Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Zombie Games (Vicolo Cieco)
Zombie Games (Vicolo Cieco)
Zombie Games (Vicolo Cieco)
E-book290 pagine3 ore

Zombie Games (Vicolo Cieco)

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

In un mondo di sangue, sudore e slacrime, i sogni sono stati infranti ma la speranza è ancora presente nel cuore dei nostri coraggiosi sopravvissuti.

È stato un viaggio folle ma i nostri eroi ce l'hanno finalmente fatta ad arrivare ad Atlanta, dove il caos prosegue e gli zombie non rappresentano l'unico pericolo in agguato nella grande città.

Il gioco continua con nuovi giocatori, pericolosi avversari e più di una principessa che ha bisogno di essere salvata...

Contiene linguaggio e tematiche per adulti. 

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita4 ago 2016
ISBN9781507150214
Zombie Games (Vicolo Cieco)
Autore

Kristen Middleton

New York Times and USA Today bestselling author Kristen Middleton (K.L Middleton) has written and published over thirty-nine stories. She also writes gritty romance novels under the name, Cassie Alexandra.

Leggi altro di Kristen Middleton

Autori correlati

Correlato a Zombie Games (Vicolo Cieco)

Ebook correlati

Narrativa di azione e avventura per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Zombie Games (Vicolo Cieco)

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Zombie Games (Vicolo Cieco) - Kristen Middleton

    Come sempre, dedico questo libro a:

    la mia famiglia,

    i miei amici,

    E, ovviamente...

    I miei lettori

    Capitolo 1

    ––––––––

    John Doe?

    ––––––––

    Aveva mal di testa.

    Forte.

    Aprì gli occhi e fissò con aria assente la ghiaia davanti alla sua faccia. Stringendo i denti per il dolore pulsante, si mise a sedere e spazzò via i sassolini che gli coprivano la guancia.

    Dove diavolo mi trovo?

    Non gli capitava tutti i giorni di svegliarsi in un vialetto, disteso nella polvere. Non vedeva nulla di familiare e il silenzio era assordante. La tranquillità era angosciante; non si sentiva il suono del traffico, né il ronzio dei condizionatori, e nemmeno un uccellino che cinguettava tra gli alberi. Si sentiva come in un vecchio episodio in bianco e nero di Ai confini della realtà.

    Si guardò intorno, sollevato di essere da solo in uno stato d'animo del genere. Aspetta un attimo, lì vicino c'era un corvo intento a beccare un corpo senza testa, e poi c'erano tre zombie, a una quindicina di metri, che barcollavano nella sua direzione.

    Ma che cazzo?!

    Inciampò su se stesso, guardando incredulo quelle figure che, insieme alla loro puzza penetrante, guadagnavano terreno.

    Era forse totalmente impazzito?

    Aveva la mente annebbiata; infatti, non ricordava nulla – perché aveva perso conoscenza, perché c'era un uomo decapitato accanto a lui, perché i morti camminavano? Ma, soprattutto, non riusciva a ricordarsi nemmeno chi fosse lui. Dal dolore alla testa, deduceva di aver ricevuto un colpo, e che doveva essere stato questo a fargli dimenticare tutti i dettagli importanti.

    Gli giunse una zaffata di tanfo nauseante - un misto di uova marce e merda di cane. Sì, riusciva decisamente a sentire quell'odore, e questo significava che non stava sognando e che, da come stavano le cose, era decisamente fregato.

    Uno degli zombie mugugnò in preda all'eccitazione, facendogli correre un brivido lungo la schiena. Quel dannato essere lo fissava come se fosse un succulento manzo di Kobe servito al sangue.

    Lui brontolò.

    Non credo proprio, amico.

    Mentre la distanza si accorciava, impallidì. Dagli sguardi affamati di tutti e tre gli zombie, e le loro braccia protese, si intuiva che volevano più di un abbraccio.

    Scosse la testa e sorrise ironicamente. I fottuti morti viventi...

