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La Spada di Archon
La Spada di Archon
La Spada di Archon
E-book447 pagine6 ore

La Spada di Archon

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Info su questo ebook

Un uomo di preghiera destinato alla guerra.
Deacon Shader è pieno di contraddizioni. Preparato alla santità, è anche il guerriero più letale della sua generazione. 
Quando la peste colpisce il cuore della città di Sarum e l'Abbazia di Pardes viene attaccata da un esercito di non morti, Shader si trova lanciato in prima linea in un conflitto epocale. 
Dopo essere rimasti nascosti per millenni, i frammenti perduti dell'artefatto che portò alla fine del mondo Antico riemergono e un nemico ancestrale torna a reclamarli. 
Gli eserciti si scontrano, la magia oscura si sprigiona e una scienza devastante minaccia di disfare tutto il creato. 
È il tempo della Disfatta, per la quale Shader è stato addestrato sin da bambino; sono tempi che metteranno a dura prova la sua fede. 

LinguaItaliano
EditoreHomunculus
Data di uscita16 set 2016
ISBN9781507155257
La Spada di Archon

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    Anteprima del libro

    La Spada di Archon - D.P. Prior

    RINGRAZIAMENTI

    Vorrei ringraziare il mio editore, Harry Dewulf, per le critiche eccellenti riguardo il linguaggio e per la sua attenzione ai dettagli.

    L'aiuto di Paula Kautt, nel richiedere chiarimenti, indicare incoerenze, e per la sua correzione della storia, è stato veramente inestimabile.

    Sono estremamente grato a Valmore Daniels, per una revisione cruciale dopo che il testo è stato cambiato, in inglese statunitense, per la formattazione del testo, e per il design di copertina.

    Theo Prior, come sempre, è stato la mia cassa di risonanza, ascoltando pazientemente ogni singola revisione letta a voce alta. Mi ha anche fornito ispirazione per molti personaggi nuovi e per vari sviluppi della trama, lungo le nostre camminate al negozio di fumetti di Naperville. Come se non fosse abbastanza, ha anche creato la mappa di Sahul—un'impresa di non poca bravura all'età di nove anni.

    Devo anche ringraziare Mike Nash, per l'iconica immagine di Shader sulla copertina e per la mappa della Teocrazia Nousiana.

    Infine, i miei ringraziamenti vanno anche alle persone che leggono le mie cose, prendendosi il tempo di darmi le loro opinioni: John Jarrold, per i suoi commenti sulla storia originale, Tony Prior, Ian Prior, David Dalglish, C.S. Marks, Moses Siregar III, Ray Nicholson, Dallas Dredske, e M.R. Mathias.

    IL CAVALIERE

    Città di Aeterna, Latia

    Anno del Giudizio: 908

    La folla fischiò. Tutt'intorno al Colosseum, le persone si alzarono dalle proprie tribune, rovesciando il pollice, lamentandosi. Sembrava quasi una calca del mondo Antico che a gran voce richiedeva la morte di un gladiatore. Per un attimo, Deacon Shader pensò che si stessero rivolgendo a lui. Era appena entrato nell'arena; aveva a malapena estratto la sua spada. Ma quando si abbassò il cappello, per evitare che il sole gli accecasse gli occhi, vide esattamente per cosa stavano fischiando. O meglio, per chi.

    Lo chiamavano Sonas lo Strangolatore, per via delle sue mani, grosse come pale. Si diceva che non fosse cattivo, conoscendolo meglio, ma sul campo di battaglia era un demonio con la sua ascia. Era un'arma insolita per un cavaliere Eletto, Sonas era l'unico a non aver portato una spada al torneo. Il che faceva pensare a cosa avrebbe fatto se avesse vinto; che ne avrebbe fatto del premio: la mitica Spada dell'Archon.

    Sonas sollevò la sua ascia con una mano, mostrando alla folla il dito medio con l'altra. I fischi si fecero più intensi, e continuarono quando Sonas rivolse rapidamente il dito verso l'altra parte dell'arena, a Shader, passandoselo quindi lungo la gola.

    Perfetto, mormorò Shader sottovoce. Il primo incontro, e doveva scontrarsi subito contro lo Strangolatore.

    Ma la sola rivelazione della sfida era servita a calmarlo. Come sul campo di battaglia, la calma si presentava non appena si mostrava la minaccia. Improvvisamente la spada nella sua mano gli parve più leggera, e cominciò a farsi strada lungo l'arena in punta di piedi.

