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Sangue tra i cipressi
Sangue tra i cipressi
Sangue tra i cipressi
E-book217 pagine3 ore

Sangue tra i cipressi

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Info su questo ebook

Al cimitero del Laterino viene perpetrato il più vile degli omicidi, mentre Siena è intenta a celebrare la festa di Santa Lucia dove il sacro, i panini e le candele benedette, e il profano, le campanine delle contrade e i brigidini di Lamporecchio, si uniscono in un tripudio di suoni, colori e profumi. È colpito a morte un uomo mentre è intento a rendere omaggio alla tomba della moglie. Ancora una volta è chiamato a investigare il commissario Luigi de Pedris che, nei giorni magici a cavallo del Natale, sarà impegnato a smascherare il serial killer dei cimiteri nelle città che più ama: Siena, Parma e Torino…
LinguaItaliano
Data di uscita18 apr 2019
ISBN9788899873295
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    Anteprima del libro

    Sangue tra i cipressi - Riccardo Pedraneschi

    bianconere…

    1

    Siena, martedì 13 dicembre 2016 ore 8:00

    Esistono da sempre due tipi di persone: quelle che dormono poco e di conseguenza si alzano all’alba e quelle che al contrario per uscire dal letto hanno bisogno di noleggiare un paio di gru. Il commissario De Pedris faceva parte a buon titolo di questa seconda categoria e per questo da bambino era stato soprannominato con affetto dal padre Vittorio, ‘il mio pigrotto della Malesia’. In teoria cambiava solo la prima consonante rispetto alla definizione delle famose e spietate ‘tigri di Mompracem’ di Salgariana memoria; nella pratica, al contrario, era tutta un’altra storia: una pigrizia atavica che rendeva il Luigi mattutino un essere non ben definito a metà tra il bradipo e lo zombie. Questo da sempre per 364 giorni l’anno, eccezion fatta per il giorno di Santa Lucia in cui Luigi si alzava di prima mattina con una vitalità davvero sorprendente. Il perché è presto detto: unico tra tutti i suoi amici torinesi, a causa, o meglio per merito, dell’origine parmigiana di mamma Franca, aveva la fortuna di ricevere i regali che gli portava la Santa siracusana… Che emozione era accendere la luce del salotto e vedere il tappeto ricolmo di dolci, giochi e libri.

    Tutto iniziava la sera prima quando insieme alla sorella Monica preparava una pagnotta per Lucia e l’insalata, le carote e una ciotola d’acqua per il suo asinello; quindi in una sorta di dormiveglia continuava a rigirarsi nel letto per tutta la notte, combattuto tra il desiderio di captare il passaggio della santa dispensatrice di doni e la paura di potere vedere i suoi terrificanti occhi spenti.

    Ma ahimè questo gli accadeva solo da bambino, poiché ora, nonostante avesse come sempre preparato la letterina per la santa, la sala si presentava assolutamente spoglia e senza nulla di nuovo rispetto alla sera precedente; non c’era nemmeno traccia dei giocatori del Grande Torino, ancora intenti a ronfare beati all’interno della loro fotografia.

    In verità il commissario non era solo, poiché aveva stipulato per la stagione invernale un contratto di mezza pensione con il Re incontrastato dei giardini delle contrade di Bruco e Giraffa, il nero Diabolik… Il gattone soggiornava sul cuscino migliore del divano di De Pedris per tutta la notte, quindi la mattina, dopo avere sbafato la colazione, dove si alternavano il pesce o la carne cruda, usciva e rimaneva a girellare per Siena sino all’imbrunire, quando si ripresentava per la cena. In cambio a giorni alterni e comunque mai né di martedì né tantomeno di venerdì, si faceva accarezzare per un tempo che variava dai tre ai cinque minuti e a volte, ma non sempre, la domenica faceva pure le fusa.

    Fatta in rapida successione doccia, barba e la colazione che consisteva in una doppia tazza di caffè nero preparato con la moka, un bicchiere di latte fresco e un’enorme fetta di pandoro stracolma di zucchero a velo, uscì in tutta fretta alla volta di Pian dei Mantellini dove, come da tradizione, stava iniziando la ‘Fiera di Santa Lucia’.

