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Senti come canta il cuore
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E-book250 pagine3 ore

Senti come canta il cuore

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Info su questo ebook

Romance - romanzo (198 pagine) - Dietro a una nuova storia che inizia c’è sempre un cuore che canta...


Quando Marco decide di farsi ricoverare in un Hospice, Vanessa fa di tutto per cercare di alleviare le sue sofferenze. Lo coccola, si prende cura di lui, di tanto in tanto porta in visita Birbo, il loro cagnolino.

Ma Vanessa non si limita a questo. Marco è uno scrittore professionista che scrive romanzi rosa con lo pseudonimo di Meli Writer. Quando lui le propone di spiegarle tutti i segreti della scrittura affinché possa prendere il suo posto, lei accetta. Inizia così un entusiasmante percorso fatto non solo di lezioni teoriche ma anche pratiche. Quando i due, mano nella mano, chiudono gli occhi, riescono a “vivere” ciò che viene prodotto dalla loro fantasia.

“Senti come canta il cuore” è quello che Marco le dice, per spiegarle come si fa a capire quando un’idea è quella giusta.

Nel frattempo, una notizia inattesa sconvolge Vanessa. Scopre che la vita da una parte le sta portando via la cosa più cara che ha, ma dall’altra le sta donando un qualcosa di grandioso e inaspettato.

La vita, nel bene o nel male, riesce sempre a stupire. Un istante è sufficiente per rimescolare tutte le carte, e per scombinare, ancora una volta, i pensieri di Vanessa.


Marco Canella nasce a Copparo (FE) nel 1979, e vive a Tresigallo (FE). Nel 2012 ha vinto il concorso La Città del Principe di Carignano (TO), con il racconto Anche gli angeli portano le scarpe, e per quattro anni consecutivi, dal 2011 al 2014, si è aggiudicato il premio delle Unità produttive dell’industria e dell’artigianato, con altrettante prose in versi. Ha collaborato con il quotidiano La Nuova Ferrara e con l’associazione Borghi Autentici d’Italia. Con Delos Books ha pubblicato racconti in diverse antologie. Con Delos Digital ha pubblicato i racconti Baciati dalla luna, Magia alle terme e Quella stella brilla solo per noi usciti in Passioni Romantiche e Il Bodylover e Ritorno in paradiso usciti in Senza Sfumature.

Senti come canta il cuore è il suo primo romanzo.

LinguaItaliano
Data di uscita31 gen 2017
ISBN9788825400854
Senti come canta il cuore

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    Anteprima del libro

    Senti come canta il cuore - Marco Canella

    9788865306260

    Prologo

    Marco ammutolì. Non si aspettava un responso del genere. Fissò Vanessa, incredulo. Fece di tutto per ricacciare indietro le lacrime che gli pungevano gli occhi. Allargò le braccia e la strinse forte. L’unica cosa che in quel momento poteva dargli un po’ di sollievo era toccarla.

    Sospirò. Per la prima volta, aveva paura. Ma gli bastò annegare lo sguardo in quello di Vanessa per ritrovare coraggio. Sapeva che contro una malattia del genere le speranze di potersela cavare erano poche, forse zero, ma sapeva anche che su di lei avrebbe potuto contare. Non era solo, aveva un angelo al suo fianco. Tutto sommato, si sentiva fortunato. Sapere di essere in due a combattere la battaglia lo sollevò.

    A partire da quel giorno sarebbe stata dura, ma lui promise a se stesso che avrebbe venduto cara la pelle e che, nonostante tutto, non avrebbe perso la voglia di sorridere.

    Giorno zero

    Marco

    – Perfetto, la ringrazio. Tra poco arriveremo.

    – Cosa ti hanno detto? – chiedo a Vanessa con ansia.

    – Che hanno ancora dei posti liberi. Possiamo andare.

    – Bene – mi sforzo di sorridere. – Concedimi cinque minuti, voglio salutare Birbo come si deve.

    – Certo. Fai pure.

    Annuisco, poi mi chiudo in camera.

    Ho portato Birbo con me. Fa il matto, corre da un’estremità all’altra. Scodinzola felice. È normale, non sa del mio problema.

    Mi stendo nel letto, sospiro, accarezzo il barboncino che nel frattempo è salito e si è coricato al mio fianco. È davvero un amico fedele. Il contatto col pelo ha il potere di rilassarmi.

    Il pensiero della malattia mi tormenta. È da qualche giorno che mi sto chiedendo che fine farà Meli Writer se io non dovessi farcela. Non voglio che sparisca, rappresenta la sola speranza di lasciare in vita almeno una parte di me.