    L'avanzata di Sonas era più trascinata. Si muoveva pesantemente, come un bue. Ma la sua minaccia non era da ignorare. Sarà stato alto più di due metri, con un collo taurino e una massa di muscoli nodosi. Mentre Shader indossava, nonostante il caldo, il suo cappotto lungo, Sonas era a petto nudo. Sembrava più un barbaro che un cavaliere del Templum, e la lama chiazzata e scheggiata della sua ascia da guerra non aiutava in alcun modo a infrangere quell'illusione.

    Si diceva che avesse ucciso mille uomini. A Verusia era considerato un eroe, per avere affrontato un'orda di non morti. Ma a Shader non importava nulla di tutto quello che dicevano su di lui. Anche lui si era aggiudicato dei favori a Verusia. Aveva condotto la Settima Cavalleria in una carica decisiva che ruppe le linee Versuaine, vincendo una battaglia per il Templum.

    Sonas accelerò il passo a metà strada dal centro dell'arena. Dopo qualche altro metro iniziò a correre. Pochi altri metri e la sua divenne una carica vera e propria.

    Shader assunse una posizione ampia, roteò la sua lama una volta, e inspirò.

    Sonas ruggì mentre levava la sua ascia verso l'alto. Un sussulto si sparse nella folla.

    Shader si lanciò sotto l'arco disegnato dall'ascia, disegnando una striscia rossa lungo il petto del gigante.

    Sul campo di battaglia, Sonas sarebbe morto. Nell'arena avrebbe dovuto arrendersi, ma imprecò e falciò un colpo di risposta, Shader ebbe la sensazione che le regole ormai non valessero più.

    L'aria fischiò accanto alla sua testa, l'ascia lo aveva mancato per un capello. Il suo cappello cadde a terra.

    Lanciò uno sguardo verso gli Exempti, avvolti di nero e intenti ad osservare dagli spalti clericali; quindi cercò tra di loro la veste bianca dell'Ipsissimus, il regnante supremo del Templum. Sicuramente uno di loro avrebbe detto qualcosa, avrebbe concluso il combattimento.

    Sonas attaccò ancora, ma Shader schivò. Fece un salto indietro, si spostò verso la destra del suo avversario e si impegnò a concentrarsi. Regole o no, se quell'ascia l'avesse preso sarebbe diventato una macchia di sangue sul pavimento. Se era un combattimento vero, quello che voleva il gigante, l'avrebbe avuto.

    Sonas impuntò i suoi piedi nel terreno, seguendo i movimenti di Shader con i suoi occhi suini. Il suo viso era più cicatrici che pelle; la sua fronte era una lastra di granito che spuntava dalla matassa dei suoi capelli selvaggi. Nessuno sarebbe potuto sembrare un cavaliere Eletto meno di lui. Se fosse stato tra le truppe della Settima Cavalleria di Shader...

    Prima di poter finire il pensiero, si rese conto di quanto fosse assurdo. Sonas nella Settima Cavalleria. Non esisteva un cavallo abbastanza grande che riuscisse a sostenere il suo peso.

    Sullo Strangolatore si potevano dire molte cose, tranne una: non era stupido quanto sembrasse. Piuttosto che affondare in un terzo attacco, manteneva la sua posizione, aspettando la prossima mossa del suo avversario.

    Questa volta, Shader sapeva che il fischio della folla era diretto a lui. Si era lasciato sorprendere dalla ferocia degli attacchi del gigante. Non si aspettava più di qualche colpo e parata di spada, una dimostrazione di abilità e velocità, quindi la resa dello sfidante. Perché sapeva che si sarebbero arresi. Si stava preparando a questo torneo sin da ragazzo, non avrebbe perso per nulla al mondo.

    Mirò un colpo alla cintola di Sonas, ma la sua ascia si abbassò per parare, quindi girò il polso, fendendo l'aria verso la gola. Sonas inciampò via, ma aveva qualcosa negli occhi. Shader l'aveva già visto succedere centinaia di volte: la sorpresa dinnanzi alla sua rapidità; la realizzazione che lui non poteva essere battuto.

    Sonas replicò infuriato. Calciò della sabbia negli occhi del suo avversario, gettandosi verso di lui di gomito. Indietreggiando per riprendere la piena visione con colpi di palpebre, percepì l'ascia abbattersi verso di lui. Si lanciò al lato, rotolò, e si rialzò con la spada tesa verso l'alto. La cima dell'ascia colpì il terreno, incastrandocisi. Sonas imprecò, e menò un cazzotto. Shader lo bloccò di piatto con la sua spada, ma un montante da destra lo colpì in piena tempia, mandandolo a terra. Lo stivale di Sonas si abbatté sulla sua mano, obbligandolo a lasciar andare la spada.

