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Ansia e Panico - Conoscerli e sconfiggerli
Ansia e Panico - Conoscerli e sconfiggerli
Ansia e Panico - Conoscerli e sconfiggerli
E-book274 pagine3 ore

Ansia e Panico - Conoscerli e sconfiggerli

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Info su questo ebook

Tutto quello che devi sapere su due nemici giurati della tua serenità e del tuo benessere.

Storia dopo storia imparerai a conoscere i trucchi per non temerli mai più e farne di loro preziose risorse per puntare ad una forte immagine di te e ad una immagine positiva del futuro.
LinguaItaliano
Data di uscita21 gen 2019
ISBN9788827867600
Ansia e Panico - Conoscerli e sconfiggerli

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    Anteprima del libro

    Ansia e Panico - Conoscerli e sconfiggerli - Francesco Attorre

    633/1941.

    Introduzione

    Quando sceglie di venire a farci visita in genere lei non si prenota. Viene e basta. E lo sa fare così bene da non stupirci nemmeno, quasi in un certo senso ce l’aspettiamo già. Si perché ha dei modi talmente seduttivi che ci paralizzano, e finiamo per accettarla così com’è, e gli diamo tutto di noi, come Faust quando sceglie di vendere l’anima al diavolo pur di restare giovane per sempre, o Dorian Gray quando regala ad un quadro l’incanto del suo cuore rubandogli l’illusione dell’eternità.

    L’ansia sa prendersi tutto di noi, e sa farlo in silenzio. È una straordinaria mistificatrice, una menzognera, una stupenda dama dai modi disinvolti ed eleganti, ma sotto il vestito non ha nulla. È vuota, arida, spenta. È una amica speciale, di quelle che lasciano il segno. Tuttavia etichettarla come meschina e bigotta allo stesso tempo, capirai man mano perché la chiamo così, non aiuta a vincere lo stato di disagio che riesce a creare, l’imbarazzo, a tratti la vergogna. Forse meglio far riferimento a lei come ad una messaggera che la vita ci pone lungo il cammino per insegnarci qualcosa. Per quanto possa sembrare ridicolo, l’ansia finisce per insegnarci qualcosa, e quel qualcosa assai spesso risulta così importante da cambiare per sempre il corso della nostra vita. In fin dei conti la vita ci vuole bene, e lo capiamo forse quando è un po' tardi, ma lo capiamo. E quando qualcuno ti vuole bene fa qualcosa perché tu possa migliorarti, evolvere, perché tu possa provare ad essere migliore di ciò che eri prima, per essere ciò che sei e prepararti ad essere ciò che sarai.

    In questo nostro viaggio comprenderai tante cose su di lei, e vedrai che poi non è così cattiva, anche se fa male. In fondo è nient’altro che un flusso di emozioni che ti travolgono, come un uragano, ed in un certo senso ti accendono. Mentre sei in ansia ti accorgi che ci sei, che sei importante, e ti accorgi che tutto ciò che vivi p importante, così importante che non vuoi perderlo. In quei momenti sembra che puoi perdere tutto in un istante, che puoi perdere te, ciò che pensavi di essere, infine ciò che veramente sei. Per chi la vive, l’ansia è terribile. I momenti trascorsi con lei sono visti come i più terribili in assoluto, e quando va via, il senso di liberazione è così forte da far sentire dentro il desiderio di volare, tanto che ci si sente leggeri.

    Tic, pensieri incontrollabili, mancanza d’aria, sudorazione incessante, cuore che batte a mille e sembra pronto a schizzare fuori dal petto, o a salire nell’ascensore della gola, respiro che si fa man mano più corto, e tu che vorresti correre più veloce del vento lontano, anche se non lo sai dove in realtà, purché sia lontano, e invece ti ritrovi là, quasi incapace di muoverti.

    Dicono che i grandi attori sono quelli che riescono ad interpretare con lo stesso stile ruoli profondamente diversi. L’ansia allora lo è, è una meravigliosa attrice, perché di maschere ne sa indossare una infinità, e ciascuna riesce ad essere indossata con stile impeccabile, come se il tempo e lo spazio non esistessero…o magari non fossero mai esistiti.   