    Penso e ripenso, fin quando mi viene una bellissima idea. Sì, è la soluzione migliore. Devo solo aspettare il momento giusto per dirglielo. Piego le labbra in un sorriso.

    Saluto Birbo, cerco di non commuovermi, poi raggiungo Vanessa e con un cenno le faccio capire di essere pronto.

    – Bene. Andiamo – risponde, ignara di tutto.

    3° Giorno (dall'arrivo all'Hospice)

    Marco

    Vanessa sbarra gli occhi. – Cosa stai cercando di dirmi?

    – Che prenderai il mio posto – le spiego.

    – Stai scherzando?

    Quando scherzo sorrido, ora non sto sorridendo. Lo dovrebbe sapere, perché nessuno mi conosce meglio di lei.

    Non rispondo, la fisso e intanto penso. Ormai so che mi rimane poco da vivere, non sono stupido. Venti giorni? Trenta? Quaranta? Questo non posso saperlo. Nemmeno un medico sarebbe in grado di prevederlo. L’unica certezza che ho è che non ho tempo da perdere. Io me ne andrò, ma Meli Writer vivrà a lungo.

    – Vanessa, guarda che non sto scherzando – mi decido a rispondere. – Il mio ultimo desiderio è che tu diventi Meli.

    – Non voglio dirti di no, ma… come farò?

    – Ti aiuterò io – la rassicuro. – Vedrai che ci riuscirai.

    Ora le posso sorridere, perché io sorrido anche quando voglio essere dolce, e quando voglio tranquillizzarla. Ne ha bisogno, lo capisco da quella smorfia di disappunto che le si è disegnata sul volto. Non crede di potercela fare, ma io su di lei punterei fino all’ultimo centesimo. Chi meglio di Vanessa può riuscire a entrare nella testa di una donna e scrivere romanzi rosa? Io ho faticato per anni prima di poterci riuscire. Lei impiegherà meno tempo, ne sono certo.

    Continuo a sorriderle, mentre penso che per me è arrivato il momento di passare il testimone. Non è un problema, la vita mi ha dato tanto e non posso lamentarmi. Certo, sapere di avere ancora poco da vivere è sconvolgente, ma devo essere forte.

    Quando qualche giorno fa abbiamo deciso di venire in questo Hospice, sapevo perfettamente quale era la mia condizione di salute, anche se Vanessa sosteneva che venire qui potesse rappresentare una speranza per guarire. Da questo tipo di malattia non ci si salva, c’è poco da fare. Sono agli sgoccioli e cercare di vivere al meglio gli ultimi giorni è la sola priorità che mi rimane.

    Qui si sta bene, devo ammetterlo. Sto coricato in un comodo letto e ho una stanza tutta per me che Vanessa sta cercando di abbellire e di personalizzare. Oltre al cuscino, così morbido, ha portato qualche libro, un vaso pieno di fiori che riempiono il tavolo, lo smartphone, compagno fidato di tante avventure, e forse, tra qualche giorno, verrà anche Birbo.

    Abbiamo fatto la scelta giusta, non avrei potuto chiedere di meglio, e tutto sommato sono felice. Vanessa potrà rimanere con me tutto il giorno, anche la notte, se lo desidera. Sono certo che la sua presenza mi aiuterà.

    Anche se la situazione è precipitata solo negli ultimi giorni, era da un po’ che convivevo con la malattia. Questo mi ha permesso di riflettere e di giungere alla conclusione, tre giorni fa, che lei sarebbe stata perfetta come mia erede nella scrittura.

    Ed eccoci qui. Mi sento pronto ad affidarle tutto il mio sapere. Sarà questo l’ultimo regalo che le farò, e sono certo che lo apprezzerà. Magari non subito, ma col tempo sì. Per me è una gioia parlarle di scrittura, anche perché è il solo obiettivo che mi rimane per cercare di dare un senso agli ultimi giorni.

    D’improvviso, Vanessa esplode, distogliendomi dai pensieri. Sapevo che si stava trattenendo e che, prima o poi, avrebbe ceduto. La invito ad avvicinarsi con un chiaro gesto della mano. Mi asseconda, mentre cerca di asciugare le lacrime con un palmo. In prossimità del letto si inarca, e le punte dei nostri nasi si sfiorano. Approfitto della vicinanza per accarezzarle la fronte, poi le passo con delicatezza le dita sulla linea che le definisce la mascella, mi soffermo sul mento appuntito. Il cuore perde un colpo, poi accelera deciso. Sono ancora innamorato di lei. Tutte balle quando dicono che, dopo il primo momento di magia, l’amore passa lasciando spazio alla routine. Io innamorato pazzo di Vanessa lo sono sempre stato fin dal primo giorno in cui l’ho incontrata. Non mi vergogno ad ammetterlo, anzi ne vado fiero.