    Shader vedeva doppio, ma scalciò d'istinto, colpendo qualcosa che poté sentire rompersi. Sonas indietreggiò, imprecando. Shader si alzò, barcollando, e si chinò per raccogliere la sua spada. Lo stordimento lo assalì, tanto da farlo vacillare e quasi cadere.

    Sonas tirò via l'ascia dal terreno e lo fissò con uno sguardo truce.

    Basta giocare, disse il gigante, cercando Shader ancora una volta con il suo dito medio. Carne morta. Lo spadaccino provò a fare un passo avanti, ma la gamba cedette, e si ritrovò in ginocchio.

    Shader scosse la testa per riprendersi; e indietreggiò fino a quando la sua vista non migliorò. Sonas gli aveva dato veramente un bel cazzotto. Le sue viscere gli arrivarono in gola. Dovette combattere l'istinto di vomitare.

    Sonas si rialzò, aiutandosi con l'ascia. Iniziò a utilizzarla come un bastone, zoppicando e saltellando verso Shader. Ce ne erano due di giganti, finché Shader non strizzò gli occhi, e le immagini di unirono in una sola.

    Sonas traballava mentre caricava il colpo, Shader gli girò intorno e puntò la spada sullo stomaco del gigante.

    Ti arrendi? chiese, la sua voce uno stridio glaciale.

    Sonas ringhiò e attaccò ancora. Shader bloccò il colpo aiutandosi con entrambe le mani, poi colpì il gigante in faccia con il piatto della spada. Sonas sputò un dente, e tentò un fendente impetuoso. Shader schivò, e lo colpì con un pugno alla mandibola. Trasalì all'impatto; gli si era quasi rotta la mano.

    Sonas lasciò andare la sua ascia e provò ad avvinghiarsi all'avversario, ma Shader si abbassò serpeggiando tra le mani del gigante, spaccandogli il naso con il pomello della spada.

    Sonas grugnì e indietreggiò mentre il sangue scendeva a coprirgli la faccia. Stavolta fu Shader a non consentirgli di respirare. Iniziò a susseguirsi in una serie di colpi sul viso del gigante-pugno, pomello, pugno. I tentativi di Sonas di bloccarlo si fecero sempre più lenti. Tentò uno scatto disperato, ma Shader si scansò tirando fuori la gamba. Il gigante finì steso a terra, mentre l'aria gli usciva dai polmoni. Fu un attimo, Shader gli puntò la spada contro la schiena; non abbastanza da fargli male, solo come incentivo a rimanere a terra. Sonas provò ad alzarsi. Shader spinse più forte. Il sangue iniziò a gocciolare intorno alla punta. Più forte ancora, lo Strangolatore strillò di frustrazione.

    Va bene, mi arrendo. Mi arrendo diamine, OK?

    Gli spalti scoppiarono in un fragore di acclamazioni.

    Bravo! urlò qualcuno.

    Shader distinse una testa calva su una toga bianca.

    Aristodeus. Allora il filosofo alla fine era venuto ad Aeterna per il torneo. Il tutore dell'infanzia di Shader. L'uomo che per primo aveva gettato il seme affinché potesse, un giorno, vincere la spada di Archon.

    Gli lanciò un'altra occhiata, ma il filosofo non era più in mezzo alla folla esultante. Tipico di lui. Veniva e passava, come un temporale estivo nel suo paese natio, in Britannia.

    Un incontro era finito, ne mancavano ancora cinque prima di riuscire ad accedere alla finale. Questa sarebbe potuta essere l'unica occasione per lui di far avverare quello che era stato il suo sogno sin da ragazzo. Il torneo si teneva solo quando vi era un posto vacante: ovvero in occasione della morte del precedente Guardiano della Spada di Archon. Quando serviva un nuovo addetto al lavoro. Il problema era che Shader non fosse interessato alla posizione. Aveva già deciso di abbandonare gli Eletti quando da Aeterna si era recato a Sahul, tre estati fa. Ora era tornato solo per mettersi alla prova. Mettersi alla prova, e quindi accantonare tutto una buona volta. Aveva deciso di concludere la sua vita da cavaliere. Aveva finito di combattere.