    Ora proveremo ad avvicinarci a lei. Lo faremo dolcemente, come si fa con un bambino che dorme per non farlo svegliare. Ora che ci penso, che bella analogia: avviciniamoci a lei mentre dorme! Se la osserviamo bene ne vediamo tutta la tenerezza che può. E scopriamo alla fine che non avrebbe mai e poi mai voluto farci del male. Ma ci sono cose che se non le scegli con la forza, si lasceranno dormire in un letargo duro anche tutta la vita. Una di quelle cose siamo noi. E chissà, se ci dovesse capitare mai di incontrarla, proviamo a chiederglielo. Si, chiediamogli perché ha scelto noi, proprio noi, in mezzo a tanta gente. La sua risposta potrebbe turbarci, e non poco.       

    Cos’è veramente l’ansia e perché fa male

    Ti è mai capitato di imbatterti nel grido di Eduard Munch¹? Se no lo hai mai fatto lo faremo insieme adesso. Del resto lo conoscono in tanti, anche quelli che di arte ci capiscono poco, tanto è diffuso.

    In realtà lo conosciamo tutti perché fa parte di una di quelle immagini che ci portiamo dentro da sempre, prima ancora di venire alla luce, probabilmente in grembo, durante la gravidanza. L’urlo in questione fa così!

    Se l’ansia potesse scegliere un colore per vestirsi, sceglierebbe il bianco ed il nero, e se potesse scegliere una espressione per esprimere fino in fondo la sua essenza, fidati sceglierebbe questa. Per alcuni potrebbe sembrare in realtà più un urlo di paura che un gemito di ansia. Ma, come imparerai man mano in questo nostro viaggio, non è che ci sia poi così tanta differenza tra ansia e paura, se non per il fatto che quando hai paura il nemico ce l’hai davanti, mentre quando sei in ansia non lo vedi eppure lo senti, lo senti nella parte più profonda di te. Lo senti dentro. E fa male, ne fa a volte davvero tanto.

    L’ansia è una condizione del tuo essere. Sei in ansia quando avverti pericolo intorno a te, ma non un pericolo qualsiasi, bensì un pericolo talmente forte da mettere a rischio l’immagine di te, le tue certezze, il mondo che a fatica nel tempo avevi provato a costruirti. Sei in ansia quando temi di perdere qualcosa o qualcuno, e non riesci a percepirti in grado di poterne stare senza.

    Io sono solito chiamarla amica, perché quando lei vuole sa insegnarti davvero qualcosa. In effetti senza di lei, se lei non ci fosse in alcun modo, il rischio che corriamo è di annoiarci a più non posso, di perdere il gusto delle cose, di tutte le cose. Ma è altrettanto vero che quando c’è ed è troppo, finiamo per non riuscire a gestirla più e può accadere persino che ci ammaliamo, fino a morire di lei. L’ansia è quel contatto sottile che si crea tra la realtà ed il dubbio, e in un istante impercettibile finisci per confondere dubbio e realtà, realtà e dubbio.

    In un susseguirsi di attimi ti metti profondamente in discussione, non senti più in tutta la sua essenza il potere di te. Ti senti fragile, l’insicurezza sembra quasi prendere il sopravvento, e ti convinci che puoi sbagliare, e mentre te lo dici ti convinci che stai sbagliando adesso, che finirai per sbagliare e che non serve dirti il contrario. Crolli giù dall’Olimpo che avevi eretto fino a quel momento e senti sulla pelle il vento della fragilità. C’è qualcuno in agguato che aspetta solo il momento giusto per colpire poi sarà la fine. Niente e nessuno potrà fermarlo. È il boia, il carnefice. È il vendicatore venuto da lontano per punirti. Inizia il valzer dei sensi di colpa, dei rimorsi, dei rimpianti. Di tutto quello che di sbagliato hai compiuto nell’ultimo tempo e forse ancora prima. I pensieri sembrano essersi destati dal sonno dell’oltretomba e si agitano addosso, giudicandoti senza troppe esitazioni. Ti aspetti un dramma da un momento all’altro, qualcosa di forte, catastrofico, tragico. Preparati al peggio, perché quasi sicuramente lo incontrerai. Prende avvio l’inferno. È questo in buona parte ciò che accade in quella condizione chiamata ansia. È questo ciò che ti accade dentro. Ti accade di tutto. Ed il contrario di tutto. Non sei più tu, non ti riconosci più. Sei nello smarrimento più totale, e vorresti finisca tutto quanto prima, perché pensi di non riuscire a farcela più semmai dovesse tardare ancora.