    Osservandola mi dico che sì, la vita con me è stata generosa. E allora devo approfittarne per cercare di assaporare questi giorni insieme a lei. Io e Vanessa, soli, in questa stanza calda e accogliente a ricordarci, ogni secondo, ogni minuto, ogni giorno che possiamo ancora condividere, che la vita è una cosa meravigliosa e che c’è sempre un buon motivo per sorridere. Io ne ho uno proprio qui, davanti ai miei occhi.

    – Non essere triste – le sussurro – perché io continuerò a vivere in ciò che tu scriverai.

    Il suo sguardo si accende e le s’illumina il volto, come se il sole fosse riuscito a farsi spazio tra le nubi. – Quindi, secondo te, io riuscirò a diventare Meli Writer?

    – Certo, non ho dubbi.

    Tornano le nuvole a coprire il sole e Vanessa smarrisce il sorriso. – Non ci riuscirò, invece – ribatte. – Io non ho mai scritto in vita mia, come posso improvvisarmi scrittrice?

    – Non hai mai scritto un diario?

    – Be’, sì.

    – Non hai mai scritto una lettera?

    – Sì, quella sì.

    – Non hai mai scritto un tema?

    – Certo. A scuola.

    – Allora, dov’è il problema? Ce la farai anche a scrivere romance.

    – Ma non è la stessa cosa.

    – Ovvio che non lo è. Ma se desideriamo davvero una cosa, e lavoriamo duro per ottenerla, possiamo raggiungere qualsiasi obiettivo.

    – Dici?

    – Ne sono convinto. Ti fidi di me?

    Cerco di infondere fiducia stringendole la mano con delicatezza. Vanessa piega le labbra in un sorriso. Capirei anche a chilometri di distanza che quel sorriso non è spontaneo… teme di non farcela e ha paura di deludermi. Posso capirlo. Tutto ciò che non conosciamo ci spaventa. Dove l’avevo letto? Non ricordo. Comunque sono certo che quando si renderà conto che è più semplice di quanto possa pensare, un sorriso spontaneo le riempirà il volto. Basterà insegnarle le tecniche di scrittura che ho appreso in questi lunghi anni, al resto ci penserà lei, perché è più ostinata di me. Si impegna al massimo in qualsiasi cosa e arriverà lontano, anche nella scrittura.

    Le lascio la mano per lisciarle i lunghi capelli biondi. Voglio toccarla, ne sento il bisogno. Finché vivrò la accarezzerò come non ho mai fatto prima. Non potrà più dirmi che la coccolo poco. Il suo profumo mi solletica il naso, nei suoi occhi azzurri potrei annegare. Sembra tutto perfetto, lei ricambia passando la mano sottile sulla mia testa rasata. Ora la bacerò e faremo l’amore su questo letto…. e sarà bellissimo!

    – Mi scusi, signora… – La voce di Alice, l’infermiera, mi ricorda che questo non è un romanzo rosa, il lieto fine non è previsto. – Si è fatto tardi. Se vuole dormire qui non ci sono problemi, altrimenti potrà tornare domani.

    – Alice, avevamo detto di darci del tu – le ricordo. Poi guardo Vanessa e le dico: – Vai a casa, preferisco così.

    Deve riposare, saranno giorni difficili anche per lei. Non le lascio il tempo per ribattere e aggiungo, sapendo dove colpirla: – Birbo, ti sta aspettando.

    Quando tiro in ballo il barboncino, sgrana gli occhi e annuisce. Però tentenna ancora.

    – Io sto bene, vai pure – le assicuro.

    Finalmente pare convincersi. Fa schioccare le labbra prima sulla mia fronte, poi sulla bocca, infine prende la borsa e mi sussurra: – Domani verrò presto, te lo prometto.

    – Non preoccuparti, vieni quando riesci. Porta un quaderno e una penna, mi raccomando.

    Mi guarda corrugando la fronte.

    – Inizieremo con la prima lezione di scrittura – le spiego. Questo pensiero mi eccita.

    Il suo viso si distende. – Ah, va bene. – Mi dà un altro bacio, poi se ne va. La osservo mentre sparisce oltre la porta.

    – Mi dai ancora cinque minuti? – chiedo ad Alice, rimasta in disparte fino a questo momento.

