qualche grado che la visione del mondo sarebbe totalmente diversa e potrei osservare con calma tutto il suo profilo. Si può trascorrere un tempo infinito in compagnia del profilo di una donna che si crede inosservata.
Mi sono concentrato sull’olfatto e dopo numerose inspirazioni arrivo alla conclusione che la mia vicina è totalmente inodore: probabilmente è una donna in menopausa o quasi. Le donne in età fertile eliminano con il meccanismo della traspirazione certe amine aromatiche che in concentrazione elevata mi fanno ricordare i trasporti in filobus durante le ore di punta, particolarmente d’estate.
Simili miasmi sono scomparsi con l’uso di nuovi deodoranti che imperversano e paralizzano il nervo olfattivo.
Pensavo che la signora si mettesse almeno a fumare e invece niente. Ormai le donne fumano più degli uomini mentre da bambino sentivo le mie zie che pettegolavano e dicevano: – Se ne va in giro tutta pitturata a fumare le sigarette col bocchino – e a loro dire erano tutte donne perdute...
Affino l’olfatto e mi faccio la convinzione che non abbia mai fumato perché non avverto neppure un sentore vago di tabacco, che da un fumatore abituale promana sia dagli abiti che dalla pelle. Da bambino andavo spesso a frugare negli abiti del babbo, non tanto per rubare, quanto per curiosare e dalle tasche della giacca uscivano effluvi acri insieme a mozziconi di sigaretta strusciati sotto la suola delle scarpe e sistemati frettolosamente nelle tasche, per finire dopo, a casa, sbriciolati dentro la pipa. Anche i miei nonni fumavano la pipa di gesso col bocchino di ciliegio. Fumavano le spuntature dei toscani che si compravano alla manifattura tabacchi per fare il trattamento contro le malattie delle piante da frutto: – Il tabacco è un veleno formidabile per i pidocchi – disse il nonno un giorno e ho fatto in tempo a imparare che è pericoloso anche per i cristiani...
La signora non fa nulla di nulla e io comincio a diventare irrequieto; mi succede spesso quando non riesco a darmi una spiegazione plausibile di quello che accade. Riprendo la lettura del mio libro che sono tanti anni che gira per casa; un libro dispettoso che, appena ne leggo qualche pagina, subito va a nascondersi nei posti più impensati per saltare fuori quando mi sono dimenticato della sua esistenza. Le prime volte che stavamo insieme, avevo l’abitudine di sottolineare qualche passaggio con la penna stilografica, ma l’inchiostro cominciava ad espandersi sulla carta a zampe di gallina
che macchiava e rendeva illeggibile anche il retro della pagina. Era uno dei primi libri usa e getta, composti con carta riciclata. Alla mia età ci si affeziona agli oggetti del passato e penso che, una volta ultimata la lettura, sarò incapace di buttarlo nella spazzatura come meriterebbe.
Il libro che tento anche oggi di leggere è noioso ed è per questo che lo diluisco nel tempo: vi si narra di un vecchio paralitico, solo, che vive su di una poltrona dentro una stanza senza finestre e tutto quello che vede è un filo di luce che traspare da sotto la porta ermeticamente chiusa. Penso che mi piacerebbe fare lo scrittore adoperando delle strutture narrative così esigue...
A forza di attendere sento il tempo che sta rallentando e sto per entrare in una eternità che assomiglia a quella