    La giornata era serena ma il sole di dicembre non riusciva a scaldarla più di tanto, così Luigi alzò il bavero del suo cappotto grigio scuro e si incamminò a passo spedito. Avendo deciso di passare da Piazza del Campo si diresse prima a destra verso via Sallustio Bandini e quindi all’altezza della chiesa omonima svoltò e discese per via San Vigilio. Attraversò via dei Banchi di sotto e percorsa via Rinaldini si trovò al cospetto della bellezza e leggiadria della Torre del Mangia. Come sempre a tale vista il suo cuore fece una capriola e, raggiunto il centro della Piazza, gli bastò chiudere gli occhi per ricordare le inebrianti sensazioni dei giorni del Palio e sentire il magico e inconfondibile, perché sempre uguale nei secoli, profumo della ‘terra in piazza’. Rivisse le emozioni dell’estate appena trascorsa quando la città assistette a qualcosa di unico nella sua plurisecolare Storia: una delle sue diciassette fiammelle, proprio quella che si fregiava dei colori della gloriosa balzana bianca e nera di Siena, la Contrada della Lupa, passò nell’arco di un mese dalla polvere infame all’altare più ricco e splendente. Prima vincendo a luglio il Palio di Provenzano si liberò dell’onta della ‘Cuffia della Nonna’, simbolo con cui viene ironicamente indicata la contrada che non esulta da più tempo, quindi ad agosto, bissando il successo in Piazza nel Palio dell’Assunta, si aggiudicò il ‘Cappotto’, cioè il diritto di essere l’assoluta e incontrastata padrona della città per tutto quell’inverno.

    Lasciò il Campo dalla Costarella, quindi si immise nella centralissima via di Città; la risalì e ai Quattro Cantoni imboccò via Stalloreggi. In prossimità della piazzetta del Conte volse lo sguardo verso le finestre, peraltro malinconicamente chiuse, della sua donna, la splendida veterinaria mora, Silvia Volpi, che in quei giorni era a Bologna per un corso di aggiornamento per ippiatri.

    Il loro rapporto, sbocciato nell’estate di due anni prima, si era con il tempo consolidato, poiché la donna aveva lentamente abbassato le proprie difese, mentre De Pedris, dopo un iniziale e in parte giustificato sbandamento, aveva chiuso il rapporto occasionale con la bella e sensuale dottoressa Giulia Muiesan che, peraltro, da qualche mese era convolata a nozze con il suo storico fidanzato milanese, ‘il cervo dei Navigli’.

    Silvia e Luigi avevano scelto di sposare la scuola di pensiero delle coppie che ‘vogliono essere single insieme a te’ e così al momento, sebbene fossero frequenti le notti che i due passavano assieme, ognuno aveva continuato a vivere nella propria ‘tana’.

    Giunto in Pian dei Mantellini il commissario sentì crescere l’allegria che, ben presto, si trasformò in gioia mista a libidine quando addentò un enorme bombolone farcito di crema pasticcera. Come un bambino, goloso e insaziabile, era attratto dalle tante bancarelle zeppe di dolciumi, giochi e decorazioni natalizie che, senza soluzione di continuità, si susseguivano su entrambi i lati della piazza. Nell’aria si percepiva la fragranza dell’anice dei

    ‘Brigidini di Lamporecchio’ che si alternava sovrapponendosi al profumo tentacolare del croccante appena tostato degli ‘Addormenta Socere’. Giusto per non farsi mancare nulla, Luigi acquistò un sacchetto di entrambe queste delizie, prima di accostarsi a un banco dove erano esposte le caratteristiche

    ‘Campanine’ di terracotta di tutte le diciassette contrade di Siena. Ne scelse una di media grandezza con i colori rosso blu e bianco della Pantera da regalare a Silvia, quindi si diresse verso la Chiesa di Santa Lucia. Nel nartece, il vestibolo rettangolare adiacente all’ingresso, si procurò due panini di forma rotonda e una candela che rappresentano rispettivamente gli occhi e il nome della Santa di Siracusa, poi entrò nella navata principale, dove notò tre coppie di bandiere di contrada, Chiocciola, Pantera e Tartuca. Accese la candela, la collocò in uno degli appositi candelieri, recitò una preghiera a ricordo dei suoi cari, e si accostò a uno dei religiosi presenti per ricevere la benedizione degli occhi: ‘Per intercessione di Santa Lucia vergine e martire, il Signore ti preservi dal male agli occhi e ogni altro male. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo’.

    Una volta uscito dalla chiesa, De Pedris si stava godendo quella calda e rilassante atmosfera natalizia quando sentì vibrare il cellulare; capì che la magia di quella giornata di festa dedicata al cazzeggio era da considerarsi un ricordo, quando lesse con sorpresa mista a timore il nome del suo braccio destro, l’ispettore Enrico Pasta:

    - Ciao, Enrico. Problemi?

