La strega perfetta: Divisione oscura
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Info su questo ebook
Perché i Misterio della religione Vodoo sono pronti ad allearsi con le forze celesti pur d’impedire alla Divisione Oscura di portare a termine il proprio terribile piano?
E perché Anaisa Piè, la più carismatica e potente dei Misterio, ha scelto di rendere Lisa, una ragazza di un piccolo paese della campagna emiliana, colei che diventerà la strega più potente di questa realtà?
Scopritelo tra le pagine di questo romanzo: un fantasy tra horror e paranormal con colpi di scena degni di un action movie.
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Anteprima del libro
La strega perfetta - Maria Cristina Martinez
Maria Cristina Martinez
LA STREGA PERFETTA
Divisione oscura
Prima Edizione Ebook 2015 © Damster Edizioni, Modena
ISBN: 9788868102791
Grafica copertina AdobeStock.com elaborazione Damster
Damster Edizioni
Via Galeno, 90 - 41126 Modena
http://www.damster.it e-mail: damster@damster.it
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.
Maria Cristina Martinez
LA STREGA PERFETTAMENTE
DIVISIONE OSCURA
Romanzo
INDICE
Due cuori e…
La tempesta
La proposta
Promesse e cenere
O
SMS
La famiglia
Eserciti segreti
Voci
Miranda
La chiave
Il vecchio
Inferno
Milly
Ritorno
In volo
Puerto Plata
Accordi
Estella
Anaisa
Rivelazioni
Le 21 Divisioni
L’iniziata
Un nuovo nemico
L’altare
Problemi
La custode
Divisione Oscura
Il giorno
L’inizio della fine
Qualcosa di sbagliato
Prima della battaglia
Bautizo
L’attacco
Contro il tempo
Scontro finale
A un passo
Briciole di cielo
Questa è la fine
Angeli e Demoni
Dopo
Epilogo
Reload
L’autrice
CATALOGO DAMSTER
Due cuori e…
Tre anni prima
I raggi che rimbalzando sulla superficie piatta del piccolo lago filtravano dalla finestra, bagnavano d’argento il profilo morbido della ragazza.
All’interno del capanno l’odore di legno umido delle pareti si mescolava alla nota dolce e sinuosa profusa dalle poche gocce di Opium che lei aveva indossato per lui sotto la maglietta color salmone.
Lui le sfiorò il collo con le labbra – Sei bellissima – sussurrò.
– Dici? – chiese lei sorridendo.
– Dico, sì! – la mano del ragazzo cercava nel buio la zip degli short indossati dalla ragazza.
– Non ti limiti solo a dire, vedo.
Lui ridacchiò, forse per l’osservazione, forse perché finalmente aveva trovato ciò che cercava.
– Senti, devo parlarti. – disse però lei mettendosi all’improvviso seduta sul bordo della branda.
– Dimmi, che succede?
– Con te ho passato un’estate bellissima, attimi indimenticabili, davvero.
– Ma?
La ragazza si prese il volto tra le mani - Non può più continuare.
– Ivan… Ivan, ci ha scoperti? Sa qualcosa?
– No, non immagina, però… però io aspetto un figlio da lui.
Il ragazzo scatta in piedi con i pugni stretti, con passo nervoso fa un giro attorno al vecchio tavolo al centro dell’unica stanza, poi si ferma – Un figlio. – scosse il capo – E da… insomma, da quanti…
– Tre mesi.
– Quindi non…
– No, non può essere tuo. Anche se quando ho fatto il test a seguito del ritardo, un po’ l’ho sperato.
Lui sorrise – Capisco – si stringe nelle spalle, quasi un gesto di resa – Ma tanto lo sapevo, no? Non poteva durare, troppe cose ci dividono: infinitamente di più di quelle che ci uniscono.
– Non dire così, io…
– Amore, non devi dire nulla. Non devi giustificarti di nulla.
– Non ce l’hai con me?
– E perché dovrei? Non è colpa di nessuno, questa è la vita. Anzi forse dovrei essere grato al destino che mi ha permesso di condividere un breve tratto di strada insieme a te.
La ragazza si mise in piedi, buttò le braccia al collo del ragazzo e lo baciò con dolcezza sulla bocca – Grazie, sei una persona speciale. – disse poi spazzando via con il dorso della mano una lacrima dalla guancia.
– Ehi, non ti commuoverai mica!
– Scemo! – disse ridendo mentre cominciava a piangere davvero.
– Spero che resteremo amici. Almeno questo.
– Sì, certo: sarai il più speciale dei miei amici, l’unico a conoscere i miei segreti.
– Bene, sappi che quando avrai bisogno, io ci sarò. Sempre.