    Ecco perché fa male. Fa male perché ti scatena l’inferno. E ti illude tu ne sei dentro, a scontare la tua condanna….

    Il conto alla rovescia per scovare l’assassino è cominciato. Se non saremo noi ad arrivare per primi da lui, lo farà lui verso di noi. Ma se accadesse una cosa del genere, saremmo spacciati perché lui non ci perdonerebbe. Non sarebbe pago fino a quando non ci avesse visto esanimi al suolo.

    «Una sera passeggiavo per un sentiero, da una parte stava la città e sotto di me il fiordo…Mi fermai e guardai al di là del fiordo, il sole stava tramontando, le nuvole erano tinte di rosso sangue. Sentii un urlo attraversare la natura. Mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando. Questo è diventato...... L’Urlo

    Lo scriveva sul suo diario, Edvard. Era una sera d’estate. Ha sentito il bisogno di riviverla diverse volte, perché forse aveva bisogno di darle un senso, sì, di dare un senso a quell’emozione che gli vibrava dentro e roteava instancabile, che apparentemente senso non ne aveva. Quel ponte che sale, quasi a rappresentare la vita e le sue difficoltà, il cammino della vita, la sfida che la vita in sé rappresenta. E poi quell’urlo. Cosa può essere mai? Rabbia? Angoscia? Paura?

    Cosa?

    Forse dolore. Un dolore lancinante. Il bisogno. Quell’omino è su di un ponte, e un ponte è un passaggio che sovrasta il mare. Un collegamento tra la terra, che passa sul mare. Ma il mare è l’inconscio, cioè tutto l’insieme delle nostre emozioni, anche le più dure e difficili. L’inconscio è la paura di vivere che ci portiamo dentro dal momento in cui veniamo strappati al paradiso eterno ed ineffabile della mamma. Il mare è, in un certo senso, la mamma, croce e delizia per ciascuno di noi. Chi sarà mai quell’omino? È tremendamente strano. Senza lineamenti definiti, senza capelli, così brutto e deforme. Perché allora quell’omino lassù? ... E poi accade un’altra cosa apparentemente assurda, e cioè che tutto l’ambiente intorno a quell’omino impossibile, si deforma insieme a lui sembra un tutt’uno. E se lo guardi bene da vicino quell’omino, sembra quasi stia per morire, un cadavere. Le labbra sembrano putrescenti, gli occhi sbarrati come di chi sta per trapassare, le narici completamente dilatate e poi la bocca, spalancata in modo anomalo, deforme pure lei. Quell’urlo distorce tutto, lo trasforma inesorabilmente, lo rende mostruoso. E poi c’è un altro particolare di questo straordinario dipinto, un particolare che la dice lunga sul fatto che sta parlando proprio di quello di cui stiamo cominciando a parlare noi. Ci sono due persone in fondo, che se ne stanno relativamente tranquille. All’omino sta succedendo il finimondo, ma a loro sembra quasi non li sfiori. Ti dice niente l’emozione che vive chi si sente di morire dentro quando sopraggiunge l’ansia o peggio ancora il panico, e pensa che nessuno tra la gente possa fare nulla ed anzi nessuno se ne curerebbe affatto di fare qualcosa? Quelle persone stanno ai margini del quadro, e stanno lì per lì per andarsene via. Come in realtà farebbe chiunque di noi davanti alla morte che ci assale dentro. Per lui, per quell’omino senza identità, è quasi la fine, e il mondo intorno a lui sembra morire con lui, a parte i due che se ne vanno via fregandosene di tutto e tutti. Il mare si è fatto oleoso, nero, piceo, mentre il cielo si è riempito di lingue di sangue e fuoco. È la fine.