    Beh, i due uomini e la donna erano più che morti con la loro carne marcia, gli arti mancanti, la pelle grigiognola e gli occhi iniettati di sangue. Ma la loro fame era viva e chiaramente non soddisfatta.

    Sospirando, si guardò intorno alla ricerca di qualcosa con cui difendersi. Fu a dir poco un miracolo: trovò un'ascia, appoggiata contro una delle porte del garage. Si avvicinò, la raccolse e poi avanzò verso gli zombie.

    ***

    Venti minuti dopo, si stava facendo una doccia fredda in una casa abbandonata. L'elettricità non funzionava ma, per fortuna, c'era ancora l'acqua corrente. Dopo aver chiuso la porta e individuato dei prodotti da bagno e dei vestiti, iniziò a lavare via dal corpo quel sudiciume insanguinato.

    Le docce fredde sono uno schifo, ma meglio di niente.

    Chiuse gli occhi mentre l'acqua ghiacciata gli schizzava sulla faccia, sospirando man mano che sprazzi di ricordi gli saltavano in mente. Uno in particolare stava iniziando davvero a farlo incazzare. Un soldato, un tipo biondo con un ghigno presuntuoso che minacciava qualcuno a lui vicino. Qualcuno chiamato...Tex?

    La mente gli si svuotò di nuovo e colpì la parete della doccia in preda alla frustrazione. Era così vicino a un ricordo che penzolava ai margini del suo cervello, qualcosa su Atlanta. Sapeva con certezza che era fondamentale arrivare ad Atlanta.

    Si trovava già ad Atlanta?

    Non aveva idea di dove si trovasse. Avrebbe dovuto cercare in quella casa delle bollette o altri indizi.

    Finita la doccia, si avvolse un asciugamani intorno alla vita e poi trovò del paracetamolo nell'armadietto dei medicinali. Quando il suo mal di testa fu sopportabile, indossò i Levis scoloriti e la maglietta che aveva trovato in uno dei cassetti per uomo. Per fortuna erano della sua misura, nonostante la maglietta, con un paio di occhi di gufo e la scritta Amo gli Hooters, fosse un po' attillata.

    Sorrise e scosse la testa. Poteva non ricordare esattamente la propria identità, ma di sicuro si ricordava di aver mangiato ali di pollo in quel ristorante specifico.

    A quel pensiero, gli brontolò lo stomaco, così si diresse in cucina, dove trovò una confezione di ravioli in scatola. Annaffiò il pasto con una bottiglia di birra calda trovata in frigo e ruttò in segno di approvazione. Poi prese l'ascia e andò in garage, dove trovò un'altra ancora di salvezza. A quanto pareva, qualcuno vegliava su di lui.

    Bella, disse, ammirando la Harley V-Rod nera abbandonata dal proprietario di casa, completa di chiave lasciata per terra. Era in ottimo stato e aveva certamente rappresentato la gioia e l'orgoglio di qualcuno. Ora rappresentava il suo passaggio per Atlanta e, sperava, per delle risposte. Piuttosto sorprendentemente, nonostante l'amnesia, era abbastanza sicuro delle proprie capacità di guida; decisamente, conosceva le moto.

    Quindici minuti dopo, dopo aver trovato una mappa, inforcò la motocicletta e partì per la sua destinazione che, fortunatamente, distava appena un'ora di viaggio.

    Capitolo 2

    Paige

    ––––––––

    Per quella che doveva essere ormai la centesima volta in appena un'ora, Paige dovette trattenersi dall'usare la sua mazza da golf. Sua madre e Tiny stavano di nuovo facendo quella cosa della faccia sbaciucchiosa, e la stavano proprio mandando al manicomio.

    Penseresti che siano una coppia di adolescenti che non riescono a non mettersi la mani addosso, bofonchiò tra sé e sé.