    Acconsente e si dilegua. Allungo il braccio per afferrare lo smartphone appoggiato sul tavolo. Impugnarlo mi fa sentire vivo. Apro Facebook e col pollice scorro le notifiche. Sto per scrivere un post, ma ci ripenso. Con l’umore che mi ritrovo rischierei di scrivere qualcosa di malinconico.

    Quando Alice ritorna, spengo il telefono e le faccio un cenno per farle capire che sono pronto. Si avvicina, mi rimbocca le coperte mentre mi ricorda di suonare il campanello se dovessi avere bisogno. Spegne la luce e se ne va, lasciandomi solo, immerso tra le tenebre. Penso che in fondo è gentile. Tutto il personale lo è sempre stato. Il loro unico interesse è il bene dei pazienti. Questa, almeno, è l’idea che mi sto facendo. Ce ne fossero di più di persone così in questo mondo!

    Approfitto della solitudine per concedermi il lusso di crollare. Le prime gocce si ammassano sulle occhiaie, e poi scendono giù rigandomi il volto. Le posso assaggiare per poi sputacchiarle. È incredibile come la vita possa cambiare nel giro di poco, ed è inspiegabile come per anni mi abbia dato tutto e ora se lo stia riprendendo indietro. Stringo i denti con rabbia, avverto una fitta di dolore alla mascella. Apro la bocca e sospiro rassegnandomi. È così e basta, c’è poco da fare. Incazzarsi non servirà a nulla, se non a farmi stare peggio. Per fortuna, ho ancora un sogno da realizzare e darò tutto me stesso per riuscirci: Meli Writer non morirà!

    È questa l’unica buona notizia nel periodo peggiore della mia vita.

    4° Giorno

    Marco

    Quando riapro gli occhi, Vanessa è in piedi davanti a me. La saluto con un sorriso, lei lo contraccambia. Oggi sembrano sorridere anche i suoi bellissimi occhi azzurri. Noto che c’è un nuovo mazzo di fiori nel vaso sul tavolo. Questi, bianchi e rossi, danno un tocco di colore più vivace rispetto a quelli viola di ieri. Mi sento pervadere da un senso di calma e di serenità che si espande in tutto il corpo. Per un breve momento mi sembra di essere altrove.

    – Buongiorno – sussurra Vanessa. – Dormito bene?

    No, di merda! Poco e male. Torno bruscamente alla realtà.

    – Sì, bene – mento. Provo a sollevare la testa ma un forte dolore alle spalle mi blocca. Il senso di calma che mi aveva accompagnato finora, viene sostituito da uno di debolezza. È normale, penso per rincuorarmi.

    Un rumore di passi anticipa l’arrivo del medico. È il dottore Gianni Tamatti, lo stesso che mi ha accolto quattro giorni fa, quando sono arrivato. Si affaccia sulla porta. – Come va stamattina?

    Penso a come rispondere. Devo essere sincero, ma allo stesso tempo non devo fare preoccupare mia moglie. – Benino. – È un’ottima via di mezzo tra la verità e la menzogna.

    Entra nella stanza e si avvicina al letto. Aggrotta le sopracciglia, mi scruta con attenzione. – Cosa si sente?

    – Niente di particolare. Sono solo stanco.

    – Nelle sue condizioni è normale – assicura con un tono di voce neutro. Un medico deve cercare di non mostrare le proprie emozioni, altrimenti il paziente comincerà a insospettirsi. L’ho imparato quando intervistai il mio medico di base qualche anno fa, per avere le informazioni necessarie per scrivere uno dei mie romanzi.

    Tamatti mi mette la mano sulla fronte, poi scende e si sofferma sulla guancia. Sfila lo stetoscopio dal collo, mi solleva la maglia e me lo appoggia sul petto. Rabbrividisco quando sento il freddo metallo sulla pelle. Il medico ripete l’operazione più volte, toccando punti diversi. – Tutto bene – sentenzia. – Il battito è regolare. Non si deve preoccupare.

    Annuisco, felice di sentire le sue parole, poi guardo Vanessa. Sorride e ringrazia il dottore.

    – Non mi deve ringraziare, sto solo facendo il mio dovere – ribatte lui piegando leggermente le labbra in un sorriso.

    Si guardano e un po’ mi preoccupo, forse perché in uno dei miei romanzi ho raccontato di un medico che si innamorava delle sue pazienti e… ma a che cavolo sto pensando? Sorrido quando Tamatti distoglie l’attenzione da Vanessa. È la dimostrazione che stavo farneticando. La mente suggerisce tante cose assurde quando stai male.

    – Proseguo il giro – ci dice. – Mi raccomando, niente sforzi: solo tanto riposo.