Lei sorrise con dolcezza, lui si alzò, estrasse dalla tasca la chiave della Panda, si avvicinò alla parete sulla quale si apriva la porta e accanto allo stipite con la punta incise una data e due cuori.
Stava per scrivere al loro interno anche le iniziali ma lei gli bloccò la mano – No, lasciamo che resti un nostro segreto.
Lui con gli occhi lucidi annuì e la baciò sulle labbra.
Per l’ultima volta.
La tempesta
Attorno c’è un muro nero e compatto, la pioggia fitta scroscia sul fogliame della foresta resa invisibile dalla notte.
La jeep arranca sul sentiero che si arrampica su per il Pico Isabel de Torres, i fari sono due lame piantate nell’oscurità.
– Non ho mai visto un diluvio simile.
La voce di Tania tradisce inquietudine mista a stupore.
– Dovrete abituarvici tu e Lisa – dice Matteo controllando l’ennesima sbandata – siamo nella stagione delle piogge e almeno una volta al giorno. – il resto della frase viene sovrastata da un potente boato.
Trascorre meno di un istante e una saetta azzurra frusta il cielo.
– Dopo quel viaggio in aereo posso abituarmi a qualunque cosa. – dice Lisa.
– E quell’affare con le ali tu lo chiami aereo? Non so se considerarmi più pazza o più incosciente ad aver accettato di seguirti fin qui.
Lisa sorride – Né una né l’altra, Tania, sei solo la mia più grande amica.
Un secondo tuono e un nuovo fulmine taglia in due lo spesso strato di nubi.
– Anche quelli sono normali? – chiede Tania indicando il cielo.
– Sono semplici fulmini. – se la risposta di Matteo è in fondo rassicurante, altrettanto non si può dire del tono.
– A me è sembrata la sagoma di un occhio. – dice Lisa
– Ma no, giochi di luce, suggestione – sentenzia il ragazzo mentre lavora di controsterzo per addomesticare le asperità del sentiero.
– Non ti sento molto convinto.
– Al contrario, io...
Il terzo boato, se possibile, è ancora più terribile dei precedenti, questa volta il lampo tocca il suolo a meno di un metro dal parabrezza.
– Attento! – grida Lisa.
Matteo schiaccia il pedale del freno, il fulmine centra in pieno un’enorme quercia che si abbatte di traverso sullo sterrato.
Il muso della jeep s’abbassa come quello di un cavallo imbizzarrito, Tania dal sedile posteriore viene catapultata con violenza in avanti: l’impatto con il tronco enorme davanti a loro sembra ormai inevitabile, ma Matteo sterza improvvisamente e la jeep compie un arco di quasi novanta gradi su sé stessa, ora è la parte posteriore ad abbassarsi di colpo, Tania si ritrova schiacciata di nuovo contro lo schienale posteriore e Lisa è trattenuta appena dalla cintura di sicurezza al sedile anteriore.
Il motore del fuoristrada ruggisce, le gomme rotolano nel fango senza che la vettura avanzi di un centimetro. Fuori la pioggia cade sempre più forte: la quercia adagiata sul terreno ha l’effetto di una piccola diga e la pioggia che si raccoglie sempre più abbondante, trasforma il sentiero in un torrente in piena.
– Dobbiamo andarcene di qui – dice Matteo.
– L’acqua sta salendo, ha quasi superato le ruote. – grida Lisa guardando fuori dai vetri.
Matteo preme ancora sull’acceleratore, la jeep resta in un primo momento immobile poi comincia ad abbassarsi.
– Mio Dio, che succede ora! – chiede Tania terrorizzata.
– Non so il terreno sotto le gomme sta cedendo. – la voce di Matteo trasuda preoccupazione.
L’acqua mista a fango raggiunge in fretta la metà dei finestrini, comincia a infiltrarsi prima dalle guarnizioni degli sportelli, poi da ogni fessura disponibile riversandosi sempre più velocemente all’interno dell’abitacolo.
– Fai qualcosa Matteo, ti prego. – grida Lisa
Il ragazzo armeggia con il cambio che sbuca di pochi centimetri dall’acqua che ha ormai invaso l’interno del veicolo: il motore, sbuffa, singhiozza infine si spegne completamente.
– Adesso siamo davvero fottuti. – mormora – Tanto vale uscire – grida poi. Matteo tira la maniglia che sblocca lo sportello, una volta e poi ripetutamente; lo stesso fanno le due passeggere, ma non accade nulla. – La centralina della chiusura centralizzata è fuori uso.
– Siamo in trappola – piagnucola Tania.