    La cosa buona, almeno, era che Tiny aveva impedito a sua madre di fumare altri dei suoi amati bastoncini porta-cancro.

    Fumare ti fa male, l'aveva rimproverata scherzosamente quando lei gli aveva chiesto di cercare altre sigarette dopo averle finalmente finite.

    Ah, credo che anche tu mi faccia male, aveva replicato lei con espressione imbronciata.

    Tesoro, faccio male, ma posso garantire di avere un sapore migliore di una sigaretta, ridacchiò.

    Ok...ok...ok..., si intromise Paige, interrompendo il loro scambio di battute. Ricordate che ci siamo ancora noi qui dietro, e che non ci sono buste per vomitare. Trovatevi una camera di motel abbandonata, oppure smettetela con queste disgustose allusioni.

    Kristie si voltò e rivolse uno sguardo accigliato alla figlia maggiore. Paige, dici sul serio? Ci stiamo solo un po' divertendo. Devi proprio rilassarti un po', dolcezza.

    Rilassarmi? Tutti i nostri amici risultano ancora DISPERSI. Potrebbero essere morti in qualche fosso, per quanto ne sappiamo. E voi due non sembrate minimamente preoccupati.

    Era successo poco prima, quando un Bryce devastato aveva riportato Cassie all'altro SUV. A quanto sembrava, aveva perso conoscenza dopo essere stata morsa da Eva, che si era trasformata in un'Infernale Zombie Stronza. Ma la cosa anche peggiore era che Paige non aveva avuto l'occasione di darle il colpo di grazia. Le era stato impedito di uccidere l'unico zombie che avrebbe dato un braccio destro per distruggere. Che ironia, quella consapevolezza continuava a roderle.

    L'attacco a Bryce aveva avuto luogo quando avevano sistemato Cassie nella parte posteriore del SUV. Un grande pickup Dodge nero si era fermato dietro a quello di Dave e, prima che avessero il tempo di rendersene conto, erano comparse le pistole. Ai primi colpi, Tiny era partito alla velocità della luce. Sfortunatamente, il SUV di Dave non li aveva seguiti come si aspettavano. Quando Tiny era tornato indietro a vedere se Dave e Bryce avevano bisogno di aiuto, non c'era più nessuno.

    "Ehi, siamo preoccupati, disse Tiny, stringendo le mani sul volante. Infatti, mi sento uno straccio per aver abbandonato i ragazzi così velocemente. È solo che non volevo che accadesse nulla a voi ragazze. E nemmeno a te, nonno".

    Per consolare sua figlia, Kristie si sporse e le strizzò leggermente una spalla. So che sei spaventata, ma devi ricordarti che sono gente tosta. In cuor mio credo davvero che resteremo separati solo per un po'. Prima che te ne accorga, saremo ad Atlanta e vedrai che stanno tutti bene. Abbi un po' di fede, tesoro.

    Paige distolse lo sguardo e guardò fuori dal finestrino, cercando di non piangere. Spero che tu abbia ragione, disse.

    "Tua madre ha ragione, disse Tiny. E presto saremo in Georgia, così potrai vedere con i tuoi occhi".

    Paige si tirò su. A questo proposito, Tiny, continui a dire spessissimo che presto saremo in Georgia, eppure non abbiamo ancora visto nessun cartello stradale a conferma di questa teoria. Non ti sei perso, vero?

    Henry, che aveva dormito fino a quel momento, si schiarì la gola e ridacchiò. Certo che non si è perso. Ha attraversato tutto il paese e deve essere stato in Georgia una dozzina di volte; vero, ragazzo?

    Tiny, che era un wrestler professionista e probabilmente avrebbe pestato chiunque altro l'avesse chiamato ragazzo, si limitò ad annuire. Ah, come no, nonno. Sono stato ad Atlanta diverse volte.

    "Ed eri tu a guidare materialmente?" domandò Paige, incrociando le braccia.