    E dove vuole che vada?, penso divertito.

    – In bagno ci è andato? – Tamatti mi fissa.

    Faccio segno di no.

    – Male! Cerchi di mangiare tanto, allora. La aiuterà.

    Non ho dubbi, ma se ho poca fame come faccio a ingozzarmi di cibo?

    – Purtroppo, dottore, ha sempre poco appetito – spiega mia moglie.

    – Si deve sforzare – ribatte con un tono che non ammette repliche. – Anche perché rimanere steso non lo aiuterà di certo ad avere lo stimolo.

    Vanessa annuisce e non aggiunge altro. Anch’io gli faccio un cenno affermativo e lo seguo con lo sguardo mentre esce dalla stanza.

    – Hai sentito cosa dice il medico? – Mia moglie mi sta rimproverando. – Devi mangiare di più!

    C’hai ragione pure tu, ma non è facile, sai. Non glielo dico, annuisco solamente.

    – Promettimelo – mi costringe lei.

    – Promesso – la accontento. Non voglio farla incazzare, oggi dovrà essere in forma. Mi guardo attorno, ma non trovo gli attrezzi del mestiere.

    – Cosa cerchi?

    – Hai portato il quaderno e la penna? – le chiedo preoccupato.

    – Certo. – Indica la sportina di carta appoggiata al muro. – Lì dentro c’è il vocabolario, una penna, un quaderno a quadretti…

    – A quadretti? Prenderai appunti su un quaderno a quadretti?

    – Non avevo altro in casa – si difende.

    – Va bene, dai, non è un problema. – Cerco di scacciare l’alone di tensione con un sorriso.

    Anche lei si distende. Contraccambia il sorriso e aggiunge fiera: – Ho portato anche il manuale di scrittura.

    Sgrano gli occhi, stupito. Ecco un altro motivo per cui la amo: solo lei sa leggermi nella mente. Ieri sera, mentre cercavo di addormentarmi, mi ero rammaricato per essermene scordato.

    Eccezionale, Vanessa. Tu sì che ne farai di strada! Ridacchio e lei mi guarda stupita. – No, niente – le dico, anticipando una probabile domanda.

    – Dimmelo, dai.

    – Ehi, bella bionda, ce l’hai con me?

    Annuisce, e io muovo la testa a destra e a sinistra. – No, no, non se ne parla proprio.

    – Uffa, non è giusto!

    – Stavo pensando che ne farai di strada… – Mi fissa con sospetto. – Nella scrittura, intendo.

    – Mah, speriamo. – Non sembra convinta. Si avvicina al tavolo, impugna la tazza e me la porge.

    – Cos’è? – le chiedo inarcando le sopracciglia.

    – Tè. – Spinge il tasto per alzare lo schienale, poi mi allunga un pacchetto di biscotti. – Questi, si inzuppano facilmente.

    Sollevo la testa, sono felice perché il dolore alle spalle è passato. Comincio a mangiare. Non ho molta fame, però mi sforzo per cercare di combattere la debolezza. Le energie mi serviranno per riuscire a portare avanti nel migliore dei modi il progetto mio e di Vanessa. Devo riuscire a dare tutto, prima che la malattia mi privi delle forze necessarie.

    Vanessa si siede e mi osserva. Sembra ancora di buonumore. – Domani, ti porto Birbo – mi promette, senza riuscire a trattenere un sorriso. Sa quanto lo desidero. Io e il mio barboncino, di nuovo insieme. Sono talmente contento che riesco a terminare l’intero pacchetto.

    Mi rendo conto di non averla ancora ringraziata per la bella notizia. In realtà avrei mille cose da dirle, ma non me ne esce nemmeno una. Rimaniamo zitti, a lungo. Il nostro è il silenzio di chi ha troppe cose in mente e non sa da dove cominciare. O, semplicemente, di chi ha paura di parlare a sproposito, e allora tacere diventa l’unica strada percorribile, anche se è una strada che mi mette angoscia. Preferisco il rumore, perché il baccano è vita. E le parole di Vanessa sono il rumore più dolce che le mie orecchie hanno il privilegio di sentire ogni giorno. È per questo motivo che mi do una mossa a finire il tè: desidero cominciare la lezione il prima possibile. Parlare di scrittura ci aiuterà a distogliere la mente dalle cose negative, che mai come in questo periodo sono numerose. E poi avrà anche un effetto terapeutico per entrambi. Ne sono certo.

    – Finito – sentenzio soddisfatto.

    Vanessa si alza, prende la tazza vuota e l’appoggia sul tavolo. –

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