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Anteprima del libro
Provincia - Silvana Carbonaro
nuovo.
Capitolo 1
Questo di sette è il più gradito giorno¹
Un venerdì pomeriggio Nina, mentre si trova a passare da casa di Maria, è calamitata dalla solita, strana energia effusa dall’abitazione, perciò decide di fermarsi e pigiare il campanello del citofono. Un pretesto non le manca.
– Nina, sei tu?
– Sì, Maria, ero in zona e ho pensato di confermarti di presenza che domani ceneranno con noi anche Gigi e Cinzia.
– Vieni, entra! Anche Gigi e Cinzia? Perfetto, coppie forgiate dagli anni, insieme, di sabato, in pizzeria.
– Uhm… cosa vai rimuginando?
– Penso a quello che succede al prospettarsi dell’evento, cioè, ogni fine settimana, se non sei membro di un cospicuo gruppo di persone perfettamente, inconfutabilmente, deontologicamente affiliate e programmate.
Nina ha capito e tenta di dribblare. Al solito, la lettura non le dispiacerebbe, oggi, tuttavia, di faccende da sbrigare ne ha proprio parecchie. L’altra ignora le sue manovre di fuga e le rende vane…
– Siedi, Nina, goditi un dolcino, io corro a prendere il quaderno delle mie divagazioni e della tua afflizione.
… Eccomi a te:
«La prima ambascia del sabato è stabilire gli amici con cui dar corso alla serata.
Nel caso di un invito ricevuto (non nella specie del si paga alla romana
), l’affare si semplifica, perché in genere accetti con amoroso consenso o per buona creanza, pensando che la serata si concluderà, nel bene o nel male che sia.
Ma, soprattutto, dopo la mezzanotte, nulla da rigovernare.
E osserviamo quel che accade, quando il vaglio degli inviti resti a tuo appannaggio. Se l’affare, al pensiero, fa gemere il portafoglio, il numero delle bocche bisogna si riduca. In fondo, agli esclusi, pur con dovuto rimorso, va assegnato un rinvio. O no, o forse non conviene. Perché non ricevere tutti in casa con unica spesa e unica fatica?
Dubbio iperuranico e in breve irrisolvibile, conseguentemente, da abbandonare, per trascorrere ai pochi onesti complici del paghi alla romana
.
Tue telefonate previste cinque, di riserva due, infine altre due quali estrema ratio o, meglio, per valersi dei triarios
, l’ultima linea, i veterani dell’esigua truppa sabatina.
Comunque vada, che abbia accolto uno o più adesioni, fatti gli accordi di massima, devi concedere una pausa a te e al tuo orecchio febbricitante di contatto… telefonico.
Quindi, poggiato lo smartphone il più lontano possibile, lasci andare un gran sospiro, che raggiunge il suo esito o resta bloccato a mezzo del corso per uno squillo aggiuntivo sulla linea fissa.
Vorresti non rispondere… a buon diritto… nondimeno… nell’ipotesi di un appello urgente… familiare… diamine, perché non funziona il congegno dei numeri chiamanti? No, a non sapere, non staresti tranquilla, prendi la cornetta… la prendi. È lei, l’amica trasferita in altro luogo, che non ti sente già da mesi e mesi:
– Ciaaao, cara!!! Come stai? come ti va la vita? che rabbia essere andata via, che nostalgia!
Cosa puoi fare, se non ascoltare, presa da un doppio struggimento, la lontananza dell’amica e il sospiro interrotto? Un quarto, mezz’ora, anche tre quarti dietro la voce di Agnese, fino al suo:
– Ci rivedremo, tutti insieme, dobbiamo rivederci!
Fuoriuscita dell’ultimo brandello d’aria rimasto in petto e rapidissima pausa, causa diversa… fisiologica fuoriuscita, prima di richiamare gli affiliati della serata per un’ulteriore conferma, per la puntualizzazione della pizzeria, dell’orario, del responsabile della prenotazione.
Il tutto – ovvio chiedersi – non si sarebbe potuto pattuire prima?
Escluso, dato che la risposta iniziale all’invito consta quasi sempre di un tremulo Penso di sì.
Ne deriva un estremo…
– Pronto, sono Maria, sempre d’accordo per la pizzeria? Vi andrebbe alle ventuno l’Oste verde?
– L’indiano? La pizza dall’indiano?
– Perché no? Preferisci il tailandese? Anzi, senti, non me ne importa niente, anzi meno che niente, il mio orecchio brucia, decidete voi e datemi notizia via messaggio: nessuno m’interpelli, che io non senta voce alcuna!
Intanto, si son fatte le venti e non resta assai tempo, perché dallo scoccare nodale delle ventuno gli stimoli gastrici inondano le intelligenze dei convitati, soprattutto gli ingegni maschi, irrequieti e canuti.
In fretta, sicuro, ma cosa indossare per adattarsi alla usuale circostanza? Nessun problema per lui: in pizzeria una qualunque mise sportiva.
E lei?
In primis, bisogna che copra la pancia, che non trasbordino i fianchi. I jeans conterrebbero tutto, ma, dopo una settimana di frettolose brache, si ha voglia di stare un po’ in quantunque
e allora… allora vada per il vestito di maglia morbida. Garbatamente sexy.
O specchio, specchio di ogni fallita brama!
Costernata, a forzare gli esuberi, agguanti la panciera… la quale, ahi te! rifiuta ogni magia, e, dislocando la massa verso l’alto, dà forma a un tronfio buccellato.
Via la vestina
, e provi con la gonna e una camicia che copra ogni peccato…
– Cara, sei pronta? Quando mai!
No, non lo sei, è stata dura, pure, non sai ridirlo.
Lui può portarsi a spasso le sue rotondità, né mai occhio umano mostrerà di pensare quanto si sia riempito. Una modesta pancia sarà sempre il target, se non il fascino, dell’uomo maturo: con essa fa mostra di protezione, di garanzia, di dignità.
– Quasi pronta, un po’ di profumo e ti raggiungo…
Miseria!… la calza si è bucata! Il cuore batte a mille, non vuoi per nulla ritardare…
Il cuore batte a mille… è ormai la fine!
Miserevole fine.
Quand’ecco, inaspettata, la salvezza: la lacca
, forte, per capelli!
Il buco al momento è fermo lì, quasi al calcagno: uno spruzzo tutt’intorno e nessuno se ne accorgerà; uno spruzzo di lacca benedetta. Poi la scarpa: risolto!
– Eccomi, usciamo pure.
– Finalmente!
– Ce l’ho fatta a stento a stento.
– Dopo un’ora di sosta nel bunker delle rettifiche? Storia vecchia. Forza, andiamo o faremo proprio notte.
Arrivate all’incontro a tutto gas, né si staglia simulacro di Tizio e di Tizia, di Caio e di Caia: siete i primi dinanzi al locale prescelto.
Aspettate in auto e nel silenzio si dilata il tuo cruccio per il buco nella calza, per la