    Beh, rispose lui con la sua vocina acuta, rassomigliante a quella di Michael Jackson e che nulla aveva a che fare con il gigante erculeo alla guida del furgoncino. Ho principalmente volato, ma non può essere così complicato se si seguono le indicazioni stradali.

    E il problema era proprio quello. L'ultimo cartello stradale con su scritto Georgia che Paige era in grado di ricordare, risaliva a un paio di ore prima, e ancora non avevano raggiungo la stato. A quanto pareva, Tiny non aveva pensato che fosse strano.

    "Tesoro...hai preso l'uscita sbagliata o qualcosa del genere?" chiese Kristie mentre entravano nella cittadina di Deer Ridge.

    A Paige si drizzarono i capelli mentre rallentavano. Dall'esterno Deer Ridge sembrava essere niente di più di un'altra landa desolata per zombie, ma lei avvertiva che c'era qualcosa di ancora più sinistro. Effettivamente, era quasi come attraversare una vecchia città fantasma dove rotolavano le balle di fieno e gli occhi ti sbirciavano da dietro le finestre scure. Proprio in quel momento sarebbe stata pronta a scommettere che i non morti stessero incespicando da qualche parte, forse pronti per un attacco.

    Tiny sbuffò. Uscita sbagliata? Non credo.

    Dovremmo proprio consultare una nuova cartina, disse Paige. Così lo sapremmo per certo.

    L'ultima volta in cui aveva fatto benzina, Tiny aveva perso quella vecchia dopo averla usata per schiacciare una mosca, per poi gettarla distrattamente da qualche parte.

    Sì, buona idea. Facciamo il pieno alla prossima pompa di benzina e prendiamone una, aggiunse Kristie.

    Però state attenti ai ladri, disse Henry. Se ne staranno in agguato proprio ora, perbacco.

    Comunque, Henry, disse Kristie. Come va la schiena? Stai meglio?

    Circa un'ora prima, avevano accostato in modo che i ragazzi potessero alleggerirsi la vescica. Henry era inciampato all'indietro su un masso e lamentava un dolore alla schiena.

    Scosse la testa. Sono un po' indolenzito, ma sai cosa... questo stallone non è ancora pronto per la fabbrica della colla. Ho ancora un sacco di galoppate da fare.

    Kristie sorrise educatamente. Ne sono certa, Henry.

    Con un bagliore nello sguardo, lui aggiunse Se ti va di spazzolare la mia sella, graziosa fanciulla, basta una parola.

    Paige brontolò. Le piaceva Henry ma viaggiavano insieme da ore ed ore: doveva proprio chiudere il becco e smettere di parlare delle sue abilità al galoppo.

    Oh, nonno, ridacchiò Tiny.

    Henry, disse Paige, A mio avviso dovresti lasciar perdere la tua sella e aiutarci a capire dove diamine siamo.

    Ci siamo persi, ecco dove siamo, disse, estraendo il contenitore del tabacco. Non è ingegneria aerospaziale, tesoro.

    Credi davvero che ci siamo persi? chiese Kristie, con aria preoccupata.

    Stavolta Tiny non rispose e Paige avrebbe avuto voglia di urlare.

    Capitolo 3

    Kris

    ––––––––

    Kris se ne stava seduta davanti al dottore il cui volto, dopo il suo discorso formale, si era fatto confuso. Lei si asciugò le lacrime e scosse la testa. È solo che non capisco. Insomma, mi ha detto che stava migliorando. Qualche volta ha anche ripreso conoscenza.

    Lui le porse un fazzoletto. So che è dura.

    Voglio vederla, disse lei, con fare deciso.

    Mi spiace, non possiamo acconsentire. È stata messa in quarantena ed eseguiremo un'autopsia. Mi ascolti, comprendo il suo dolore, ho perso anch'io gran parte della mia famiglia. È una cosa tragica; orribile. Ma deve farsi forza per il resto della sua famiglia.