    - Purtroppo sì, altrimenti, sapendo che oggi ti sei preso un giorno di ferie, non ti avrei mai disturbato.

    - Tranquillo, dimmi tutto.

    - C’è un morto al cimitero…

    - Non mi sembra una gran novità… - replicò, con ironia, De Pedris.

    - Beato te che, nonostante tutto, hai ancora la forza di scherzare - commentò, a sua volta, Pasta.

    - Scusami, è stato più forte di me…

    - Sì lo so, in tutti questi anni ho imparato a conoscerti.

    - Meno male, dai, continua.

    - Il morto è ammazzato. Gli hanno sparato e il cimitero è quello del Laterino.

    - Santa Cleopatra! - esclamò il commissario - Se non altro mi trovo in zona: sono in Pian dei Mantellini, alla Fiera di Santa Lucia.

    - Bene. Io sono a pochi metri dal cadavere e il magistrato Filippi mi ha chiesto di te.

    - Dammi dieci minuti e arrivo.

    - Ottimo, tra l’altro c’è pure la Muiesan che mi pare più bella che mai.

    - Buon per lei e per il suo novello sposo - glissò, in parte contrariato, il commissario.

    - Sarà, comunque merita sempre - puntualizzò, certo di non essere smentito, l’ispettore.

    - Su questo, niente da dire. Piuttosto dove vi trovo?

    - Guarda, quando entri tieni il lato sinistro e prendi il vialetto con i cipressi. Lo percorri quasi tutto e poi svolti a destra. Comunque poi ci vedi.

    - Perfetto, ciao e a presto.

    - Ti aspetto Luigi. ore 10:30

    Lasciato Pian dei Mantellini, De Pedris percorse via Paolo Mascagni, passò la Porta Laterina e per l’omonima strada raggiunse il cimitero comunale inaugurato nel lontano 1786, dopo che soli tre anni prima il Granduca di Toscana, Pietro Leopoldo II di Lorena, aveva stabilito di fare cessare, una volta per tutte, la malsana abitudine d’inumare le salme all’interno delle mura o dei centri abitati.

    Un tragitto breve ma non tanto da evitare che nella mente di De Pedris affiorasse il ricordo di un episodio, quanto mai misterioso e per certi aspetti oscuro, che non aveva mai confidato a nessuno…

    Era una domenica sera dell’autunno del 2011, per la precisione erano le ore 20 del 13 novembre e il commissario si trovava a bordo del suo mitico maggiolone bianco, fermo in prossimità della Basilica di San Domenico. Stava aspettando che spiovesse quando dal nulla vide comparire una giovane donna, bionda, alta e graziosa ma davvero troppo magra e inzuppata dalla testa ai piedi. Pensando, a ragione, che fosse infreddolita e comunque bisognosa di un riparo, le fece cenno di salire e una volta a bordo le porse la giacca per farla asciugare alla meglio. Sfruttando quell’improvvisa intimità poté osservarla bene e così si fece l’idea che fosse all’incirca maggiorenne e notò come i suoi occhi cerulei fossero oltremodo spenti e inespressivi. Lei lo ringraziò, gli spiegò di essere stata sorpresa da quel temporale fuori stagione, di chiamarsi Beatrice e di essere la figlia del guardiano del cimitero del Laterino. Accettò di buon grado di essere accompagnata a casa. Arrivati al cancello del camposanto, la pioggia non era ancora cessata e così Luigi invitò la giovane a tenersi la giacca, che lui stesso sarebbe poi venuto a recuperare il giorno successivo. Beatrice a sentire tanta gentilezza finalmente sorrise e, appena prima di scendere, gli regalò un furtivo ma affettuoso bacio sulla guancia destra. Quando l’indomani De Pedris tornò al Laterino, si sentì gelare il sangue nel momento in cui il guardiano gli raccontò di vivere solo con la moglie: l’unica figlia, Beatrice, che la coppia aveva avuto, era morta molto tempo prima il giorno del suo diciottesimo compleanno. Venne colpita da un fulmine, mentre stava cercando riparo dalla pioggia sotto uno dei cipressi che delimitano il prato a fianco della Basilica di San Domenico. Luigi sperò invano che si trattasse di un macabro scherzo e così si fece accompagnare alla tomba della giovane prima di credere alle terribili parole del padre. Con paura, dolore, sgomento e meraviglia vide la sua giacca appesa alla croce, quindi riconobbe nella foto la ragazza a cui aveva dato il passaggio la sera precedente e infine lesse quanto riportava la lapide: Beatrice Filangieri Napoli, 13 novembre 1975 - Siena, 13 novembre 1993.