Lisa prima fissa l’amica, poi Matteo, quasi questi potesse pronunciare parole capaci di smentire l’ovvio. Lui non dice nulla, ma il suo sguardo non lascia dubbi su quello che sarà il loro destino da lì a pochi istanti.
Lisa chiude gli occhi e si abbandona sul sedile, l’acqua ormai le è giunta appena sotto il mento e lentamente continua a salire fino a coprirle bocca e orecchie.
Il suono dei pugni di Tania che battono contro i finestrini diventano sempre più sordi fino a cessare del tutto.
Acqua e melma si riversano nelle narici di Lisa, respirare diventa impossibile, istintivamente apre la bocca in cerca di aria ciò che scende nei polmoni è altra acqua e altro fango, la ragazza spalanca gli occhi, ma l’oscurità è padrona di tutto e quando ormai attende solo la morte, un’immagine prende forma davanti a lei: di nuovo la sagoma di un occhio destro, alla quale si accosta quella di un occhio sinistro, entrambi diventano parte di un volto completo, il volto di un uomo dalla pelle scura, il capo incorniciato da una chiostra di capelli bianchi quasi risplendenti. Dapprima l’espressione dell’uomo è seria, poi divertita, infine un ghigno beffardo si disegna sulle labbra carnose e esplode in un’orrenda risata. Una morsa stringe prima la gola, quindi il cuore di Lisa che spalanca di nuovo la bocca e grida, con tutto il fiato che non ha, con tutte le forze che ha perduto, con tutta la vita che la sta abbandonando.
Il volto rimane lì, sospeso a mezz’aria, e la guarda mentre sprofonda in quella melma densa, oscura e mortale che le toglie poco a poco ogni molecola di aria.
Aria!
Sì, aria!
Lisa con uno scatto improvviso si mette seduta sul letto e allontana da sé il lenzuolo zuppo di sudore. Porta le mani alla gola, poi al volto, infine le passa tra i capelli madidi.
– Mio Dio!
Un incubo, solo un brutto sogno. Segue il ritmo affannato del suo stesso respiro, il cuore in pochi istanti rallenta progressivamente i battiti fino a calmarsi completamente, ma dentro Lisa è ancora sconvolta. Non tanto per l’incubo in sé, ma per...
– Devo telefonare immediatamente a Tania. – mormora.
Consulta l’orologio a muro: le sette del mattino,
– Starà ancora dormendo – ci rimugina su un paio di secondi, poi si stringe nelle spalle e afferra il cellulare. In quello stesso istante una chiamata in arrivo libera le note di Urlando contro il cielo
, caratteri luminosi sul display dicono Tania.
Lisa risponde.
– Ti stavo chiamando, è successa una cosa incredibile.
Dalla parte opposta della conversazione per un attimo si ode solo il silenzio, poi la voce ancora assonnata di Tania dice
– Hai sognato Matteo, vero?
La proposta
Sei mesi prima
Il vigilante guardò attraverso lo spiraglio creato dal finestrino posteriore appena abbassato della limousine, lanciò una rapida occhiata poi fece un gesto alla guardia addetta all’apertura del cancello. Dopo pochi istanti i battenti in ferro lavorato si spalancarono e la grossa autovettura scura imboccò il viale lastricato in porfido che portava alla costruzione principale della villa.
L’interno della limousine odorava di pelle, bourbon e tabacco di Avana.
– Non me ne frega un cazzo se avevamo un accordo! Le regole le stabilisco io, adesso tu andrai dall’assessore, o come cazzo lo chiamano in questa fottuta isola, e gli dirai che la concessione passa a me! – sibila l’uomo seduto sul divanetto in alcantara.
Dall’altra parte della conversazione una voce dimessa replicò qualcosa.
– Fate come vi dico o ve ne pentirete, com’è vero che mi chiamo Guido Zorzi!
L’uomo chiuse la comunicazione senza lasciare all’interlocutore la possibilità di replicare ulteriormente.
Subito dopo l’auto rallentò fino ad arrestarsi, il vetro oscurato che separa la guida dall’abitacolo si abbassò.
– Siamo a casa, signore. – disse l’autista.
– Grazie, Jorge.
Lo sportello si aprì.
– Bentornato, signore, è andata bene la giornata?
Zorzi scese dall’auto, non disse nulla e fece un gesto eloquente con la mano destra, il maggiordomo con fare sottomesso si limitò a spostarsi di lato.
– È in casa mia moglie?
– La signora è uscita questa mattina di buon ora.
– Ha detto dove sarebbe andata?
– Non è abitudine della signora comunicare alla servitù i suoi spostamenti.
In effetti Miranda non riferiva nemmeno a lui dove passava le giornate non poteva certo pretendere che lo sapessero i dipendenti.
– Va