    Gli incontri successivi furono più semplici del primo. Sonas era una sorta di leggenda, un mostro più che un cavaliere. Shader ora era più diffidente, sospettando che anche gli altri potessero ignorare le regole come il gigante; che potessero favorire la vittoria favorendo qualsiasi mezzo allo spirito della competizione. Non avrebbe corso rischi. Due avversari si arresero in meno di un minuto. Quello successivo passò più tempo a indietreggiare che ad attaccare. Per tutta la vita Aristodeus aveva insegnato a Shader che una buona difesa può solo aiutarti fino a un certo punto, aveva ragione. Dopo un buon combattimento in difesa il cavaliere mancò una parata e Shader non si lasciò sfuggire l'opportunità. Il quarto era un buono spadaccino, ma non era neanche lontanamente abbastanza veloce; il quinto sarebbe potuto essere grande, se avesse pensato di meno alla possibilità di perdere e si fosse concentrato di più sulle roteazioni e sui bagliori delle lame.

    Tra un combattimento e l'altro, Shader seguiva l'andamento di Galen, il dragone, mentre si faceva strada tra una vittoria e l'altra. L'uomo era abile, sì, ma in quella giornata si stava facendo strada con forza bruta e una determinazione ferrea, che gli aveva assicurato ogni singolo incontro. Sembrava proprio che fosse una via di mezzo tra Sonas e Shader. Brutalmente forte, ma anche uno spadaccino passabile con un buon occhio. Si sarebbe dimostrato difficile da sconfiggere.

    Com'era prevedibile, Galen si qualificò in finale, e l'Exemptus Cane si alzò, dagli spalti Divini, e annunciò una pausa. Per i combattenti era giunto il momento di mangiare e dormire, prima che l'esito definitivo fosse raggiunto la mattina seguente.

    ***

    Avanti, avanti, continuava a correre tra strade in fiamme. Fiumi di lava si innalzavano formando pareti ustionanti su entrambi i lati. Geyser di fiamme eruttavano, alti in un cielo denso di fumo aspro. La sua pelle ribolliva e si ricopriva di vesciche; i suoi polmoni pieni di fumi. Da dietro di lui proveniva uno stridore tale, che sembrava che tutte le anime dei dannati stessero correndo sui propri talloni. Si costrinse ad andare più veloce, ancora più veloce, urlando agli orrori che lentamente si mostravano, ad ogni curva di quel labirinto di fuoco.

    Continua a correre! Si disse. Continua a correre.

    ***

    Shader si svegliò di soprassalto, lanciando via le coperte come se fossero infuocate. Il sudore aveva infradiciato le lenzuola sotto di lui, la sua gola era impastata come se avesse ingoiato sabbia. Molta sabbia. Doveva aver urlato nel sonno ancora una volta. Stava iniziando a diventare un problema.

    Si alzò su un gomito con un lamento. Ogni singolo muscolo nel suo corpo protestò, urlandogli di sdraiarsi e di stare a letto un'altra settimana. I suoi occhi si corrugarono contro la luce che si stagliava severa tra le tapparelle steccate. Con un fremito di panico, per paura di essere in ritardo per l'incontro finale del torneo, balzò in piedi, trasalendo per i crampi ai polpacci, e zoppicò fino alla finestra.

    Spalancò gli scuri e socchiuse gli occhi alle fiamme del sole. Poco a poco, il profilo di Aeterna gli si rivelò, un assortimento infinito di cupole e guglie, colonne e archi, indistinguibili da quelli ridotti in maceria durante il Giudizio. Ogni mattone, ogni mosaico, ogni statua, tutto era stato restaurato nei minimi dettagli, per la grande gloria di Nous.

    Sotto di lui, la piazza era piena di colori, mentre gli Exempti, avvolti di rosso, si facevano strada lentamente dalla Basilica del Luminare Tajen al Colosseum. C'era ancora tempo quindi, anche se ne avrebbe desiderato di più.

    I preliminari lo avevano sfiancato. Non che si fosse fatto più di un graffio, oltre alla testa dolorante regalatagli da Sonas. Ma il saltellare, gli affondi, le parate, i fendenti, pesavano tutti sul suo corpo-e non era più un giovincello.

    Il sogno della notte precedente volteggiava ancora sulla soglia del suo inconscio. Era stato nell'Abisso, ne era certo. Come ci era stato ogni notte, da quando era salpato diretto alla Città Sacra di Aeterna. E ogni singola volta, prima che le fiamme lo circondassero, prima che i demoni lo accerchiassero, si ritrovava sempre nella sua casa d'infanzia a Britannia. Il suo compleanno. Il giorno in cui il filosofo Aristodeus arrivò per fargli da tutore.