    Da allora aveva tenuto questa storia tutta per sé, poiché pensava che quando una cosa non si può capire, occorre avere il coraggio di accettarla così com’è. Sarebbe stato per sempre il loro segreto: suo e di quella giovane donna che lo aveva baciato il giorno in cui ricorrevano i 18 anni dalla sua morte.

    Non era più tornato al Laterino, tuttavia ripensava con malinconia e affetto a Beatrice ogni volta che, passando in prossimità di San Domenico, vedeva quei due cipressi, più bassi e quindi meno datati degli altri, che erano stati piantati al posto dell’albero, squarciato da quel maledetto fulmine la sera del 13 novembre 1993.

    Passato alla sua sinistra il chioschetto dei fiori, si trovò di fronte la facciata del Laterino che, in modo alquanto inquietante ma assolutamente veritiero e allegorico, era posta alla fine della strada. Un’imponente costruzione in mattoni con una cupola color argento a sormontare il varco d’ingresso così stretto da permettere a mala pena ai carri funebri il transito all’interno del cimitero.

    Superata la soglia, alla faccia di tutte le diavolerie elettroniche tanto care al suo collaboratore informatico, l’agente Lorenzo Fabbri, De Pedris si fece dare dal personale di servizio una cartina del camposanto.

    S’incamminò quindi a dritta lungo il viale dedicato a Santa Caterina, dove per una scelta singolare, bizzarra e per certi versi pure macabra, il sentiero era costituito dalle coperture delle tombe: in pratica si camminava non tra ma sopra i morti. Imboccò poi il lungo viale San Giuseppe delimitato ai lati da due file continue di cipressi o alberi pizzuti che dir si voglia e, arrivato nel tratto tra i settori P e Q, vide l’ispettore Pasta che lo stava aspettando.

    - Ciao Enrico.

    - Salve commissario, non ci crederà ma Filippi se n’è già andato.

    - … e scommetto che era di fretta poiché proprio stamattina doveva partire per portare la moglie nella loro casa a Cortina dove rimarranno fino a dopo Capodanno.

    - Esatto. E naturalmente si è raccomandato di tenerlo aggiornato sugli sviluppi dell’indagine che deve essere veloce, brillante e risolutiva nel più breve tempo possibile - confermò, con ironia e fatalismo, l’ispettore.

    - Naturalmente. Peraltro meglio così: quell’inetto perennemente abbronzato meno lo vedo e meglio sto - sibilò, di rimando, De Pedris.

    - Ben detto, capo!

    - Sai che non devi chiamarmi capo. Comunque, venendo a noi, ragguagliami su tutto quello che hai scoperto fino ad ora.

    - Allora, ho recuperato le generalità della vittima, grazie alla sua carta d’identità: Paolo Bonci, nato ad Arezzo il 4 giugno 1954, residente a Siena in via della Galluzza, 7. Stato civile, vedovo; professione, pittore.

    - Interessante. Il nome non mi è nuovo: potrei sbagliarmi ma penso proprio che fosse famoso per il modo in cui sapeva rendere realistico il galoppo dei cavalli- spiegò, con sicurezza, De Pedris.

    - Accidenti, ma quanto ne sai - commentò, strabuzzando gli occhi, Enrico.

    - Guarda, il merito è di Silvia. Sai che è appassionata di cavalli e così un giorno me ne ha parlato. Pensa che è stata a un passo dall’acquistare un suo quadro ma poi non se n’è fatto nulla.

    - Troppo caro?

    - In parte per quello, in parte perché Bonci era una persona parecchio sgradevole o, per dirla tutta, un vero maiale. Se non ricordo male, le parole di Silvia furono: ‘Non mi ha mai staccato gli occhi dalle tette’.

    - Un signore.

    - Un gran signore. Pensa che per colpa sua ho pure preso una borsettata nei denti.

    - Da parte di Silvia?

    - Sì e da chi, se no. Cercando di sdrammatizzare, me ne sono uscito con un commento evidentemente piuttosto infelice ‘Un buongustaio’.

    - Se lo dici tu, ci credo - pensò, a voce alta, Enrico.

    - Beh, sì. Comunque passiamo oltre. Dove e come è accaduto l’omicidio?

    - Il corpo è stato ritrovato rannicchiato sul fianco laggiù, in fondo a destra, all’altezza dei bagni. I colpi paiono essere stati tre, anche se per ora è stato rinvenuto un solo bossolo: due all’altezza del cuore e, il colpo

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