Il ritorno di Cristina: Trent'anni dopo
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Non sa dove si trovi, né che giorno sia, ma ha una ferita al fianco e la donna sembra innamorata di lui come trent'anni fa.
Perché la donna è ricomparsa nella vita dell'ex-legionario?
Peché non risponde a nessuna domanda del vecchio amore?
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Anteprima del libro
Il ritorno di Cristina - Ciro Iodice Napodano
IL RITORNO DI CRISTINA
Trent’anni dopo
di Ciro Iodice Napodano
IL RITORNO DI CRISTINA
Trent’anni dopo
Prologo
«Dottor Fantoni, lei…»
«Non sono dottore. Al massimo infermiere…» lo interruppe con un sorriso l’ex legionario.
L’espressione del medico, che fino a quel momento aveva mantenuto un atteggiamento severo e distaccato, si addolcì per un istante.
Nello studio, l’odore di disinfettante ospedaliero, e il profumo del dopobarba dello specialista, davano la nausea. Oscar ci era andato dopo aver trangugiato la sua colazione fatta di caffè e pane abbrustolito e dopo aver ingoiato una tripla vodka Grey Goose.
Il medico accennò un brevesorriso, poi quasi istantaneamente, riprese a parlare con un tono di voce più confidenziale, ma anche più serioso.
«Certo… Oscar. Lei gode di ottima salute. Non solo per un uomo della sua età, ma perfino per un ventenne. Tuttavia…»
«Infatti, non ne ho molti di più…»
«Capisco cosa voglia dire, ma da una persona che reca sul proprio corpo, segni evidenti di un vissuto così intenso, sarebbe lecito aspettarsi che…»
«…cadesse a pezzi, intende? Invece di apparire così… Resistente, diciamo? Ma allora cosa mi è successo?»
«Secondo la mia opinione, un semplice episodio di amnesia anterograda. agevolato, forse dalla sua propensione al consumo di alcoolici.»
Lo stomaco di Oscar gorgogliò.
«Semplice, dice? Io ho completamente perso il ricordo di almeno tre giorni. Nessuno mi trovava, nessuno sapeva dove fossi e quando mi sono risvegliato, una mattina a casa mia, non avevo la minima idea di come fossi passato dal giovedì sera al lunedì mattina successivo. Mi pare un po’ più che semplice, no?»
«Non nego che l’episodio che la ha riguardato abbia degli aspetti eccezionali, tuttavia, non mi sento nemmeno di allarmarla oltre misura. Tutti i suoi valori clinici, quelli del sangue, delle urine, l’elettroencefalogramma, l’elettrocardiogramma, la TAC cranica sono nella norma. Magari, quando avremo anche il risultato degli esami tossicologici…»
«Ah, beh! Quelli se li tenga pure.»
E le euforie
facili e indomabili
unica energia
su colline e mari
sconosciuti e limpidi.
(Nino Buonocore - Nuovo amore - 1983)
2
Da qualche parte in Europa, 2007.
30 anni dopo.
I raggi del sole si facevano strada nel tendaggio leggero, grazie al pigro soffio della brezza pomeridiana. In un gioco di luci e ombre gli strali luminosi, ora più ampi, ora più sottili, illuminavano la piccola camera, rinfrescata dalla penombra e dalla corrente d’aria, disegnando archi luminosi sulla superficie del letto.
L’uomo, dalla possente corporatura, vestito solo di un paio di mutandine boxer, era appoggiato sul fianco sinistro riverso sul letto e rivolto verso la parete.
Dormiva.
La bocca semiaperta e il volto inespressivo gli conferivano l’espressione di un’antica statua egizia. I capelli tagliati cortissimi e la grande struttura muscolare ne rivelavano l’attitudine atletica, mentre la miriade di cicatrici - grandi e piccole - che ne costellavano il corpo, ne facevano uno strano animale feroce, un lottatore o un combattente.
L’uomo era Oscar Fantoni, ex militare della Legione Straniera Francese e, successivamente, generico Consulente di sicurezza
, come era solito definire sé stesso quando si presentava ed era costretto a dire qualcosa sul proprio lavoro.
Già da diversi minuti le tende avevano preso a svolazzare, smosse dalla brezza del tardo pomeriggio, quando il sonno immobile di Oscar fu disturbato da una sensazione di brucione alla coscia.
Trasalì, e l’innaturale espressione dormiente del volto si trasformò in una smorfia di sofferenza; si risvegliò di soprassalto, come se fosse stato strappato alle grinfie di un brutto sogno. L’incubo lo aveva appena trascinato in Ciad, all’inizio della propria carriera da clandestino nella Légion Etrangère, la Legione Straniera Francese.
Non riusciva ancora a capire cosa fosse quel bruciore e cercò di spostare la gamba dalla posizione in cui l’aveva messa durante il sonno, ma, con una certa sorpresa, si accorse di non riuscire a muoversi. Non era la prima volta che, dopo una pesante serata trascorsa a consumare fiumi di alcool, la mattina successiva non riuscisse a tornare subito padrone delle proprie membra, per cui non si stupì più di tanto.
Era inspiegabilmente e insolitamente preso da una sensazione di pace e di euforia.
L’insopportabile peso dei ricordi della sua vita precedente da attivista politico, da legionario e da agente speciale, restavano il costante incubo quotidiano. Una volta che si fosse risvegliato definitivamente, si sarebbe iniettato – come al solito - una buona dose di DHM per rimuovere il torpore che lo paralizzava e cominciare un’altra delle sue giornate prive di programmi a lungo termine.
Ma come si era ridotto in quel modo? Cosa aveva fatto la sera precedente? E soprattutto? Dove si trovava? Non riusciva a ricordare nulla delle ultime ore, né cosa stesse facendo, né con chi. Fiutò l’aria.
L’odore predominante della camera era di salsedine e di iodio, e subito pensò di trovarsi vicino al mare. Ma l’ultimo aroma che riuscì a cogliere nell’aria, un estere di uso ospedaliero, richiamò alla sua mente le immagini dell’infermeria di Sabra in Libano.
L’odore di un disinfettante.
La pelle della coscia bruciava e Oscar fece un nuovo tentativo per ritrarla dai raggi solari e, anche se faticosamente, vi riuscì. Cercò di girarsi su sé stesso e distendersi supino, ma solo il braccio sinistro sembrò rispondere ai comandi e, allora, con uno sforzo indescrivibile, arrivò a distendersi sulla schiena, coperto di sudore. In quel momento la brezza sembrò cessare per un attimo, riportando la camera nella penombra.
Nell’aria immota, un nuovo odore colpì le sue narici. Meno penetrante del disinfettante e meno diffuso della salsedine ma più familiare, più vicino e più intimo. Era un profumo, un bouquet che conosceva benissimo, sebbene appartenesse a ricordi lontani nel tempo.
Fiutò nuovamente l’aria, sorrise e, per un attimo, fu completamente sopraffatto da un ricordo leggero di seta frusciante, di lingerie in voile, di labbra brillanti, di elastici, di lacca per capelli e calze di nylon. Risentì l’aroma di una crema per la pelle alla vaniglia, un corpo femminile schiacciato con forza contro il suo e le essenze orientali di rosa bulgara, ribes nero, gelsomino, ylang-ylang, ambra e incenso.
Un lievissimo