    Aveva sette anni quando quel vecchio, per la prima volta, gli disse che un giorno avrebbe potuto vincere la Spada di Archon, ed eccolo lì ora, trent'anni dopo, a un incontro di distanza dall'ottenimento di quell'obiettivo. Ma per cosa? Per redimere i suoi fallimenti a Sahul, dall'altra parte del mondo?

    Si allacciò la cintura con il fodero della spada, infilando lo spadone del padre nel fodero, fino a metà. Era intaccata in svariate parti, e necessitava parecchio di un'affilatura, ma sembrava al quanto inutile. Un altro combattimento, e sarebbe andata in pensione, proprio come quando aveva abbandonato la Settima Cavalleria per diventare un monaco. La schiaffò nel fodero.

    In realtà aveva sempre saputo di cosa si trattasse. Dimostrare a se stesso che poteva vincere la Spada di Archon. Dimostrare che fosse il meglio del meglio, e quindi rinunciare a tutto, per Nous. Se i monaci a Pardes glie l'avessero permesso, ovviamente. Avrebbe avuto tempo a volontà per pensarci sul viaggio di ritorno verso Sahul. Tempo a sufficienza per leccarsi le ferite, se avesse perso, o per mitigare il suo orgoglio, se avesse vinto.

    Fuori, da qualche parte, un cane abbaiò, e a Shader tornò in mente il muso sfregiato del bulldog che aveva in gioventù, con la lingua a penzoloni e i fianchi segnati da corde di sangue. Povero vecchio Nub.

    Shader si era completamente dimenticato del cane, prima che iniziasse a fare quei sogni. Persino ora, a ripensarci, si infuriava verso Brent Carvin, il ragazzo che colpì il suo cane alla testa con un sasso. Quello era l'altro evento memorabile accaduto il suo settimo compleanno. Probabilmente, se avesse rincontrato Carvin - divenuto uomo - l'avrebbe fatto a fette prima di riuscire a trattenersi.

    Sorrise caustico al pensiero. Sarebbe stata una confessione sconvolgente. Ad ogni modo, se aveva letto correttamente gli sguardi scambiati dal padre e dalla madre tutti quegli anni fa, qualcuno aveva già pagato per la morte di Nub. Jarl Shader non sarebbe riuscito a controllarsi. Per lui la giustizia era tutto. Non se la sarebbe mai presa con il ragazzo, ma il padre di Brent sarebbe potuto andare bene.

    Shader si versò un bicchiere d'acqua tiepida dalla caraffa sul comodino e si buttò sul letto per bere. Ogni sorso dava sollievo alla sua gola e lavava via le ragnatele dalla sua mente.

    Si ritrovò intento ad osservare il Monas sulla parete opposta. Era un simbolo che vedeva ogni giorno da tutta la vita - diamine, era persino cucito in rosso sul suo cappotto - eppure si domandava ancora come facesse a rappresentare Nous, il figlio di Ain, l'Inconoscibile.

    La forma era vagamente umanoide: una croce faceva da torso, con braccia e gambe disegnate da righe. La testa era un cerchio con un solo occhio al centro e il tutto era coronato da una sorta di spicchio di luna. Conosceva a menadito ogni significato di ciascun aspetto di quel simbolo, ma c'era qualcosa nel Monas che lo aveva sempre assillato. Non capiva neanche lui cosa fosse, ma c'era qualcosa di... sbagliato.

    Schernì quel pensiero. Non c'era niente di sbagliato nel Monas. Niente di sbagliato in Nous e nel suo Templum sacro. Lui era il problema. Lo era sempre stato. Jarl Shader aveva fatto la cosa giusta, tutti quegli anni fa, quando ne rifiutò la fede, sapendo che non avrebbe mai potuto rinunciare a ciò che era. Non si può servire sia Nous che la spada, diceva sempre; e non aveva mai nascosto la sua opinione dei cavalieri Eletti del Templum, di come pensava che fossero una contraddizione scavata nell'ipocrisia.

    Shader scosse la testa e finì l'acqua. Aveva dato tutto se stesso, combattuto nelle guerre sante nelle foreste nere di Verusia, rimandato centinaia di nemici di Nous all'Abisso che li aveva creati, ma comunque non sentiva di aver mai compiuto neanche una volta il volere di Nous.

    Un colpo alla porta gli impedì di crogiolarsi ulteriormente in un passato che era meglio dimenticare. Poggiò il bicchiere e si tirò indietro i capelli, legandoli in una coda mentre si alzava in piedi.

    Venga pure, chiamò alla porta mentre prendeva il suo cappotto dall'appendiabiti indossandolo.