    Qui c’è tutto, proprio tutto quello che accade durante l’attacco di ansia, quella che ti fulmina, che ti paralizza, che distrugge tutto…e tutti….

    Ma c’è anche la risposta al perché lei viene, e perché lei viene a qualcuno, e non a qualcun altro. Quell’omino non ha identità. È anonimo e brutto. Quando smettiamo di avere una forte immagine di noi, una fiducia in noi e nelle nostre capacità, nei nostri sogni e nei nostri desideri, quando smettiamo di amarci, di piacerci, le apriamo la porta, e lei viene, e non fa sconti. Viene e si impossessa di noi. Senza pietà…     

    Ansia e paura: amiche, sorelle o cosa?

    Lo abbiamo detto prima: sono molto simili, anche se hanno due risvolti profondamente diversi. Sono in definitiva due risposte adattative, perché entrambe presuppongono l’esistenza di un pericolo. Se non ci fossero state, nella storia evolutiva, gli esseri umani non sarebbero stati capaci di sopravvivere alle insidie ambientali. Immagina cosa significa camminare al buio dentro un bosco e non preoccuparsi di rumori strani tra le foglie e tra gli alberi. Laddove quei rumori strani appartenessero a pericolosi predatori, e tu non fossi in qualche modo predisposto ad una reazione (quella che più tardi sentirai chiamare attacco/fuga), ne saresti subito vittima, quei nemici ti tenderebbero un agguato e quasi certamente ti ucciderebbero.

    E in un certo senso ce la portiamo con noi quella emozione, anche quando non c’è un reale pericolo pronto a colpirci. Parlo per esempio della quotidianità, di quello che accade tutti i giorni, nello scorrere normale della nostra vita. Se davanti da un esame non provassi un minimo di ansia, sono convinto non ci metteresti alcuna concentrazione per affrontarlo e verosimilmente sbaglieresti più volte finendo per comprometterne il successo finale. Se in condizioni di forte pioggia la scarsa visibilità e l’asfalto bagnato non ti creassero quello stato di ansia naturale di poter sbandare con la macchina o di impattare verso qualcosa che non individui bene, finiresti per sbandare davvero e per impattare davvero, perché non ci porresti la giusta attenzione. Ecco allora, l’ansia serve, se vissuta nel modo giusto e se contenuta all’interno di confini sani, a darti proprio quella giusta attenzione. Un vantaggio dunque ce l’ha, ma vedrai ne sapremo trovare anche altri, Tutto, nella giusta misura, ha qualcosa di buono per noi. Il trucco sta nell’espressione del rigo di sopra: nella giusta misura. Pensa al bere, a quanto faccia bene un bicchiere di vino rosso per la straordinaria gamma di sostanze antiossidanti che contiene, ma se quel bicchiere di vino rosso si moltiplica e diviene una bottiglia, a quegli effetti positivi si sostituiscono progressivamente e drammaticamente effetti negativi, fino a portare a serie patologie che compromettono persino la vita.

    Ma c’è un’altra cosa che è importante ti dica, riguardo l’ansia: lei esprime un conflitto.

    A questo punto ti starai chiedendo che cos’è realmente un conflitto: una forte lotta tra ciò sentiamo di essere e ciò che avremmo voluto essere in quel preciso momento. In effetti è vero, si somigliano, perché in quel momento abbiamo paura, proprio come quando abbiamo paura di qualcosa o di qualcuno. Ma abbiamo paura di noi stessi. Siamo noi il pericolo più grande. Abbiamo il terrore di perdere il controllo e se perdiamo il controllo qualcosa dentro noi prende il sopravvento. È come se uscisse fuori il mostro di noi. Come in Doctor Jekyll & Mr. Hyde, o in Dorian Gray. Già, come accadde a loro. Per questo le due sorelle assassine fanno male. Perché sono inseparabili. Se c’è l’una finisce per esserci anche l’altra e viceversa. L’una precede l’altra e l’altra chiama in causa l’una. Pensa per un attimo all’ansia di avere una malattia grave, di quelle che non guariscono. Man mano il livello di tensione cresce sempre più e quella sensazione si trasforma in paura, perché il nemico comincia ad avere un viso nella tua fantasia, il viso di un mostro chiamato male incurabile, e così cresce il livello di terrore, e tutto comincia a trasformarsi, proprio come nel dipinto di Munch. E mentre il nemico incalza sempre più cresce la tensione di non potercela fare, e insieme alla paura ricompare lei, l’ansia, e si fa angoscia, fino a scoppiare in disperazione. Sembra un film, un tragico film, invece è la verità. Eppure le due sorelle non sono mai spocchiose, fanno tutto con delicatezza, in silenzio. Lasciano che sia tu a fare tutto. Loro stanno lì, aspettano, guardano. A loro basta questo. Il lavoro nella sua interezza lo fai tu, e non te ne accorgi. Gli apri le porte del tuo salotto e le inviti con tè e biscotti pregiati. Preferisci la loro compagnia al silenzio di te. Ma quella compagnia ha un costo. Ahimè un costo molto alto. La tua serenità.     

