Contagio di mortale amore
Di Marta Heller
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L’aiutante del cerusico legale ha un’idea piuttosto precisa e del tutto personale su cosa stia accadendo, poiché ha avuto la possibilità di studiare col massimo esperto in materia, scienziato con la fama del visionario. Di certo, però, è restio a condividere tale opinione per non trovarsi a dover rivelare troppe cose sul proprio passato.
Quella sembra la caratteristica principale della città: gli abitanti custodiscono segreti sotto pietre tombali che non hanno nessuna intenzione di veder rimosse. Tutto si gioca su un tentativo di mantenere la normalità, mentre fuori il mondo muore a una velocità che cresce spandendo intorno il fetore di un’umanità destinata a scomparire.
Tristan, Cavaliere di Ventura, è pronto a cominciare la sua nuova avventura, dove lo si vedrà muoversi in un futuro alternativo e post-apocalittico, involontario strumento di un destino che preme per manifestarsi.
PRIMA PARTE DI DUE.
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Anteprima del libro
Contagio di mortale amore - Marta Heller
Contagio di mortale amore.
L'inizio della faccenda.
La cittadina respirava piano, col ritmo placido e tranquillo del riposo notturno. In un mondo che stava bruciando sempre più velocemente, quell'insediamento urbano rappresentava una sorta di area pacificata. Qualcuno affermava che il merito dell'atmosfera incantata fosse da attribuire alle onde energetiche presenti nel terreno, le stesse particolari linee che sembravano possedere il potere di mantenere pulite le sorgenti del territorio.
Altri cominciavano a credere che l'intero Universo si sarebbe inesorabilmente disintegrato, ma che la cittadina (che ovviamente possedeva anche un nome: Sweet Town, in una sorta di omaggio alla banalità più esplicita) avrebbe comunque resistito, offrendo protezione ai propri abitanti.
La stanza di zia Lilia (zia
perché la gente della città usava una serie infinita di nomignoli parentali, del tutto slegati da reali legami di sangue) era un tripudio di chincaglieria tipo frontiera americana, e le coperte lavorate all'uncinetto in piccoli quadrati completavano l'atmosfera country-western. Impiegare tempo a sferruzzare era quanto di più anacronistico potesse esserci in un mondo così prossimo a consumarsi; eppure, a ogni occasione che prevedesse la possibilità di uno scambio di regali, qualcuno materializzava sempre un capo (spesso destinato all'abitazione) realizzato a mano.
Sally, abbandonata a quello che aveva tutta l'aria di un sonno profondo e ristoratore, giaceva esattamente dove ci si aspettava dovesse essere un abitante di Sweet Town a quell'ora della notte... O del primissimo mattino, a seconda di come si era soliti rapportarsi alla divisione del tempo nell'arco della giornata.
Riposava in modo profondo, perfettamente immobile.
Clara, la sorella
che viveva nella stessa casa decise di non perdere tempo a bussare, visto che aveva le mani occupate dalla colazione.
Quello era un giorno speciale per tutti gli abitanti della casa: si festeggiava la formazione del primo nucleo pseudo-familiare che si era ritrovato a vivere in quella casa. Il compleanno dei muri abitati, una festa che andava oltre le persone, coinvolgendo la struttura stessa delle dimore. Bisognava rendere grazie per tutto quello che il destino aveva deciso di donare, e un posto sicuro dove stare era tutto ciò che in quei tempi infernali si poteva desiderare, per questo Sweet Town era solita organizzare piccoli festeggiamenti.
Così Clara si era ritrovata a esibirsi in un numero un po' da equilibrista, quel mattino: il tavolo di legno dove erano soliti consumare la colazione era già occupato dalle decorazioni destinate all'esterno della casa, e la soluzione migliore sembrava proprio rappresentata dal consegnare direttamente in camera il latte col caffè ricavato dall'orzo e dalle ghiande, insieme ai biscotti di rara bruttezza, bitorzoluti e dalla forma incerta, eppure così buoni da lasciare a bocca aperta anche i palati più esigenti.
Di certo Sally avrebbe fatto finta di dormire ancora, mentre Clara la sollecitava a uscire da sotto le coperte elencandole tutte le attività che sarebbero state eccezionalmente concesse loro quel giorno. Avrebbe finito per cedere al solletico della sorella: nonostante un iniziale tentativo di resistenza, si ritrovava a chiedere pietà dopo un paio di secondi mentre cercava di sottrarsi al contatto, in un rituale noto a entrambe.
Ma quella mattina le cose erano destinate ad andare diversamente. Clara pensò che forse era davvero troppo presto e, nonostante a Sally fosse sempre piaciuto alzarsi prima dell’alba, non era detto che volesse farlo anche quel giorno. Perché non si mosse nemmeno dopo averla sentita poggiare il vassoio con la tazza sulla piccola cassettiera, e neppure quando cominciò a chiamarla e a solleticarla.
Doveva aver dormito scoperta, perché aveva le braccia fredde come il marmo… Quel pensiero si fissò dentro di lei per rimanerci in eterno congelando il momento successivo, in cui il grido si alzò altissimo.
Se dall'altra parte della città giunse fino al buon vecchio Klaus, lui lo confuse col vento che aveva preso a sibilare. Era uscito di casa di buon'ora, desideroso di mettersi al controllo della centrale a vapore che garantiva il buon funzionamento di Sweet Town; sapeva che durante la notte Mastro Pipps (Dio, che nome di merda... Ma Anthony Zanardo ci teneva tantissimo, a quel nome da demente) aveva egregiamente svolto il proprio compito, che consisteva nell'evitare che un aumento incontrollato della pressione facesse saltare in aria tutto quanto. Se tutto era andato per il verso giusto, Mastro Pipps non avrebbe avuto nessuna remora a farsi trovare addormentato nella stanzetta interna.
Difatti Klaus lo trovò proprio dove si aspettava con la testa poggiata sulle braccia, sistemato nella solita maniera sul solito tavolo dei registri. Pensò che era un bene che gli abitanti di Sweet Town non avessero il permesso di bazzicare liberamente all'interno della centrale: Mastro Pipps e le sue sonore dormite avrebbero minato un tantino il senso di autorevolezza che lo circondava e questo, se hai il compito di evitare che