    La porta si aprì di uno spicchio e quindi, come se si sentisse più sicura, di qualche altro centimetro. Sullo stipite della porta apparse una mano, seguita da una faccia ampia fiancheggiata da orecchie di cui persino un elefante sarebbe stato invidioso.

    Magister! Lo accolse Shader. Mi chiedevo se sarebbe venuto.

    Non c'è bisogno che continui a chiamarmi in quel modo. rispose l'Adeptus Ludo, passando accanto la mostra della porta. Sono passati più anni di quanti non riesca a ricordarne da quando hai dovuto sopportare le mie lezioni. Si allisciò la sua tonaca nera e viola e sorrise.

    Shader si era scordato di quanto quell'uomo fosse enorme. Anche con la sua postura incurvata, risultato di decenni di studi, il suo vecchio maestro di teologia torreggiava su di lui e Shader era più alto di tante persone.

    Ludo alzò le sue folte sopracciglia fin sopra i suoi occhiali. Sei stempiato. Lo sapevo! Lo nascondi bene sotto quel cappello, Fratello.

    Shader sorrise e prese il cappello dal piolo, abbassandone l'orlo. Non mi fa entrare il sole negli occhi. Qualsiasi vantaggio...

    Ludo finì di entrare nella stanza e si chiuse la porta dietro. Ti servirà qualsiasi aiuto per vincere contro Galen, il mio uomo.

    Galen è tuo?

    Il mio guardiano, assegnato da Sua Divinità e devo dire, ne sono contento. Ah, è una cosa nuova che hanno iniziato a fare dopo che te ne sei andato. Sono tempi duri per essere un prete, amico. La mano di Sahul si allunga con ogni anno che passa.

    Non ci credi veramente, disse Shader. Al Templum è sempre servito un nemico fuori da Nousia. Affinché le masse non si concentrino troppo sulla politica in patria.

    Gli occhi di Ludo brillarono dietro le sue lenti, mentre agitò il dito nel suo modo caratteristico. Non sei cambiato, vedo. Non ti fidi ancora dell'autorità. Mi chiedevo se la campagna in Verusia ti avesse fatto cambiare idea.

    Shader sbuffò gonfiando le guance, sperando di trovare un altro argomento. Verusia lo aveva cambiato molto, rafforzando ulteriormente la sua sfiducia nelle autorità. Troppi uomini erano morti invano. E come erano morti, per mano dei servi del Signore dei Lich.

    Ludo doveva aver sentito il suo sconforto. Batté la sua mano, grande quanto una pala, sulla spalla di Shader e lo guardò negli occhi.

    Buona fortuna per la finale, vecchio mio, veramente. Io tiferò per Galen- per lealtà, suppongo-ma tu sarai sempre il mio preferito. Sei stato il mio solo studente in Nous sa solo quanti anni a sfidare il paradosso di Berdini. Gli occhi di Ludo vagarono fino alla spada lungo il fianco di Shader. Eppure eccoti qui, ancora intrappolato in te stesso. Ah, il che mi ricorda. Come vanno le cose a Sahul? Come sta il famoso Abate Grigio? Non penso sia contento che tu sia qui a combattere di nuovo."

    È stata una sua idea, spiegò Shader, accompagnando Ludo alla porta, aprendola per farlo passare.

    L'Abate Grigio pensava che perdere al torneo avrebbe preparato Shader al meglio per una vita di preghiera. Ma in qualsiasi caso, insistette che fosse Shader a fare la sua scelta. Condivideva l'idea di Jarl Shader riguardo il combattere per Nous, nonostante quanto predicasse il Templum quando aveva bisogno di nuove reclute per gli Eletti.

    Sta tifando per la tua vittoria? Chiese Ludo. Quella sì che sarebbe una sorpresa.

    Shader scosse la testa ridendo cortesemente. Non penso.

    Chiudendo la porta, gli balenò in testa il pensiero che Ludo potesse avere ragione. Forse l'Abate Grigio sperava segretamente che Shader vincesse la Spada di Archon, ritrovando il suo piacere nell'azione. Forse, sperava semplicemente che Shader non tornasse.

    LA SPADA

    Città di Aeterna, Latia

    Il mondo intero si ridusse a un punto tra gli occhi del suo avversario. Il ruggito della folla andava a tempo con il sangue che pulsava nelle sue orecchie. La sua spada danzava, senza ritardi tra pensiero e azione.

    Shader era quasi in visibilio mentre pestava un'altra chiazza violacea. Si stavano spargendo sempre di più.