    Biologia e chimica di uno stato d’animo difficile da dire

    A livello neuroanatomico si verifica una attivazione del Sistema nervoso neurovegetativo in particolare sulle aree cerebrali del Sistema Limbico, della Corteccia frontale orbitale, dei Nuclei vegetativi del Tronco dell’encefalo e del Sistema Nervoso Autonomo Simpatico e Parasimpatico. È una attivazione fisiologica strana quella che si verifica nell’ansia. Strana perché è molto simile, per non dire praticamente uguale a quella che si ha durante la rabbia. Ciò che cambia in qualche modo è l’interpretazione mentale, cognitiva, che si dà alla situazione che si sta vivendo in un particolare momento. Ricordo una volta un mio paziente affermare che quando si sente in ansia immagina sé stesso un topolino e di fronte a sé ci vede un elefante. Praticamente spacciato. Come si sente chiunque davanti all’ansia, perché sottostima la sua capacità di gestire l’evento, si autolimita, sentendosi piccolo piccolo. Eppure la scorge in lontananza una soluzione, ma non riesce ad afferrarla. La vede ma non ce la fa. Molti credono che l’ansia sia l’anticamera della Depressione, una malattia spietata ed assassina pure lei, ancor più cinica dell’ansia stessa. Anche quando c’è lei, la Depressione, pensi di non saperla gestire la situazione, ma c’è una piccolissima differenza però: in questo caso tu la soluzione non la vedi proprio, nemmeno in lontananza. Il mondo, per la persona depressa, finisce lì, in quel momento, mentre per la persona ansiosa è una lotta, struggente, drammatica, ma è pur sempre una lotta e in una lotta una minima possibilità di farcela, per quanto topolino sei, tu ce l’hai. E poi, se ci pensi bene, la situazione tra elefante e topolino non è così scontata come appare a prima vista. L’elefante non ha paura di nessuno, ma se un topolino gli gironzola attorno alle zampe, lui scappa via, si intimorisce a va in ansia, pure lui, l’elefante. Dunque non è vero siamo spacciati davanti a quella particolare situazione. No che non lo siamo. Non lo siamo mai stati anche se per un attimo abbiamo pensato, fino a convincercene profondamente quasi delirando, di esserlo.

    Cominciamo a familiarizzare con un organo che incontreremo assai spesso nel nostro viaggio e nei tanti viaggi che saranno nel tempo del futuro: l’amigdala. Si chiama così perchè assomiglia ad una mandorla [dal lat. amygdăla «mandorla», gr. ἀμυγδάλη; come termine medico, è un calco dell’arabo al-lauza «mandorla»], ed è una sorta di centralina di controllo in gioco nella gestione delle emozioni. Le cellule nervose della sua porzione centrale governano l’apprendimento della paura ed il ricordo della paura stessa. Sembra sia fondamentale il collegamento tra amigdala centrale e nucleo paraventricolare del talamo. La sostanza che, sottoforma di neurotrasmettitore, si muove dal nucleo paraventricolare a stimolare l’amigdala, attivandola è il BDNF e cioè il brain-derived neurotrophic factor, un fattore di crescita

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