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Il tempo delle rose: Storie di donne nel secondo conflitto mondiale
Il tempo delle rose: Storie di donne nel secondo conflitto mondiale
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E-book104 pagine1 ora

Il tempo delle rose: Storie di donne nel secondo conflitto mondiale

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Info su questo ebook

“Perché la prima musica che mi si affacciò alla mente fu Ma l’amore no?
Dovevo credere che il mio amore fosse durato il tempo delle rose: un’ora, un giorno e non più?
Oppure il mio amore era così forte che non sarebbe sfiorito?” 
(P.Lello)
 
Questa antologia raccoglie le avvincenti storie di tre autrici e un autore, intrecciando le vite di donne coraggiose durante la Seconda Guerra Mondiale. Attraverso le prospettive di madri, figlie, fidanzate e piloti, esplora il loro coraggio nel combattere, resistere e sopravvivere ai bombardamenti aerei, alle privazioni e alla fame. In mezzo al dolore delle perdite, queste donne trovano la forza e la speranza per costruire un futuro migliore. Le quattro storie al femminile offrono un'emozionante rievocazione dei ricordi, permettendo ai lettori di rivivere gli anni della guerra attraverso i luoghi che sono stati teatro di grandi e piccoli eventi che hanno cambiato la storia del mondo.
 
Gli autori dell'antologia:
Patrizia Lello
Diego Mascherpa
Mary Rotnan
Barbara Scotto
LinguaItaliano
EditorePubMe
Data di uscita25 gen 2024
ISBN9791254584897
Il tempo delle rose: Storie di donne nel secondo conflitto mondiale

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    Il tempo delle rose - Mary Rotnan

    Collana Milos

    Il Tempo delle Rose

    Storie di donne

    nel Secondo Conflitto Mondiale

    Patrizia Lello

    Diego Mascherpa

    Mary Rotnan

    Barbara Scotto

    Pubblicato da ©Pubme |Collana Milos

    Prima edizione gennaio 2024

    |Il Tempo delle Rose – Storie di donne nel Secondo Conflitto mondiale| Tutti i diritti riservati

    ISBN:

    Raccolta di racconti a cura di Solange Mela

    Ma l’amore no | Patrizia Lello

    Nachthexen. Etwas nochmal machen| Diego Mascherpa

    Pearl Harbor | Mary Rotnan

    Fortuna | Barbara Scotto

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia degli autori. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da considerarsi puramente casuale.

    Questo libro contiene materiale coperto da copyright e non può essere copiato, trasferito, riprodotto, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificatamente autorizzato dall’autore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile (Legge 633/1941)

    Il Tempo delle Rose

    Storie di donne

    nel Secondo Conflitto Mondiale

    Ma l’amore no

    di Patrizia Lello

    San Nicolò (Pontremoli)

    (Fonte: Il Corriere Apuano)

    Appennino Toscano - novembre 1944

    Una lettera di Marcello!

    Finalmente era arrivata, sgualcita e un po’ sporca, ma pur sempre un messaggio d’amore del mio fidanzato.

    Avrei voluto trovarvi soltanto parole ardenti e sogni sul futuro che ci aspettava insieme. Avrei voluto, insomma, che fosse all’altezza delle missive che leggevo nei miei amati romanzi di Delly, storie in cui lui ama lei e viceversa, un cattivo/a li ostacola ma poi cede perché il finale è già scritto: "…e vissero felici e contenti", più o meno.

    Mentre laceravo con impazienza la busta, sapevo, invece, che avrei tirato fuori soltanto una o due frasi poetiche dal mare di tristi informazioni in cui annegavano come sommerse da onde furiose. I bombardamenti che gli rendevano impossibile raggiungere l’università, i rastrellamenti che lo costringevano a stare nascosto per giorni nella soffitta della casa di Caprio in cui era sfollato, i battibecchi familiari generati dalla coabitazione forzata che gli rendevano difficile lo studio. Del resto erano lo specchio di quelle che gli scrivevo io.

    Perché anch’io mi ero persa nel raccontare che la mia nipotina era dispettosa e scostante, e mia sorella non riusciva a educarla, che mia madre e mia zia questionavano per ogni stupidaggine, che mio padre fumava torvo, contando in continuazione la propria razione di sigarette come se in quel modo potesse farla durare più a lungo. Soltanto mio cugino si salvava dalle mie lamentele: se ne stava tranquillo a leggere e rileggere vecchi album dell’Intrepido. Dove trovava eroi dal corpo agile e aitante, come il suo non sarebbe mai stato per la paralisi infantile che l’aveva lasciato storpio per sempre. 