    Gli occhi di Galen corsero a destra mentre finse un attacco, girando il polso e provando a colpire il fianco sinistro scoperto di Shader-proprio come voleva.

    Shader parò, toccando quindi con la punta della sua lama il mento di Galen. Il grande uomo arretrò, strofinando via il sangue dalla sua fossetta e borbottando sotto i baffi. Il primo taglio ricevuto, riconobbe Shader.

    Aspettava, la sua spada leggera lungo il fianco, mentre Galen si raddrizzava l'uniforme e gonfiava il petto. La giacca rossa dei Dragoni del Templum sarebbe diventata ancora più rossa, se quel vecchio fesso non si fosse arreso.

    Galen aggrottò la fronte, alzò la sua sciabola e fissò Shader come se volesse staccargli la testa dalle spalle.

    L'attacco fu improvviso-una tempesta di affondi rapidi, un fendente letale, un colpo da macellaio, tutti bloccati agilmente o andati a vuoto.

    Stai fermo, mascalzone rosso!

    La folla rise. Galen si accigliò. Shader alzò la sua lama come in saluto.

    Grattandosi i baffi, Galen iniziò a girare intorno a Shader, con sottili ciuffi di capelli sull'attenti sulla sua grande testa rosa.

    Shader dovette concederglielo: non era un codardo, né tanto meno un combattente sleale. Aveva sconfitto tutti gli avversari con una combinazione di abilità e forza bruta. Buone qualità per uno spadaccino. Quelle che portano alla fama. Ma era incredibilmente surclassato.

    Galen urlò e partì in carica. Shader schivò di lato, grattandogli il retro delle cosce mentre lo superava. Avrebbe potuto azzopparlo l'idiota, ma non sarebbe stato molto diverso da quanto Sonas lo Strangolatore aveva provato a fare nel primo incontro.

    Galen si girò sferzando la spada, scalciando, affondando e sputando per la frustrazione. Shader cedette un po' di terreno, fece calmare la tempesta, e poi ricominciò, dalla posizione di guardia.

    Galen inspirò profondamente, si terse il sudore dalla fronte e avanzò. Shader poggiò un piede saldamente per terra, fece un mezzo passo avanti, e quindi saltò in avanti, affondando sotto una spallina dell'avversario. Galen ruggì. Portò giù la sciabola che Shader evitò abbassandosi, impattando dritto contro un pugno. La sua spada affondò d'istinto, uscendo dal dorso della mano di Galen. Il grande uomo strillò, guaendo mentre la lama si ritraeva.

    Scusa. Shader rialzò la spada e fece un passo verso di lui.

    Galen urlò e colpì con tutta la sua forza. Shader deviò il colpo, ma il braccio gli si intorpidì per la forza. Si passò la spada nella mano sinistra, la lama ancora luccicante e volteggiante mentre scivolava tra l'elsa a canestro e le dita di Galen, facendo finire la sciabola per terra. Shader spinse la punta della sua spada contro le narici di Galen.

    Arrenditi.

    Galen si irrigidì, osando a mala pena respirare. I suoi occhi vagavano tra la lama di Shader e la sua.

    No, lo ammonì Shader.

    Il petto del grande uomo si gonfiava, minacciando di far saltare i bottoni lucidati della sua giacca, strappando via il broccato. Allontanò attentamente la testa dalla punta della spada di Shader, sentendo con un dito i danni alla narice. Dalla sua mano bucata colava sangue a fiotti, macchiando i suoi stivali.

    Ti arrendi?

    La folla ormai era silenziosa come se fosse morta.

    Galen osservò tutto il Colosseum, arrossendo mentre trovava i suoi sostenitori.

    Si dannazione, mi arrendo! Raccolse rapidamente la sciabola e fuggì via dall'arena.

    Shader notò una macchia viola affrettarsi tra la folla e sorrise. L'Adeptus Ludo corse giù per l'atrio, una mano al vento e l'altra tenendo gli occhiali sul naso mentre correva dietro a Galen.

    Scuotendo la testa tra divertimento e affetto, Shader si inchinò davanti alla folla, rendendosi conto solo allora del grandissimo numero di persone che la componeva. Riempivano spalto dopo spalto tra le colonne scanalate e gli archi enormi. Gli applausi confusero i suoi pensieri, travolgendoli come una valanga. Ondeggiò mentre il cielo cominciò a sbandare, inciampò e sarebbe caduto, se non fosse per le mani forti che lo ressero.

    Una sensazione disorientante-abbandonare la concentrazione sul combattimento per la folla abbaiante. Una voce contenuta, misurata e familiare. Ignatius Grymm.

