L'apparenza
Di Teresa Regna
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Anteprima del libro
L'apparenza - Teresa Regna
Indice
Introduzione
I La virtù estetica
II Cosa farai da grande?
III Tutto fa spettacolo
IV Nella rete
V Pubblicità!
VI La corruzione della lingua
Conclusione
Titolo: L'apparenza
Autore: Teresa Regna
Editore: Temperino rosso edizioni
Prima edizione 2015
© 2015 Temperino Rosso Edizioni Fortini
In copertina fotografia di Anna Maria Matone
ISBN 978-88-98894-35-2
Indice
Introduzione
Un tempo, i filosofi, ma anche gli uomini comuni, si ponevano delle domande cruciali. Chi siamo? A quale scopo siamo venuti al mondo? Eppure, perfino a quell’epoca, secondo Eschilo
Molti degli uomini preferiscono l’apparenza più che l’essenza, scostandosi dal giusto.
Se anche nell’antica Grecia veniva tenuta in gran conto, almeno dai molti uomini (le donne non facevano testo) citati dal filosofo, come possiamo opporci, oggi, al dilagare dell’apparenza? Nella nostra società, ormai, tutto ciò che è esteriore è divenuto oggetto di culto; l’interiorità, l’essenza, conta poco o nulla.
Dal momento che, come vedremo nel sesto capitolo, l’esatto si-gnificato di molti termini è stato ‘svalutato’ dall’uso costante e/o errato, oppure che, dei molteplici significati dei termini che il di-zionario ci fornisce, ne viene privilegiato solo uno, di solito il più semplice o quello più spesso utilizzato, cominciamo fin dall’introduzione a chiarire, seppure in breve, i termini man ma-no che vengono citati. Esaminiamo, quindi, il significato che il di-zionario dà del termine che coincide con il titolo del saggio:
Apparenza: quello che appare ma può anche non corrispondere alla realtà; aspetto, sembiante; appariscenza, vistosità.
Questo saggio, che non ha pretese di alcun tipo se non quella di esporre le idee dell’autrice, è imperniato sull’aspetto esteriore (che corrisponda o meno a quello interiore) e sul verbo che e-quivale al sostantivo che dà a esso il titolo, apparire. Vistosità e visibilità, insomma.
L’evoluzione non è una strada a senso unico, ossia alla massiccia evoluzione tecnologica, che ha rivoluzionato il mondo in pochi decenni, si contrappone un’involuzione sociale e culturale, per cui le persone sono sempre più concentrate su se stesse: non sulla propria essenza, sulla scoperta del motivo per cui sono al mondo, sulla crescita interiore, bensì sull’apparenza, intesa sia come esteriorità che come ‘necessità’ di apparire.
Naturalmente, ciò avviene in particolar modo in Occidente o nel-le nazioni occidentalizzate, ma ormai anche l’Oriente è sempre più invischiato nei falsi valori che vengono proposti (o meglio, propinati) di continuo dai mass media, nei quali è incluso anche il web. Il mondo, in pratica, è diventato un villaggio globale in cui l’apparenza gioca un ruolo fondamentale.
A ben guardare, siamo passati da una società sostanzialmente dell’essere, che ha resistito fino a qualche secolo fa, a una dell’avere, la quale, negli ultimi tempi, è sfociata nella società dell’apparire. Riferendosi a qualche decennio fa Erich Fromm, nel saggio Avere o essere, affermava:
Sembrerebbe che l’avere costituisca una normale funzione della nostra esistenza, nel senso che per vivere dobbiamo avere oggetti. Inoltre, dobbiamo avere cose per poterne godere.
L’ovvia conseguenza di tale atteggiamento viene descritta appena dopo:
Dal momento che la società in cui viviamo è dedita all’acquisizione di proprietà e di guadagno, di rado ci capita di trovarvi delle modalità esistenziali dell’essere, e la maggior parte di noi considera la modalità dell’avere… l’unico stile di vita accettabile.
Oggi, invece, anche la modalità dell’avere risulta superata, o per-lomeno accantonata a favore di quella dell’apparire, dell’esporre la propria esteriorità, opportunamente plasmata, il più possibile, proponendo come scopo dell’esistenza, parafrasando il celebre detto Cartesiano, appaio dunque sono.
La parabola essere – avere – apparire è altamente involutiva, in quanto attribuisce scarsa importanza all’essenza delle persone, ed esalta, al contrario, soltanto la loro apparenza. Ed è tanto più grave poiché non soltanto bambini e ragazzi vengono risucchiati nella spirale dell’apparenza, ma anche moltissimi adulti, che do-vrebbero avere i mezzi per poter discernere, attribuiscono a essa un’importanza cruciale nelle loro vite. Non basta più avere, or-mai, bisogna possedere gli oggetti (compreso il proprio corpo oggettivizzato) allo scopo di apparire.
L’excursus economico-politico che ha condotto la nostra società lungo la parabola discendente che stiamo vivendo viene descrit-ta, con dovizia di particolari, da Guy Debord nel saggio La società dello spettacolo, un breve estratto del quale concorda in pieno con la visione esposta in precedenza:
La prima fase del dominio dell’economia sulla vita sociale aveva determinato… un’evidente degradazione dell’essere in avere. La fase presente… conduce a uno slittamento generalizzato dell’avere nell’apparire.
Dal momento che questo non è un saggio economico, né tanto meno politico (nel senso ristretto che si attribuisce oggi a tale termine), non saranno approfondite le ragioni che hanno portato allo stato attuale della nostra società, ma essa verrà soltanto de-scritta ed esaminata dal punto di vista di chi rifiuta di farsi invi-schiare nell’estesa rete dell’apparenza.
Alcuni esempi di apparenze, al plurale, che permeano la società odierna, vengono elencati nel saggio breve Salvare le apparenze, da Roberto Della Mora:
Quali sono queste apparenze che ci obbligano a restare ciechi di fronte alla luce della Verità? Le sappiamo essere molteplici e apparire sotto svariate forme; sono alla base del processo per cui l’apparire è diventato prioritario rispetto l’Essere; sono le imitazioni dei modelli politici e sociali stranieri, gli sforzi per divenire ciò che non si è; sono l’egoismo e l’ipocrisia nascoste sotto le maschere dell’amicizia e dell’altruismo; è la chiacchiera che si propone come cultura, il pensiero fossilizzato dall’amor proprio…
Come non essere d’accordo? La chiacchiera, la futilità, la banalità, il vuoto interiore, non sono certo peculiarità del mondo mo-derno, ma hanno acquisito, oggigiorno, una valenza che prima non avevano mai avuto. Quante volte abbiamo udito la frase: è così perché l’ha detto Tizio o Caio in TV? Oppure: lo so perché l’ho trovato su Internet? I mass media, con la loro funzione di mezzo supremo della diffusione dell’apparenza, hanno soppian-tato i filosofi, i pensatori, i maestri dell’antichità.
I libri (almeno quelli cartacei) sono ormai considerati superati; c’è perfino chi pensa che debbano essere aboliti, a partire da quelli scolastici. Perché? Di fronte a un e-book non ci si ferma a pensare, non si sfogliano le pagine elettroniche per imparare, ma soltanto per evadere o sognare. Evadere o sognare è bellissimo, e anche utile, ma, di tanto in