    I suoi occhi erano inespressivi e non mostravano nessun segno di autentica compassione. Era difficile credere che avesse perso qualcuno.

    No, voglio vedere mia figlia! gridò lei, con la voce che si faceva stridula. Mi ha detto che stava migliorando. E io sono sempre rimasta al suo fianco fino a quando, stamattina, non me l'ha portata via. Sono stata esposta al maledetto virus dal primo giorno, e come può vedere, Dottore, non farà differenza se mi avvicino di nuovo a lei!

    Come se fossero in attesa di un segnale, due giovani soldati entrarono nella stanza. Tutto bene, Dottor Hill?

    Lei ignorò i soldati e continuò a implorarlo più a bassa voce, Dottore, mi lasci vedere la mia bambina. La prego.

    Il dottore sospirò. Sono davvero spiacente per la sua perdita. Se potessi fare qualcosa, lo farei. Sfortunatamente, si tratta di ordini provenienti dall'alto e ho le mani legate.

    Era palese che lui non fosse davvero dalla sua parte e ciò la mandava su tutte le furie.

    Stava perdendo la pazienza.

    Era stanca di quelle stronzate.

    Kris si alzò e si sporse sulla sua scrivania, fermandosi davanti alla sua faccia. "Ok, va bene, voglio parlare con chiunque stia dando ‘gli ordini’, Dottore! Esigo di parlare con i suoi superiori. Ora, maledizione!"

    Il militare più alto fece un passo verso di lei, ma il dottore sollevò la mano per fermarlo.

    Va... tutto bene, disse, per poi rivolgersi nuovamente a Kris. La prego di sedersi. Tutto questo non è necessario.

    Lei indietreggiò, ma senza sedersi. Allora? chiese seccamente, cercando di mantenere il proprio contegno.

    Il Dottor Hill si strofinò il viso con una mano e alla fine annuì. Vedrò cosa posso fare, Signora Wild. Non posso garantire nulla, ma ci proverò. Nel frattempo, perché non prova a riposarsi un po'?

    Lei sbuffò. "Riposarmi? Ho riposato abbastanza. Se non posso vedere mia figlia in questo preciso momento, voglio provare a richiamare mio marito, ribatté lei. Potrei, per favore, avere un cellulare?"

    Lui si alzò e prese delle scartoffie dalla sua scrivania. Vedrò cosa posso fare, disse, senza guardarla.

    La sua risposta preferita, pensò lei con amarezza. Non era molto efficiente in nulla di ciò che prometteva, e ora sosteneva che la sua secondogenita era morta per il virus zombie. Ma non aveva senso, e qualcosa le diceva che la stava ingannando. Doveva essere così. Avrebbe avuto un crollo nervoso se fosse stato vero.

    I due militari la riaccompagnarono nella camera che condivideva con qualche altro sopravvissuto. Si trovava in ospedale, dove gli scienziati del CPC rimasti in vita, quelli che stranamente non avevano fatto il vaccino, avevano messo su un nuovo laboratorio di ricerca. Gli zombie avevano invaso la vecchia struttura, quindi gli scienziati erano stati trasferiti in ospedale. C'erano più di cento sopravvissuti, insieme a cinquanta soldati che contribuivano a mantenere sotto controllo la situazione.

    Che succede? chiese Carly, che si trovava da sola in camera a leggere un libro. Era un'altra sopravvissuta che si era imbattuta nell'ospedale, sola e spaventata, appena due giorni prima. Tutta la sua famiglia era stata uccisa e lei era quasi stata stuprata da una banda di saccheggiatori. La giovane donna era sulla ventina ed era evidentemente dotata di un forte istinto di sopravvivenza. Infatti, ricordava tanto a Kris sua figlia maggiore, Cassie.

    Kris si sedette sulla brandina e si prese la testa tra le mani. Mi hanno detto che Allie è morta. Ma non ci credo. Carly, non può essere!

    Carly era stupefatta. "Ti hanno

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1