    Il Gran Maestro lo condusse per la spalla verso gli spalti clericali, dritto come un fuso, con una mano sul pomello della propria spada cerimoniale.

    Ignatius era tutto ciò che gli Eletti dovevano rappresentare: immacolato, efficace, e completamente devoto all'Ipsissimus. Il vecchio cavaliere si inginocchiò, mostrando una chiazza calva sulla testa come un'isola in mezzo a un mare di capelli grigi, contenuta come la sua voce. Alzò un braccio per ricevere la benedizione, la luce del sole brillava sulle sue maniche della cotta di maglia, il Monas sanguinava sul suo cappotto come una ferita mortale.

    Chi presenti al Primo dei Servi di Ain? Chiese l'Exemptus Cane, tremando per gli acciacchi, stringendo forte il manico del suo bastone. Una sottile linea di saliva luccicava nella ruga del suo mento.

    Vi presento, dichiarò Ignatius affinché tutta la folla potesse sentirlo, Deacon Shader, precedentemente Capitano della Settima Cavalleria, comandante della carica che ruppe le linee Verusiane a Trajinot, e ora Guardiano —si girò per osservare tutto il Colosseum— della Spada di Archon.

    Dai un nome leggendario a una lama, pensò Shader, e gli uomini faranno di tutto per vincerla. Uomini come Galen. Uomini come tutti gli altri che aveva battuto per arrivare alla finale. Se l'Archon non fosse stato solo un mito, l'ultima cosa di cui avrebbe avuto bisogno era una spada, e probabilmente non avrebbe approvato una simile dimostrazione di violenza perché venisse reclamata. Il Templum era, per molte persone, molte cose diverse, ma per Shader era coerente in una cosa sola: il paradosso di una fratellanza d'amore, nata dalle ceneri del Mondo Antico, forzatamente protetta da legioni.

    L'Exemptus Cane annuì, inumidendosi le labbra, i suoi occhi umidi e reumatici scivolarono verso Shader per valutarlo.

    Sei consacrato?

    Lo sono, vostra eminenza. Quel vecchio folle si era forse scordato di essere stato proprio lui a nominarlo? Quella era la triste verità del Templum, pensò Shader: tutte quelle chiacchiere sull'unicità di ciascun singolo Nousiano, ma in realtà, erano solo sederi su sedie.

    Bene, bene. Sembrava che l'exemptus avesse finito le cose da dire, la sua lingua schioccava mentre guardava alle sue spalle, al regnante supremo della Teocrazia Nousiana.

    L'Ipsissimus Theodore era seduto come un dio, vesti bianche perfettamente contigue al trono scintillante, un enorme libro rilegato in pelle aperto sul grembo, dando l'impressione che meditasse continuamente sulle scritture; che fosse in effetti, la loro incarnazione umana. Era un uomo piccolo, magro, e mortalmente pallido. Una berretta bianca era aggrappata pericolosamente a un lato estremo della sua testa. Occhi brillanti infilzarono Shader da orbite pronunciate. Occhi pieni di vitalità, che facevano intuire una mente svelta.

    L'Ipsissimus alzò la sua mano e Shader si inginocchiò per baciare il suo anello. Un bagliore dorato catturò la sua attenzione: un Monas appeso a una catena pesante. Una pietra d'ambra brillava al centro della testa- un occhio unico, che vedeva tutto.

    Accetti tu la Spada di Archon? La voce dell'Ipsissimus era sottile e graffiante. Tossì delicatamente, dando un minimo accenno d'un sussulto.

    Se è la vostra volontà, Divinità.

    L'Ipsissimus annuì all'Exemptus Cane, che agitò il bastone verso il prete eretto alla destra del trono. L'uomo avanzò, portando un cuscino di velluto, su cui giaceva un lenzuolo di lino bianco.

    L'Ipsissimus tolse rapidamente il lenzuolo, rivelando una lama spenta: una spada corta a doppio taglio, con una punta affusolata per affondare, un'elsa nodosa e un crinale lungo l'impugnatura. Porse la spada a Shader. Delle incisioni lungo la lama luccicarono sotto i raggi solari.

    Con mani tremolanti, Shader lesse le parole a voce alta: "Vade in pace." Shader gettò lo sguardo sull'Ipsissumus.

    Va in pace. Una bellissima ironia, non trova? Fece un gesto con la mano e Shader arretrò.

    Vade in pace. Shader poteva quasi sentire la voce dell'Adeptus Ludo mentre chiarificava la cosa: Forma imperativa. Un comando, non un nome.

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