    "Mia adorata fanciulla…", da lì in avanti per il tempo di bearmi delle poche righe d’amore, riuscii a fuggire dalla stanza, anzi dall’aula, l’unica della scuola elementare di Bassone, che era divenuta la nostra casa da quando eravamo dovuti sfollare da Pontremoli. Con ancora sottili tracce di gesso sulla lavagna e i banchi accatastati contro una parete, era gelida e umida. Alla sera stendevamo i materassi che ci eravamo portati da casa, cucinavamo su una carbonella sistemata nell’arco del portoncino, usavamo la latrina esterna. Peggio di tanti altri, meglio di tanti altri.

    Ma tra le mura scolastiche mi ci riportò presto una notizia prosaica ma così vitale che non potei fare a meno di condividerla subito.

    Abbiamo comprato un maiale. Se trovaste il modo di venirlo a prendere, lo divideremmo volentieri con voi, scriveva il mio amato.

    Improvviso silenzio. Anche Beppe si staccò dal suo fumetto per guardarmi interrogativo. La prima a dare voce al pensiero di tutta la famiglia fu mia sorella:

    «Mi basterebbe per essere felice da qua fino alla fine della guerra. Giuro!»

    Che dire? Le tessere annonarie fornivano soltanto l’illusione di riempirsi la pancia e la borsa nera in quei giorni disperati funzionava a singhiozzo. Eravamo a dieta perenne. 

    «Meglio del gatto che ci ha offerto Adelmo» insistette mia sorella.

    C’era da ridere per non piangere e noi, poche settimane prima, avevamo riso fino alle lacrime all’offerta del postino; l’avevamo, però, gentilmente declinata.

    Dalla lettera di Marcello, intanto, spirava aroma di fegatelli e di costine. Altro che il povero micio! Così forte da sovrastare il profumo delle frasi d’amore. O forse no? Da rafforzarle, anzi.

    Perché l’offerta era troppo ghiotta – termine perfetto – per lasciarla perdere e io ero molto più affamata del resto della famiglia. Ero affamata di lui, di vedere come passava le sue giornate lontano da me, di sfuggire alle mie che, nelle loro incertezze e miserie di guerra, rotolavano via sempre più simili le une alle altre.  

    «Vado io a prenderlo.» Avevo vent’anni e mi sentivo in diritto di parlare da adulta.

    «Maria Pia, sei matta! Non sai…».

    Bloccai mia zia prima che potesse continuare:

    «Non c’è altra soluzione. Tu, babbo, puoi finire in Germania prima di arrivare a Pontremoli; tu, Assunta, hai l’Adelina; tu, zia, hai Beppe e tu, mamma, hai tutti gli altri. E noi abbiamo bisogno del maiale.» Alzai le spalle come per rafforzare la logica del mio ragionamento.

    Si arresero tutti subito. Non me l’aspettavo: anche la loro fame, così diversa dalla mia, doveva essere forte.

    «Mi ci vuole un giorno per trovare qualcuno che ti porti almeno per il tratto della Nazionale.»

    Osservai mio padre andare a confabulare con il vicino che tutti i giorni scendeva dal paesello in città. Lo vidi muoversi a fatica, torturato da un’ernia che ogni poco lo costringeva a letto, dimagrito e un po’ troppo curvo. Tornò un’ora dopo trionfante.

    «Fatto. Domani Cesare va a cercare Giovanni che ancora fa trasporti per Sarzana. Lui non mi può dire di no. Con quanto l’ho fatto lavorare per l’impresa! Gli ho detto per dopodomani.».

    Soltanto la sera prima di partire mi assalì l’ansia per l’avventura che mi attendeva; per esorcizzarla feci l’unica fuga che mi era consentita: andare ad ascoltare Radio Londra nella cucina del parroco. Nessuno dei miei mi seguiva, come se si fossero arresi al limbo in cui vivevamo. Io vi ero scesa quando avevo dovuto dire addio al paradiso che il destino mi aveva regalato, costretta ad abbandonare la bella villa dove ero nata, con il giardino sul fiume, la fontana, il pergolato di glicine; a dire addio alle scampagnate con gli amici, alla villeggiatura con i cugini al Circeo, ai bei vestiti. Quando quello che mi era sembrato un interminabile divertente carnevale di sfilate in divisa da Piccola Italiana e di saggi ginnici, si era trasformato in un’immane tragedia. Mi era rimasto solo lui, Marcello, lontano e, mi pareva, distratto.

    Mi avventurai con la torcia per

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